Hola gente.
Ho scritto questa storia nel tentativo di analizzare uno dei personaggi di Host
Club, Kyoya appunto, in una situazione di vita reale,
l’interesse per una ragazza, cercando di mantenerlo il più IC possibile e di
non farlo diventare una macchietta tutta fiori e smancerie. Se vi state
chiedendo il perché, be’ è presto detto: ero
semplicemente curiosa di vederlo in una situazione simile. ^^
TOCCA A
TUTTI, PRIMA O POI
Conosceva
bene quei sintomi. In un primo momento aveva sperato ardentemente di essersi
sbagliato, ma così non era stato, ovviamente.
Kyoya si mise a camminare lungo tutta la stanza, una
cosa piuttosto insolita; questo comportamento non durò molto, ben presto si
sedette sotto al suo kotatsu: davanti a lui il suo
notebook , un blocco per gli appunti e una tazza di tè verde.
Aveva molte domande in testa e poche risposte: perché
lui? Perché adesso? Perché proprio lei? Cosa fare? Non era uno stupido, sapeva
perfettamente che i primi quesiti non potevano avere risposte certe e l’ultimo
era di facile soluzione.
Non avrebbe fatto nulla, gli sarebbe bastato rimanere immobile, fingere che
tutto questo non stesse accadendo e prima o poi sarebbe passata. Era abituato a
dissimulare le sue emozioni, a fingere, perché sarebbe dovuto essere diverso in
questo caso?
Buttò uno sguardo allo schermo del computer: aperto sul desktop c’era un
documento con la foto e tutte le informazioni riguardanti Nakajima
Miku, anche se ormai poteva cestinare benissimo quel
file dal momento che ne conosceva a memoria il contenuto: ovviamente non solo
quelli della ragazza, ma anche quelli di tutta la sua famiglia. Non si era
nemmeno dovuto impegnare: quei dati gli erano stati dati da suo padre, così
come quelli di tutta la famiglia Nakajima e il motivo
era l’imminente affare che la famiglia Ootori stava per concludere con loro.
Ignorò i battiti leggermente accelerati del suo cuore, spense il computer e,
dopo essersi tolto occhiali e vestaglia e averli poggiati con cura, il primo
sul comodino e la seconda su una poltrona, andò a letto. Mentre cercava di
prendere sonno, pensò alla situazione assurda in cui si trovava: si sentiva
molto come Tamaki, con la differenza che Kyoya si
reputava meno idiota del suo amico, se non altro si era accorto di quello che
gli stava succedendo, e si riteneva anche più in grado di gestire la
situazione.
In realtà c’era poco da fare, la lista dei pro e dei contro mentalmente l’aveva
già fatta e l’unica cosa a favore era l’approvazione di suo padre per una
eventuale unione con una famiglia così importante. Di contro c’era la
distrazione che avrebbe provocato una cosa del genere e all’ultimo anno di
università, un’università in un altro stato oltretutto, non poteva
permetterselo. In più, se avessero visto anche solo un minimo interesse d parte
sua, suo padre si sarebbe sicuramente messo in mezzo per “organizzare” la cosa
e questo non gli stava bene. Probabilmente, anzi, sicuramente la colpa era
tutta di Tamaki se pensava certe cose, ma benché reputasse una relazione con Miku molto vantaggiosa, non voleva accanto una donna al
quale il matrimonio era stato imposto e da quel poco che sapeva, nemmeno lei
era propensa ad unioni di questo genere. Ultimo “contro” della lista il
caratterino di Miku, l’aveva osservata in più
occasioni ed aveva constatato che era una persona piuttosto impulsiva.
Quella
appena trascorsa era stata una giornata piuttosto intensa e non era ancora conclusa,
mancava il ricevimento in onore del fidanzamento dei figlo
di una delle famiglie più in vista di Tokyo. Sfoggiò il suo miglior sorriso di
circostanza, salutando con tutto il rispetto dovuto loro le persone che
conosceva e che gli venivano introdotte da amici presenti alla serata.
Intrattenne una breve conversazione anche con Miku
che gli lasciò l’amaro in bocca: con suo disappunto, che sapeva essere dettato
da uno stato di irrazionalità momentanea, aveva notato che lei non pendeva
dalle sue labbra quando parlava, ma nemmeno lo trattava con freddezza: era
diventato uno qualunque. Si accontentava di osservarla da lontano, almeno per
cercare di comprendere meglio il suo modo di rapportarsi con gli altri; aveva
notato che non erano in pochi a girarle intorno, come era ovvio che fosse per
una giovane intelligente e appartenente ad una famiglia potente.
Kyoya fu raggiunto da Fuyumi,
sua sorella, che aveva un aria piuttosto divertita. Lei si accostò e gli
sussurrò all’orecchio “Finalmente è successo anche a te.” Poi, così come era
arrivata, si perse nuovamente tra la folla.
Kyoya scosse la testa: non si capacitava di come sua
sorella lo avesse intuito.
“Kyoya senpai, va tutto
bene?” Haruhi gli si avvicinò, risvegliandolo dai suoi pensieri.
“Perfettamente, il ricevimento non potrebbe essere più riuscito. Tu, piuttosto,
dove hai lasciato Tamaki?”
Haruhi sorrise. “È andato a prendermi da bere. Senpai,
posso chiederti una cosa?”
Kyoya annuì con la testa, senza smettere di scrutare
con lo sguardo quello che succedeva nella sala, nel mentre la sua
interlocutrice cercava le parole giuste per porre la sua domanda in modo tale
da non risultare sconveniente, o peggio, in modo tale da farlo arrabbiare.
“Sei diventato più arrendevole?” Non era stata lei a porre la domanda ma Tamaki,
arrivato proprio in quell’istante con due bicchieri, uno dei quali porse alla
sua ragazza.
Haruhi rise, lei non si sarebbe mai permessa di porgli la domanda in un modo
così diretto, non intenzionalmente almeno, ma era lì che anche lei voleva
andare a parare.
“Con questo cosa vorresti dire?” Chiese Kyouya, impassibile.
“Andiamo, il vecchio Kyoya avrebbe accettato la sfida
senza pensarci su due volte.” Con un cenno della testa Tamaki indicò la
principessa Miku, poi prese per mano Haruhi e si
allontanò, Kyoya non si sarebbe mai permesso di fare
scenate in pubblico.
Maledetto Tamaki, pensò. Ma di sicuro non era stato lui a capire la situazione,
era stata Haruhi, di gran lunga più sveglia per queste cose. Il suo amico,
però, aveva parlato di una sfida, era questo di cui si stava occupando la sua
mente adesso.
Certo, odiava ammetterlo, ma Tamaki aveva ragione: questa era una sfida. Non
solo perché tra le persone che quella sera ronzavano intorno a Miku c’era suo fratello Akito,
che sicuramente lo stava facendo più per mettersi in mostra con il loro padre
che per un reale interesse, ma anche per il fatto della situazione in sé:
cercare di conquistare Miku con la quale la sua
famiglia intratteneva rapporti di lavoro, convincendola che l’interesse per lei
era reale e non, come la stessa Miku poteva
aspettarsi e rifiutarlo per questo, una cosa legata agli affari. In più
rischiava di “sputtanarsi”, di venire rifiutato in mezzo a persone con le quali
non poteva dimostrarsi debole. Una sciocchezza, probabilmente, ma non per una
persona che non tollera le pubbliche umiliazioni, nemmeno quelle piccole.
Kyoya sorrise, non aveva pensato alla sua situazione
sotto questo punto di vista; Tamaki, comportandosi come aveva appena fatto, lo
aveva voluto spronare, a modo suo, a buttarsi in questa sfida. E Tamaki era
l’unico che poteva permettersi di parlargli in un certo modo ed era anche
l’unico, oltre a sua sorella, a conoscerlo così bene. Sperò solo che il suo
cosiddetto “amico” si fosse tenuto la cosa per sé e non avesse sparso la voce.
Ricevere un discorso simile da ogni ex membro dell’Host Club non era cosa che
potesse sopportare.
Guardò Miku un’ultima volta, soppesò nuovamente pro e
contro poi si mosse. Aveva accettato la sfida e non aveva alcuna intenzione di
perderla.
Andò davanti Miku che parlava con alcune persone e
scusandosi con gli altri per l’intromissione la invitò a ballare. La ragazza
era rimasta stupita da quella proposta, Kyoya era
l’ultima persona che si aspettava la invitasse a ballare quella sera: al
contrario di altre persone, lui non si era mai interessato a lei se non per
cortesia. Mentre lo seguiva sulla pista da ballo si ricordò che qualcuno lo
aveva additato come un freddo calcolatore, non ci volle molto a fare due più
due.
“Perché mi hai invitato a ballare?” Chiese lei.
“Cosa vuoi che ti risponda?”
“Scusa?”
“Se ti dicessi che mi interessi, mi crederesti?”
“Ovviamente no.”
“Quindi ti darò l’altra unica risposta possibile: convenienza.” Mentre le
rispondeva, Kyoya notò che suo padre lo stava
osservando. Sorrise.
“Quindi stiamo ballando solo per questioni di affari.” Lo sapeva.
“No.”
“No?”
“No, io non l’ho mai detto, sei tu che lo hai deciso. A me non interessa perché
tu pensi che stiamo facendo questa cosa, a me importa ballare con te.” La
musica cessò, loro fecero un inchino e poi lui la riaccompagnò fuori dalla
pista.
“Grazie per avermi concesso una piccola parte della serata. Balli molto bene.”
Le fece un piccolo inchino e poi si allontanò prima che lei potesse replicare.
Si diresse verso il balcone, lì non c’era molta gente. Appena fu abbastanza
lontano si girò e si accorse che Miku lo stava ancora
guardando. Non sapeva se considerare quello che aveva appena fatto una vittoria
o un pareggio. Ci pensò e arrivò alla conclusione che quella era stata una piccola
vittoria: comunque sarebbe andata in futuro al momento non aveva importanza,
perché lui quella sera aveva guadagnato qualcosa e quel qualcosa non aveva
nulla a che fare con lo sguardo di approvazione che aveva letto sul volto di
suo padre.