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Autore: past_zonk    07/01/2012    9 recensioni
[ANGST]
Matt ha l'AIDS.
Struggente, triste, questo spezzato di vita che descrive i pesanti mesi vissuti con questo carico.
Con quest'amore inespresso che si batte e si strugge per sbocciare.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Spazio della traduttrice: Mi sono davvero impegnata a tradurre questa storia, probabilmente perché credevo veramente valesse la pena che fosse letta da tutte le belldommer. I capitoli sono sette, ed io cercherò di pubblicarne uno almeno a settimana. Sono stra-orgogliosa.

Vorrei ringraziare DI CUORE Marina, la splendida scrittrice di questa splendida opera: you're great!

Beh, ora vi lascio leggere, sperando di aver fatto un buon lavoro (decente, perlomeno)

Ciao! 

PS: le recensioni sono amore per me, ma sopratutto per l'autrice e per la storia, condividete le vostre sensazioni, i vostri pensieri, tutto!

Wires - capitolo primo.


Ti stanno nutrendo con un tubo. Prima non potevano nutrirti con nulla perché il tuo corpo non lo accettava, ma ora possono con un tubo nel tuo braccio. Credono sia meglio? Sembri ancora esangue, e non posso farne a meno, ma sono arrabbiato. È colpa tua se sei in questo stato; non voglio sembrare pessimista, ma non posso neanche incolpare il ragazzo che ti ha ridotto così. È solo tutta colpa tua, te che non puoi neanche difenderti. L’unico segno che suggerisce che sei vivo è Il leggero bip pulsante del tuo cuore sul monitor.
Ricordo ancora il giorno in cui accadde. Posso ancora sentire il nodo nella mia gola e il pungere di lacrime nei miei occhi. Posso ancora sentire la tua mano, debole e fredda nella mia, quando le labbra del dottore hanno formato le parole che non avrei mai voluto udire. Riesco a vedere ancora la tua profonda vulnerabilità, sapendo che anche prima il più piccolo colpo poteva mandarti all’ospedale - diavolo, poteva ucciderti.
Riesco ancora sentire la rabbia che sto provando proprio ora.
È colpa tua, Matt.
Vengo a trovarti ancora ogni giorno, ma tu lo sai, perché ti parlo. Stringo la tua morta, fredda mano e ti parlo di tutte le più piccole cose, cose che tu ovviamente non vuoi sentire. A te non interessa degli avvenimenti più insignificanti, ma non so cos’altro dire. Dio, Matt, sembri così malato. Non ho mai visto qualcuno perdere la propria vitalità ed essere ancora vivo, e questo mi spaventa.
“Sono molto dispiaciuto di dirvi che il collasso del signor Bellamy è stato causato dall’AIDS”
“Sono molto dispiaciuto di dirvi che vostra figlia non è sopravissuta all’operazione”
“Sono molto dispiaciuto di dirvi che è morto nelle prime ore del mattino”
“Sono molto dispiaciuto di dirvi che non siamo riusciti a salvare vostro padre”.
L’ultima l’ho già sentita prima.
Il dottore l’ha detto a me per primo. Poi l’ha detto a Chris e Tom. Poi ai tuoi genitori e a tuo fratello. Infine l’ha saputo il resto del mondo, ma quello è stato un incidente. Tu non sai nemmeno che “loro” lo sanno. Tu giaci lì nel letto ed io non neanche la forza di dirti che l’intero mondo lo sa. L’hanno saputo perché dovevano saperlo, perché sarebbe stato crudele tenerli all’oscuro; ma io vorrei non l’avessero saputo. Questo è qualcosa che tu dovresti avere il coraggio di dire a tutti. Alla fine, però, Chris ha dovuto farlo.
“Lo scorso sabato, il collasso di Matt durante un concerto a Berlino era una conseguenza di una sindrome da Immunodeficienza Acquisita. Apprezzeremmo che la stampa abbia il più poco possibile a che fare con Matthew durante il ricovero. Grazie per l’attenzione. Nessun’altra domanda”.
“Dom?”
Sei sveglio, ora. Dovrei chiamare l’infermiera, ma non lo faccio.
“Ehi, Matt” sussurro, e prendo la tua mano nella mia sorridendo. “Come ti senti?”
“Malato” gracchi, sbattendo via l’indesiderato sonno dai tuoi occhi.
“Vuoi bere?”
Fai cenno di sì, quindi prendo il mio bicchiere e lo premo sulle tue labbra. Mi fissi, protestando con gli occhi.
Cosa stai facendo Dom? Posso farlo da solo. Non sono stupido, stai dicendo con lo sguardo. Ma sei troppo debole. Ti guardavo, prima di quel concerto a Berlino. Reggevi a malapena la tua chitarra.
“Bevilo e basta, Matt” sospiro.
E tu bevi.
Posso vedere il tuo pomo d’Adamo fare su e giù, la pallida colonna della tua gola tesa quando allunghi il tuo collo per ingoiare.
“Grazie” dici, e alzi la tua mano per spingere via il bicchiere. Solo dopo mi colpisce quanto tu sia freddo. Quanto sembri colpevole.
E così ho deciso, ora è il momento migliore per chiedere.
“Perché non me l’hai detto, Matt?” domando, piano, poggiando il bicchiere sul comodino dietro di te.
“Perché non lo sapevo”
Oh, Matt. Mi stai mentendo, vero? Lo sapevi; certo che lo sapevi.
Quindi ti guardo, e tu guardi me.
“...perché ero spaventato” dici.
“Matt...”
Stringo la tua fragile piccola mano e sento le tue ossa aderire al mio palmo. Sobbalzo.
“Matt, pensavo ne avessimo già discusso. Non devi aver mai paura di dirmi qualcosa. Sei il mio miglior amico”
“Già” fai una pausa per tossire delicatamente “ma questo genere di cose non valgono più tanto quando hai l’AIDS, no?”
Sento le lacrime sgorgare, e cadere ancora, e bagnare la tua mano che deterge le lacrime dalla mia guancia.
La tua risata è ingiustificata, ma mi rende felice comunque.
“Per cosa stai piangendo, stupido segaiolo?”
La tue dita strofinano la mia pelle in un pizzicotto imbarazzato; quando alzo gli occhi e ti guardo tu stai sorridendo come se ti avessi appena dato tutti i soldi del mondo.
“Grazie per essere qui, Dom” dici, poggiando la tua mano sul mio braccio. Poi il tuo sorriso svanisce “Qualcuno lo sa?”
“Ti mandano il loro amore”
La tua bocca è storta e contratta, e sembri così vuoto che mi ferisce star seduto al tuo fianco. Ti guardo rimuovere lentamente la tua mano dal mio braccio, giacendo sui cuscini e lasciandoti scappare un sospiro.
“Dom” mi dici ad occhi chiusi “potresti per piacere andartene?”
Ti guardo, fragile e piccolo e esile e pallido, e guardo i tuoi capelli trasandati, marrone-topo, e guardo le tue mani chiuse perdutamente sul tuo stomaco, e...sembri come se fossi già morto.
“Ci vediamo più tardi, Matt”
“Se proprio devi...”

*


È più tardi, ora. Sto al bar con una vodka e cola, Tom da un lato, Chris dall’altro. Kelly è sparita nel bagno, e se riesco a convicermi che anche tu lo sei, allora starò bene. Non parliamo di te da circa 15 minuti, ora, e la mia grandiosa idea di pretendere che tu sia andato a pisciare sta funzionando bene, grazie tante. So che probabilmente è crudele dimenticarsi di te in questo modo, quando sei a 10 minuti di viaggio, steso su un letto d’ospedale con solo un monitor e un tubo per nutrirti a farti compagnia, piccolo e patetico e assolutamente sobrio, ma è tutto quello che posso fare.
Tuo padre mi ha chiamato stamane presto, proprio dopo il mio ritorno a casa. Mi ha chiesto come stavi andando, e gli ho detto che t’eri svegliato. È sembrato sollevato, come se tutto ad’un tratto “svegliatosi” significasse “guarito completamente”. Non ho voluto dire nient’altro che potesse rompere la sua piccola bolla.
Tu sei il mio migliore amico; tu sei suo figlio. È diverso.
“Dom, noi andiamo a trovare Matt domani. Vuoi venire?” domanda Chris, e il mio isolamento contro di te è improvvisamente penetrato, disperso e volato via col vento.
“No” dico.
“Sono sicuro che ti vorrebbe lì, amico”
“Ma non voglio andarci”
L’ho deciso adesso, Matt, che non verrò a trovarti finché non esci dall’ospedale. Lo odio. È così pulito, e puzza di antisettico e morte, ed ora anche tu puzzi di antisettico e morte.
Il sorriso di Chris è qualcosa di forzato. Mi da una pacca sulla spalla e ride della sua grande fragorosa risata.
“Seriamente, Dom...”
Seriamente, chris. È fottutamente ridicolo, lì. Sono stato al suo fianco per due cazzo di settimane e tutto ciò che ho ricevuto quando s’è svegliato è stato ‘Dom, per piacere, vattene via’. Non mi vuole lì, Chris, e perdipiù, neanche io ci voglio stare”.
Chris sembra titubante “Se ne sei sicuro...”
“Sì, Chris credo di essere alquanto sicuro. Sai quando dico di non volerlo vedere, significa generalmente che non lo voglio vedere”
“Dom smettila di fare il bastardo. Il tuo migliore amico è in ospedale...”
“È colpa sua, cazzo, Chris! Perché nessuno lo capisce?”
“Come è colpa sua? Spiegami come dovrebbe essere colpa sua se sta per...”
“Sta per cosa? Sta per morire? Già, Chris, giusto. Potrebbe morire. Ma non c’è niente che possiamo fare, quindi siediti qui e bevi la tua birra immaginando d’essere felice, perché è quello che sto cercando di fare, e stava funzionando così fottutamente bene finché tu ti sei girato e hai detto il suo stupido nome”
Faccio finta di non vederlo, ma quando guardo Chris, lui piega in basso la testa ed una lacrima cade nella sua birra.

*


Ho cercato di resistere dal venire a trovarti per 3 giorni. Ho telefonato Kelly per essere sicuro che nessun’altro stesse andando. Lei vuole venire con me per prima. Io voglio andare per conto mio. Questa è la mia battaglia da combattere.
Quando sono passato all’ospedale ed ho chiesto di vederti, la giovane carina receptionist ha detto che sei stato dimesso. Ha detto che un signore più vecchio - tuo padre - è passato a prenderti. Ho cercato il numero di tuo padre senza neanche pensarci. Mentre cammino fuori dall’ospedale e cerco la mia macchina nel parcheggio, George risponde.
“Pronto?”
“Pronto, sono Dom. C’è Matt lì?”
“Grazie a Dio” George sussurra, ed è qui che inizio a preoccuparmi “Dom, devi venire; non vuole parlarmi, dice che vuole parlare solo con te. Dom...io”
“Ehi” dico gentilmente “Sto arrivando, ok? Niente panico. Che è successo?”
“Bene. Ok. Perfetto, Dom.” C’è un battibecco dall’altro lato del telefono e poi lo sento parlare gentilmente “Torno fra un minuto, figliolo.” Capto dei passi e poi lo sento di nuovo parlare. “Mi hanno chiamato questa mattina per portarlo a casa e lui non m’ha voluto guardare per tutto il tragitto verso il suo appartamento. Non l’ho visto in faccia, non una sola volta. È uscito dall’auto ed è andato dritto dentro, io l’ho seguito e lui ha detto che sarebbe stato bene, che potevo andarmene. Certamente, non potevo lasciarlo solo, quindi gli ho chiesto se voleva una tazza di tè e sono andato in cucina...Lui stava all’entrata, potevo sentirlo fissarmi. Quindi mi sono girato e lui c’era. Lacrime ovunque, poggiato al telaio della porta perché non riusciva a stare in piedi, con questo assurdo grande livido viola sulla guancia. Non so cos’ho fatto; sono solo rimasto lì a fissarlo. Dovevo sembrare davvero, non so, spaventato o qualcosa del genere, come se fossi terrorizzato dalla...cosa sulla sua faccia. È scivolato sulle mattonelle, schiantando la sua anca sul pavimento, ed è rimasto lì, piangendo, senza guardarmi. Ha detto solo che voleva parlare con te.”
“Oh.”
Ora sono in piedi con la mano sulla porta macchina. Dovrei aprirla, ma l’intenzione è stata succhiata via dalle circa 200 parole dette da tuo padre.
Grande livido viola.
So cos’è. Ho sentito il dottore parlarne centinaia di volte. Ha detto che ne avevi sul tuo petto, sulle tue gambe, sulle tue anche, ma non ne avevo mai visto uno prima. Ed ora c’è ne uno sulla tua faccia. Una lesione.
“Dom? Ci sei ancora?”
“Dì a Matt che sto arrivando”.

*


George va via per farci un tè. Sono seduto sul divano con la tua testa sulla mia spalla, e i tuoi singhiozzi sono diventati ansimi che sono diventati tossiti che sono diventati silenzio.
“Sono così brutto” sussurri, e il mio cuore si spezza.
Ti guardo e tu strofini la mia mano contro la tua guancia.
“Matt, sei così lontano dall’essere brutto” sussurro in risposta, e tu sorridi.
“Yeah?”
“Yeah.” Mi fermo, il mio naso premuto leggermente contro il tuo “Sei bellissimo, Matt. Non importa che diavolo c’è sulla tua faccia, o ovunque sul tuo corpo. Sei bellissimo”.
Non avevo mai visto i tuoi occhi. Non così. Non quando si stanno lentamente riempendo di lacrime. Tu sbatti le palpebre, facendo scivolare le lacrime via, ma loro semplicemente continuano a tornare, cadendo sulle tue guancie, via dal tuo naso, nella tua bocca e giù fino al mento; sembri un disastro, Matt, e sei ancora bellissimo.
Sei sempre bellissimo.
“Cosa succederà con la band?” domandi, sistemandoti accanto a me con un lungo sospiro e alzando la mano scheletrica a coprire i tuoi occhi.
“Stiamo annullando tour, concerti e interviste, cose così, fino a che non starai meglio”.
“Oh” non sembri molto felice.
“Che c’è, Matt?
Giocherelli con un lembo della t-shirt, un pallido pezzo di pelle del tuo ventre visibile per un secondo mentre si tira il tessuto. Ti agiti, muovendoti sul divano, cercando di trovare una posizione comoda, poi tiri su col naso  “E se non sto meglio?”
“Starai meglio” lo dico perché voglio crederci. Davvero.
Sei il mio migliore amico, Matt. Tu mi interrompi e mi lanci cose e ridi con me, e discuti con me, e non puoi lasciare che questa cosa diventi più grande di te. Non puoi andare alla deriva; lasciarti distruggere dall’interno. Non puoi morire.
Non lo farai.
Ridi leggermente, inclinando il tuo collo per guardarmi.
“Tu eri sempre per il bicchiere mezzo pieno, eh?”
“Cosa vorrebbe dire?” domando indignato, solamente perché non voglio che tu smetta di parlare.
“Dom, io ho l’AIDS, cazzo. Come puoi essere ottimista su questo, non lo saprò mai. Ma lo sei, ed è bello.”
Mi rivolgi quel sorriso, quello che non rivolgi mai a nessun’altro, ed anche se la tua faccia è smunta ed emaciata, e se pure il tuo corpo si sta rivoltando contro te stesso, e anche se non c’è assolutamente nessuna speranza in te, è ancora lo stesso. È lo stesso sorriso che mantiene il mio bicchiere mezzo pieno e la mia finestra socchiusa. È ancora lo stesso sorriso che mi fa sorridere di rimando.
   
 
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