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Autore: Jazz Hyaenidae    09/01/2012    0 recensioni
Aggiornata sino al quindicesimo capitolo. [Siamo arrivati al delirio della storia. Le città finalmente in fiamme; scontri, violenza, la calma riappacificatrice che contrassegna le ore prima di una guerriglia. La Linea Gotica vuol richiamare l'enfasi disperata del periodo Nazifascista che come sappiamo sprofondò in una disfatta drammatica per i tedeschi e anche per il popolo italiano che ne usciva sì liberato ma al contempo sconfitto. ] È la storia avvincente di due giovani amici Heléna e Ludovich nel bel mezzo di una rivoluzione sovietica ambientata nel XXI secolo. Partecipi come killers mercenari ingaggiati dalla Maskhadov, un'associazione di stampo terrorista, si troveranno a disertare la causa sovietica. Se vi piace il sangue, la collera spietata o l'amore senza vincoli di ogni sorta questo è il racconto che fa per voi.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo xv- Black
CAPITOLO XV
"Alone"





-Alexander ... mi chiamo Alexander o forse anche Andrea... chissà...-
-Allora Alexander è un nome  d'arte giusto?- Chiese il barista porgendogli uno sguardo stanco e consumato da un'intera giornata lavorativa. Il puzzo di patatine fritte del giorno prima e tutta l'aria di chi non vuol saperne niente.  Ed era tardi o per meglio dire: era di mattina presto. Infatti mentre  Lola Di Valenza riceveva la chiamata del suo assistente  Gabriel che informava della localizzazione di Ludovich, lui era a ristorarsi in un autogrill avendo appena superato la provincia di Viterbo.
-È un nome da fuggiasco.- Disse Ludovich.
Tracannò il whisky e consegnò un biglietto da cinque. Portò la sigaretta alla bocca e mentre conquistava l'uscita andò ciondolando passivamente  passo dopo passo in direzione di un tavolo dove erano seduti due scagnozzi di Garbiel.  Allora si fermò come folgorato da una nuova idea. Lasciò perdere l'intento di uscire dal locale e andò nel bagno.  
Fuori dall'autogrill la situazione era assolutamente tranquilla. L'aurora emanava una pace assonante  in quel gelido mattino.  L'attesa e il sonno erano le uniche compagne per quella notte che si avviava alla fine ormai. Era passata un'altra giornata  nel pensiero dei morti da contare, qualcun altro sarebbe potuto morire proprio lì in quell'autogrill e allora al numero dei morti bisognava aggiungere quello dei probabili e presunti mancantiGabriel non  era affatto uno stolto, sebbene non avesse dormito neanche lui, vegliava ancora nel pericolo che potesse succedergli qualcosa. Strano a dirsi poiché era lui a cercare qualcuno, strana sensazione di chi dovrebbe essere il cacciatore ma che sta per finire preda. Successe qualcosa di imprevedibile, che lo scosse d'improvviso, come un malore che non puoi calcolare.  Era seduto da solo nella sua auto ed aveva appena chiuso la conversazione con Lola di Valenza, conversazione con la quale i suoi sensi avevano ripreso a dare piacere al suo corpo, a dare nuovo vigore alle sue voglie ma passò in breve tempo dallo stato di vigore e benessere allo smarrimento e al timore.  Si sentì ad un tratto come  osservato dallo specchietto posteriore,prima quello esterno posto alla sinistra dell'auto, poi ancora quello interno del guidatore.
-Chi c'è?- Disse d'un tratto la sua voce.  In quello stesso momento si sentì uno stupido perché capiva che all'interno dell'auto non poteva esserci che lui. Nonostante ciò la sua voce continuò a dire:
-Chi sei?- Iniziò ad essere seriamente preoccupato. Precisamente, la paura lo stava divorando all'interno dell'abitacolo.  Vide qualcosa proprio dallo specchietto retrovisore, qualcosa seduto sui sedili posteriori: due occhi di gatto che lo fissavano. Scese d'improvviso e non smise di fissare l'auto. Non gli sembrava che ci fosse nessuno all'interno.
-Sto forse impazzendo di botto? Sto forse impazzendo?È certamente il sonno che gioca brutti scherzi... devo star calmo. - Ripeté  a se stesso. Aspettava i suoi uomini, quei due brutti elementi rimastegli se ne stavano  seduti all'interno del locale  a bere del calvados. Dovette riprendersi in pochi secondi, si sentiva ancora molto  stupido in quel suo atteggiamento. Non sarebbe entrato nel locale a chiedere aiuto poiché non era né un codardo né un pazzo.  Provò a rientrare nell'auto infondendosi sicurezza, dicendosi che in fondo poteva esser stata tutta un'allucinazione, effetto della stanchezza.
Sedette comodamente sul sedile, mise la mano sul volante e quella sensazione di prima non era svanita, anzi era andata a peggiorare concretizzandosi con una pistola calibro dodici che rivoltò il suo tamburo in una pura roulette dal piacere sadico.
-Ma ciao Gabriel...
-Alexander Ludovich... che tu sia maledetto, come hai fatto ad entrare?- Disse pietrificato Gabriel.
-L'occhio vede solo ciò che vuol vedere o che può vedere...o che crede di star vedendo.
-Io ho visto un enorme gatto prima di te...
-Hai una mente perversa lo sai? - Si prese gioco di lui quell'insolito Ludovich. -Ma se stai ancora aspettando i tuoi uomini sappi che non arriveranno, né ora né mai. Sono già morti  nella toilette e se stavi aspettando me... beh ora eccomi qui, possiamo andare.
-Andare dove?
-Dalla tua padrona ovviamente... voglio farle un discorsetto prima di far fuori Sergei Ivanovich e tutti i tuoi alleati.
-Dove pensi di poter andare Ludovich? Sei solo e per di più sei disperato.
-In questo momento caro mio amico... penso che tu sia più disperato di me. -
 E quell'insolito ragazzo cupo e quasi sempre triste (scusate se è come dire bugia) provò desolazione nell'ammettere di esse spinto dalla forza della rassegnazione.

Quell'autista in Abissina
guidava  il camion fino a tardi
e a notte fonda
si riunivano.
A quel tempo in Europa
c'era un'altra guerra
e per canzoni:
solo sirene d'allarme.
Passa il tempo,
sembra che non cambi niente.
Questa mia generazione
vuole nuovi valori
e ho già sentito
aria di rivoluzione.
Ho già sentito
chi andrà alla fucilazione.      


[Franco Battiato, Aria di Rivoluzione, 1973]



Segnali stradali in uno scorrere lento di asfalti e guard rail. Un capo abbandonato in obliquo sul finestrino di un auto. Alexander Ludovich svuotato  per una volta da ogni sua personalità.  Erano momenti difficili. Compagna l'angoscia, strana sensazione di morso allo stomaco, di macigno che preme sul cuore. Nel contempo...la pace della rassegnazione. 
E se quella pace che ci attraversa fosse frutto dei nostri drammi? La stanchezza è lucidità, inevitabile sofferenza che ci rende umani.  
Ancora qualche nota di pianoforte in canzoni che non sapresti riconoscere pur avendole ascoltate centinaia di volte.
"Per vedermi torturato per vedermi condannato... oh partigiano... portami via... che mi sento di morire..."
E poi lo sguardo di Gabriel, un germano mezzo sangue che guidava ancora sveglio, molto più sobrio di quanto non fosse stato nelle ore precedenti.  Stava guidando sino alla periferia di Roma, lì aveva il suo quartier generale Lola di Valenza. Il pensiero   che stesse  conducendo quello zingaro, Ludovich, proprio nella tana dei lupi lo faceva stare ancora tranquillo.  Molte, troppe domande assediavano quelle due menti. "Chi aveva catturato chi?" .Non lo so riusciva a capire ma l'impressione è che  quello  zingaro si era poi catturato da solo, che si stesse consegnando per uno scopo tutto suo. Allora Gabriel poteva sorridere beffardo, come a dire "sciocco, non sai quello che ti attende..." ma poiché la pace potrebbe essere frutto del nostro  dramma il germano guidava lentamente, con la tranquillità che solo le sue certezze potevano dargli.  Ludovich ancora piegato sul finestrino non puntava neanche più la sua Smith and Wesson. Non restava che un corpo inerte  in attesa di qualcosa. Quel qualcosa tardò ancora poco a presentarsi e non appena giunti in vista dei primi colli romani, lasciarono l'autostrada per vie più ramificate.  
"Ci siamo." Pensò Ludovich. "Ancora poco e potremo rivederci."
Gabriel a quel punto volle togliersi lo sfizio di fare una domanda:
-Cosa ti fa pensare che il Prefetto ti lasci parlare? O pensi di poter affrontare da solo le sue guardie?
-Quando sarò giunto al suo cospetto ti accorgerai...
-Tu sei davvero folle, mi divertirò a vederti crepare

E giunsero  in una villa maestosa là dove risiedeva Anna Formisano conosciuta nel mondo degli affari  come Lola di Valenza.
Un cancello alto quattro cinque metri e largo dodici, testato a prova di lancia granate, si aprì automaticamente dopo l'attivazione del dispositivo di riconoscimento video.  Poi una schiera di alberi lunga un paio di chilometri. Come avrebbe potuto scappare da lì? Idea insensata dal  momento che era stato lui stesso a volersi introdurre.  Quella era una prigione dalla quale non poteva scappare e il sorriso sul volto di Gabriel era significativo per spigare il pericolo al quale Ludovich andava in contro .
-Dammi la pistola.- Disse fermando l'auto.
- Sei tu quello disarmato Gabriel... come puoi impartire un ordine!
-Sei circondato da ottantacinque guardie del corpo, prova solo a spararmi un colpo e non uscirai vivo da quest'auto. -
Lo convinse   Gabriel.
-Ti consegnerò solo le pallottole.-
E così fece Ludovich scendendo dall'auto prima di lui.

Quello che gli si presentò davanti era probabilmente l'edificio più grande che lui avesse visto e che voi avreste mai potuto immaginare.
Un'architettura imperiale di stile barocco con due guardie piantate alla porta.  Ludovich si avvicinò dicendo.
-Dite al Prefetto che Alexander Ludovich è qui. -
E Gabriel gli correva dietro con i proiettili  in mano.
-Aspetta zingaro, non puoi andare da solo... io ti faccio sparare!-  Ricoprendosi anche di un ridicolo che solitamente non si addiceva ad un assistente del Prefetto  ma dinanzi a quel folle non poteva comportarsi diversamente. Non sapeva proprio come fare a fermarlo
se non prendendolo a calci e a pugni davanti a tutti.  Ludovich poi superò il portone ed un primo atrio, al secondo Gabriel lo prese da dietro sferrandogli un calcio alle gambe, quello cadde come se non pesasse niente ma rialzandosi  ricambiò il calcio portando la gamba all'altezza della faccia del germanico.  Gabriel ricevette il calcio come se nulla fosse, anzi si mascherò nuovamente di quel sorriso insito dal male.  
Ludovich mostrò i denti  come da felino incazzato e  gli si scaraventò sopra con una tale violenza da ferirlo al collo con un morso e da lì un pezzo di carne cadde sul pavimento imbrattandolo di sangue.
- Magnifico!- Disse qualcuno dall'alto. E si sentì un echeggio di battito di mani lieve e sottile.  Ludovich con la bocca ancora sporca di sangue rivolse il suo sguardo verso l'alto  e puntò quell'immagine. In completa tunica bianca di seta  trasparente, era Lola di Valenza che percorreva in discesa una spirale pavimentata in marmo.  
-Avevo detto che questa storia doveva finire Gabriel... perché mi hai portato questo ragazzo?
-
E Gabriel già entrato in una gravissima emorragia gridò con tutte le sue forze poiché non poteva vedere dove fosse il suo capo.
-Questo folle! Ha voluto lui presentarsi da te... non so cosa ha in mente ma è un disperato, un povero disperato mio amato Prefetto!
Si dimenava come  punto dal serpente più velenoso mentre attorno a lui grondava il suo  sangue. Quel teatro così aspro e maleodorante non poteva che estasiare la candida ed imponente Lola di Valenza che continuava a scendere la sua rampa allargando un sorriso  al suo nuovo ospite.
- E tu dimmi Ludovich, lo voglio sentire da te: quale ragione ti porta a far incrociare per la seconda volta le nostre strade? Ti avevo concesso di fuggire, la salvezza non è dono da poco di questi tempi, devo forse iniziar a pensare che sei veramente pazzo come i miei uomini riferiscono da tempo?
-No. - Rispose lui quando poté  rilassare i suoi nervi alla vista di quel seno prosperoso e profumato. Lola di Valenza gli si avvicinò sfiorandogli il viso con una mano. Quanta grazia quanta malefica disinvoltura portava in grembo.
 -
Sono venuto qui perché ho capito tutto...-  Provò a regolare il respiro il giovane, ma gli riusciva estremamente difficile. Non era stanco era, come poter dire: "innamorato"?  Era innamorato come vittima di un incantesimo. Non c'era da meravigliarsi poiché tutti erano ammaliati da lei.
 -
Sono venuto qui per dirti di cessare tutto quanto. Ferma Ivanovich, riprenditi Roma, ristabilisci l'ordine in questo paese!-
Quella rise come una dannata in una risata infernale, si piegò in due facendo intravedere parte di due candidi capezzoli  che misero in imbarazzo Ludovich. Lui arrossì ma continuò il suo discorso cercando di esser ugualmente severo.
-Perché ridi? Non è forse vero che sei tu il manipolatore di tutta questa guerra? Non è forse vero che sei tu la responsabile delle migliaia di morti che hanno coinvolto l'Europa negli ultimi quattro anni? Hai cavalcato le guerre civili degli anni novanta, hai comprato gli ex combattenti slavi e macedoni, russi e georgiani.  Quale Grande Capo russo potevi inventarti se non un uomo immaginario?  Hai ingannato tutti, persino Ivanovich non è forse così? Il tuo fedele che ora mi guarda con occhi sbarrati, esterrefatto mi ha dato del pazzo più volte. Ma chi è il pazzo qui? Chi è il vero pazzo ora che i giochi  sono finalmente svelati?

Lei continuò a ridere e ad applaudire. Applaudire freneticamente sino a toccare il pavimento con le ginocchia. Ed era lì, ai suoi piedi, le lunghe ciocche luminose cadevano e percorrevano la schiena.  Si alzò di scatto e lo afferrò per il colletto.
-Sì!- Disse un diavolo.  

Gabriel si alzò da terra moribondo. Cercò di chiamare una guardia, qualcuno che potesse assistere a quella scena ma erano soli. Allora provò a dire qualcosa, allungò le mani verso quei due, proprio non ce la faceva a dire qualcosa.  
-Guarda!- Disse Lola di Valenza. - Loro non sanno!- E Gabriel strinse forte i denti come a volersi cacciare le ultime parole di bocca.
Avrebbe detto... "folle anche tu, lurida puttana!" oppure... "ed io che sono a morire qui per te..."
- L'uomo deve pur morire per un ideale mio caro Alexander... cosa importa poi se questo sia l'ideale altrui? - Disse Lola di Valenza.
- Mi è chiaro da molto tempo ormai...
-Ed io avevo capito che uomo dall'indomabile carattere sei tu, ed ora capisco anche perché quella ragazzina sta collezionando teste pur di salvare la tua pelle.  Sei un veggente, colui che può vedere oltre e che non si cura di incontrare la morte. La morte...- Pensò.
-Ora che sai che i russi non sono l'origine, e che io ho ingannato persino loro... dovrei ucciderti lo sai?
-Ma non lo farai...- Rispose fiero e altezzoso Ludovich.
-Perché se tu avessi voluto farlo.- Continuò il giovane...- lo avresti fatto quando ero prigioniero a Bagno Vignoni, ma in quell'occasione mi hai lasciato libero nonostante tu potessi già immaginare dei pericoli che avrei potuto causarti.-  
Lola di Valenza
assunse ancora una volta quell'impassibilità statuaria degna di un ferreo generale. Prese Ludovich per mano e lo portò lungo la rampa. Il giovane era ancora molto scosso, sapeva che da lì a poco quella donna avrebbe potuto ucciderlo.  
-Rimuovete quel corpo! Alla svelta!- Urlò lei quando sentì le guardie entrare.  Si riferiva a Gabriel che ormai giaceva morto a terra.  Ma Lola di Valenza  non si fermò continuò  a correre  per le rampe e si tirava a se Ludovich.  
Non c'era da fuggire anche se avesse voluto e più salivano in alto al palazzo e più si Ludovich sentiva stretto in una morsa mortale.  Che fosse solo la soddisfazione di aver smascherato quel grande enigma? Era quasi contento.  Era convinto di trarre vantaggio enorme da quella incantevole donna e come già detto né era allo stesso tempo una vittima, un innamorato avvelenato senza pozione di risanamento a portata di mano.
-Cosa vuoi fare?- Chiese lui una volta giunti nella stanza da letto.
-Lavati e poi te lo spiegherò dopo.- Gli ordinò lei.   Lui allora si spogliò prima ancora di andare nel bagno. Tolse al volo un orrendo giaccone nero. Ruppe i bottoni di una camicia, sfilò la cintura dei pantaloni una volta che rimase in mutande. Gli si avvicinò  lei e con una mano agguantò il suo petto ad altezza del cuore. Con la cintura ancora in mano lui la colpì violentemente. Rimase un livido violaceo su quel braccio candido. Tolse il braccio con netto ritardo.
-Perché sei così indisposto nei miei confronti?Non voglio ucciderti.- Lui non rispose, andò nel bagno e si immerse nell'acqua.


 
   
 
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