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Autore: mudblood88    06/01/2012    6 recensioni
Per tutti quelli che si sono chiesti, almeno una volta, se Remus e Ninfadora si sono potuti rivedere un'ultima volta prima di morire. Ho cercato di dare la mia, triste e cruda, risposta.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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La porta della Stanza delle Necessità si aprì di scatto, ed entrarono Harry, Ron e Hermione, in tutta velocità. Ero convinta che li avrei visti entrare da quella porta, e al tempo stesso ero stupita. Come mai non stavano combattendo con gli altri? Una domanda mi nacque spontanea in quel momento, proprio come Ginny, che al mio fianco tremava di rabbia e di dolore.
«Stanno tutti bene?» abbiamo chiesto in coro.
«Per quello che ne sappiamo» rispose Harry.
Un brivido mi fece trasalire.
Poi fu la signora Paciock a chiedere di suo nipote Neville. Pochi istanti dopo uscì dalla Stanza delle Necessità, per raggiungere suo nipote e aiutarlo nella battaglia. Poi Harry mi guardò.
«Credevo che fossi da tua madre con Teddy».
«Non potevo sopportare di non sapere…» Ero in preda all’ansia. «Gli baderà lei… hai visto Remus?»
«Doveva guidare un gruppo di combattenti nel parco…»
Senza un’altra parola, sono corsa verso l’uscita della Stanza delle Necessità.
Non mi importava se Harry o chiunque altro avessero provato a fermarmi. Il mio solo ed unico scopo era ritrovare mio marito, e riportarlo a casa. Vivo.
 
La visione che mi aspettava fuori dalla Stanza delle Necessità era desolante e terribile. Le pareti erano distrutte, i vetri delle finestre in frantumi; milioni di bacchette tese che si lanciavano fatture e incantesimi l’un l’altra. Pensare che mio marito era in mezzo a quel caos mi mandava tremendamente in ansia.
Il mio attimo di distrazione mi costò caro, tuttavia; un statua crollò proprio pochi centimetri da me, e il fracasso mi fece cadere a terra. Un istante dopo vidi una bacchetta puntata contro di me, mi spostai di lato per evitare l’incantesimo. Poi ho estratto la mia bacchetta, e ho cominciato a lottare con tutte le mie forze, ripensando a Remus, che probabilmente era fuori nel parco.
Mentre combattevo mi raggiunse Ginny. Mi aiutò a eliminare un paio di mangiamorte, poi arrivò in nostro aiuto anche Aberforth Silente. Fu proprio lui che mi disse che Remus stava combattendo contro Dolohov. Poi si diresse verso la Sala Grande, e io lo seguii sperando che mi stesse portando da Remus.
 
Nella Sala Grande la situazione non era migliore. C’erano un sacco di studenti di Hogwarts che combattevano contro i mangiamorte. Riconobbi Kinsgley, che stava combattendo contro un mangiamorte mascherato, e il professor Vitious che combatteva contro Yaxley. Non vedevo Remus, e la cosa mi terrorizzava.
Un mangiamorte mascherato mi si parò davanti; mi lanciò contro uno Schiantesimo, riuscii a schivarlo per pochi millimetri, e risposi con la stessa moneta, schiantandolo a terra. Si rialzò pian piano, e tentò nuovamente di abbattermi, ma nulla poteva fermarmi in quel momento. Avevo lasciato un figlio a casa, un figlio al quale dovevo riportare a casa il padre, sano e salvo.
Lanciai un altro schiantesimo contro al mangiamorte mascherato, che andò a sbattere contro una statua di pietra. Questa si frantumò in mille pezzi,e crollò sopra al corpo del mangiamorte. Non avevo tempo per pensare, né  per avere pietà. Mi voltai, e vidi un piccolo studente combattere contro Bellatrix. Si, Bellatrix, la mia tanto odiata zia. Per un attimo persi di vista il mio obiettivo. Mi precipitai verso il ragazzino e Bellatrix, ma sentii una voce alle mie spalle chiamarmi.
«Ninfadora!»
Mi voltai. Era Remus. Era lontano, e nel rumore della battaglia sembrava lontano anni luce. Lasciai perdere tutto, e mi precipitai verso di lui.
Remus mi stava correndo incontro, sorridendo; i suoi occhi si incontrarono con i miei, e per un attimo pensai che tutto sarebbe finito, che saremo tornati a casa da Teddy e che saremo stati una vera famiglia. Voldemort sarebbe stato sconfitto, e noi saremo potuti essere felici. Eravamo a pochi  metri l’uno dall’altro, quando vidi un lampo di luce verde alle sue spalle. Un secondo dopo Remus si bloccò, e la sua espressione si tramutò da felicità a dolore. Quando lo raggiunsi, Remus si stava piegando sulle ginocchia, e un secondo dopo cadde a terra, immobile.
«Remus!» gridai, e cominciai a scuotere il suo corpo. «Remus! No!» alzai lo sguardo e vidi Dolohov ridere compiaciuto.  Quella risata, quell’espressione così felice mi davano la nausea. E la rabbia mi salì in corpo, tanto da non riuscire a trattenermi, tanto da non provare pietà né rimorso.
«Avada Kedavra!» gridai, puntando la bacchetta contro Dolohov.
Una cosa era certa: quella risata sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe fatto.
Non appena il corpo di Dolohov cadde,  non feci in tempo a guardare Remus che qualcuno mi spinse lontano dal suo corpo.
Un anatema che uccide era passato così vicino a me, che per poco non mi colpì. Kingsley mi aveva salvata.
«Ninfandora, mi dispiace…» sussurrò. Io non riuscivo a capire niente, non riuscivo a pensare, né ad agire.
L’unica cosa che volevo era che mio marito tornasse a casa da suo figlio. Ed io non ero stata in grado di proteggerlo.
La mia attenzione fu distratta dalla fonte di quell’anatema che uccide, che mi sfiorò.
Era lei, Bellatrix. Quella cagna, quella malvagia dittatrice, la serva fedele del signore Oscuro. Dietro di lei, il corpo di quel ragazzino con cui stava combattendo giaceva immobile.
«Prenditela con chi è alla tua altezza, e non con i ragazzini, bastarda!» gridai scagliandomi contro di lei.
Bellatrix scoppiò in una risata folle.
«E chi sarebbe alla mia altezza? TU? Ahahahah» quella risata mi dava il voltastomaco, e mi provocava una gran rabbia.
«Combatti, se ne hai il coraggio!» gridai. «Avada Kedavra!»
Bellatrix schivò il mio anatema e subito ne lanciò un altro, che riuscii a schivare per un soffio. Subito dopo mi lanciò addosso uno schiantesimo, e mi andai a schiantare contro la parete di pietra, ormai distrutta. Mi si scagliò addosso, e senza usare la bacchetta si buttò sopra di me e cominciò a colpirmi in faccia.
«Vuoi fare la stessa fine di tuo marito, nipotina?» mi gridò in faccia, ancora ridendo. Quelle parole mi diedero la forza di combattere. Spinsi Bellatrix lontano da me.
«Crucio!» gridai, e Bellatrix cominciò a contorcersi a terra. Gridava parole senza senso, e a quella vista provai un senso di sollievo. Lo so, probabilmente sono cattiva quanto lei; ma sapere che stava soffrendo era ciò che più mi consolava alla morte di Remus.
Delle grida; mi voltai e vidi un ragno gigante entrare nella Sala grande, distruggendo quel poco di parete che rimaneva intatto. I duellanti più vicini all’entrata, me compresa, caddero a terra, e per una frazione di secondo la battaglia cessò. La bacchetta mi scivolò di mano, e quando  mi resi conto che l’entrata del ragno mi aveva distratta era troppo tardi.
Bellatrix era balzata in piedi, brandiva in mano la bacchetta e me la teneva puntata contro.
«Avada Kedavra!» gridò.
Non ho avuto il tempo neanche di pensare. Non riuscii ad alzarmi, né a recuperare la bacchetta, né a guardare se c’era qualcuno degli amici a combattere lì vicino. Non ho avuto neanche il tempo di pensare a Teddy, di pensare se l’avevo lasciato al sicuro, se sarebbe cresciuto bene. Non ho avuto il tempo neanche di pensare a Remus, un ultima volta, né di poter mettere al sicuro il suo corpo. Non pensavo niente, e non provavo niente. Tutte le sensazioni erano sparite, non provavo neanche più dolore o infelicità.  Non c’era rimasto niente.
L’unica cosa chiara che mi rimase impressa fu quel lampo di luce verde che attraversò il mio petto.
  
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