Amnesia
- Vieni qui, Fido!
- Non tutti i cani si chiamano “Fido”, lo
sai?
- Me le
allacci, Paul?
- Non
ci penso proprio – rispose quello senza neanche aprire gli occhi –
Non ho neammeno la forza di alzarmi, se è per questo
– aggiunse, un debole sospiro che gli sfuggiva dalle labbra.
-
Almeno guardale, su! – lo incitò Ian, scuotendolo per le spalle, gli
occhi animati da un lampo di divertimento.
- Sono
nuove? – finse d’interessarsi Paul, inclinando il capo e osservando
le scarpette da ginnastica nere.
Ian
annuì, l’espressione soddisfatta: ruotò su se stesso, come per dare modo
all’amico di studiare ogni minimo particolare delle scarpe. Si alzò sulle
punte dei piedi, arricciando le labbra:
- Sono
magnifiche, lo so – affermò sicuro – Se vuoi, te ne regalo un paio
uguale -
- No,
grazie – ghignò Paul, negando stancamente – In questo momento
vorrei solo delle pantofole e … -
Un grido
dell’altro lo zittì, facendolo sussultare: cosa diavolo…?
- Fido!
– chiamò Ian, le mani poggiate sulle ginocchia – Vieni qui, Fido! -
- Da dove è entrato? – chiese Paul, sorpreso,
fissando il cucciolo fermo sulla porta. Piccolo, tutto bianco con solo il naso
più scuro, le orecchie piegate a metà e, naturalmente, un paio di occhi
semplicemente enormi.
Un paio di occhi dolci come solo quelli dei cuccioli
possono essere.
- Vieni qui, Fido!
- Non tutti i cani si chiamano “Fido”, lo sai?
- E allora? – si risollevò Ian – Come dovrei chiamarlo? –
Paul non fece in tempo a rispondere che erano già spariti
entrambi: il cane e Ian.
Sospirò, alzandosi a fatica dalla sedia e dando tutto il
tempo ai muscoli di riprendersi. Con la coda dell’occhio notò il movimento:
qualcuno si era affacciato nel camerino, sorridente come sempre.
- Siete pronti? - domandò Nina, chiudendosi il cappotto.
- Io sì – rispose Paul, raggiungendola – Ian
si è allontanato un secondo –
- Tornerà?
- Dipende tutto da Fido – sorrise il ragazzo,
guidandola lungo il corridoio.
Nina si limitò ad inarcare un sopracciglio, troppo stanca
per chiedere maggiori informazioni. Girarono a destra e un cucciolo tagliò loro
la strada, correndo a perdifiato. Si bloccarono, fermandosi giusto in tempo: un
attimo prima che l’inseguitore del cane li travolgesse. Non riuscirono a
trattenere un sorriso, osservando la scena.
Ian rincorreva il cucciolo, un ciuffo di capelli davanti
agli occhi e la punta della lingua che spuntava fra le labbra. Quel che successe
poi, non riuscirono a capirlo. Accadde troppo velocemente, inaspettatamente.
Forse fu colpa dei cavi sul pavimento, o dei lacci delle
scarpe ancora sciolti.
Forse semplicemente inciampò nei propri piedi.
Fatto sta che in un battito di ciglia Ian giaceva per
terra, gli occhi chiusi.
Per un breve lasso di tempo non si mossero, pietrificati
dalla sorpresa. Si aspettavano di vederlo rialzarsi, un cipiglio contrariato e
le sopracciglia corrucciate. Erano pronti a sentire qualche bestemmia,
giustificata.
E invece, niente.
Nina fu la prima a scattare, il respiro spezzato.
Si inginocchiò di fianco al ragazzo, le mani che correvano
al suo viso.
Lo rigirarono assieme, mettendolo supino. Chini su di lui,
ancora basiti.
Paul aveva già il cellulare in mano, pronto a chiamare
aiuto.
Non ce ne fu bisogno: le dita di Nina che gli carezzavano
la guancia, Ian aprì gli occhi.
Sbatté le palpebre, le iridi azzurre che mettevano a fuoco.
Si inumidì le labbra, fissando stranito
l’espressione sollevata della ragazza. Sorrise, come solo lui sapeva fare:
-
Elena
§