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Autore: Annavi    09/01/2012    8 recensioni
La maggior parte di voi si sarà sentito dire almeno una volta nella vita:
«Ci sono cose peggiori di questo.» o «Devi renderti conto di quanto tu sia fortunato
ad avere questo genere di problemi e ringraziare di non averne altri ben più gravi
.»
Beh, io ho quelle cose peggiori e quel genere di problemi ben più gravi; non andró mai al college,
non sposeró mai l'uomo della mia vita e non vivró abbastanza per vedere mio figlio sposarsi.
Anzi, non avró nemmeno il tempo di partorire un bambino.
No, perché la mia vita potrebbe finire oggi, come domani.
- Il titolo è preso dalla canzone A little bit longer, di Nick Jonas. -
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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You don't even know.
 

A metà di Novembre, il buio invadeva le strade nel pomeriggio ed ogni azione era rallentata, congelata dal freddo che s'inoltrava nel mio letto in concomitanza con l'avanzare delle ombre sulla città.
Nella mia camera, tanti libri erano sparsi per terra e i titoli si confondevano, dandomi l'impressione di essere dislessica. A testa in giu, io ero appesa con le braccia molli, lasciandomi cadere dal materasso stanca. La porta era socchiusa, uno spiraglio di luce calda mi mostrava il disordine che sembrava possedere quella stanza più di quanto lo facessi io.
Così capovolta, le figure erano confuse, ma riuscivo bene a distinguere una scatola ormai vuota di fazzoletti che mi riportava a sei ore prima con il pensiero: visita medica.
Play. Stop. Anzi, play. Le immagini e le parole del dottore si mischiarono ad un senso di nausea che repressi con tutta la mia forza in fondo a me stessa. Cominciai a giocherellare ondeggiando lievemente le punte dei capelli che sfioravano il pavimento consumato e chiusi gli occhi, ma la maschera di un clown si materializzò così velocemente all'interno delle mie palpebre che fui costretta a riaprirli di scatto.
La sentivo. Lei pensava che io non me ne accorgessi, ma non era così. Mi sembrava di affogare nelle sue lacrime dense, mentre il suono dei singhiozzi raggiungeva il corridoio e, una volta di fronte alla porta, abbatteva i muri per portare via tutto quello che io ricostruivo con la sabbia la mattina.
A volte cercavo di non badarci, serravo le orecchie nella protezione del cuscino e canticchiavo nella mente parole a caso; altre invece mi arrendevo e prestavo attenzione ad ogni piccolo rumore, sperando di avvertire alla fine di quei pianti liberatori, un sospiro di sollievo o magari anche solo il silenzio. Mi avrebbero comunicato che si era messa in pace.
Purtroppo, non mi era mai capitato: solitamente finivo per addormentarmi prima io. E mentre mia madre si disperava pensando al futuro, tutto quello che riuscivo a sentire io era Non ci pensare, manca ancora tanto. Non è reale, fin quando tu non decidi che lo sia.
Così anche quella notte io giocavo a chi soffriva di più in silenzio, accarezzando con la punta delle dita ogni singola sensazione che la vita mi lasciava, domandandomi per quanto ancora si sarebbe lasciata solleticare inerme. I passi sempre più pesanti mi comunicarono di rimettermi in posizione composta e di fingere di essere profondamente abbandonata al sonno, mentre lei passava a darmi un bacio sulla fronte bagnato di sconfitta.
Avrei voluto aprire gli occhi e dirle che non stavo bene nemmeno io, che soffrivo ogni minuto, ma non potevo. Non ci pensare, manca ancora tanto. Non è reale, fin quando tu non decidi che lo sia. Il mio mantra mi veniva somministrato all'altezza del collo da denti affilati che non lasciavano spazio al dolore, non lasciavano spazio alla vita.
Sentii la porta chiudersi e mi immaginai lo spiraglio di luce sparire gradualmente, percependo l'oscurità attorno a me. Ero da sola.
Ma, in fondo, non avevo mai smesso di esserlo.

 

*
 

«Ripetimi quanti anni hai, scusa.» ridacchiai lanciandogli una palla di carta sulla schiena. Nick era chino sulla sua scrivania, con una penna melodrammaticamente posta dietro un orecchio e una matita nella mano destra; un foglio pieno di pastrocchi era fermo davanti a lui, nell'attesa di essere impresso con parole mielose e poetiche quanto la luna un attimo prima di eclissarsi.
Circondata da fogli accartocciati, io ero comodamente posizionata sul suo letto, a gambe incrociate con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, come quelle bambine che ascoltano la lezione all'aperto invece che in classe, per un atto di bontà del maestro. 
«Diciannove.» mormorò lui come una cantilena, visto che me l'aveva ripetuto almeno quattro volte, da quando eravamo in quella stanza.
Non si scompose però e rimase ad incenerire la sua esile grafia con uno sguardo che da combattivo mutò in affranto, nell'arco di una manciata di secondi. 
«Lo dici come se fosse normale avere una casa tutta per sè a diciannove anni!» ribattei io, sarcasticamente, ma pur sempre benevola: i nostri rapporti erano molto migliorati dalla riunione nel castello di coperte ed eravamo riusciti a vederci anche spesso, entrando in atteggiamenti un po' più intimi e senz'altro più naturali. 
«E poi, non ti sembra un po' presto?» aggiunsi poi, mordendomi la lingua per il mio lato da Anacleto di Merlino che era spuntato fuori nel momento meno appropriato.
Cercai di recuperare la situazione con una risatina che sarebbe servita a sdrammatizzare la mia frase precedente, se non ci avesse già pensato lui.
Infatti Nick si girò con il busto, aggrappandosi con entrambe le mani allo schienale della sedia e mi rivolse un'occhiata fintamente vanitosa, che mi provocò un inizio di sorriso sulle labbra. 
«Beh, ma è normale per me! Perchè io sono Nick Jonas.» completò il quadro con un'alzata di sopracciglio ammiccante ed un'altra pallina di carta lo colpì al centro del viso: devo dire che la mia mira era migliorata in modo impressionante da dopo la mia unica lezione di baseball.
Lui ridacchiò, per poi tastarsi il naso, bisbigliare un Ahio imbronciato e rigirarsi verso la scrivania.
Mi alzai dal letto e lo raggiunsi, accostandomi in ginocchio al banco, sbirciando di nascosto il foglio disordinato e lui lo coprì con l'intero palmo destro: 
«Ah-ah-ah, signorina. Niente anticipi! E se vuoi veramente sapere come sarà la canzone, dovresti smetterla di distrarmi; sto cercando di lavorare, eh!» commentò sarcastico ed io gli diedi un colpetto sulla spalla.
Sempre con il sorriso sulle labbra, Nick afferrò un nuovo foglio e impresse velocemente con la sua calligrafia un po' storta le seguenti parole Genio al lavoro, si prega Jane di rimanere in silenzio ed un sacco di punti esclamativi ancora più storti delle lettere.
Dopo aver messo a soqquadro un cassetto, trovò un pezzo di scotch e si appiccicò il cartello sulla schiena, per poi sorridermi soddisfatto. 
«Okay, se non mi vuoi allora me ne vado, eh!» esclamai per punzecchiarlo, imitando un espressione particolarmente offesa, ma non riuscendo a trattenerla feci finta di alzarmi e dirigermi verso la porta con grandi passi. 
«Smettila scema, resta qui.» io mi girai a fargli una linguaccia, ma notai che mi aveva già anticipata, per poi staccare il cartello e accartocciarlo insieme ai mille sul letto.
Mi rimisi seduta sul materasso, ma lui non ricominciò a fissare il foglio come prima ed appoggiò il mento sul dorso delle sue mani, mostrandosi di colpo melanconico.
Dopo una rapida alzata di spalle, capii il motivo del suo cambiamento improvviso d'umore e sentenziai: «Dai, vedrai che ti verrà in mente qualcosa per la canzone!» cercando di apparire allegra e speranzosa, ma dalla mia posizione, diciamo che non ero proprio convincente.
Lui fece cenno di no con il capo e mise su un broncio comparabile a quello di un bambino in punizione: «No, non è quello.»
Avanzai leggermente con la testa, come per fargli capire di continuare e darmi una spiegazione, ma lui non mi stava già più guardando. I suoi occhi erano infatti puntati sopra quel rigido calendario che era appeso, attraverso una cordicella sottile, alla maniglia della finestra e che segnava esattamente il 23 Novembre.
Non ci potevo credere, io e Nick avevamo fatto proprio un bel salto, rispetto a come andavano le cose prima.
Una volta avevamo perfino visto un film insieme e l'avevo accompagnato davanti allo studio di registrazione; poi però mi aveva chiesto di non andare con lui, perchè non voleva ripetere la scena dell'ultima volta.
Il nostro rapporto era migliorato sotto tutti gli aspetti, ma in alcuni momenti, mi sembrava di tornare la Jane che gli urlava contro perchè era arrivato in ritardo al nostro incontro.
Ogni tanto pensavo che lui non sarebbe potuto essere più odioso. O contraddittorio.
«Capelli a forma di pop corn, spiegati.» cercai di risultare simpatica e a quanto pare il mio tentativo ebbe successo, perchè tornò a posare lo sguardo su di me e si passò una mano tra i capelli, mormorando qualcosa di simile ad un Solo a te non piacciono i miei ricci, ma decisi di ignorarlo e di godermi solamente i nostri sorrisi.
«Beh, diciamo che sto per chiederti una cosa di cui so che mi pentirò, ma devo farlo.»
Tesi le orecchie incuriosita, mentre lui socchiudeva un occhio come alla ricerca delle parole più adatte.
Come ti capisco, pensai sospirando, Anche io la maggior parte delle volte non riesco ad esprimermi come vorrei.
«Beh, ecco. Ti sembrerà una pazzia, già lo so.» fece una piccola pausa per ridacchiare sommessamente «E capisco che sia un po' strano da parte mia, però se non te lo dico ora; penso che non avrò mai più l'occasione di passare un Natale con te, quindi..» 
Alzai una mano per aria in segno di Stop e spalancai gli occhi, avevo già capito tutto. «Frena, frena, tu mi stai chiedendo di passare il Natale con te!» trillai nervosa, sotto il suo sguardo altrettanto inquieto. 
«Io, emh, non avevo proprio intenzione di metterla così, ma se vogliamo essere indelicati, ecco.. diciamo di sì.»
Scattai in piedi nello stesso modo in cui Snasante balza sulle zampe quando sente il rumore della porta di casa: cominciai a camminare nervosa da un lato all'altro della stanza, quasi solcando i  miei passi sul pavimento e borbottando più a me che a Nick parole sconnesse.
«Cioè, quindi tu.. Insomma, pensavo che le rockstar avessero altre persone con cui passare il Natale! Oddio, è perchè non hai nessun altro, non è vero? Anche peggio! Nick, ma ti rendi conto di ciò che dici? E ora che faccio?» mi portai una mano fra i capelli, senza accorgermi del fatto che lui, nel frattempo, era passato da imbarazzato a divertito, accomodandosi sulla sedia ad osservarmi come fossi pazza, ma buffa. 
«Tu non puoi far così, hai capito?! Non è che da un momento all'altro ti giri e mi chiedi queste cose, perchè è molto sconveniente e in più tu sei sempre sotto gli occhi di tutti, mentre io.. Nick, non lo so, davvero pensi che possa decidere in così poco? Che razza di idiota può pensare di sottopormi ad una decisione del genere così da un momento all'altro?» esclamai voltandomi finalmente a guardarlo e accorgendomi delle sue espressioni estasiate, nemmeno stesse guardando un cartone animato particolarmente esilarante. 
In seguito portò le mani in alto come per difendersi e aggiunse: «Jane, io non ti ho detto niente di tutto questo, hai fatto tutto da sola!»
Così mi fermai di botto e decisi i ricompormi e darmi una calmata, dopo tutto aveva ragione. Mi risedetti sul letto e lui si voltò cercando di comunicarmi di guardarlo bene negli occhi.
«Allora, i piani sarebbero questi. Potresti venire la sera della vigilia di Natale a mangiare da me e dalla mia famiglia, se ti va.» spiegò lentamente, come per compensare la velocità con cui prima avevo parlato io.
Tirai un respiro profondo e risposi con tutta la dignità che mi rimaneva: «Dovrò chiedere a mia madre. Noi solitamente festeggiamo il giorno di Natale, non la vigilia, ma vedrò che cosa ne pensa.»
Sì, brava Jane, atteggiati da donna impegnata, eh? mi battei mentalmente una mano sulla fronte, sconsolata dalla mia stupidità.
Lui si soffermò un attimo a pensare e intanto mille dubbi mi sorsero in mente. 
Dovrai conoscere sua madre e suo padre, Jane, ti ritieni davvero all'altezza? Respiro. E i suoi fratelli? Sono gente famosa e tu non te la cavi nemmeno con le persone normali! Respiro. Magari dovresti soltanto stare a casa o andare a trovare la nonna, invece che cercare di affrontare qualcosa di più grande di te. Respiro.
«Se vuoi puoi anche portare tua madre!» sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri lui, illuminandosi come una piccola lampadina.
Io cercai di sorridere senza mostrare i denti nel modo più gentile che riuscii: «Certo, perchè no?»
Nick mi diede una pacca sul ginocchio e si rivolse nuovamente verso la scrivania.
«Forza, ora si torna al lavoro! Cosa fa rima con disastro?» 
Mi sfuggì una risatina e sussurrai sommessamente: «
Jane.»


*
 

«Ci devi assolutamente andare!»
«Sì, ma non può mica presentarsi insieme a sua mamma! Conviene che tu stia con me e la lasci introdursi da sola, bambina.»

Andavano avanti da ben dieci minuti, a scambiarsi commenti veloci e occhiate dubbiose, mentre io ero ferma sul divano con le gambe accavallate come chi è lì solo per far presenza, ma non per contribuire alla decisione.
Da mia madre, beh sì, da lei me l'aspettavo, ma di certo non pensavo che anche mia nonna mi avrebbe totalmente tagliata fuori dalla conversazione, dando per scontato il mio parere o soprattutto, il mio consenso.
Nel salotto della famiglia Kirstel, anche se in verità di Kirstel c'ero solo io, un'importante riunione era in corso e a presidenziarla si occupavano le mie due amorevoli parenti, che convinte di poter scegliere solo il meglio per me, non si erano nemmeno prese il disturbo di porre la fatidica domanda. Tu ci vuoi andare, Jane? 
Niente di preoccupante, perchè come al solito ci avevo pensato io tante, troppe volte, assillandomi esageratamente fino ad arrivare a quella che sarebbe potuta essere l'unica conclusione migliore.
Mia nonna stava accarezzando con una mano la ruota sinistra della sua sedia a rotelle, mentre con l'altra si grattava il mento ascoltando con attenzione le proposte di sua figlia.
Stavo per scoppiare: un altro commento su cosa dovevo o non dovevo fare e avrei giurato loro che non avrei nemmeno mai più rivisto Nick: poi ci ripensaii una seconda volta e cambiai idea.
Emessi due colpetti di tosse leggeri, che però bastarono a mia nonna per farle capire che erano andate ben oltre il limite ed era giunto il momento di appellarmi. Così fece infatti, rivolgendomi uno sguardo piuttosto eloquente.
«Io pensavo di andarci.» Mia madre si era già voltata ed era già a metà di una delle sue ramanzine del genere Ti farà bene stare da loro, vedrai che ti diverti etc, quando realizzò le mie parole e si aprì in un meraviglioso sorriso da squalo. 
«Oh Jane, bravissima! Sarà molto carino, te lo prometto. Concordo con la nonna, dovresti andarci da sola: dopo tutto loro non conoscono nemmeno te, non è che posso spuntare anche io fuori dal nulla.»
Ci accordammo nel migliore dei modi, cosicchè anche loro due potessero passare una vigilia felice insieme, anche se senza di me: non che io fossi l'anima della festa, però.
Mi affrettai a spedire un messaggio a Nick confermando la mia presenza e mi ritrovai a chiedermi se lui non l'avesse per caso ancora detto alla madre. Fui sul punto di cancellare i caratteri dallo schermo, ma poi decisi che se me l'aveva chiesto era molto probabilmente perchè pensava che la famiglia non avrebbe avuto problemi.
Coraggio Jane, invialo. Se non lo fai, te ne pentirai dopo. Con decisione, schiacciai il tasto per inviare e sperai che quella finta sicurezza potesse regalarmene davvero un po': non funzionò.
Ma intanto avevo avvertito lui e questa era la cosa più importante. Ora non si poteva più andare indietro, quindi tanto valeva fare le cose per bene.
Mia nonna mi lesse probabilmente nel pensiero perchè esclamò come se avesse appena scoperto di avere otto braccia: «Oh santo cielo! Ma tu non hai nulla da metterti!»



*
 

Buona sera a tutte, scusate tanto se vi ho fatte aspettare, ma le vacanze mi hanno risucchiata. :3
Comunque ora sono tornata e potete godervi (?) questo capitolo che è abbastanza di passaggio, ma almeno capiamo come si evolve il rapporto Jick, no?
O il rapporto Nane? Boh, devo ancora decidere, ahah.
Piccola informazione di passaggio: le età non corrispondono se avete notato.
Nick non aveva diciannove anni quando ha pubblicato l'album da solista, li ha compiuti solo ora!
Anche nella malattia, fortunatamente non ne so nulla, quindi se sparo delle cavolate non arrabbiatevi, sono una povera ignorante. v.v
Per il prossimo capitolo dodici recensioni?
Giuro che aggiorno in fretta, ma anche se sono in ritardo, almeno lo faccio, no? ç_ç
Vi voglio tantissimo bene, siete tutte meravigliose.

Ps: molto probabilmente nel capitolo della vigilia di Natale, ci sarà anche Joe.
Ahah, mi vedo già la vostra faccia mentre pensate a Joe, Nick e Jane insieme!
Tipo questa, no?
A.

 
 

   
 
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