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Autore: hiromi_chan    08/01/2012    12 recensioni
Un ragazzo alla ricerca di se stesso, un viaggio alla scoperta dell'amore tra passato, presente e futuro.
"Senti deficiente, io ti conosco...dove cavolo ti ho già visto?"
[SpainxRomano][accenni FrUk]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Piegato su se stesso, le mani arpionate al proprio maglione all'altezza dello stomaco, Antonio teneva il naso a pochi centimetri dall'erba del giardino dei Vargas.

 

Stava lì, accasciato vicino all'ingresso, incapace di rialzarsi, di formulare un pensiero sensato o di fare qualunque altra cosa che non fosse respirare profondamente.

Non sentiva niente; la presenza di Francis si era ridotta a una vaga ombra indistinta al suo fianco. Nemmeno si sarebbe reso conto delle proprie lacrime, calde e copiose, che sgorgavano dagli occhi, se non le avesse viste scivolargli lungo il naso e infrangersi per terra sui sassi.

Forse stava tremando, forse singhiozzava pure, ma non ne era tanto sicuro. Era come se in quel momento fosse diviso in due, Antonio: una parte di lui restava a soffrire come un cane, schiacciata sull'erba fredda, ed era la parte sensibile, quella del corpo sui cui si abbattevano senza pietà i dolori rivissuti nel ricordo del 1995.

L'altra metà di lui invece, vagava ancora tra il fumo e la cenere di quel terzo piano, senza essere in grado di capacitarsi che...

Che il motivo per cui era vivo...

...era lo stesso per cui il nonno del ragazzo che amava era morto.

Che la cosa da ricordare ossessivamente era quella, e che non era affatto qualcosa di veramente buono che aveva unito il destino suo e di Lovino, come invece aveva sempre pensato.

Era terribile, e ora si spiegavano le brutte sensazioni provate di recente, quando aveva iniziato a intuire...era stato per salvare lui e Gilbert che quell'uomo era morto!

E la risposta c'era sempre stata...lì, a portata di mano fin dall'inizio.

 

 

Che gran bastardo ad andarsene così, lasciandoci soli! Un vigile del fuoco morto durante un salvataggio...che cazzata! Se aveva intenzione di salvare qualcuno, avrebbe dovuto pensare prima di tutto alla sua pelle e poi avrebbe fatto meglio a non dimenticarsi di noi!”

 

 

Era quello che gli aveva detto una volta Lovino, gli occhioni verdi lacrimosi per la frustrazione, la voce carica di una rabbia covata a lungo. La stessa che risuonava nella testa di Antonio provocandogli una fitta di dolore simile a una coltellata, che lo fece gemere forte. Uno spasmo terribile e concretissimo, il primo dopo aver realizzato che “la pelle” salvata da Vargas era stata proprio la sua.

 

 

Ma lo sai perchè nonno Roma è stato veramente un bastardo con me...? Lo sai? Una volta ebbe il coraggio di presentarsi senza un regalo per me il giorno di Natale, mentre a Feliciano aveva comprato i fogli e i colori che gli piacevano tanto!”

 

 

Lovino l'aveva pianto tra le sue urla di bambino, le guanciotte arrossate e gonfie, soffrendo per il disperato bisogno di sentirsi amato da qualcuno che non poteva farlo più.

Ma Antonio ora sapeva che Romano Vargas aveva amato suo nipote. L'aveva amato con tutta l'anima, con tutto il cuore, ed era a lui che era andato l'ultimo pensiero prima di morire...a lui e a quel suo regalo di Natale, che non era stato dimenticato affatto, ma che era soltanto in ritardo.

 

 

Dimmi solo che cosa vorresti”

Quella collanina”

Ti ho detto che non posso...”

Ma io la voglio! Uffa, la voglio, la voglio, la voglio!!”

Magari puoi dire alla tua mamma di comprartene una uguale. Natale è appena passato, ma...”

Non posso...”

 

 

Ora capiva perchè Lovino non avrebbe mai potuto chiedere alla mamma di comprargli una catenina simile alla sua: lui non ce l'aveva più, la mamma.

E vedendo il ciondolo penzolare dal collo di Antonio, quella volta, chissà che cosa aveva provato...sicuramente l'aveva riconosciuto come uguale a quello della madre. Ma l'ironia della sorte aveva voluto che quell'oggetto fosse destinato sul serio a Lovino!

Allora, un pensiero se possibile ancora più doloroso degli altri si fece chiaro, e gli occhi di Antonio divennero grandi come i ciottoli che stava fissando con la testa piegata verso il basso.

Se avesse dato a Lovino la collana affidatagli da Romano Vargas, sarebbe finito tutto in quel modo?

Se glie l'avesse consegnata in quel momento, quando era piccolo, avrebbe potuto evitargli di soffrire per tanti anni ancora?

Forse sì, forse...avrebbe subito adempiuto alle ultime volontà del pompiere, senza bisogno dei salti nel tempo che gli erano venuti incontro ogni volta che era servito...ogni volta che doveva vedere qualcosa, capire un particolare che gli sfuggiva...

Quando la pioggia arrivava sempre per indicargli la strada giusta da seguire, come era successo, per esempio, la volta in cui l'aveva costretto ad entrare in ascensore.

Era proprio quello, poi, l'indizio più importante di tutti; ciò che più di ogni altra cosa avrebbe dovuto riportargli alla mente quello che aveva dimenticato.

La pioggia, pensò Antonio con un sorriso disperato, la pioggia che era stata chiama da Romano Vargas, era finalmente arrivata. Come aveva potuto mettere da parte la preghiera accorata di quell'uomo, che seppure sull'orlo della disperazione, aveva compiuto un miracolo?

Ma del resto Antonio non aveva mai messo via completamente quella voce, che spesso era tornata a farsi sentire nel profondo dei suoi sogni, quando chiudeva gli occhi e il suo cuore ricordava al posto suo.

Non serviva ormai continuare ad affogare nel rimpianto, lo spagnolo lo sapeva; pure, non poteva fare a meno di sentirsi estraniato, di perdersi in se stesso almeno per un attimo.

Solo per riflettere un momento sulla realtà delle cose, che sì, era chiara, ma non per questo più accettabile.

Il motivo per cui la sua storia era cominciata, lo stesso motivo che l'aveva portato a conoscere Lovino, spiando la sua vita in anni diversi...il viaggio che aveva compiuto non era servito soltanto a lui.

Il fatto che Antonio avesse riacquistato finalmente la memoria e la coscienza di sé, non era affatto il traguardo, ma l'obiettivo da raggiungere prima del passo finale.

Era successo tutto per permettergli di raccogliere abbastanza indizi e di rendersi conto di cosa mancava, di chi mancava.

Francis gli aveva detto che aveva svolto le veci del “messaggero del paradiso” tra lui e Jeanne. In effetti, era proprio questo che avrebbe dovuto fare sin dall'inizio, ma tra Romano Vargas e suo nipote. E questo andava bene, questo...questo era meraviglioso.

Le cose veramente assurde erano altre: innanzitutto, l'incendio. Poi, il fatto che Antonio non avesse portato a termine il suo compito, impedendosi di ricordare proprio l'incendio. Così, dimenticando la morte di Gilbert, l'ascensore, il vigile del fuoco, la preghiera e la collana, dimenticando tutto...se n'era andato anche il ricordo delle ultime volontà del signor Vargas.

E dal giorno dell'incidente era passato un anno intero durante il quale Antonio aveva navigato nell'oblio di una finta tranquillità, mentre il suo cuore soffriva per essersi chiuso da solo al mondo...mentre Lovino piangeva e piangeva e piangeva e gridava.

Alla fine, era arrivato l'incontro sul treno.

A pensarci adesso, che avrebbe potuto evitare tutto quanto semplicemente offrendo a un bambino il giocattolo che desiderava, Antonio sentì la gola stringersi in una morsa spinosa. Era come se in quel momento, lo spagnolo avesse cambiato le sorti del proprio destino da solo: la scelta che aveva preso, la collana che non aveva consegnato, avevano determinato il resto.

Ma durante il tragitto, era successo un imprevisto, un qualcosa di grosso: Antonio e Lovino si erano innamorati e adesso non si poteva tornare indietro.

E quindi, che cos'era il sentimento nato tra di loro se non qualcosa di tremendamente sbagliato, a confronto con tutto quello che c'era dietro?

Oppure...

Oppure anche il fiorire del loro amore non era stato una casualità? Infondo avevano fatto così tanto l'uno per l'altro, si erano aiutati e si erano capiti e si erano trovati, e adesso si sentivano indispensabili a vicenda.

Era così assurdo pensare che da tanto male ne fosse potuto nascere altrettanto bene? Era assurdo pensare che alla fine, il loro modo di essere destinati l'uno all'altro fosse proprio quello?

No, non lo è” mormorò a sé stesso Antonio, tirando su con il naso.

Non era assurdo, perchè quello che doveva fare non si limitava semplicemente al passaggio di un oggetto. C'era molto, molto di più.

Tutto era nato per l'amore: quello di un uomo nei confronti del proprio nipote. Era un messaggio d'amore che Antonio doveva consegnare.

E poi, poi c'era il loro di amore, e c'erano loro due, Antonio e Lovino, che...

 

 

Senti deficiente,

io ti conosco...

dove cavolo ti ho già visto?”

 

 

...Che, sì, erano stati insieme da tanto tempo...da tanto tempo prima che Antonio lo sapesse.

Già, quella volta sul treno due persone avevano incontrato un paio di occhi verdi: Antonio aveva incontrato quelli di un bambino, sicuro di vederli per la prima volta.

Lovino invece si era specchiato nelle iridi limpide di quel ragazzo...quel ragazzo che... “dove cavolo l'aveva già visto?”.

Perché Lovino, al contrario suo, non aveva dimenticato nulla.

Fu proprio quello il pensiero che fece più male di tutto allo spagnolo; allo stesso tempo fu la forza che gli permise di puntellare i gomiti sulle ginocchia e alzarsi in piedi. Traballante, senza controllare i singhiozzi che erano ripresi, o che forse non si erano mai fermati, tese le braccia verso Francis che non si era mosso dal suo fianco.

L'uomo fu rapido ad afferrare Antonio cingendolo in un abbraccio carico di confusione e tristezza. Sicuramente Francis non poteva capire tutto quello che stava passando per la testa dell'amico, considerando che nemmeno Antonio stesso riusciva a tenere chiaramente il filo dei suoi pensieri, sconvolto com'era. Eppure, il francese gli accarezzò la testa, e disse:

Devi piangere. Non so bene perchè, ma nei hai bisogno. Adesso, piangi”

E Antonio pianse, pianse a gran voce, aggrappandosi forte alle spalle dell'altro, cercando il fiato per poter parlare ma senza riuscirci.

Era così strano...si sentiva in qualche modo quasi sollevato, libero da un peso che gli opprimeva il cuore da tanto tempo. C'era in lui adesso una sorta di consapevolezza che placava un po' la disperazione, perchè finalmente aveva chiaro cosa fosse successo a Gilbert e sapeva anche tutto il resto.

Ma il senso di colpa non si affievoliva, e anzi, adesso si era ingigantito perchè sopra al respiro di Antonio gravava anche la vita di Romano Vargas, e la felicità perduta di Lovino.

Lovinoooo! Per...che...perchè pr...proprio...lui!” riuscì a mugugnare Antonio sulla spalla di Francis.

Come ho fatto a...a non chiedergli s...se...”

Come aveva fatto a non chiedere a Lovino se...?

Una scena si era stagliata limpida nell'animo di Antonio: la stanza, il bambino riverso sul pavimento, il desiderio di avvicinarlo, parlargli...ma non ce l'aveva fatta. Alla fine, era arrivato il buio.

Era stato quello il momento in cui aveva sentito che non ce l'avrebbe più fatta a sopportare il peso di tutto quanto: era stato allora che Antonio, per proteggersi, aveva scelto di dimenticare.

Come ho potuto...non chiedergli...se quella sul treno...era davvero la p...prima volta che ci incontravamo?”

Antoniò...” mormorò Francis, stringendolo forte a sé.

Rimasero così finché lo spagnolo non esaurì tutte le sue lacrime. Sembrava impossibile, ma nonostante avrebbe desiderato continuare a piangere per secoli, alla fine non uscì più nulla più dai sui occhi. Rimasero però il fiato corto e i singhiozzi scossi, e allo stesso modo la stretta di Francis restò salda sulla sua schiena. Gli doveva una spiegazione.

Il pompiere che era morto” riuscì ad articolare lo spagnolo, la gola secchissima, “era il nonno di Lovino”

Terribile come il mistero che aveva avvolto tutti loro e che li aveva legati fin dall'inizio allo stesso filo potesse essere riassunto in quella piccola frase. Un silenzio pesante calò per qualche secondo tra i due amici. Alla fine il più grande prese Antonio per le spalle per poterlo guardare meglio; era sbiancato di colpo e gli occhi blu erano densi di tristezza, come se avesse percepito l'universo di dolore che si celava dietro ogni parola pronunciata dallo spagnolo.

Oddio, Antonio” disse solo.

Lui sospirò, annuendo.

Ho ricordato tutto. Gli devo parlare, adesso” disse meccanicamente, più a se stesso che a Francis.

Allora il francese fece segno di sì con la testa, spostando altrove lo sguardo, probabilmente per nascondere gli occhi lucidi. Subito tornò a rivolgersi all'amico, sfoderando un sorriso velato, sincero e carico di comprensione.

Hai paura” affermò, semplicemente leggendo il sentimento espresso da ogni piega intorno agli occhi e alle labbra di Antonio.

Oh sì. Sì che aveva paura, paura da morire. E come poteva essere diversamente? Era probabile che Lovino, saputa la verità, l'avrebbe odiato per sempre. Ma Antonio allora l'avrebbe capito; anche lui si sarebbe odiato, considerando che ancora faceva fatica a perdonare se stesso, pur essendo cosciente di non avere motivo di odiarsi più di così...non dopo che per tanto tempo non aveva fatto che farsi male da solo.

Inoltre, aveva paura perchè ciò che sarebbe successo immediatamente dopo aver portato a termine le ultime volontà del signor Vargas era un'incognita. Forse, non appena la sua bocca avesse pronunciato quelle parole, una nuova tempesta sarebbe arrivata per riportare Antonio alla sua vita del '96, quando Lovino era ancora solo un bambino. Sarebbe potuto succedere, non sarebbe stato poi così strano.

Fino a quel momento il ragazzo era stato risoluto a mettercela tutta per restare lì dov'era e non lasciare più né Lovino né Francis...ma adesso, se fosse accaduto qualcosa di imprevisto e sovrannaturale com'era successo le altre volte, che cosa avrebbe potuto fare lui per impedirlo?

E d'altro canto, avrebbe dovuto impedirlo davvero?

Sentendosi quasi sanguinare internamente, Antonio si chiese con che faccia avrebbe mai potuto pregare Lovino di tenerlo con lui, dopo avergli raccontato tutta la verità.

Devo parlargli” ripeté stoicamente, a mezza voce.

In effetti il dubbio e la paura non contavano, perchè finalmente era arrivata l'ora di consegnare quel messaggio che aveva tenuto in custodia per troppo tempo. Per Antonio non era stato che un anno...ma per Lovino si era trattato di molti, molti anni. Aveva passato tutta la sua adolescenza senza poter chiarire l'incomprensione con suo nonno, e ormai era un giovane uomo...e se lo meritava come nessun altro, un po' d'amore, quel ragazzo.

Io...ti lascio andare, ma non me la sento di tornare a casa. Magari ti aspetto in macchina, sì?” suggerì il francese, incoraggiante.

Antonio lo guardò.

Francis, il caro amico che gli pagava le rate dell'affitto, che cucinava per lui, che aveva fatto con lui un mare di cavolate e che teneva conto della sua opinione anche quando si innamorava di qualcuno che non piaceva ad Antonio. Francis, che l'aveva accolto a braccia aperte quando era sbucato all'improvviso dal passato, e l'aveva subito riammesso nella sua vita.

Grazie” gli disse lo spagnolo, con voce roca. Un ringraziamento che significava tante cose, troppe per poter anche solo riuscire a pensarle tutte.

L'altro annuì ancora, lo salutò con vago gesto della mano e poi gli diede le spalle. Antonio lo guardò sparire oltre la siepe gelata del giardino, restando immobile come una mummia, e solo quando la sua testa bionda non fu più visibile si voltò anche lui verso l'ingresso.

Rimase incerto sui propri piedi solo per qualche secondo appena. Poi, il tempo di strofinarsi gli occhi e inspirare profondamente, e il ragazzo era già rientrato in casa. Chiuse piano la porta alle sue spalle, portando lo sguardo al piano superiore. Iniziò a salire un gradino dopo l'altro senza neanche rendersi conto di essere arrivato alle scale.

Galleggiava.

Al secondo piano, la stanza di Lovino era socchiusa. Antonio tese le dita verso la superficie color mogano scuro, e allora si accorse che gli tremava la mano.

In un gesto istintivo, appoggiò la fronte contro il legno, ma non appena la sua pelle toccò la porta, questa si aprì, rivelando un Lovino che l'aveva spalancata dall'altra parte. Perdendo l'equilibrio per la sorpresa, Antonio per poco non gli finì sopra, ma l'altro tese le braccia contro il suo petto, allontanandolo da sé.

Che cazzo fai, volevi farmela pagare per tutte le testate che ti ho dato, stronzo?!” brontolò il più giovane.

Antonio lo guardò stringendo le labbra; era così bello, con la faccia da pulcino di chi si è appena svegliato, i capelli scompigliati e la guance rosa. Teneva lo sguardo piantato sul pavimento, forse perchè era troppo imbarazzato dopo la loro notte insieme.

Eppure aveva la bocca piegata in un certo sorriso ben celato, che fece gemere a una voce dentro Antonio “non lo voglio perdere, non voglio che mi odi!”.

Allora lo spagnolo sentì gli occhi bruciarli dolorosamente, ma sapeva che non avrebbe pianto, sta volta; un po' perchè non aveva più lacrime da versare, un po' perchè aveva troppa paura per mettersi a farlo.

Subito Lovino si accorse della sua espressione tesa. Sentendo che non diceva nulla, probabilmente stranito dal fatto che non l'avesse ancora abbracciato, lo guardò inarcando un sopracciglio.

Che hai fatto...che succede?” si allarmò.

Antonio, che non voleva spaventarlo, si sforzò di sorridere, e dopo vari tentativi, riuscì ad ottenere solo un incerto tremolio delle labbra.

A quel punto l'altro si preoccupò sul serio, ma Antonio gli diede appena il tempo di aprire la bocca, prima di richiuderla con foga in un rapido bacio.

L'intenzione era di non metterci nulla di troppo romantico e di limitarsi ad appoggiare le labbra sulle sue; solamente perchè quella poteva essere l'ultima volta, e allora se non l'avesse baciato, l'avrebbe rimpianto fino alla fine dei suoi giorni. Però poi, proprio perchè poteva essere l'ultima volta, indugiò un po' più a lungo sulla bocca ruvida di Lovino. E quando percepì che lui, con una timidezza mal celata, gli chiedeva di approfondire e gli passava piano le dita sulla nuca, Antonio dovette trattenersi a stento dal mettersi a gridare.

Si staccò da lui e dal suo calore soltanto per appoggiare la fronte alla sua. Gli prese il viso ardente e già colorito tra le mani, sentendole tremare appena.

Lovino incontrò i suoi occhi, e c'era così tanta dolcezza in quel silenzio che Antonio se ne sentì improvvisamente saturo e carico.

Ti amo” gli disse dal profondo del suo cuore. Ed era così, l'avrebbe amato fino alla fine dei suoi giorni, semplicemente perchè viveva per questo.

Sapeva di essere rimasto vivo solamente per lui, lì nel fuoco del centro commerciale, solo per portargli un messaggio d'amore quando ancora nemmeno lo conosceva; e adesso che l'aveva conosciuto, era Lovino il motivo per cui si sentiva vivo.

Ti amo” ripeté, liberandogli una guancia dalla sua mano per poterci appoggiare le labbra in un bacio più lungo.

Va bene, sarebbe stato quello l'ultimo bacio, quello di prima era stato troppo rapido e non contava.

In quegli attimi, Antonio portò al massimo l'attenzione di tutti i suoi sensi per assaporare Lovino più che poteva. Sapeva un po' di dolce e un po' d'amaro, il suo amore. Presto però il sapore si fece quasi completamente amaro, una sensazione pungente che poco aveva a che fare con la pelle di Lovino, quanto piuttosto con la pena di Antonio. Allora lo spagnolo si staccò dal suo volto.

Questo era da parte mia” mormorò, con gli occhi ancora chiusi.

Poi, senza lasciare tempo all'altro di aggiungere qualcosa, perchè sentiva che ogni sua reazione sarebbe stata in grado di abbatterlo, si liberò alla svelta della catenina d'argento facendosela passare oltre la testa.

Subito la infilò al collo di Lovino, mentre lui osservava con una palese confusione le sue mosse. Quando Antonio gli sistemò la piccola croce sul collo, il più giovane abbassò la testa e rimase per qualche secondo a fissare il gioiello. Poi i suoi occhi si fecero grandi e le sue labbra si schiusero, mentre il volto schizzava in alto per incontrare quello di Antonio in un'espressione di stupore.

Allora lui gli scostò con gentilezza i capelli castani dalla fronte, per posarvi le labbra nell'ultimo bacio...uno d'addio, che non era suo.

Ti amo tantissimo. Questo invece era da parte di tuo nonno”

Lovino aggrottò le sopracciglia, aprendo la bocca ma senza che ne uscisse alcun suono.

Antonio, gonfiati i polmoni con più coraggio possibile, ne approfittò per parlare prima di non riuscirci più.

Poco fa ho riacquistato i ricordi dell'incidente in cui il mio amico aveva perso la vita. E' successo nel 1995...durante l'incendio del centro commerciale”

Parlava cercando di misurare la voce e le parole, cercando quelle più giuste...ma quali potevano essere le parole giuste in quell'occasione? Si sentiva così agitato che il cuore gli batteva all'impazzata; Lovino intanto rimaneva immobile nel suo sconcerto, incassando tutto senza emettere fiato.

Gilbert era già morto quando restammo bloccati in ascensore. Avevo perso ogni speranza, e mi sentivo quasi morto anch'io...poi arrivò un vigile del fuoco”

Subito la consapevolezza baluginò nell'espressione di Lovino; un lampo attraversò i suoi occhi.

Lo stupore si incrinò per lasciare lentamente il posto alla sofferenza, e il ragazzo iniziò a scuotere la testa piano, facendo segno di no.

Era tuo nonno, Lovi, era tuo nonno” disse Antonio, prendendolo con delicatezza per le spalle, “se non ci fosse stato lui...ce l'ha messa tutta per tirarci fuori di lì, è stato un vero eroe e io...”

A quel punto si bloccò come un giocattolo che esaurisce improvvisamente la carica, e la sua voce si incrinò di colpo.

Lo spagnolo provò con tutto se stesso ad essere forte, ma il respiro, che si faceva a mano a mano sempre più mozzato, sfuggì al suo controllo. Eppure andò avanti nonostante tutto, perchè lui era Antonio Carriedo che non si abbatteva mai, nemmeno nei momenti di crisi. E soprattutto, se era lui il primo a crollare adesso, che cosa ne sarebbe stato poi di Lovino?

Il signor Vargas mi è stato vicino e non ho parole per dire quanto sia stato magnifico” riprese quindi, guardando Lovino ma senza vederlo davvero, “...per salvare il corpo di Gilbert, alla fine, è morto, ma...”

A quelle parole, l'altro inspirò forte chiudendo gli occhi, e le lacrime iniziarono a rigarli il volto.

Ma prima di precipitare insieme all'ascensore” continuò Antonio, alzando la voce come per paura che il ragazzo non volesse ascoltarlo, “prima mi ha parlato un po'...di te. Di quanto ti amasse...di quanto ti amasse, Lovino”

Lui lo fissò, ora, in posa marmorea con le braccia tese lungo i fianchi e le mani strette a pugno. Ma tra le lacrime gli occhi erano accesi in una luce quasi di sfida, come a voler dire “dimostrami che è vero”.

Antonio scoppiò in un sospiro doloroso, facendosi prendere dall'agitazione anche se non avrebbe voluto farlo...anche se avrebbe voluto mantenersi lucido per non complicare le cose a Lovino.

Ti giuro, ti giuro che è così, Lovi! Romano Vargas ti voleva tanto bene...quando parlava di te era così sereno...mentre diceva che lo stendevi con le tue testate nonostante fossi piccolo, era così fiero di te, della tua forza! Ma poi...poi ha detto che quelli che si sforzano troppo di fare tutto da soli, non si lasciano amare con facilità. L'aveva capito com'eri fatto, quindi lasciati amare da lui, Lovi, puoi ancora farlo!” disse con enfasi, scuotendolo un pochino per le spalle.

Non avete avuto tempo per chiarivi, ma vi volevate tanto bene a vicenda...e io...io dovevo dirtelo, ero stato incaricato di dirtelo e di portarti questa catenina...quella volta che tuo nonno non ti regalò nulla per Natale, in realtà avrebbe voluto darti questa. La affidò a me perchè te la consegnassi, pe...per..però...”

Il fiume di parole che era uscito senza sosta fino a quel momento dalla bocca di Antonio si arrestò di nuovo contro la sua volontà. Il ragazzo, dopo aver detto tutto, si sentiva come svuotato. Ma la parte più difficile, Antonio sentiva che non fosse ancora arrivata.

Non era mai stato tanto bravo con le parole...si era espresso abbastanza bene? Lovino aveva capito che era stata colpa sua...tutta colpa sua?

Io l'avevo...l'avevo dimenticato...” riprese, rivolgendogli un sorriso supplichevole, “non ti pare un po'...stupida, come cosa...?”

Adesso sì che stava davvero male.

Si sentiva in bilico, sul punto di cadere in un baratro senza fondo. Era sicuro che stesse per finire tutto, e contava mentalmente i secondi che rimanevano perchè Lovino lo cacciasse definitivamente dalla sua vita. Prima però, gli avrebbe detto tutto; non si sarebbe risparmiato, non poteva farlo. Anche se la sua voce tremava più che mai, non si sarebbe fermato.

Mi sento ancora più stupido, considerando che...che ci avevo provato, a consegnarti il messaggio, ma non c'ero riuscito...” continuò Antonio, afflitto, chiedendosi se Lovino avesse chiara l'immagine del passato a cui si riferiva.

Ma se anche ora l'altro non la ricordava, di certo l'aveva fatto nel 1996 sul treno quando l'aveva riconosciuto subito, e quello era sufficiente.

Mi sento stupidissimo, se poi penso che...avevo dimenticato anche te”

La risposta di Lovino fu un unico respiro irregolare più pesante degli altri e Antonio non riuscì a leggere altro nel suo viso bagnato se non tanto dolore.

Poi però, tutto d'un tratto, Lovino scoppiò e prese a piangere con forza, portandosi le mani alla bocca e guardandolo con gli occhi socchiusi.

Lo spagnolo crollò in ginocchio, reggendosi con i palmi aperti sul pavimento.

Ti chiedo scusa” disse alle fine con tanto sentimento, sperando che capisse quanto fosse sincero.

Scusa per l'incidente...”, ma non bastava solo quello...

Scusami per aver dimenticato”, ma non aveva ancora finito...

Perdonami per averti fatto aspettare”, era una lista enorme di errori, la sua...

Perdonami per non averti capito, per...”

Ne hai fatte, d-di cazzate” lo interruppe bruscamente Lovino, la voce rauca e il naso rossissimo.

Con un gesto lento, raggiunse Antonio per terra sedendoglisi davanti, la punta delle sue scarpe a toccargli le dita ancora arpionate alle mattonelle del pavimento.

Accoccolato con il mento sulle ginocchia e le braccia che gli avvolgevano le gambe, Lovino lo guardò con intensità, senza curarsi di fermare i lacrimoni che gli inzuppavano gli occhi verde spento.

Vedi...vedi d-di finirla di farmi piangere, adesso, stronzo” disse con una falsissima punta di acidità, “o dovrai aggiungere pure questo alla tua lista...allora sì che non potrò perdonarti per davvero”

E il baratro sembrò improvvisamente lontanissimo, mentre Antonio sentiva distintamente i propri piedi ben piantati al suolo, distanti anni luce da qualunque bilico.

Perché Lovino stava dicendo...che l'avrebbe perdonato?

Aveva sentito bene?

Se fosse stato così, se solo fosse stato vero...

Guarda...guarda quanto sei ridicolo” lo sfotté il più giovane, tra un singulto e l'altro, “con la schiena rizzata all'improvviso...e quella faccia da idiota tutta sperduta”

Subito dopo si sporse un po' verso di lui mordendosi le labbra, e lo colpì sulla fronte con uno schiocco delle dita. Per riflesso condizionato, Antonio si portò la mano alla fronte e rimase a fissarlo in completa confusione.

Non mi devi c-chiedere scusa...non devi affatto” singhiozzò Lovino.

Lo spagnolo, in quel momento, fece fatica a ricordare come si faceva a respirare.

Accasciandosi ancora di più sulle ginocchia e tenendo gli occhi chiusi, non poté fare altro che protendersi per aggrapparsi alle gambe di Lovino.

Era così assurdo che ora non lo stesse odiando...sembrava che non provasse il minimo rancore nei suoi confronti. Era troppo bello per essere vero, e se non l'avesse toccato in quel momento, se non avesse tenuto stretto a sé un po' di Lovino, avrebbe creduto fosse frutto della sua immaginazione.

La voce dell'altro gli arrivò all'orecchio, e nonostante non fosse assolutamente melensa, ma anzi ci fosse un po' di durezza nel tono, ad Antonio parve quasi che ogni asperità nascosta nelle sue parole non fosse che un modo per mascherare la dolcezza.

O magari era solo una sua fantasia.

Chiedimi scusa un'altra volta e sei morto” soffiò piano Lovino, piegandosi per raggiungere l'orecchio di Antonio. “Non devi sentirti colpevole”

Non posso farci niente” biascicò lui contro i jeans del più giovane. “Mi sento un verme per averti causato tanti dispiaceri, anche se indirettamente. Ti prego, scusam...AHI!”

Lo spagnolo dovette gridare di dolore, quando l'altro gli prese forte un orecchio e glie lo tirò con decisione e una punta di cattiveria.

Te l'avevo detto di non chiedere più scusa!” tuonò Lovino.

Poi gli afferrò con una mano il mento e gli spinse la testa verso l'alto, facendo contrarre la pelle di Antonio tanto che le labbra gli si arricciarono tra loro.

Stronzo che non sei altro! Tu, tu non lo sai nemmeno quello che hai fatto per me...ogni volta che ti vedevo, ma anche quando non c'eri e ti pensavo e basta...anche quando ero da solo, c'eri tu con me, sempre. Io...non ho parole per dirti che...solo, vedi di finirla di comportarti da verme colpevole” si impantanò, smorzando a tratti la voce. “Non voglio che tu lo faccia, mi stai sul cazzo quando non capisci quanto io ti...insomma, anche adesso, dicendomi queste cose su mio nonno...scommetto che non ti rendi conto di che cosa hai fatto per me”

Qualcosa...qualcosa di buono?” tentennò Antonio, stranito dalla sua reazione.

Dio, che cazzo di idiota” borbottò l'altro.

In quel momento lo vide cingergli il capo con le braccia e affondargli le dita nei capelli, in un gesto che in qualche modo gli ricordò la burbera presa di Romano Vargas sulla sua testa quando erano nell'ascensore; eppure era allo stesso tempo qualcosa di profondamente diverso.

Il suo cuore schizzò via dal petto e volò in paradiso, perchè, oh, una stretta del genere poteva solo avere come motore la tenerezza e il desiderio di consolarlo. Lo sentiva bene, mentre piano piano Lovino gli accarezzava la testa e si arricciava ciocche dei suoi capelli tra le dita.

Ma c'era qualcosa in più ancora: era come se Lovino si stesse sforzando per protendersi il più possibile verso di lui, per tenerlo stretto a lui quanto più poteva.

Una voglia di annullare le distanze che lo spagnolo conosceva fin troppo bene, ma che mai si sarebbe aspettato di percepire con una tale intensità dall'altro.

Sebbene si sentisse praticamente in un'altra dimensione per quanto stesse scoppiando d'amore e di dolore, non gli passò certo inosservata la guancia che Lovino aveva appoggiato sulla sua testa.

Nonno, grazie per avermi dato Antonio”

Fu quella l'unica cosa che lo distrasse dal contatto fisico con l'altro.

Una cosa così potente che tutta l'essenza di Antonio tremò, il suo cuore s'incendiò e prese a gocciolare improvvisamente, e non sarebbe mai più tornato come prima, lo sapeva.

La voce di Lovino era stata così intensa e sincera che lo spagnolo si era sentito immediatamente sciogliere, e per poco la presa sulle sue gambe non cedette. Lovino, proprio perchè se ne accorse, continuò in un tono ancora più alto, scandendo bene le parole.

È un idiota, questo Antonio, perchè non capisce che...non riesco a togliermelo dalla testa da quando ero un marmocchio...e che lo amo da sempre, ma, ma nonostante sia così bastardo, è la cosa più bella che io abbia mai avuto”

Oh.

Davv...” provò a intervenire Antonio, ma il più giovane, già che aveva le mani affondate nei suoi capelli, lo bloccò tirandogli uno dei corti ricci castani.

Ho sempre pensato che tu fossi morto per niente” continuò imperterrito, sicuramente imbarazzatissimo (Antonio poteva percepirlo dal calore della sua guancia), “e invece alla fine ti sei rivelato un grande. Non è vero che sei morto per niente...l'hai fatto per salvare questa persona, e me l'hai mandata così che potesse salvare me. E' la cosa migliore che tu abbia mai fatto”

Lo spagnolo tirò su forte con il naso.

Ecco, aveva creduto di non avere più nemmeno una lacrima da versare, ma allora perchè aveva di nuovo la vista appannata?

Il fatto era che sentirsi dire cose simili in quel modo proprio da Lovino, dopo aver messo insieme tutti i pezzi della loro storia...era...non riusciva a dirlo, com'era.

Era troppo.

Adesso però, dopo tanta fatica per fare arrivare da me questo cretino, vedi di non portarmelo via...”

Quando una sensazione di freddo bagnò i suoi capelli, Antonio seppe che anche l'altro stava piangendo di nuovo.

Intrecciò allora le dita tra le sue gambe, strofinandogli il naso contro il ginocchio. Non era in grado di fare altro; si sentiva così colmo di tutto che...neanche ne era sicuro, di come si sentiva.

Non portarmelo via, nonno” ripeté Lovino.

E c'era tanta tristezza in quella richiesta che Antonio poté udire distintamente il suono di qualcosa dentro di lui frantumarsi in mille pezzi.

In quel momento esatto però, sebbene fosse completamente perso tra i brandelli del suo cuore, riuscì a sentire anche qualcos'altro: un rumore ovattato, ritmico e insistente, che curiosamente fece scattare la testa sua e quella di Lovino a un tempo solo. I due ragazzi si guardarono intorno, spaesati, mentre il suono non si fermava.

Era come se qualcuno stesse bussando a una porta a intervalli regolari. Eppure Antonio non seppe dire dove fosse collocata esattamente quella porta.

Lo senti? Da dove viene?” chiese Lovino, gli occhi ancora umidi di pianto e la voce sommessa.

Non ne ho idea, forse dalla porta di sotto?” disse Antonio, intontito dall'intenso momento di prima.

L'altro ragazzo lo guardò accigliato. Sebbene fosse parecchio sconvolto, era incredibile come certe espressioni seccate gli riuscissero alla perfezione in ogni occasione.

Impossibile, non aspetto nessuno. Feliciano ha mandato un messaggio, dice che tornerà sta sera”

E Francis non si muoverebbe dalla macchina senza che io glie lo dicessi”

Francis che c'entra, adesso?”

Be', lui sta...”

Ma Lovino non lasciò terminare Antonio. Piegando un sopracciglio, si accomodò meglio sul pavimento e gli tappò la bocca con un scatto. Poi prese a fissarlo con diffidenza, accostando piano l'orecchio alla sua fronte.

Antonio” disse dopo un paio di secondi di silenzio, “qualcuno sta bussando...da dentro la tua testa....che cazzo?!”

Da dentro la mia testa?!” urlò lui, sgranando gli occhi.

Sì, cazzo, sì! Viene proprio da qui, questo rumore!” si agitò l'altro, chiudendo le orecchie di Antonio con le mani e scuotendogli forte il capo.

Aspetta, aspetta!”

Lo spagnolo lo bloccò portando le mani sopra le sue, e rimasero così a guardarsi per qualche momento, non sapendo cosa fare. Poi arrivò l'illuminazione.

Ma certo! Ho messo ordine nel mio cervello, come aveva detto lei!” si animò con spirito.

Lovino lo guardò malissimo con una pietà palese negli occhi, come a voler dire che era innamorato di un malato mentale senza speranza.

Ascolta, prima c'era troppo disordine nella mia testa e non riuscivo a ritrovare quello che avevo perso, ma adesso le cose devono essersi sistemate” continuò quasi gridando, “oh Lovi, questa è sicuramente una di quelle cose strane che mi succedono! Un altro segno, no?! Aspetta un attimo, voglio provare a fare una cosa”

Detto questo, Antonio si alzò in piedi con un colpo di reni, afferrando forte il polso di Lovino, e senza dargli tempo di ribattere, lo trascinò al piano di sotto saltando gli scalini a due a due.

Un messaggio più chiaro di così non lo potevano mandare. Con tanta vitalità tornata improvvisamente a rianimarlo, Antonio pensò che forse non era tutto perduto.

Infondo, se avessero voluto davvero rimandarlo nel suo tempo a casa sua, l'avrebbero fatto non appena portate a compimento le ultime volontà di Romano Vargas.

Insomma, c'era qualcosa che stava bussando dentro la sua testa! Non restava che farlo entrare, e l'unica possibile via di comunicazione che Antonio conosceva, era...

Perché siamo davanti alla televisione?” sbuffò Lovino. Tuttavia la sua stretta convulsa sulla mano dell'altro tradiva l'ansia che aveva cercato di mascherare nella voce.

Antonio invece, ritto davanti allo schermo piatto, sfoderava un sorriso nervosissimo ma carico di una certa scintilla di positività.

Intrecciando le dita a quelle di Lovino, senza staccare gli occhi dalla televisione, disse:

E' più o meno così che è cominciato tutto. Una ragazza ha lanciato un messaggio indirizzato a me durante le previsioni del tempo...poi ci ho anche parlato, e mi ha aiutato a capire un mucchio di cose su questa storia. Sono sicuro che anche adesso sta per apparire in TV da un momento all'altro” sentenziò, sbuffando dalle narici tanto si sentiva soddisfatto del suo ragionamento.

Secondo me è difficile che tu riesca a vedere qualcosa se prima non la accendi” lo smontò Lovino.

Oh, puoi farlo tu per me? Non so come si fa” disse lui, docile come un agnellino.

Lovino arrossì, probabilmente a disagio per il tono mite che aveva usato, e andò ad accendere l'apparecchio piegando le labbra in una smorfia imbarazzata.

Subito, stagliata contro il tipico sfondo del meteo, tra un'Italia tempestata di nuvolette e soli e fulmini, comparve sullo schermo Jeanne.

Stava composta con le mani in grembo, sorridendo loro dolcemente e teneva la testa piegata, in attesa.

Uooh, che ti dicevo, mi amor?! Eccola lì, è proprio Jeanne!” esclamò Antonio, saltando sul posto come un bambino.

Che...che minchia dici, eh, Antonio?” soffiò il più giovane, guardandolo preoccupato. Poi allungò la mano per sfiorargli la fronte con la sua delicatezza molto impacciata. “Ho capito, ieri sera ti ho fatto sbattere la testa troppo forte contro la spalliera del letto”

Ma no Lovi, non...” iniziò Antonio. Un colpetto di tosse richiamò però la sua attenzione, facendolo voltare verso la ragazza che attendeva probabilmente che le venisse rivolta la parola.

Antonio la guardò. Poi si girò di nuovo verso il ragazzo. Alla fine tornò ancora da Jeanne.

Tu non la vedi, vero?” mormorò infine.

Vedere chi? E parla come si deve, cristo santo! Già è difficile capirti di solito, figurati adesso!”

Ma era ovvio che Lovino non riuscisse a vedere ciò che vedeva Antonio! Infondo, Jeanne era stata mandata solo per lui, no? Anche le altre volte non l'aveva mica chiamato davvero per nome e cognome in diretta nazionale! Sicuramente era stato solo Antonio a poterla vedere e sentire.

Insomma, sta succedendo solo nella mia testa, è così?”

La biondina annuì cortesemente alla sua volta, e lo spagnolo non riuscì a evitare di sorridere, grattandosi la fronte.

Quindi, la cosa che dovevi vedere” intervenne Lovino, aggrappandoglisi al braccio, “ha a che fare con questo cuoco grassone del programma di cucina?”

Antonio scoppiò a ridere forte. No, decisamente Lovino non vedeva la stessa cosa.

Oh, era così strano che adesso gli venisse da ridere per tutto? C'era come una bella sensazione che gli pulsava nelle vene, e dei timori e dei rimorsi non rimaneva che una vaga ombra.

C'è un buon odore nell'aria” disse, respirando a pieni poloni. “Dammi solo un minuto, Lovi. Fidati di me, sento che non c'è da preoccuparsi”

Se lo dici tu” brontolò lui, avvinghiandoglisi alla manica del maglione.

Allora Antonio si rivolse finalmente a Jeanne, cercando di mettere su l'espressione più seria possibile, nonostante sentisse quasi un pizzicorio allo stomaco che già gli faceva venire voglia di mettersi a ballare.

Jeanne” la salutò, sorridendole a trentadue denti, “credo di avere fatto quello che dovevo. Sei venuta per dirmi che cosa succederà adesso?”

Sono venuta perchè mi hai chiamato tu, Antonio”

Davvero?! Ma, non mi pare di averlo fatto!”

Forse non l'hai fatto con la voce, ma l'hai fatto con l'anima, ed è questo che conta” disse lei, ammiccando verso il giovane italiano. “Eh, ti vedo confuso”

Lo spagnolo annuì con decisione, protendendosi verso lo schermo e trascinandosi dietro Lovino, che non lo mollava.

Vediamo, te la metto in un modo facile così eviteremo i fraintendimenti. Allora...tu ci credi nel destino, non è così?” domandò dolcemente lei. “Sì...bene. E uno passionale come te non poteva non percepire che al tuo destino era legato quello del ragazzo che ti sta accanto. E' innegabile, questo è vero, anche se le vie che vi hanno unito non sono state certo le più facili da percorrere. Ma...vorrei farti capire che il destino si può cambiare”

La ragazza gli sorrise comprensiva, scostandosi alcune ciocche bionde dalla fronte.

Quello che decidiamo di fare, quello che scegliamo di non fare, dipende da noi, e ogni singola scelta può cambiare del tutto il corso degli eventi, lo sai anche tu. Sono cose che facciamo senza neanche rendercene conto...sembra un controsenso, ma è la nostra volontà più profonda che ci muove. E la volontà tua e quella del tuo amico vi ha mosso, portandovi entrambi fino qui”

Antonio portò di riflesso la mano sinistra a coprire le dita di Lovino, ancora attorcigliate intorno al suo braccio.

Nella vostra storia, il vostro incontro era predestinato, ma la fine la state scegliendo voi. E mi pare di aver capito che non abbiate alcuna intenzione di dividervi, no?” chiese con una punta appena di ironia nella voce, guardando teneramente i due.

No, io non voglio assolutamente dividermi da lui!” scattò Antonio. “Forse...forse prima ho tentennato, ma solo perchè credevo di non essere la persona giusta per restargli accanto. Però credo...insomma, so che anche lui prova quello che provo io” disse, spostando lentamente lo sguardo verso il più giovane.

Lovino arrossì, guardandolo di sottecchi.

Stai parlando di me? Invece di intervenire al posto mio, fa parlare me o dirai solo cazzate!” grugnì, pizzicandogli il gomito. “Signorina che sta parlando con questo scemo” disse poi a voce alta, fissando un punto a caso della televisione, “nemmeno io voglio separarmi da lui”

Lo disse così, semplicemente, ma era rosso fino alla punta dei capelli.

Perfetto allora! Perché mi hai fatto chiamare, Antonio? E' tutto sistemato” rise Jeanne.

Davvero?! Vuoi dire che potrò rimare qui, in questo anno, senza nessun problema?”

Subito Lovino si agitò al suo fianco, riuscendo a tirare le fila della conversazione anche se poteva sentire solo la voce di Antonio.

Jeanne intanto annuiva serissima, quasi come stesse cercando di spiegare il tutto a un bambino molto piccolo.

E non ci sarà più nulla di strano nelle nostre vite?”

Assolutamente...hai svolto il tuo compito alla perfezione, anzi...hai fatto anche di più” disse lei sommessamente, portandosi una mano all'altezza del cuore.

Oh...e, e la pioggia allora? Che succederà?” continuò Antonio.

Voleva essere sicuro di tutto.

Insomma, se c'era una cosa che aveva imparato da quella faccenda, era di non dare mai niente per scontato e di mettere da parte la parola “impossibile”.

Inoltre, anche solo di un pochino, si sentiva un po' meno avventato...forse perchè adesso c'era un motivo più che valido per evitare di rischiare, di mettere in pericolo ciò che aveva, comportandosi da sconsiderato senza preoccuparsi delle conseguenze. Quel motivo gli stava giusto stritolando il gomito e lo guardava con fare apprensivo, aspettando di ricevere delle spiegazioni.

Jeanne sorrise ancora una volta, toccandosi le labbra con l'indice.

Mmh, noto un leggero cambiamento in te...solo, mi chiedo quanto tempo ci metterai prima di riportare la testa tra le nuvole! Scommetto che non c'è pericolo che tu diventi una persona troppo seria, no?” disse con una risata cristallina. Poi sbatté le lunghe ciglia e incrociò le braccia al petto. “A proposito di nuvole...diciamo che d'ora in poi potrà dimenticare l'ombrello a casa tutte le volte che lo desidera, signor Carriedo”

SI!!

Sì, sì, sì, sì, sìììììììì!

Ah ah! Yahooooo!” gridò lo spagnolo, portando in aria i pungi e saltando come avesse avuto le molle ai piedi.

Sarebbe rimasto!

Adesso si sentiva scoppiare per la felicità; l'adrenalina era salita a mille, il sorriso faceva male tanto era largo e tutto il sangue doveva essergli confluito alle guance, altrimenti perchè avrebbe sentito tanto caldo? La prima cosa che avrebbe dovuto fare, ovviamente, era avvinghiarsi a Lovino. Ma stringerlo non bastava ora, no, ci voleva qualcosa di più...che cosa si faceva quando ci si sentiva morire per la felicità?

Tutto questo Antonio lo pensò nel momento esatto in cui i suoi piedi si erano staccati da terra nel salto di gioia; meno di mezzo secondo dopo, si era buttato su Lovino, l'aveva preso in braccio e anche se lui era rimasto rigido, se l'era quasi caricato in spalla, reggendolo con una mano sotto il sedere e una sulla gamba. E cavolo, l'aveva fatto volteggiare tenendolo spiaccicato al suo petto mentre tutto quello che aveva voglia di fare era continuare a ridere forte.

Lovino intanto gli aveva artigliato le dita sulle spalle come un gatto spaventato, e continuava a urlare cose come “che cazzo fai? Che succede?”

Solo dopo un “mettimi giù, stronzo, o giuro che ti strangolo”, Antonio lo voltò per bene dalla sua parte, passandogli un braccio intorno alla schiena. Allora lo guardò con gli occhi socchiusi, consapevole di stare sorridendo come un idiota e di essere lui rosso come un pomodoro, una volta tanto.

Ha detto che posso restare!”

Lovino, la punta del naso che toccava la sua, ridusse gli occhi a due fessure, piegando le labbra in una smorfia indefinibile.

Resti?” disse solo.

Lo spagnolo annuì con energia. Allora lui ingoiò a forza un singhiozzo seppellendo il viso tra la spalla di Antonio, e gli allacciò strette strette le gambe ai fianchi.

Non potevi dirlo subito, eh?!” bofonchiò.

Lo spagnolo ghignò come uno che ha appena vinto alla lotteria, chiudendo del tutto gli occhi per godersi pienamente quei confusi attimi di felicità estrema. La sua testa in quel momento era occupata solo dal suo adorato ragazzo, e aveva dimenticato l'angelo biondo del servizio meteo.

Quando se ne ricordò, rimase comunque fermo al suo posto, continuando a sciogliersi lentamente nell'abbraccio con l'altro. Anche volendo, non sarebbe riuscito a vedere Jeanne sullo schermo della televisione; il suo posto era stato preso dal cuoco grasso del programma di culinaria, e Antonio dentro di sé sentiva per certo che non l'avrebbe mai più rivista.

Oh!” fece a un certo punto, facendo sobbalzare il più giovane. “Ho lasciato Francis in macchina!”

E allora? Non è mica un cane” rimbeccò l'altro.

Ma, ma devo subito andare a dargli la bella notizia, Loviiiii!”

Prima mettimi giù però...che fai, esci?! Sta fermo, mettimi giù!”

Guarda che sei tu che non stacchi le gambe dalla mia schiena”

E'...è solo un d-dettaglio, capito?!”

Mmmh, te amo queridoooo! A proposito...che dicevi prima? Che tu mi ami da quando eri piccolo? Ih, ih, quanto sei adorabile! Vieni, dammi un bacio...”

N-non darti tante arie adesso!”

AHIA! Awh...sono pazzo di te, Lovi”

Tu sei pazzo e basta...e lo sono pure io”

Pazzo o pazzo di me?”

Tut-tutti e due, coglione!”

 

 

 

Il periodo delle festività invernali era quasi giunto al termine, eppure Antonio non si era mai sentito più carico di spirito natalizio.

Dopo aver insistito tanto, alla fine convinse Lovino a far sistemare sul tavolo del salone anche un altro piccolo alberello di Natale stile bonsai, come quello che era riuscito ad incastrare nel 1996 all'interno del suo appartamento striminzito.

Su suggerimento di Feliciano, aveva fabbricato lui le decorazioni, pitturando delle palline di carta pesta di rosso per farle assomigliare a dei piccoli pomodori. Quando Lovino aveva visto il risultato si era messo a ridere di gusto, ma poi Antonio gli aveva ricordato che era lui il bambino che indossava calzini a fantasia di verdure, e allora si era beccato un pizzico sul braccio particolarmente doloroso.

Dopo aver avuto la conferma che non avrebbe mai più perso lo spagnolo, Lovino si era fatto più acido nei suoi confronti di un buon cinquanta per cento. Antonio pensò con un certo rammarico che raramente l'avrebbe visto di nuovo avvinghiarsi al suo braccio con tanto trasporto come aveva fatto l'altra volta davanti alla televisione.

Pure, quando la notte Lovino lo credeva addormentato (e non era mai così, perchè Antonio era troppo su di giri per addormentarsi presto, se stava accanto a lui nel letto), lo sentiva avvicinarglisi alla schiena. Indugiava piano con la punta delle dita sulla sua pelle, e lo spagnolo faceva l'enorme sforzo di rimanere immobile in un finto sonno solo per godersi più a lungo il momento. Alla fine però, quando l'altro lo abbracciava forte spalmandoglisi praticamente addosso, non ce la faceva più e tutte le volte si girava dalla sua parte e moriva tra le sue braccia. L'immancabile risposta che riceveva era un “coglione”, soffiato in una leggera risata.

Tra di loro funzionava così, e andava bene.

Ogni volta che Antonio vedeva la catenina con la croce dondolare dal collo di Lovino, ne era sempre più convinto.

Quindi lo spagnolo pensò che se Lovino aveva ringraziato suo nonno per avergli dato Antonio, il minimo che lui potesse fare era ringraziarlo a sua volta per avergli dato suo nipote. Lo disse all'altro il giorno dopo l'ultima apparizione di Jeanne, e il ragazzo, abbastanza commosso ma ben deciso a non darlo a vedere, lo accompagnò al cimitero per visitare la tomba di Romano Vargas.

E così arrivò un'altra bella sorpresa; Feliciano propose con entusiasmo di accompagnare i due, e aggiunse che sarebbe venuto insieme a un amico che desiderava allo stesso modo portare i suoi omaggi a nonno Vargas.

Ti ricordi, Antonio? L'amico di cui ti avevo parlato, quello che è un po' strano, ma che è un bravo ragazzo” disse con entusiasmo Feliciano. “Quello che non mi fa sentire solo” aggiunse con un sorriso radioso, diventando tutto rosa.

Il crucco no!” si lamentò Lovino.

Quando alla fine, davanti ai cancelli del cimitero, il giovane Vargas gli presentò il famoso amico unendo le loro mani in una stretta di presentazione, il cuore di Antonio mancò pericolosamente un battito; era lo stesso ragazzo che aveva intravisto nelle foto appese in camera di Feliciano, non poteva sbagliarsi. Alto e ben piazzato, biondo, con gli occhi azzurri e duri, assolutamente tedesco...e assolutamente somigliante a Gilbert.

Mentre gli stringeva la mano piena e fredda, ad Antonio rivennero in mente tutte le volte in cui Gilbert gli aveva infilato le mani piene di geloni sotto la maglia in uno dei suoi scherzi idioti. E adesso che ci faceva caso, era facile ravvedere qualcosa del suo tedesco nell'altro tedesco.

Bastava pensare a quella volta in cui Gil era uscito dal bagno con i capelli tutti pettinati all'indietro, allo stesso modo in cui li portava l'amico di Feliciano, per accorgersi dell'incredibile somiglianza.

Nel momento in cui seppe che quel ragazzone si chiamava proprio Ludwig Beilschimdt, la consapevolezza che fosse l'impassibile fratellino che popolava i teneri vaneggiamenti del suo coinquilino per poco non lo stese a terra.

Alla fine era quindi davvero venuto in Italia solo dopo aver raggiunto l'età giusta.

L'aveva fatto nel testardo rispetto della promessa presa con il fratello maggiore, e ora era davvero qui.

Tuttavia, per quanto si sentisse mancare il fiato tanto Ludwig gli ricordava il fratello maggiore, Antonio sapeva che mai e poi mai avrebbe dovuto paragonare i due.

La tentazione era forte, ma Gilbert era Gilbert, unico e insostituibile.

Sembrava inoltre che questo ragazzone biondo avesse un caratterino particolare, che poco aveva a che fare con la piega scanzonata della personalità di Gil: educato e rigido nei confronti di una persona conosciuta da poco, più altero e nervoso mentre ammoniva Feliciano di fare questo o non fare quello, di stare attento a non scivolare, di coprirsi meglio (diamine, dove aveva lasciato la sciarpa?). Sembrava che Feliciano pendesse dalle sue labbra, e che gli piacesse molto, proprio così com'era.

Antonio era stato per un attimo contento che un qualcosa del suo amico, fosse stata anche solo la scintilla dello sguardo, potesse esistere ancora nel mondo per mezzo di Ludwig.

Eppure, era ancora meglio rendersi conto che, dopo tutto quello che era successo, fosse nato qualcosa di completamente nuovo.

Sorridendo, sentendosi pieno di un qualcosa molto simile alla fede verso l'amore e verso la bontà del mondo, lo spagnolo si espresse in una preghiera silenziosa davanti alla tomba del vigile del fuoco, indirizzandola anche al suo amico che non c'era più.

Avete visto che cosa è successo?” pensò, ridendo tra sé. “Lei non ha voluto lasciarci da soli, signor Vargas, e noi ci siamo assicurati che i suoi nipotini non restassero soli. Il fratello di Gilbert ha addirittura incontrato Feliciano...è tutto così bello che sembra un sogno”

Piangi ancora, Antonio?” lo richiamò Lovino, le dita attorcigliate alle sue. “Non ti sei stufato di farmi preoccupare, bastardo? Nonno, uno appena un pochino meno smidollato potevi mandarmelo, però”

Allora Antonio non aveva potuto che appoggiargli la testa sulla spalla, mettendo su un finto broncio; ci voleva ben altro per farlo alterare, e ormai ci stava prendendo il callo.

Anche perchè sapeva che di frecciatine simili Lovino avrebbe continuato a servirsi per stemperare la tenerezza, e non ne avrebbe mai fatto a meno.

Glie le riservava in tutte le occasioni, partendo dalla mattina per accompagnare il buon giorno quando gli diceva di “smuovere quel cazzo di culo, perchè tanto lui il caffè a letto non glie l'avrebbe mai portato, mica era una fottuta mogliettina”.

Non si risparmiò neanche il 6 Gennaio, quando Antonio aveva invitato Francis a magiare tutti insieme per festeggiare e divertirsi un po', dato che Arthur quel giorno sarebbe dovuto partire per lavoro e lo spagnolo non aveva intenzione di lasciare l'amico da solo.

Erano lì, indaffarati sul bancone della cucina a preparare un pranzetto delizioso (“Tu limitati a fare l'aiuto cuoco, ti faccio vedere di che cosa sono capace, stronzo”), e Lovino sembrava voler condire le pietanze con sale, spezie e insulti verso Antonio.

Proprio non ce la fai ad ammettere serenamente quanto mi ami, eh?” fece a un certo punto lo spagnolo, leggermente piccato quando chiunque altro sarebbe già andato su tutte le furie.

Il più giovane lo trafisse con uno sguardo assassino, diventando quasi fucsia.

Non è nel mio stile, va bene?” ringhiò. Poi gli diede le spalle, concentrando lo sguardo sulle zucchine da tagliare. “Non arrabbiarti, però” aggiunse in un brontolio.

Ad Antonio si strinse il cuore con un'intensità almeno cento volte maggiore di quando vedeva un cucciolo abbandonato dentro uno scatolone. Era esattamente questo il motivo per cui non avrebbe mai potuto prendersela sul serio con Lovino; era il solo in grado di fargli un effetto simile.

Si portò quindi a razzo dietro di lui, circondandolo in un bell'abbraccio che lo fece irrigidire.

Nah, non potrei mai arrabbiarmi con te, perchè tu mi ami da quando eri un marmocchio” sottolineò lo spagnolo, un po' per ripicca perchè sapeva che a Lovino non piaceva affatto sbandierare la cosa. “Inoltre, quando cucini sei ancora più irresistibile e non potrei tenerti il broncio neanche volendo”

Lo so” rispose l'altro, compiaciuto e serissimo.

Dalla pausa che seguì, Antonio percepì che c'era qualcos'altro ancora che il ragazzo avrebbe voluto dire. Aspettò quindi un poco, per permettergli di parlare quando se la sarebbe sentita. Alla fine, la sua voce vaga gli arrivò alle orecchie, carica di una certa soddisfazione.

Quelli del 'Buon Appetito' hanno accettato la mia domanda per essere preso come cuoco in prova. E va bene...ammetto che hai fatto la cosa giusta a convincermi a presentarmi per un colloquio”

Ah, lo sapevo che ti avrebbero preso subito! Sono contentissimo per te!” esclamò lui, stringendo di più la presa.

Lovino riuscì a liberare un braccio e a dargli una leggera gomitata sullo stomaco.

Adesso sei rimasto solo tu a fare il perdi tempo...non ho intenzione di farti fare il mantenuto, sia chiaro. Ma non puoi chiedere a Francis di farti ancora aiutare da quel fottuto inglese?”

No!” scattò Antonio, con una sfumatura di disagio nella voce insolita per lui. Poi aggiunse con una smorfia: “Devo molto a Kirkland...anzi, gli devo già troppo per i miei gusti. Voglio farcela da solo a trovarmi un lavoro”

Già...se qualche anno prima gli avessero detto che sarebbe stato debitore per tutta la vita nei confronti di Arthur Kirkland, Antonio non ci avrebbe mai creduto, e anzi si sarebbe messo a ridere prendendo il tutto come una barzelletta di cattivo gusto.

Invece era successo davvero, e l'aiuto più importante era arrivato dalla persona più inaspettata.

Non si sarebbe certo mai immaginato una svolta del genere quando, qualche giorno prima, aveva detto a Francis che sarebbe rimasto nel 2012.

Saputa la bella notizia, il francese era quasi rotolato giù dall'auto, l'aveva preso per le spalle e tutti e due si erano messi a saltare in tondo come ragazzine. La festa però si era interrotta presto, perchè ad Antonio erano venute in mente come in una rivelazione tutte le difficoltà che avrebbe incontrato da quel momento in poi.

Un po' stordito, si era bloccato di punto in bianco mentre Francis ancora saltellava con foga.

Ma...ma come faccio a restare qui?” gli aveva detto quasi gridando, “insomma, dovrei avere la tue età, e invece guardami...”

Secondo me ci provi una soddisfazione enorme a rinfacciarmi che sei rimasto un ragazzino, tu” soffiò il francese, guardandolo improvvisamente di sottecchi. “Comunque, è tutto apposto, lascia fare a me e non ti preoccupare”

Ma i documenti! I miei documenti parlano chiaro, dicono che sono nato in un certo anno e che dovrei avere tutta un'altra età, come farò a...a vivere così?”

Adesso urlava per davvero, in preda al panico che gli artigliava lo stomaco.

No, era così stanco di imprevisti su imprevisti...anche Lovino era tornato subito al suo fianco e gli aveva messo una mano sulla spalla, gli occhi grandi per lo sconcerto. Francis invece era rimasto tranquillo, apparentemente interessatissimo alle unghie della propria mano.

Antonio, hai idea di che lavoro faccia Arthùr?” disse con noncuranza.

Quando lo spagnolo scosse la testa facendo segno di no, il suo sorriso si allargò diventando simile al ghigno sornione che sfoggiava per abbordare le ragazze al pub ai tempi d'oro.

Il mio bruchetto lavora per il governo...è un ambasciatore internazionale” cantilenò Francis, lasciando volutamente la frase in sospeso.

E potrebbe fare qualcosa per aiutarmi?!”

Antonio era scettico più che mai.

Oh, lui può fare di tutto, te lo garantisco”

Come faccio a farmi aiutare da Arthur, Francis? Non siamo mai stati amici, inoltre l'hai detto tu che poteva pure essere pericoloso fargli sapere di me considerando la sua, diciamo...“passione” per il paranormale!”

Allora Francis si portò le mani ai fianchi, piegando la testa di lato e fissando l'amico con una superiorità non tanto velata.

Senti Antonio, è vero che Arthy può fare di tutto, ma è anche vero che io ho dei metodi molto convincenti riservati appositamente ai bruchi...hai presente quella cicatrice che ti aveva procurato con quel morso? Be', non è niente in confronto ai segni che gli lascio io con certi succhiott...”

A quel punto Lovino, che era rimasto in silenzio fino ad allora, rizzò la schiena come un ballerino e ad Antonio sembrò quasi per un attimo che pure il suo ciuffetto si fosse teso per l'imbarazzo.

Basta, non ne posso più di questi discorsi da depravati, vado a fare il caffè!” sbottò, facendo dietro front per rientrare in casa.

Uno anche per me, grazie!” gli gridò dietro lo spagnolo.

Mica ti ho chiesto se lo volevi!”

Al termine della scenetta, nel modo più genuino, Francis scoppiò nella sua risata francese. La voce roca era segnata da un divertimento sempre più accentuato, e alla fine non ce la fece più e iniziò a tenersi la pancia e a lacrimare.

Dieu, Antoniò, certo che ci siamo scelti proprio due bei tipi, noi” riuscì a dire, col fiato corto.

Quella frase colpì particolarmente lo spagnolo.

In effetti, ora che ci pensava, Lovino e Arthur Kirkland erano in qualche modo simili. Entrambi non amavano le manifestazioni pubbliche di affetto e preferivano tenersi per loro i pensieri più intimi. Entrambi si erano scelti come compagni due che, invece, amavano tutto il contrario e non riuscivano a trattenersi dal baciare l'amato ogni dieci minuti.

Eppure la cosa ovvia che non aveva mai considerato era che anche Arthur aveva fatto parte della sua vita, e la sua storia era rimasta coinvolta in tutta la loro vicenda, sebbene per vie traverse. Proprio lui, poi, l'avrebbe aiutato ad ottenere il suo lieto fine, o almeno così gli stava promettendo Francis.

Ma infondo, Antonio di questo se n'era già reso conto da un po', qualcosa di buono per lui Arthur l'aveva fatto comunque, probabilmente senza saperlo: era rimasto accanto al francese quando rischiava di rimanere da solo.

Guarda che l'avevo capito che ti piaceva Kirkland”

A quel punto Antonio non riuscì ad evitare di dirlo.

Peccato che avesse su un'espressione buffissima, con gli occhi fissi su un angolino alla sua destra e le labbra distese a forza. Non sapeva proprio raccontare le bugie, lui.

Però non aveva dimenticato affatto quel discorso di Gilbert e Francis che aveva origliato quando era tornato indietro nel 1994. Allora aveva ascoltato il francese preoccuparsi della sua opinione in merito alla storia con Arthur, e si era sentito così dispiaciuto e colpevole...ora più che mai voleva tentare di sistemare le cose anche se erano passati tanti anni.

Insomma, quando vivevamo insieme l'avevo capito che stavi iniziando a innamorarti, anche se non me l'hai mai detto. Comunque io ho sempre rispettato le tue decisioni, e sono sicuro che Arthur ha qualcosa di buono...infondo, se è l'uomo che hai scelto tu, ne vale certamente la pena” disse, con convinzione.

In effetti, Francis non si era mai innamorato a casaccio. Di fiamme passeggere ne aveva avute molte, ma aveva sempre riconosciuto che si trattava di storie da nulla. Le uniche persone che si vantava apertamente di amare erano sempre e solo state Antonio e Gilbert.

Per questo, se diceva di amare Kirkland non poteva che essere vero.

In quel momento un sorriso tenero si disegnò sulle labbra del francese, e gli occhi gli si inumidirono di una luce particolare.

Ti ringrazio mon cher, anche se non ci credo più di tanto al fatto che tu avessi intuito tutto, sappilo” e gli strizzò l'occhio. “Comunque, non sono io che ho scelto lui...è lui che ha scelto me, quando Gilbert era morto, tu eri scomparso e io mi sentivo così solo che non ce la facevo più a pensare all'amore. L'unico che ha trovato la voglia di farmi cambiare idea è stato Arthur, che prima di allora non ci aveva mai pensato due volte a darmi un due di picche. Forse a quei tempi devo avergli fatto particolarmente pena...dev'essere per questo che ha ceduto al mio fascino”

Non andava bene.

Che cos'era quella confidenza che Francis gli aveva fatto mantenendo un tono giocoso?

Di certo non aveva l'aria di essere una sciocchezza. Forse era un pensiero che era rimasto segretamente nel suo cuore per tanti anni...un timore oscuro che non aveva mai saputo spiegarsi nemmeno lui. Sì, Antonio poteva dirlo dalla noncuranza con cui Francis aveva parlato; faceva sempre così quando voleva minimizzare le cose.

La dissimulazione poteva anche essere il suo forte, ma lo spagnolo, allo stesso modo in cui non era bravo a mentire, era troppo limpido per non percepire le menzogne dell'amico.

E quindi...

Lo sai, credo che tu e Arthur sareste finiti insieme anche se Gil non fosse morto e io non fossi sparito”

Glielo disse con il cuore, come sapeva fare lui: in modo onesto e naturale.

Anzi, la schiena rigida di un Arthur tutto impettito per l'imbarazzo, che aspettava di venire accolto da Francis il giorno del loro ultimo pranzo di post-Natale, era l'immagine scolpita nella sua mente che aveva parlato al posto di Antonio.

Fidati, di incontri predestinati ne so qualcosa”

Lo spagnolo non avrebbe mai dimenticato l'espressione che allora trasformò il volto di Francis: c'era un qualcosa di unico, una tenerezza speciale tutta diretta nei suoi confronti, quasi avesse voluto ringraziarlo per averlo rassicurato sulla veridicità della sua storia d'amore.

Non erano servite altre parole; avevano sempre avuto un'amicizia particolare che si basava sulla loro intesa esclusiva. E allora, la mano che Francis gli appoggiò sulla spalla, Antonio la interpretò come un “siamo sulla stessa barca...è stato un miracolo comune”.

Si trattava davvero di un qualcosa che aveva investito molte persone: lui e Lovino, Francis e Arthur, Feliciano e Ludwig. Da tanta sofferenza era sul serio sbocciato altrettanto amore.

Antonio si sarebbe per sempre portato dentro di lui i terribili ricordi di quel 28 Dicembre 1995, era inevitabile. Però, adesso si trattava di andare avanti proprio perchè tra quella cenere e quel fumo erano fiorite strade nuove.

“Ma mi stai a sentire?!” lo interruppe bruscamente la voce seccata di Lovino, riportandolo alla realtà.

Lui se ne stava appoggiato con i gomiti sul tavolo, carico di piatti che aspettavano solo di essere trasportati in salone. L'altro ragazzo gli dava le spalle, muovendosi con fare nervoso mentre continuava a fare letteralmente a pezzi l'insalata.

“Non è che io non ce la faccia ad...ammettere serenamente di amarti” biascicò, facendogli il verso nelle ultime parole. “E' solo che per me è ancora tutto molto strano...non lo so, ho quasi la sensazione che questo sia un sogno e che dovrò svegliarmi da un momento all'altro”

Antonio lo guardò con dolcezza, senza però dire nulla. Decise che gli avrebbe fatto vedere senza usare le parole che quello che c'era tra loro era reale e che non sarebbe svanito in una bolla di sapone, dato che lo volevano tutti e due.

Si portò quindi al fianco di Lovino, e quando quello si voltò andando dritto a testa bassa verso il tavolo, lui fece lo stesso.

Le mani esperte di Lovino afferravano le pietanze e Antonio replicava i suoi gesti prendendo più piatti insieme. I passi che il più giovane faceva verso la sala erano identici che quelli che lo spagnolo ricalcava.

Così, piano e in silenzio, lo seguiva come un ombra, imitando tutte le sue mosse, perfino quando si scostava i capelli dalla fronte.

Alla fine Lovino si bloccò senza preavviso, facendo andare a sbattere il naso di Antonio contro la sua testa.

“Mi prendi in giro?” sbottò, voltandosi per fronteggiarlo. “Che fai, mi segui?”

Lo spagnolo gli prese il viso tra le mani, provocando nell'altro un immediato arrossamento delle guance.

“Tu non lo sai, ma è proprio così che ho iniziato a innamorami di te”

Sì, il ragazzo alla fermata dell'autobus che aveva subito attratto la sua attenzione...lo sconosciuto che l'aveva incuriosito con una strana forza, e Antonio, catturato come un pesce all'amo, che aveva iniziato a seguirlo da lontano, senza una ragione precisa...quella volta aveva pensato che fosse stata una cosa ridicola e stupida da fare. Adesso sapeva che il suo cuore voleva spingerlo nella direzione giusta già da allora.

Che cos'era stata poi la loro storia se non un rincorrersi e vicenda, un ripetersi di incontri che si susseguivano nel tempo, ancora e ancora? Un cercarsi di continuo per poi ritrovarsi sempre, miracolosamente.

Fino a che non sarebbero riusciti a camminare fianco a fianco, perfettamente sincronizzati l'uno con l'altro, senza più doversi inseguire, spaventati dal non riuscire a raggiungersi.

“E se anche quella volta non fossimo andati lì...” disse Antonio ad alta voce.

Se anche quella volta lui e Gilbert non fossero andati al centro commerciale, se anche nessun incendio fosse mai scoppiato, se nessun pompiere fosse mai arrivato, se nessuna catenina fosse mai esistita...se non fosse scattata la molla che aveva piegato il destino, il tempo e lo spazio a una volta sola...

“Sono sicuro che avremmo trovato un altro modo per incontrarci”

Perché era troppo giusto, troppo bello, troppo vero, troppo per non essere così.

Lovino chiuse gli occhi, forse per nascondere anche a se stesso il sorriso più carico d'amore che Antonio gli avesse mai visto fare.

“Se poi non ci fossimo conosciuti come abbiamo fatto” convenne, con la voce che tremava d'emozione tanto da riuscire a squagliare completamente Antonio, “ci saremmo rivisti da qualche altra parte...credo”

Che tutto fosse successo a causa loro era quello che piaceva pensare ai due ragazzi: perchè non potevano che essere stati loro due, se lo sentivano, a far smuovere il mondo; perchè gli innamorati hanno il potere di fare accadere le cose belle, anche le più impossibili.

Ed era lo stesso motivo per cui, al polso di Antonio, stava saldamente allacciato il bell'orologio con il cinturino nero di Lovino.

“Così non arriverai mai più in ritardo”, gli aveva detto lui, “e saremo in tempo l'uno per l'altro”

Nello stesso tempo, allo stesso tempo.

Sempre.

 

 

 

 

 

 

1995

 

 

Era accaduto veramente.

Per quanto Antonio desiderasse che tutto fosse stato un incubo.

Per quanto avesse preferito esserci lui, al posto di Gilbert.

Per quanto avesse voluto che quel vigile del fuoco non li avesse mai trovati.

Era tutto più vero che mai, lì nel letto scomodo dell'ospedale, con quella croce che pesava come un macigno sul suo collo e gli faceva tenere la testa bassa.

Ma forse era il senso di colpa che non gli permetteva di alzare gli occhi più in su delle coperte e che gli rendeva difficile persino respirare.

Sentiva che non si sarebbe liberato di quell'oppressione in tutta la sua vita, se mai avrebbe potuto chiamare vita il futuro appassire della sua esistenza.

Che cosa gli rimaneva di importante, quando nemmeno i parenti di Gilbert che era suo amico, avevano voluto vederlo?

Come biasimarli...Antonio stesso non riusciva più nemmeno a piangere.

Sarebbe stato meglio se l'avesse fatto, come Francis gli diceva incessantemente da quando si era risvegliato. Però non lo faceva, le lacrime non volevano saperne di scendere, forse le aveva prosciugate tutte in mezzo all'incendio. E del resto, non aveva senso piangere per sfogarsi. Non quando i tedeschi se ne stavano fuori dalla porta, e Francis li supplicava nei suoi bisbigli addolorati di entrare nella stanza di Antonio.

Ma alla fine, lo spagnolo non seppe dire dopo quanti interminabili minuti, anche il francese si arrese all'evidenza dei fatti.

Se volete almeno vedere la famiglia di quell'uomo, il pompiere” lo sentì dire Antonio, e allora qualcosa si accese dentro di lui e la sua testa scattò di qualche centimetro sopra il lenzuolo, “li potete trovare nelle stanze in fondo al corridoio. Sono venuti a fare visita ai colleghi del vigile del fuoco rimasti feriti nell'incidente”

La famiglia del pompiere.

Era possibile che in mezzo a loro ci fosse anche il nipote.

Il nipote. Le scuse. Il messaggio. La collana.

Antonio doveva alzarsi. Non l'aveva ancora fatto da quando si era risvegliato, ma andava fatto ora, immediatamente, prima che la stanchezza e il dolore l'avessero annientato del tutto.

L'occasione era propizia: le voci fuori dalla porta erano cessate, segno che tutti se ne erano andati, compreso Francis, che doveva credere Antonio addormentato. In realtà lui non dormiva...forse non sarebbe più riuscito a dormire sul serio, non dopo tutto quello che era successo.

Accanto al letto c'erano un paio di stampelle; lo spagnolo le inforcò e si stabilizzò sulle proprie gambe, come in uno strano sogno.

Non sentiva dolore; forse erano gli anti dolorifici, o magari era lui che non avrebbe mai più provato altro se non quel sordo senso di nausea e vuoto alla bocca dello stomaco. Fu in questo stato che trovò la strada da imboccare, senza che nessuno lo fermasse, magari scambiandolo per un morto che camminava.

Era come se qualcuno lo stesse spingendo in avanti...un vento che trainava una barca senza vela. Antonio non sapeva nemmeno più se aveva gli occhi aperti o chiusi. Solo, si rendeva conto di essere in qualche modo arrivato davanti a una porticina incastrata in un vano del lungo corridoio.

La schiuse appena.

E lo vide.

Singhiozzava prostrato sul pavimento, rannicchiato come un piccolo animale, il viso nascosto nella prigione delle sue braccia. Tutto il corpicino era scosso dai singulti e la voce era giovanissima e carica di disperazione. Improvvisamente, alzò la testa: aveva gli occhi zuppi, zuppi, zuppi di pianto.

Un po' somigliava a quell'uomo.

Era il nipote, era Lovino, Antonio ne era sicuro.

Le scuse, il messaggio, la collana” mormorava, entrando nella saletta d'aspetto. “Le scuse, il messaggio, la collana” ripeteva, inghiottito nella penombra.

Quelle parole pesavano; proprio per questo le diceva tra sé, per rendersi conto che erano vere, importanti e piene di significato...perchè non voleva ammetterlo, ma iniziava a sentirsi mancare; non si trattava solo sei suoi sensi, no. Antonio iniziava a sentire mancare se stesso, e intanto scivolava.

Solo quando arrivò a qualche centimetro appena dal bambino disperato, questo si accorse di lui.

Lo guardò allora, sconvolto. Scosse la piccola testa castana alla sua volta, inspirando con difficoltà.

Lui non sapeva cosa fare. Era a quel bambino che aveva rovinato la vita.

Di punto in bianco, davanti alla sua figurina, le scuse che voleva porgergli persero ogni significato.

Perché?” disse solo Lovino, appoggiando piano la guancia sul pavimento.

Perché era successo? Antonio non lo sapeva.

Perché ora si trovava lì...?

Sono...qui...per...” e lentamente, le gambe cedevano, “farti...smettere...” fino a che non si ritrovò in ginocchio “di...piangere” e dalle ginocchia non passò anche lui al legno duro.

Il viso di Antonio era vicinissimo a quello del piccolo sconosciuto. Che cosa era venuto a fare? Quasi nemmeno se lo ricordava più...già, pensare era sempre più difficile, e a mano a mano che i secondi passavano la sua volontà si faceva più flebile.

Alla fine i ricordi si appannarono; nel buio, Antonio riuscì a distinguere gli occhi del piccolo, che luccicavano come lumini verdi.

Era un colore inusuale, quello. Forse era ancora più forte l'effetto di quello sguardo proprio perchè era diretto verso di lui in un miscuglio di sentimenti indefinibili.

Mi odi?” soffiò piano il ragazzo alla volta del bambino triste e arrabbiato col mondo. Lui non disse nulla, sebbene le sue piccole labbra fossero dischiuse. Al posto suo parlò la ruga di dolore che gli si era andata a formare tra le sopracciglia.

No, non gli donava affatto. Era una creatura troppo piccola perchè provasse tante brutte cose. E come se avesse potuto cancellare tutto semplicemente cambiando l'espressione del suo visetto, Antonio portò d'istinto l'indice contro la pelle dell'altro.

Piano, la distese sul ponte del suo nasino rotondo, e a quella carezza il bambino chiuse finalmente gli occhi tristi.

Hai le lentiggini sul naso” fu l'ultimo mormorio insensato di Antonio.

Poi, a poco a poco le macchie di colore si fusero in un unica nuvola oscura, e alla fine non riuscì più a distinguere altro.

Così, lo spagnolo seguì Lovino nel mondo dei sogni, non sapendo che al suo risveglio avrebbe dimenticato ogni cosa.

Da quel momento sarebbe iniziato il loro lungo viaggio: avrebbero percorso due strade diverse, incerti sui loro passi si sarebbero mossi su due rette parallele, inconsapevoli della loro vicinanza.

A un certo punto però quelle strade avrebbero deviato il loro percorso.

Ogni geometria sarebbe stata infranta, e le rette parallele si sarebbero incontrate da qualche parte a metà dei loro percorsi.

Allora Antonio e Lovino avrebbero iniziato a cercarsi, a seguirsi, a chiamarsi, dormendo l'uno accanto all'altro nella notte, aspettando il ritorno della persona più importante, aspettando che arrivasse la pioggia.

Nell'attesa di un messaggio d'amore, solo per poter ripetere le stesse azioni, ancora, ancora e ancora.

 

 

 

 

 

 

 

Fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed è finita!!! Non ci credooo...xD Volevo cercare di mettere insieme una nota finale sensata, ma sono così emozionata che non so cosa ne verrà fuori >w<

Innanzitutto, con quest'ultimo capitolo spero di avervi lasciato un sorriso, dopo che l'altra volta ho causato una strage e vi ho fatto piangere xD certo, non sono mica contenta di aver intristito i miei fantastici lettori...però ammetto di essere soddisfatta se sono riuscita a farvi arrivare tutto ciò che volevo esprimere.

Ci ho pensato un bel po', e ho optato per un lieto fine, dopo essermi resa conto di averne fatte passare troppe a quei poverini dei personaggi...a momenti c'erano più morti che vivi xD

La canzone che mi ha permesso di scrivere la scena finale fa parte della OST di Secret Garden, vi lascio il link (click).

Allora...accidenti >w< scrivere questa storia è stata un'esperienza molto istruttiva per me. Ho imparato tantissimo sulla gestione delle storie a capitoli, e tutto questo lo devo a voi, che mi avete seguito e incoraggiato e avete dato una possibilità a me e alla mia fiction. Quindi, un nuovo e gigantesco grazie alle 15 persone che hanno messo la storia tra le seguite, alle 3 che l'hanno messa tra le ricordate, alle 13 che l'hanno messa tra le preferite; ma soprattutto, un grazie gigante a tutti quelli che hanno usato un po' del loro tempo per lasciare una recensione (Tifawow vince il premio fedeltà perchè mi ha commentato tutti, ma dico tutti, i capitoli<3).

 

Vi faccio un ultimo saluto e spero magari di ritrovarvi a seguire i miei prossimi lavori <3

   
 
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