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Autore: The DogAndWolf    07/01/2012    3 recensioni
Ricordo veramente poco della mia infanzia. La persona che mi è rimasta più impressa durante quel periodo è mia nonna. Ero sempre con lei, mi ha praticamente cresciuta. Questo è il primo ricordo che ho, modificato per dirle una cosa importante. Forse non ho nemmeno mai vissuto questo momento, potrebbe persino essere un sogno. Ma non mi importa, l'essenziale per me è che lei sappia.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La suora si chinò per avvicinarsi al mio volto, sorridendomi: «Questa scuola è dedicata a una donna che si chiamava proprio come te, sai?». Risposi incerta al sorriso, non sapendo cosa dire, stringendo la mia manina in quella di mia nonna, sottile e fredda come sempre, anche in quella limpida giornata d’estate. Mi avevano sempre messo in soggezione le persone vecchie come quella suora: non potevo fare a meno di fissare le sue profonde rughe, chiedendomi da quante ere fossero lì.
Mia nonna sorrise alla suora e gli occhi identici ai miei, quel giorno azzurri, si illuminarono come sempre sopra quel naso importante che non avevo ereditato.
«Sei l’unica Alice della scuola, tra l’altro!» continuò la suora. Gonfiai il petto, tutta felice. Unico era bello. Unico era ottimo. Unica ero tutto quello che volevo essere e avevo l’inspiegabile sensazione di essere già solo a qualche passo di distanza da quell’obiettivo. Sorrisi di nuovo alla suora, orgogliosa, senza dire una parola.
Tirai piano la mano di mia nonna verso il basso, indicando il giardinetto con i giochi colorati che sembravano chiamarmi, sussurrandole all’orecchio, una volta chinata alla mia altezza: «Posso andare a giocare?».
Di nuovo il suo sorriso solare, che sorpresi falso e stanco solo in pochi e particolari attimi di sofferenza della sua vita. E acconsentì, i corti capelli completamente neri senza una singola spruzzata di grigio né di tinta vibrarono un attimo nell’aria al suo cenno.
Subito volai verso quel colorato richiamo irresistibile per una bambina di tre anni, sciogliendo la minuscola stretta della mia mano nella sua, i lunghi e infantili boccoli biondi al vento. Esplorai con minuzia ogni antro del giardinetto, ridendo divertita mentre correvo su e giù, animata dall’entusiasmo tipico di quell’età.
Dopo un lasso di tempo impossibile da determinare nel mio mondo fantastico, mia nonna si avvicinò, chiamandomi. Mi guardai attorno: era su una panchina, la suora sembrava svanita nel nulla. Sorridendole, le corsi incontro, accoccolandomi placidamente accanto a lei. Mi schioccò un bacio sulla piccola testa, chiedendomi: «Ti piace?».
Annuii energicamente, scuotendo la mia chioma dorata, con gli occhi scintillanti di soddisfazione: «Tanto! Lo scivolo è altissimo! E… e… le altalene, che belle colorate! Gialle, blu, rosse!». Mi persi in uno dei miei abituali sproloqui, sotto il suo sguardo amorevolmente interessato. «Perché poi deve venire anche Roberta all’asilo.», d’un tratto la mia espressione si fece seria, la pura serietà che solo un bambino può esprimere, «Altrimenti non va bene e non posso baciare nessuno sullo scivolo alto alto con il ponte.».
Anche l’espressione di mia nonna mutò. Limpida sorpresa negli occhi azzurri quanto i miei in quel pomeriggio di sole che stava lentamente morendo nella sera, mentre chiedeva, con la sua solita voce soffice, senza ombra di preoccupazione: «E Roberta ti piace?».
Sorrisi estasiata, annuendo di nuovo, lo sguardo sincero fisso nel suo: «Sì, Roberta è tanto bella. La più bella che c’è!». Un momento di silenzio attonito si perse nella continuazione del mio blaterare cose senza un apparente senso logico, o forse solo inaccessibile per gli adulti.
Mia nonna mi osservò ancora un attimo, per poi scoppiare a ridere genuinamente, abbracciandomi appena terminai il mio discorso sconclusionato. Io mi strinsi automaticamente a lei, sorridendo ancora. Mia nonna si alzò e mi trascinò in piedi vicino a sé, sussurrando: «Si è fatto tardi, dobbiamo andare a casa, amore.».

 
*****
Mi dispiace pubblicare dopo così tanto tempo una cosa che non c'entra nulla con i progetti che ho in corso, davvero mi dispiace per le lettrici delle mie ff o dei miei racconti. Spiegazione semplice e chiara: dovevo scrivere questa cosa. Può sembrare banale e forse anche un po' patetica, ma dovevo farlo e questo è il modo migliore che io abbia trovato.
Le informazioni che trovate nel ricordo possono essere totalmente frutto della mia immaginazione (non ho nemmeno controllato se la scuola era intitolata veramente a un'Alice) e quindi totalmente infondate. Ma mi va bene così, è quello che ricordo e come lo ricordo, a parte le cose che mi sono inventata di sana pianta.
Il titolo non c'entra apparentemente nulla per voi, c'entra per me: era una frase tipica di mia nonna.
Ho quasi passato la paura che avevo un tempo nel leggere me stessa nei miei racconti e questo lo considero un enorme passo in avanti.
A breve pubblicherò un mio recente progetto, un racconto angst che sto propriamente partorendo da un po' xD Ma è finalmente quasi terminato.
Dovrei aver finito con le comunicazioni di servizio, grazie per aver letto.
   
 
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