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Autore: irytvb    08/01/2012    4 recensioni
Dal testo:
Un agente della CIA alla disperata ricerca di un persona del suo passato. Una donna che forse può aiutarlo, ma che non parla, non senza che le sue condizioni vengano rispettate.
E le sue condizioni pretendono una storia, la storia dell'agente Hummel.
"Ho una proposta." Disse d' un tratto Santana. "La mia storia per la sua."
Una storia che coinvolge un ragazzo di strada, un italiano davvero singolare...
"Blaine," Disse un altro ragazzo, rivolto a quello con cui stava parlando, "cosa...?"
"Faccio amicizia, Thad. Non avevamo parlato di buone maniere?"
Risero tutti, tranne l'italiano, quello che si chiamava Blaine.
Lui continuava a fissarmi.
"Tira fuori tutti i soldi che hai. E bada che siano tutti, non mi piace che mi si prenda in giro."
Una storia d'amore nata nella confusione di un epoca che non permetteva nessun altro sentimento oltre la paura per la propria vita, in un millenovecento disseminato di stragi che la polizia sceglieva di non vedere.
"Quindi," disse Santana, quando Kurt terminò di raccontare, "è per questo? Lo stai cercando ancora?"
**
E' una storia un po' particolare, e sinceramente non so se piacerà, ma è il mio regalo di compleanno per me stessa, quindi ... :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Betata dalla fantastica ND_Warblers518...

I will never say goodbye to you


1. Cold outside.

"Il giorno in cui voi non brucerete più d'amore,
 molti altri moriranno di freddo."

                                                     François Mauriac                                        

"Deve dirmi tutto. Qualunque cosa le venga in mente aiuterà sia il suo caso che il mio." Disse perentorio Kurt alla ragazza di fronte a lui.
Quella si guardò intorno per qualche secondo, fissando con aperta ostilità le vetrate, prima di volgersi verso Kurt con un sorrisetto sardonico. "Oh, ne dubito. Anzi, meno parlo meno metterò in pericolo la mia e la sua vita."
"Se non collabora passerà dieci anni in carcere. Preferisce questo?"
"Sarò più al sicuro dietro le sbarre che in  libertà, a questo punto."
Kurt emise un gemito frustrato. Andavano avanti così da diverse ore, di questo passo non avrebbero risolto niente.
"Mi stia a sentire, Lopez. E ascolti attentamente, perchè non ripeterò questa offerta un altra volta. Lei mi dice tutto quello che sa, ed io la lascio in libertà. Se testimonierà a nostro favore le darò una scorta, farà parte del programma protezione testimoni. Farò tutto il possibile per tirarla fuori dal pasticcio in cui si è messa, anche perchè mi sembra troppo giovane per capire la gravità della sua situazione."
"Strano, perchè lei sembra avere la mia stessa età. Come ha fatto a diventare membro della CIA così in fretta? "
"Non mi sembra nè luogo nè momento per parlare di queste cose-"
"Al contrario, a me sembra un momento perfetto. Forse è parente di qualche agente?"
"Temo che lei sia fuori strada. Qui non si fanno favoritismi."
"Ah no? Eppure lei non mi sembra adatto per fare l' agente segreto. Forse lavoro di base?"
"No, lavoro a campo aperto."
"Mi permetta di mostrare il mio stupore, allora. Lei non passa inosservato." Disse Santana, squadrando l'agente davanti a lui.
Kurt arrossì leggermente, ma si costrinse a non abbassare lo sguardo.
"Ho una proposta." Disse d' un tratto la ragazza. "La mia storia per la sua."
"Non mi sembra che lei sia nella situazione giusta per porre condizioni."
"Invece lo sono. Vi servono le mie informazioni, fareste qualunque cosa per metterci le mani. E sappiamo entrambi che io non parlerò, altrimenti."
"Bene. Cosa vuole sapere?" Sbuffò Kurt, sprofondando dentro la sedia imbottita che usavano durante gli interrogatori.
"Perchè ha deciso di fare l' agente segreto? Io so chi è lei. L'ho vista sui giornali... E' il figlio del senatore del congresso, Burt Hummel. Non ha pensato di seguire le orme di suo padre? E' meno pericoloso fare il politico."
Kurt prese la radio che ronzava sul tavolo, e la spense. Poi, alzandosi, calò le tendine sulle vetrate, in modo che la stanza solitamente illuminata a giorno fosse nella penombra.
"C'era..." Scosse la testa, come cercando di schiarirsi i pensieri. "Io volevo fare il cantante a Broadway."Disse, con una risatina amara. "Ma poi... i tempi sono cambiati. Avevo la vita che ogni ragazzino ricco viveva: andavo a scuola, una privata, naturalmente. Poi dritto a casa, senza gozzovigliare per strada, perchè non era adatto, dicevano. In realtà avevano paura che facessi brutti incontri, ma questo l'ho scoperto dopo..."

**

Non doveva essere complicato.
Finn, il suo fratellastro, gli aveva chiesto di comprare il regalo di anniversario per i loro genitori senza di lui, perchè aveva gli allenamenti di football.
Così si era diretto verso il centro di Washington, che non distava molto dalla scuola in cui andava.
Certo, non conoscevo ancora bene la città, visto che mi ero trasferito da poco da Lima, per il lavoro di suo padre, ma gli avevano assicurato che era facile trovare il quartiere dei negozi, e se mai si fosse perso avrebbe sempre potuto chiamare un taxi.
Il problema era che non si era accorto di essersi perso: camminavo di buona lena, con gli occhi fissi sulla strada davanti a sè, e le mani strette sulle banconote che avevo in tasca, visti i tempi.
Sfortunatamente ero finito in un quartieraccio, uno di quelli che sorgeva all'ombra di due strade pulitissime e curate, con i prati all'inglese tagliati di fresco, un quartiere che, come molti altri, era solitamente ignorato, quasi tenuto all'ombra per non avere a che fare con i crimini che vi avvenivano di frequente.
Quando me ne ero accorto era troppo tardi.
Una mezza dozzina di ragazzi, probabilmente intorno alla mia età, (all'epoca aveva sedici anni,) l' avevano circondato.
"Qualcuno si è perso." Aveva detto un biondo, dando una gomitata al ragazzo al suo fianco.
Stranamente realizzò che fu così solo dopo che il ragazzo aveva parlato.
"Su, Jeff, non spaventare il ragazzino. Usa le buone maniere..." Aveva ghinato il ragazzo .
"A lui la mamma le ha insegnate... peccato che la mia non l' abbia fatto, vero?" Aveva chiesto un ragazzo asiatico, ridendo.
"Peccato per lui, non per noi, Wes."
Miaa madre era morta quando ero piccolissimo, perciò non mi aveva mai insegnato le buone maniere. Ma questo non lo dissi.
"Cosa volete?" Avevo finalmente chiesto, guardandoli con una spavalderia che non possedevo.
"Insegnare ad un novellino com' è stare al mondo." Disse un altro ragazzo, avanzando dalle mie spalle.
Aveva i capelli neri e ricci, domati con del gel.
Quando i suoi occhi scuri incontrarono i miei sentii un brivido correre lungo la spina dorsale.
Fu allora che capii pienamente cosa stava succedendo e cosa sarebbe potuto succedere.
Avrebbe potuto finire parecchio male.
"So benissimo come stare al mondo. Ci sono stato per sedici anni." Avevo risposto.
E va bene, forse non era la mossa più intelligente da fare, ma nessuno spingeva gli Hummel in giro, giusto? O almeno così diceva mio padre.
Un ragazzo nero fece per saltargli addosso, ma il ragazzo che stava parlando scosse la testa: "Non ora, David." notai solo allora che aveva un pesante accento italiano.
"Come ti chiami?" Gli chiese poi.
Per un attimo meditai di tirargli un pugno e scappare, ma l' idea era ridicola per due ragioni: la prima, loro erano in troppi, la seconda era che non sapevo tirare pugni.
"Kurt."
"Quindi sei tedesco?" chiese ancora, avvicinandosi di un paio di passi.
Era così vicino che poteva vedere  i suoi occhi ad una distanza ravvicinata.
Erano belli, quegli occhi.
Particolari, con delle screziature verdi all'interno.
"No. E tu sei italiano?"
Il ragazzo sorrise. "si."
"Blaine," Disse un altro ragazzo, rivolto a quello con cui stava parlando, "cosa...?"
"Faccio amicizia, Thad. Non avevamo parlato di buone maniere?"
Risero tutti, tranne l'italiano, quello che si chiamava Blaine.
Lui continuava a fissarmi.
"Tira fuori tutti i soldi che hai. E bada che siano tutti, non mi piace che mi si prenda in giro."
Vuotai le tasche immediatamente, nella speranza che tutto finisse il più in fretta possibile.
"Togliti le scarpe."
A quella richiesta lo guardai stranito.
"Ho detto di toglierti le scarpe." Ripetè.
Bhè il problema era che non potevo: erano nuove, e avevo obbligato mio padre a prendere quelle della nuova collezione di Prada. Sarei morto, piuttosto che consegnargliele.
"No."
Lui si strinse nelle spalle, prima di fare un cenno ai suoi compagni, che mi furono addosso in un istante.
Non so quanto durò la rissa.
O meglio, non so quanto durò il pestaggio, perchè io non potei fare molto altro se non subire.
So solo che ad un certo punto, dopo quelle che parvero ore, (ma che sarebbero potuti essere benissimo secondi, ho imparato che tutto è relativo nella mente umana, anche il tempo,) svenni.
Quando riuscii ad aprire gli occhi mi accorsi per prima cosa del battito pulsante del mio cuore, che segnalava che ero ancora vivo.
Fu un sollievo saperlo.
La seconda cosa di cui mi accorsi furono due paia di occhi che purtroppo ricordavo bene.
"Alla fine non sei morto, allora."  Disse Blaine con un sorrisetto.
"Che cosa....?"
"Ho dovuto fermarli, sai. Pensavo che almeno sapessi fare a pugni, visto che non hai voluto ascoltarmi."
"Io... Mi piacevano quelle scarpe." Risposi, guardando con nostalgia i miei piedi scalzi.
"Ti avremmo lasciato andare se me le avessi consegnate. Mi stavi simpatico."
"Ciò nonostante mi hai fatto pestare."
Blaine sospirò. "Tieni," Disse, mollando quel paio di scarpe accanto a me.
"Che..?"
"Hai lottato per averle." Rispose, stringendosi nelle spalle.
Mi alzai a sedere, accorgendomi in quel momento di essere stato adagiato sopra..."Dove cavolo siamo?"
"Nel Bronx." All'occhiata sconvolta che gli rivolsi ghignò: "è il nome della palestra in cui mi alleno..."
Oh. Questo spiegava il ring su cui ero sdraiato.
"Come ci sono finito?"
"Ti ho trascinato io . Se ti avessi lasciato per strada non sarebbe finita bene... Il figlio del senatore del congresso disteso senza sensi in mezzo alla strada? Per molti sarebbe stato come Natale in anticipo."
"Oh." Aveva detto Kurt piuttosto stupidamente.
Non poteva farci niente, semplicemente sentiva il suo livello di quoziente intellettivo calare a picco ogni volta che quegli occhi scuri lo scrutavano come in quel momento.
"Su, in piedi." Disse infine Blaine.
"eh? Nel caso in cui tu non te ne sia accorto sono appena stato picchiato."
"Lo so. E' per questo che ti devi alzare: farò in modo che non succeda più." Aveva risposto l' Italiano.
Kurt l' aveva guardato dubbioso, prima di alzarsi con non poca fatica.
Sembrava quasi che le sue gambe avessero deciso di non reggere il suo peso.
"Tirami un pugno."
Kurt lo guardò come se avesse perso qualche rotella, ma Blaine gli sorrise incoraggiante.
Non potè fare a meno di pensare che avesse proprio un bel sorriso.
"Sei... Sei sicuro?"
"certo."
Kurt chiuse la mano a pugno, piegando leggermente le ginocchia per darsi lo slancio, ma Blaine gli bloccò la mano prima che potesse fare altro.
"Il movimento delle gambe andava bene, ma la mano no. Guarda."  Gli prese la mano, e con delicatezza, una delicatezza che Kurt non si sarebbe mai aspettato da quelle mani callose e grandi, tolse il pollice dalla morsa delle altre dita, e lo posizionò sotto la seconda falange. "Altrimenti ti rompi il pollice."
"Perchè lo stai facendo?" Chiese d'un tratto Kurt.
"Perchè non sai nemmeno tirare un pugno."Gli aveva risposto Blaine, come se avesse appena fatto una domanda stupidissima.
"Perchè mi stai aiutando? Sono confuso. Prima mi fai picchiare e poi mi insegni a combattere? Perchè?"
"Non lo so. Ho questa... Questa sensazione, su di te...." Blaine tacque un paio di secondi, come riflettendo. "Adesso prova di nuovo a tirarmi il pugno."
Kurt non insistè per sapere altro, ma gli tirò il pugno.
Mirò al naso, e ci mise tutta la forza di cui poteva disporre in quel momento, che non era poi molta a causa di tutti i lividi che stavano affiorando sulla sua pelle delicata.
Blaine parò il colpo senza difficoltà, ma questa volta annuì: "era buono. La prossima volta mettici più forza."
Kurt stava per dirgli che era difficile metterci più forza, perchè, pronto? Lui era appena stato picchiato! Ma la risposta gli morì in gola quando vide l'orologio.
"Sono...Sono le otto?" Chiese Kurt, ormai nel panico.
Blaine annuì. "Si, che problema... Oh." Sembrò capire tutto in una manciata di secondi. "a che ora dovevi essere a casa?"
"Alle sei. E... Io non so nemmeno dove sono adesso!"
"Calma, io so esattamente dove siamo. Arriverai a casa, in un modo o nell'altro."
"No, tu non capisci. Mio padre avrà già chiamato la polizia! Probabilmente il giornale serale mi darà già come rapito o morto! Vedo già i titoli: 'figlio del rappresentante del congresso Burt Hummel sparito questo pomeriggio. Si pensa al peggio.' E mio padre! A mio padre verrà un infarto! Come-"
"Okay, datti una calmata. Adesso usciamo dalla palestra e andiamo verso una cabina telefonica. Dopodichè ti accompoagno a casa. Semplice,no?"
Il cervello di Kurt si era bloccato al ti riaccompagno a casa, se avesse dovuto essere sincero, ma annuì comunque.
Uscirono dalla palestra, Blaine con il colletto della giacca di pelle tirato su in modo che gli coprisse metà viso, e Kurt con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, sentendo la mancanza del suo giubotto Burberry, che naturalmente si erano presi gli amici di Blaine.
Almeno aveva le scarpe, pensò, guardando le prada nere.
Arrivarono ad una cabina telefonica con un anta di vetro completamente rotta, e Kurt trasalì entrandovi, mentre sentiva le suola delle sue adorate scarpe calpestare le schegge di vetro.
Blaine entrò con lui, chiudendosi alle spalle l'anta rotta.
La cabina era piccola, fatta giusta perchè una persona potesse entrarci, perciò Kurt sentì il corpo di Blaine a filo con il suo.
Rabbrividì, forse per il freddo, o forse per la vicinanza dell' altro ragazzo.
Perchè Blaine era caldo, e sentiva quel calore anche attraverso i suoi vestiti, non perchè stesse sviluppando una cotta per lui o qualcosa del genere.
Il fenomeno che stava vivendo si chiamava escursione termica, giusto?
Giusto.
"Non ho monete." Disse Kurt, indicando la fessura al lato del telefono rosso.
"Lo so. Ho io le tue." Disse tranquillamente Blaine, prima di prenderne una e sospirare.
"Non hai una cicca, vero?"
"Ehm... no."
Blaine si guardò intorno, e gli occhi si posarono sulla strada deserta.
"Va bene," Disse, prima di inserire la monetina dentro la fessura.
Kurt lo guardò stranito, ma digitò il numero di telefono dell'ufficio di suo padre, e attese.
"Pronto?" chiese la voce profonda di Burt.
Kurt sentiva l' ansia che impregnava il tono del padre, e si sentì da subito in colpa.
"Ehi, papà, sono io, Kurt."
Dall'altra parte sentì un sospiro di sollievo." Grazie a Dio. Dove sei? Perchè non sei a casa? Ti è successo qualcosa? Finn ha detto che sei andato da solo a comprare il-"
"Papà, calmati. Ho avuto un brutto incontro, ma ora sto bene. Sto arrivando a casa."
"In che senso un brutto incontro? Kurt, cosa ti è success-" Un suono stridulo coprì le ultime parole del rappresentante del congresso, sostituito da una voce femminile: "La chiamata è terminata. Se vuole richiamare inserisca nell'apposita fessura un dollare e attenda in linea-" Anche la voce femminile si spense con uno stridio.
Questa volta però, il colpevole era Blaine, che aveva sferrato un calcio al contentiore di metallo sotto il telefono rosso, che si ribaltò e rovesciò per terra centinaia di monetine da un dollaro.
Kurt lo guardò incredulo.
"Che c'è? Dovevo riprendermi il dollaro." Aveva risposto lui innocentemente, prima di prendere una manciata di monetine e infilarle nella tasca dei jeans. "Bhè, andiamo o dobbiamo aspettare la polizia?"
I due ragazzi aprirono l'anta della cabina, e si fiondarono fuori.
"Riesci a correre?" gli chiese Blaine. "Solo per un isolato, altrimenti la pattuglia ci prenderà."
Kurt lo guardò incredulo. Era ovvio che non ci riusciva , e la colpa era soltanto dell'italiano.
Blaine non aspettò risposta e gli afferrò la mano, prima di iniziare a correre con Kurt alle calcagna, che malediceve tutto quello che gli passava per la testa.
Dopo un isolato si fermarono, e Kurt si accascio sui grdini che portavano all'ingresso di una casa. "Ti odio." Gemette.
Blaine gli sorrise soltanto, divertito, prima di sedersi di fianco a lui.
"Allora, dove abiti?" Gli chiese.  "Ti devo riaccompagnare a casa."
"Vicino alla Dalton, la scuola privata che si affaccia su via-"
"Si, la conosco."
"La conosci?"
"Una volta la frequentavo. Sei pronto ad alzarti? Abbiamo un sacco di strada da fare."
"Ma fa freddo!" Gemette Kurt.
Blaine alzò gli occhi, prima di alzarsi e progergli la mano. "La prossima volta ti metterai un maglione, sopra quella camicia. E' gennaio."
"Sopra quella camicia avevo un giubbotto molto pesante, per tua informazione. Non avevo previsto di essere derubato."
"Avresti dovuto prevederlo. Non passi inosservato vestito così in un quartiere del genere. Cosa ci facevi qui?"
"Stavo tentando di trovare un regalo per l' anniversario dei miei genitori." Rispose Kurt, rabbrividendo quando una folata di vento particolarmente fredda si insinuò sotto la leggera camicia.
Blaine lo guardò con interesse, prima di sfilarsi il giubbotto." La prossima volta metti un maglione." Ripetè con un sorriso.
Kurt si infilò la giacca di pelle, che era insolitamente calda e profumata.
Un profumo che Kurt aveva riconosciuto subito come Chanel, lo stesso che usava sua madre.
Lo Chanel numero cinque impregnava quasi tutti i ricordi che aveva di lei.
Kurt ricordava benissimo di essere seduto sopra la toletta in rovere di Christinne, mentre lei si specchiava sull' enorme specchio, sistemandosi i riccioli scuri dietro le orecchie.
Aveva pensato che sua madre sembrava proprio una principessa, e che se mai avesse sposato una donna, quella sarebbe dovuta essere uguale a lei.
Poi Christinne gli aveva accarezzato una guancia, prima di chinarsi e aprire il primo cassetto a destra, dove teneva delle boccette di vetro dall' aria costosa.
"Cosa sono quelle, mamma?" Aveva chiesto, guardandole con meraviglia.
"Sono profumi; servono per avere un buon odore, Kurt."
"Ma non basta lavarsi?"
Christinne ridacchiò. "Si, basterebbe. Ma a volte voglio avere un profumo ancora più buono. Guarda, questo è il mio preferito." Aveva detto, tirando furoi dal cassettino una boccetta. "Lo usava una delle attrici più famose al mondo. Si chiamava Marylin Monroe."
Kurt aveva annuito, mentre la mamma si spruzzava sul polso qualche goccia della bottiglietta.
"Posso averne un po' ? Voglio un profumo ancora più buono anch'io ."
Lei aveva sorriso, prima di mettergliene qualche goccia ai lati del collo.
"Stai bene?" Chiese Blaine d'un tratto. "Non stai dicendo niente da un po'. Ti conosco da qualche ora e già so che non perdi mai un attimo per lamentarti."
"Ehi, questo non è vero. Oggi avevo degli ottimi motivi per lamentarmi."
Blaine, straordinariamente, rise.
Aveva una bella, bellissima risata, e gli occhi gli si illuminavano sembrando più verdi che marroni.
Kurt dovette fermarsi un secondo per non rischiare di inciampare, dato che le sue gambe quel giorno sembravano non volergli proprio ubbidire.
Questa volta per una ragione completamente diversa dalla prima.
E per ciò molto, molto terrificante.
Kurt si conosceva abbastanza bene da capire come funzionasse il suo cervello.
Non capiva perchè tutti dicessero che le emozioni fossero legate al cuore, perchè per lui quello era soltanto un organo che batteva, imperterrito, finchè respiriamo.
Certo, il cuore era un organo affascinante, ma non quanto il cervello con i suoi emisferi legati ad ogni condizione della nostra vita.
E c'era un emisfero che particolarmente interessava Kurt, a quel punto.
L'emisfero affettivo.
"Kurt, siediti." Disse Blaine con voce ad un tratto preoccupata.
Lui lo guardò, confuso. Dove doveva sedersi? Non c'era nessuno posto dove riposarsi. Niente gradini, niente panchine.... Cosa stava cercando di dirgli? E perchè tutto era sempre più sfocato e confuso?
Stava forse delirando?
Sbattè gli occhi un paio di volte, cercando di madare via quella fastidiosissima nebbiolina, ma quella non ne voleva sapere.
La testa era un un po' più pesante di prima, ma non c'era niente di cui preoccuparsi, giusto?
L'unica cosa certa, in quel momento, era la mano calda di Blaine sulla sua spalla, che lo spingeva giù....?
Non capiva cosa volesse fare e perchè- Ohhhh. Adesso era seduto.
E, guarda, la testa non sembra meno pesante, adesso?...
"Cazzo." Aveva sentito bofonchiare Blaine.
...Avrebbe dovuto preoccuparsi?
"Torno subito, te lo prometto. Ma tu stai fermo e non ti muovere, va bene?"
Blaine se ne stava andando.
Avrebbe dovuto aspettarselo? Del resto era stato lui a ordinare di picchiarlo, no? Magari lo stava accompagnando a casa solo per scoprire dove abitava e derubarlo... Probabilmente ora che stava male Blaine si era spaventato ed era corso via.
Peccato.
Sembrava proprio un bel ragazzo.
Avrebbe potuto innamorarsene se non fosse stato un gangster in erba.
"Mangia."
La voce di Blaine arrivò come galleggiando dallo stato di torpore in cui Kurt era caduto.
Così non era scappato, dopotutto... Aveva pensato confusamente, prima che Blaine gli ficcasse in mano qualcosa di caldo.
Senza pensare iniziò a portarselo alla bocca, e dopo i primi tre morsi si accorse di stare mangiando un hot dog, probabilmente preso da uno di quegli orribili carretti, dove l'igiene era un qualche strano miraggio....
Kurt dovette ammettere che si sentiva molto meglio, però.
"Dovevi proprio avere un calo di zuccheri* con me, vero?" Aveva sbottato Blaine.
Se Kurt non avesse saputo di meglio avrebbe potuto pensare che si fosse spaventato.
"Mi dispiace...?"
Blaine sbuffò soltanto, prima di rialzarsi in piedi e spazzolarsi i jeans. "Ce la fai ad alzarti? Ormai manca poco."
"Si, cer-Ew. Mi hai fatto sedere sul marciapiede?"
Blaine sorrise di nuovo, e gli porse la mano, che questa volta Kurt presesenza esitazioni.
____________________________________________________________________________

Camminavano su una stradina stretta e poco illuminata, punteggiata qua e là da qualche lampione che gettava un cono di luche soltanto su una piccola porzione dell'asfalto.
Ma non era questo che gli aveva reso il respiro superficiale.
Era il fatto che blaine non gli aveva ancora lasciato la mano.
E, sebbene le gambe molli fossero state il sentore di un calo di zuccheri e non di una cotta, questo non stava ad escludere che Blaine era davvero bello.
Aveva un buon profumo, la pelle abbronzata ed era stato gentile, se non si contava il loro primo incontro.
E Kurt aveva addosso la sua giacca.
La sua giacca di pelle, esattamente. Chi aveva detto che i cattivi ragazzi non avevano fascino?
Quel qualcuno non aveva incontrato Blaine, allora.
"Domani pomeriggio cosa fai?"
... Non gli stava chiedendo un appuntamento, vero? Perchè Blaine sembrava tutto eccetto che gay.
"N-niente, Perchè?"
"Ti passo a prendere alle cinque. Ho promesso che non saresti stato più picchiato, ricordi? Io mantengo le mie promesse." Rispose Blaine, prima di girare l'angolo e trovarsi in una strada privata.
I giardini tagliati con minuziosa precisione sembravano venire da un altro pianeta, se pargonati alle case dei quartieri che Kurt aveva visto in precendenza, senza contare che i lampioni, disposti a pochissima distanza l' uno dall'altro sembravano illuminare il viottolo pulitissimo, senza nemmeno una cartaccia, a giorno.
Kurt ci mise qualche secondo a capire che quella era la via dove abitava.
"Riesci ad arrivare a casa tua senza svenire o farti trovare da una banda?"
"Ci proverò." Rispose il ragazzo con un sorriso.
Blaine gli fece un cenno, prima di girarsi, e avrebbe imboccato la stradina dalla quale erano arrivati, se Kurt non l' avesse fermato. "Sei sicuro di voler tornare a casa tua a quest'ora?" Chiese timidamente.
"Nessuno mi assalirà, te lo prometto. So difendermi." Gli aveva risposto garbatamente, e Kurt non potè fare a meno di sentirsi un po' stupido, prima che Blaine gli sorridesse di nuovo, prima di voltarsi e incamminarsi lontano da lui.
Kurt, invece, stette a fissare Blaine finchè non sparì dietro l'angolo, e rimase lì, in quella posizione per un po', finchè le mani non gli fecero male per il freddo.
Allora si voltò, e infilò le mani nella tasca del giubbotto.
Oh. Il giubbotto.
Blaine si era dimenticato il giubbotto.

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"Così si era dimenticato la giacca." La latina sbuffò. "Così clichè."
Kurt le rivolse un sorriso mesto, il primo che aveva fatto in sua presenza.
"Mi dispiace. Però se può consolarla, quella sera ho frugato nelle tasche del giubbotto, e c'era una busta indirizzata a me."
"Davvero?" Chiese Santana, improvvisamente interessata.
"Si. Probabilmente l'avrà messa mentre ero svenuto. C'erano i soldi che mi aveva rubato. Non tutti, poi mi ha spiegato che quelli erano solo i soldi che erano toccati a lui, perchè gli altri se li erano spartiti."
"Quindi l'hai incontrato il giorno dopo, giusto?"
Kurt annuì. "Bhè, io ti ho raccontato una parte della mia storia, adesso mi devi raccontare cosa ci facevi in un quartiere così..." Sembrò cercare la parola giusta, prima di continuare."Malfamato. In compagnia di-"
"puttane.  Con addosso novecento grammi di roba." Concluse Santana per lui. "Non è ovvio? Mi spacciavo per una di loro, ma i nostri acquirenti sapevano da chi andare per comprare. Ero l'unica ispanica in mezzo alle altre."
"Si, ma perchè l' ha fatto? Aveva un lavoro che le rendeva bene ."
"Ma non era abbastanza. La mia fidanzata- Oh, non faccia quella faccia! Come se fosse scandalizzato o cose del genere! Scommetto che tra lei e Anderson ci sarà stato sesso bollente, magari in quella palestra nella quale vi siete conosciuti..."
Kurt arrossì visibilmente. "Avevo quella faccia perchè è la prima volta che conosco qualcuno che lo dichiara così apertamente. Inoltre sapevo della sua fidanzata, abbiamo un intero dossier su Brittany S. Pearce. Altrimenti non le avrei mai raccontato la mia storia."
"Oh." Santana sembrava sorpresa.
"Inoltre," Kurt arrossì ancora di più mentre cercava di darsi un contegno, "come faceva a sapere della palestra?"
"Palestra...? Oh. Non lo sapevo, ma adesso voglio tutti i dettagli..."
"Non ora."La blandì Kurt. "Lei stava dicendo perchè ha fatto tutto questo."
"Come lei saprà, a questo punto, Brittany è stata insieme a molti uomini, tra cui un gangster di nome-"
"Abrams. Arthur Abrams, si fa chiamare dai suoi tirapiedi Artie."
"Esattamente. Bhè, non voleva lasciarla andare, ha minacciato di uccidere me e lei,  così abbiamo pensato che un soggiorno a Puerto Rico era d'obbligo. Ma avevamo bisogno di soldi. Molti soldi.
Così ci siamo messe in contatto con Puckerman-"
"Un altro Gangnster? Rivale di Abrams, per giunta! Cosa stavate pensando?"
"A salvarci la pelle il più in fretta possibile."

CONTINUA....
chiarimrenti:
*vengono dopo un grosso sforzo, quando si consumano grosse quantità di adrenalina o quando non si assume abbastanza cibo, o appunto, zuccheri.

^il mio angoletto^
bhè, se qualcuno sta leggendo mi piacerebbe sapere cosa ne pensa... devocontinuare o cancelllare immediatamente la storia?
su un altro piano, ne aprofitto per cantarmi: tanti auguri a me , tanti auguri a ireneeeee tanti auguri a meeeeeeeeee xD
..... non vorreste mai lasciarmi senza recensioni il giorno del mio compleanno, veeeeeeero?
1baci8
iry

tri moriranno di freddo."

                                                     François Mauriac                                        

"Deve dirmi tutto. Qualunque cosa le venga in mente aiuterà sia il suo caso che il mio." Disse perentorio Kurt alla ragazza di fronte a lui.
Quella si guardò intorno per qualche secondo, fissando con aperta ostilità le vetrate, prima di volgersi verso Kurt con un sorrisetto sardonico. "Oh, ne dubito. Anzi, meno parlo meno metterò in pericolo la mia e la sua vita."
"Se non collabora passerà dieci anni in carcere. Preferisce questo?"
"Sarò più al sicuro dietro le sbarre che in  libertà, a questo punto."
Kurt emise un gemito frustrato. Andavano avanti così da diverse ore, di questo passo non avrebbero risolto niente.
"Mi stia a sentire, Lopez. E ascolti attentamente, perchè non ripeterò questa offerta un altra volta. Lei mi dice tutto quello che sa, ed io la lascio in libertà. Se testimonierà a nostro favore le darò una scorta, farà parte del programma protezione testimoni. Farò tutto il possibile per tirarla fuori dal pasticcio in cui si è messa, anche perchè mi sembra troppo giovane per capire la gravità della sua situazione."
"Strano, perchè lei sembra avere la mia stessa età. Come ha fatto a diventare membro della CIA così in fretta? "
"Non mi sembra nè luogo nè momento per parlare di queste cose-"
"Al contrario, a me sembra un momento perfetto. Forse è parente di qualche agente?"
"Temo che lei sia fuori strada. Qui non si fanno favoritismi."
"Ah no? Eppure lei non mi sembra adatto per fare l' agente segreto. Forse lavoro di base?"
"No, lavoro a campo aperto."
"Mi permetta di mostrare il mio stupore, allora. Lei non passa inosservato." Disse Santana, squadrando l'agente davanti a lui.
Kurt arrossì leggermente, ma si costrinse a non abbassare lo sguardo.
"Ho una proposta." Disse d' un tratto la ragazza. "La mia storia per la sua."
"Non mi sembra che lei sia nella situazione giusta per porre condizioni."
"Invece lo sono. Vi servono le mie informazioni, fareste qualunque cosa per metterci le mani. E sappiamo entrambi che io non parlerò, altrimenti."
"Bene. Cosa vuole sapere?" Sbuffò Kurt, sprofondando dentro la sedia imbottita che usavano durante gli interrogatori.
"Perchè ha deciso di fare l' agente segreto? Io so chi è lei. L'ho vista sui giornali... E' il figlio del senatore del congresso, Burt Hummel. Non ha pensato di seguire le orme di suo padre? E' meno pericoloso fare il politico."
Kurt prese la radio che ronzava sul tavolo, e la spense. Poi, alzandosi, calò le tendine sulle vetrate, in modo che la stanza solitamente illuminata a giorno fosse nella penombra.
"C'era..." Scosse la testa, come cercando di schiarirsi i pensieri. "Io volevo fare il cantante a Broadway."Disse, con una risatina amara. "Ma poi... i tempi sono cambiati. Avevo la vita che ogni ragazzino ricco viveva: andavo a scuola, una privata, naturalmente. Poi dritto a casa, senza gozzovigliare per strada, perchè non era adatto, dicevano. In realtà avevano paura che facessi brutti incontri, ma questo l'ho scoperto dopo..."

**

Non doveva essere complicato.
Finn, il suo fratellastro, gli aveva chiesto di comprare il regalo di anniversario per i loro genitori senza di lui, perchè aveva gli allenamenti di football.
Così si era diretto verso il centro di Washington, che non distava molto dalla scuola in cui andava.
Certo, non conoscevo ancora bene la città, visto che mi ero trasferito da poco da Lima, per il lavoro di suo padre, ma gli avevano assicurato che era facile trovare il quartiere dei negozi, e se mai si fosse perso avrebbe sempre potuto chiamare un taxi.
Il problema era che non si era accorto di essersi perso: camminavo di buona lena, con gli occhi fissi sulla strada davanti a sè, e le mani strette sulle banconote che avevo in tasca, visti i tempi.
Sfortunatamente ero finito in un quartieraccio, uno di quelli che sorgeva all'ombra di due strade pulitissime e curate, con i prati all'inglese tagliati di fresco, un quartiere che, come molti altri, era solitamente ignorato, quasi tenuto all'ombra per non avere a che fare con i crimini che vi avvenivano di frequente.
Quando me ne ero accorto era troppo tardi.
Una mezza dozzina di ragazzi, probabilmente intorno alla mia età, (all'epoca aveva sedici anni,) l' avevano circondato.
"Qualcuno si è perso." Aveva detto un biondo, dando una gomitata al ragazzo al suo fianco.
Stranamente realizzò che fu così solo dopo che il ragazzo aveva parlato.
"Su, Jeff, non spaventare il ragazzino. Usa le buone maniere..." Aveva ghinato il ragazzo .
"A lui la mamma le ha insegnate... peccato che la mia non l' abbia fatto, vero?" Aveva chiesto un ragazzo asiatico, ridendo.
"Peccato per lui, non per noi, Wes."
Miaa madre era morta quando ero piccolissimo, perciò non mi aveva mai insegnato le buone maniere. Ma questo non lo dissi.
"Cosa volete?" Avevo finalmente chiesto, guardandoli con una spavalderia che non possedevo.
"Insegnare ad un novellino com' è stare al mondo." Disse un altro ragazzo, avanzando dalle mie spalle.
Aveva i capelli neri e ricci, domati con del gel.
Quando i suoi occhi scuri incontrarono i miei sentii un brivido correre lungo la spina dorsale.
Fu allora che capii pienamente cosa stava succedendo e cosa sarebbe potuto succedere.
Avrebbe potuto finire parecchio male.
"So benissimo come stare al mondo. Ci sono stato per sedici anni." Avevo risposto.
E va bene, forse non era la mossa più intelligente da fare, ma nessuno spingeva gli Hummel in giro, giusto? O almeno così diceva mio padre.
Un ragazzo nero fece per saltargli addosso, ma il ragazzo che stava parlando scosse la testa: "Non ora, David." notai solo allora che aveva un pesante accento italiano.
"Come ti chiami?" Gli chiese poi.
Per un attimo meditai di tirargli un pugno e scappare, ma l' idea era ridicola per due ragioni: la prima, loro erano in troppi, la seconda era che non sapevo tirare pugni.
"Kurt."
"Quindi sei tedesco?" chiese ancora, avvicinandosi di un paio di passi.
Era così vicino che poteva vedere  i suoi occhi ad una distanza ravvicinata.
Erano belli, quegli occhi.
Particolari, con delle screziature verdi all'interno.
"No. E tu sei italiano?"
Il ragazzo sorrise. "si."
"Blaine," Disse un altro ragazzo, rivolto a quello con cui stava parlando, "cosa...?"
"Faccio amicizia, Thad. Non avevamo parlato di buone maniere?"
Risero tutti, tranne l'italiano, quello che si chiamava Blaine.
Lui continuava a fissarmi.
"Tira fuori tutti i soldi che hai. E bada che siano tutti, non mi piace che mi si prenda in giro."
Vuotai le tasche immediatamente, nella speranza che tutto finisse il più in fretta possibile.
"Togliti le scarpe."
A quella richiesta lo guardai stranito.
"Ho detto di toglierti le scarpe." Ripetè.
Bhè il problema era che non potevo: erano nuove, e avevo obbligato mio padre a prendere quelle della nuova collezione di Prada. Sarei morto, piuttosto che consegnargliele.
"No."
Lui si strinse nelle spalle, prima di fare un cenno ai suoi compagni, che mi furono addosso in un istante.
Non so quanto durò la rissa.
O meglio, non so quanto durò il pestaggio, perchè io non potei fare molto altro se non subire.
So solo che ad un certo punto, dopo quelle che parvero ore, (ma che sarebbero potuti essere benissimo secondi, ho imparato che tutto è relativo nella mente umana, anche il tempo,) svenni.
Quando riuscii ad aprire gli occhi mi accorsi per prima cosa del battito pulsante del mio cuore, che segnalava che ero ancora vivo.
Fu un sollievo saperlo.
La seconda cosa di cui mi accorsi furono due paia di occhi che purtroppo ricordavo bene.
"Alla fine non sei morto, allora."  Disse Blaine con un sorrisetto.
"Che cosa....?"
"Ho dovuto fermarli, sai. Pensavo che almeno sapessi fare a pugni, visto che non hai voluto ascoltarmi."
"Io... Mi piacevano quelle scarpe." Risposi, guardando con nostalgia i miei piedi scalzi.
"Ti avremmo lasciato andare se me le avessi consegnate. Mi stavi simpatico."
"Ciò nonostante mi hai fatto pestare."
Blaine sospirò. "Tieni," Disse, mollando quel paio di scarpe accanto a me.
"Che..?"
"Hai lottato per averle." Rispose, stringendosi nelle spalle.
Mi alzai a sedere, accorgendomi in quel momento di essere stato adagiato sopra..."Dove cavolo siamo?"
"Nel Bronx." All'occhiata sconvolta che gli rivolsi ghignò: "è il nome della palestra in cui mi alleno..."
Oh. Questo spiegava il ring su cui ero sdraiato.
"Come ci sono finito?"
"Ti ho trascinato io . Se ti avessi lasciato per strada non sarebbe finita bene... Il figlio del senatore del congresso disteso senza sensi in mezzo alla strada? Per molti sarebbe stato come Natale in anticipo."
"Oh." Aveva detto Kurt piuttosto stupidamente.
Non poteva farci niente, semplicemente sentiva il suo livello di quoziente intellettivo calare a picco ogni volta che quegli occhi scuri lo scrutavano come in quel momento.
"Su, in piedi." Disse infine Blaine.
"eh? Nel caso in cui tu non te ne sia accorto sono appena stato picchiato."
"Lo so. E' per questo che ti devi alzare: farò in modo che non succeda più." Aveva risposto l' Italiano.
Kurt l' aveva guardato dubbioso, prima di alzarsi con non poca fatica.
Sembrava quasi che le sue gambe avessero deciso di non reggere il suo peso.
"Tirami un pugno."
Kurt lo guardò come se avesse perso qualche rotella, ma Blaine gli sorrise incoraggiante.
Non potè fare a meno di pensare che avesse proprio un bel sorriso.
"Sei... Sei sicuro?"
"certo."
Kurt chiuse la mano a pugno, piegando leggermente le ginocchia per darsi lo slancio, ma Blaine gli bloccò la mano prima che potesse fare altro.
"Il movimento delle gambe andava bene, ma la mano no. Guarda."  Gli prese la mano, e con delicatezza, una delicatezza che Kurt non si sarebbe mai aspettato da quelle mani callose e grandi, tolse il pollice dalla morsa delle altre dita, e lo posizionò sotto la seconda falange. "Altrimenti ti rompi il pollice."
"Perchè lo stai facendo?" Chiese d'un tratto Kurt.
"Perchè non sai nemmeno tirare un pugno."Gli aveva risposto Blaine, come se avesse appena fatto una domanda stupidissima.
"Perchè mi stai aiutando? Sono confuso. Prima mi fai picchiare e poi mi insegni a combattere? Perchè?"
"Non lo so. Ho questa... Questa sensazione, su di te...." Blaine tacque un paio di secondi, come riflettendo. "Adesso prova di nuovo a tirarmi il pugno."
Kurt non insistè per sapere altro, ma gli tirò il pugno.
Mirò al naso, e ci mise tutta la forza di cui poteva disporre in quel momento, che non era poi molta a causa di tutti i lividi che stavano affiorando sulla sua pelle delicata.
Blaine parò il colpo senza difficoltà, ma questa volta annuì: "era buono. La prossima volta mettici più forza."
Kurt stava per dirgli che era difficile metterci più forza, perchè, pronto? Lui era appena stato picchiato! Ma la risposta gli morì in gola quando vide l'orologio.
"Sono...Sono le otto?" Chiese Kurt, ormai nel panico.
Blaine annuì. "Si, che problema... Oh." Sembrò capire tutto in una manciata di secondi. "a che ora dovevi essere a casa?"
"Alle sei. E... Io non so nemmeno dove sono adesso!"
"Calma, io so esattamente dove siamo. Arriverai a casa, in un modo o nell'altro."
"No, tu non capisci. Mio padre avrà già chiamato la polizia! Probabilmente il giornale serale mi darà già come rapito o morto! Vedo già i titoli: 'figlio del rappresentante del congresso Burt Hummel sparito questo pomeriggio. Si pensa al peggio.' E mio padre! A mio padre verrà un infarto! Come-"
"Okay, datti una calmata. Adesso usciamo dalla palestra e andiamo verso una cabina telefonica. Dopodichè ti accompoagno a casa. Semplice,no?"
Il cervello di Kurt si era bloccato al ti riaccompagno a casa, se avesse dovuto essere sincero, ma annuì comunque.
Uscirono dalla palestra, Blaine con il colletto della giacca di pelle tirato su in modo che gli coprisse metà viso, e Kurt con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, sentendo la mancanza del suo giubotto Burberry, che naturalmente si erano presi gli amici di Blaine.
Almeno aveva le scarpe, pensò, guardando le prada nere.
Arrivarono ad una cabina telefonica con un anta di vetro completamente rotta, e Kurt trasalì entrandovi, mentre sentiva le suola delle sue adorate scarpe calpestare le schegge di vetro.
Blaine entrò con lui, chiudendosi alle spalle l'anta rotta.
La cabina era piccola, fatta giusta perchè una persona potesse entrarci, perciò Kurt sentì il corpo di Blaine a filo con il suo.
Rabbrividì, forse per il freddo, o forse per la vicinanza dell' altro ragazzo.
Perchè Blaine era caldo, e sentiva quel calore anche attraverso i suoi vestiti, non perchè stesse sviluppando una cotta per lui o qualcosa del genere.
Il fenomeno che stava vivendo si chiamava escursione termica, giusto?
Giusto.
"Non ho monete." Disse Kurt, indicando la fessura al lato del telefono rosso.
"Lo so. Ho io le tue." Disse tranquillamente Blaine, prima di prenderne una e sospirare.
"Non hai una cicca, vero?"
"Ehm... no."
Blaine si guardò intorno, e gli occhi si posarono sulla strada deserta.
"Va bene," Disse, prima di inserire la monetina dentro la fessura.
Kurt lo guardò stranito, ma digitò il numero di telefono dell'ufficio di suo padre, e attese.
"Pronto?" chiese la voce profonda di Burt.
Kurt sentiva l' ansia che impregnava il tono del padre, e si sentì da subito in colpa.
"Ehi, papà, sono io, Kurt."
Dall'altra parte sentì un sospiro di sollievo." Grazie a Dio. Dove sei? Perchè non sei a casa? Ti è successo qualcosa? Finn ha detto che sei andato da solo a comprare il-"
"Papà, calmati. Ho avuto un brutto incontro, ma ora sto bene. Sto arrivando a casa."
"In che senso un brutto incontro? Kurt, cosa ti è success-" Un suono stridulo coprì le ultime parole del rappresentante del congresso, sostituito da una voce femminile: "La chiamata è terminata. Se vuole richiamare inserisca nell'apposita fessura un dollare e attenda in linea-" Anche la voce femminile si spense con uno stridio.
Questa volta però, il colpevole era Blaine, che aveva sferrato un calcio al contentiore di metallo sotto il telefono rosso, che si ribaltò e rovesciò per terra centinaia di monetine da un dollaro.
Kurt lo guardò incredulo.
"Che c'è? Dovevo riprendermi il dollaro." Aveva risposto lui innocentemente, prima di prendere una manciata di monetine e infilarle nella tasca dei jeans. "Bhè, andiamo o dobbiamo aspettare la polizia?"
I due ragazzi aprirono l'anta della cabina, e si fiondarono fuori.
"Riesci a correre?" gli chiese Blaine. "Solo per un isolato, altrimenti la pattuglia ci prenderà."
Kurt lo guardò incredulo. Era ovvio che non ci riusciva , e la colpa era soltanto dell'italiano.
Blaine non aspettò risposta e gli afferrò la mano, prima di iniziare a correre con Kurt alle calcagna, che malediceve tutto quello che gli passava per la testa.
Dopo un isolato si fermarono, e Kurt si accascio sui grdini che portavano all'ingresso di una casa. "Ti odio." Gemette.
Blaine gli sorrise soltanto, divertito, prima di sedersi di fianco a lui.
"Allora, dove abiti?" Gli chiese.  "Ti devo riaccompagnare a casa."
"Vicino alla Dalton, la scuola privata che si affaccia su via-"
"Si, la conosco."
"La conosci?"
"Una volta la frequentavo. Sei pronto ad alzarti? Abbiamo un sacco di strada da fare."
"Ma fa freddo!" Gemette Kurt.
Blaine alzò gli occhi, prima di alzarsi e progergli la mano. "La prossima volta ti metterai un maglione, sopra quella camicia. E' gennaio."
"Sopra quella camicia avevo un giubbotto molto pesante, per tua informazione. Non avevo previsto di essere derubato."
"Avresti dovuto prevederlo. Non passi inosservato vestito così in un quartiere del genere. Cosa ci facevi qui?"
"Stavo tentando di trovare un regalo per l' anniversario dei miei genitori." Rispose Kurt, rabbrividendo quando una folata di vento particolarmente fredda si insinuò sotto la leggera camicia.
Blaine lo guardò con interesse, prima di sfilarsi il giubbotto." La prossima volta metti un maglione." Ripetè con un sorriso.
Kurt si infilò la giacca di pelle, che era insolitamente calda e profumata.
Un profumo che Kurt aveva riconosciuto subito come Chanel, lo stesso che usava sua madre.
Lo Chanel numero cinque impregnava quasi tutti i ricordi che aveva di lei.
Kurt ricordava benissimo di essere seduto sopra la toletta in rovere di Christinne, mentre lei si specchiava sull' enorme specchio, sistemandosi i riccioli scuri dietro le orecchie.
Aveva pensato che sua madre sembrava proprio una principessa, e che se mai avesse sposato una donna, quella sarebbe dovuta essere uguale a lei.
Poi Christinne gli aveva accarezzato una guancia, prima di chinarsi e aprire il primo cassetto a destra, dove teneva delle boccette di vetro dall' aria costosa.
"Cosa sono quelle, mamma?" Aveva chiesto, guardandole con meraviglia.
"Sono profumi; servono per avere un buon odore, Kurt."
"Ma non basta lavarsi?"
Christinne ridacchiò. "Si, basterebbe. Ma a volte voglio avere un profumo ancora più buono. Guarda, questo è il mio preferito." Aveva detto, tirando furoi dal cassettino una boccetta. "Lo usava una delle attrici più famose al mondo. Si chiamava Marylin Monroe."
Kurt aveva annuito, mentre la mamma si spruzzava sul polso qualche goccia della bottiglietta.
"Posso averne un po' ? Voglio un profumo ancora più buono anch'io ."
Lei aveva sorriso, prima di mettergliene qualche goccia ai lati del collo.
"Stai bene?" Chiese Blaine d'un tratto. "Non stai dicendo niente da un po'. Ti conosco da qualche ora e già so che non perdi mai un attimo per lamentarti."
"Ehi, questo non è vero. Oggi avevo degli ottimi motivi per lamentarmi."
Blaine, straordinariamente, rise.
Aveva una bella, bellissima risata, e gli occhi gli si illuminavano sembrando più verdi che marroni.
Kurt dovette fermarsi un secondo per non rischiare di inciampare, dato che le sue gambe quel giorno sembravano non volergli proprio ubbidire.
Questa volta per una ragione completamente diversa dalla prima.
E per ciò molto, molto terrificante.
Kurt si conosceva abbastanza bene da capire come funzionasse il suo cervello.
Non capiva perchè tutti dicessero che le emozioni fossero legate al cuore, perchè per lui quello era soltanto un organo che batteva, imperterrito, finchè respiriamo.
Certo, il cuore era un organo affascinante, ma non quanto il cervello con i suoi emisferi legati ad ogni condizione della nostra vita.
E c'era un emisfero che particolarmente interessava Kurt, a quel punto.
L'emisfero affettivo.
"Kurt, siediti." Disse Blaine con voce ad un tratto preoccupata.
Lui lo guardò, confuso. Dove doveva sedersi? Non c'era nessuno posto dove riposarsi. Niente gradini, niente panchine.... Cosa stava cercando di dirgli? E perchè tutto era sempre più sfocato e confuso?
Stava forse delirando?
Sbattè gli occhi un paio di volte, cercando di madare via quella fastidiosissima nebbiolina, ma quella non ne voleva sapere.
La testa era un un po' più pesante di prima, ma non c'era niente di cui preoccuparsi, giusto?
L'unica cosa certa, in quel momento, era la mano calda di Blaine sulla sua spalla, che lo spingeva giù....?
Non capiva cosa volesse fare e perchè- Ohhhh. Adesso era seduto.
E, guarda, la testa non sembra meno pesante, adesso?...
"Cazzo." Aveva sentito bofonchiare Blaine.
...Avrebbe dovuto preoccuparsi?
"Torno subito, te lo prometto. Ma tu stai fermo e non ti muovere, va bene?"
Blaine se ne stava andando.
Avrebbe dovuto aspettarselo? Del resto era stato lui a ordinare di picchiarlo, no? Magari lo stava accompagnando a casa solo per scoprire dove abitava e derubarlo... Probabilmente ora che stava male Blaine si era spaventato ed era corso via.
Peccato.
Sembrava proprio un bel ragazzo.
Avrebbe potuto innamorarsene se non fosse stato un gangster in erba.
"Mangia."
La voce di Blaine arrivò come galleggiando dallo stato di torpore in cui Kurt era caduto.
Così non era scappato, dopotutto... Aveva pensato confusamente, prima che Blaine gli ficcasse in mano qualcosa di caldo.
Senza pensare iniziò a portarselo alla bocca, e dopo i primi tre morsi si accorse di stare mangiando un hot dog, probabilmente preso da uno di quegli orribili carretti, dove l'igiene era un qualche strano miraggio....
Kurt dovette ammettere che si sentiva molto meglio, però.
"Dovevi proprio avere un calo di zuccheri* con me, vero?" Aveva sbottato Blaine.
Se Kurt non avesse saputo di meglio avrebbe potuto pensare che si fosse spaventato.
"Mi dispiace...?"
Blaine sbuffò soltanto, prima di rialzarsi in piedi e spazzolarsi i jeans. "Ce la fai ad alzarti? Ormai manca poco."
"Si, cer-Ew. Mi hai fatto sedere sul marciapiede?"
Blaine sorrise di nuovo, e gli porse la mano, che questa volta Kurt presesenza esitazioni.
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Camminavano su una stradina stretta e poco illuminata, punteggiata qua e là da qualche lampione che gettava un cono di luche soltanto su una piccola porzione dell'asfalto.
Ma non era questo che gli aveva reso il respiro superficiale.
Era il fatto che blaine non gli aveva ancora lasciato la mano.
E, sebbene le gambe molli fossero state il sentore di un calo di zuccheri e non di una cotta, questo non stava ad escludere che Blaine era davvero bello.
Aveva un buon profumo, la pelle abbronzata ed era stato gentile, se non si contava il loro primo incontro.
E Kurt aveva addosso la sua giacca.
La sua giacca di pelle, esattamente. Chi aveva detto che i cattivi ragazzi non avevano fascino?
Quel qualcuno non aveva incontrato Blaine, allora.
"Domani pomeriggio cosa fai?"
... Non gli stava chiedendo un appuntamento, vero? Perchè Blaine sembrava tutto eccetto che gay.
"N-niente, Perchè?"
"Ti passo a prendere alle cinque. Ho promesso che non saresti stato più picchiato, ricordi? Io mantengo le mie promesse." Rispose Blaine, prima di girare l'angolo e trovarsi in una strada privata.
I giardini tagliati con minuziosa precisione sembravano venire da un altro pianeta, se pargonati alle case dei quartieri che Kurt aveva visto in precendenza, senza contare che i lampioni, disposti a pochissima distanza l' uno dall'altro sembravano illuminare il viottolo pulitissimo, senza nemmeno una cartaccia, a giorno.
Kurt ci mise qualche secondo a capire che quella era la via dove abitava.
"Riesci ad arrivare a casa tua senza svenire o farti trovare da una banda?"
"Ci proverò." Rispose il ragazzo con un sorriso.
Blaine gli fece un cenno, prima di girarsi, e avrebbe imboccato la stradina dalla quale erano arrivati, se Kurt non l' avesse fermato. "Sei sicuro di voler tornare a casa tua a quest'ora?" Chiese timidamente.
"Nessuno mi assalirà, te lo prometto. So difendermi." Gli aveva risposto garbatamente, e Kurt non potè fare a meno di sentirsi un po' stupido, prima che Blaine gli sorridesse di nuovo, prima di voltarsi e incamminarsi lontano da lui.
Kurt, invece, stette a fissare Blaine finchè non sparì dietro l'angolo, e rimase lì, in quella posizione per un po', finchè le mani non gli fecero male per il freddo.
Allora si voltò, e infilò le mani nella tasca del giubbotto.
Oh. Il giubbotto.
Blaine si era dimenticato il giubbotto.

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"Così si era dimenticato la giacca." La latina sbuffò. "Così clichè."
Kurt le rivolse un sorriso mesto, il primo che aveva fatto in sua presenza.
"Mi dispiace. Però se può consolarla, quella sera ho frugato nelle tasche del giubbotto, e c'era una busta indirizzata a me."
"Davvero?" Chiese Santana, improvvisamente interessata.
"Si. Probabilmente l'avrà messa mentre ero svenuto. C'erano i soldi che mi aveva rubato. Non tutti, poi mi ha spiegato che quelli erano solo i soldi che erano toccati a lui, perchè gli altri se li erano spartiti."
"Quindi l'hai incontrato il giorno dopo, giusto?"
Kurt annuì. "Bhè, io ti ho raccontato una parte della mia storia, adesso mi devi raccontare cosa ci facevi in un quartiere così..." Sembrò cercare la parola giusta, prima di continuare."Malfamato. In compagnia di-"
"puttane.  Con addosso novecento grammi di roba." Concluse Santana per lui. "Non è ovvio? Mi spacciavo per una di loro, ma i nostri acquirenti sapevano da chi andare per comprare. Ero l'unica ispanica in mezzo alle altre."
"Si, ma perchè l' ha fatto? Aveva un lavoro che le rendeva bene ."
"Ma non era abbastanza. La mia fidanzata- Oh, non faccia quella faccia! Come se fosse scandalizzato o cose del genere! Scommetto che tra lei e Anderson ci sarà stato sesso bollente, magari in quella palestra nella quale vi siete conosciuti..."
Kurt arrossì visibilmente. "Avevo quella faccia perchè è la prima volta che conosco qualcuno che lo dichiara così apertamente. Inoltre sapevo della sua fidanzata, abbiamo un intero dossier su Brittany S. Pearce. Altrimenti non le avrei mai raccontato la mia storia."
"Oh." Santana sembrava sorpresa.
"Inoltre," Kurt arrossì ancora di più mentre cercava di darsi un contegno, "come faceva a sapere della palestra?"
"Palestra...? Oh. Non lo sapevo, ma adesso voglio tutti i dettagli..."
"Non ora."La blandì Kurt. "Lei stava dicendo perchè ha fatto tutto questo."
"Come lei saprà, a questo punto, Brittany è stata insieme a molti uomini, tra cui un gangster di nome-"
"Abrams. Arthur Abrams, si fa chiamare dai suoi tirapiedi Artie."
"Esattamente. Bhè, non voleva lasciarla andare, ha minacciato di uccidere me e lei,  così abbiamo pensato che un soggiorno a Puerto Rico era d'obbligo. Ma avevamo bisogno di soldi. Molti soldi.
Così ci siamo messe in contatto con Puckerman-"
"Un altro Gangnster? Rivale di Abrams, per giunta! Cosa stavate pensando?"
"A salvarci la pelle il più in fretta possibile."

CONTINUA....
chiarimrenti:
*vengono dopo un grosso sforzo, quando si consumano grosse quantità di adrenalina o quando non si assume abbastanza cibo, o appunto, zuccheri.

^il mio angoletto^
bhè, se qualcuno sta leggendo mi piacerebbe sapere cosa ne pensa... devocontinuare o cancelllare immediatamente la storia?
su un altro piano, ne aprofitto per cantarmi: tanti auguri a me , tanti auguri a ireneeeee tanti auguri a meeeeeeeeee xD
..... non vorreste mai lasciarmi senza recensioni il giorno del mio compleanno, veeeeeeero?
1baci8
iry
  
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