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Autore: SoulSEARCHER    11/01/2012    7 recensioni
Santana fissò la ragazza sbattendo un paio di volte le lunghe ciglia. Non credeva esistesse qualcuno di così strano, inquietante e adorabile allo stesso tempo.
[AU. Brittana.]
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti
Note: AUOOC | Avvertimenti: nessuno
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Brittany!”

 

 

 

 

Santana stava in piedi, in mezzo a quella stanza, con lo sguardo fisso nel nulla mentre intorno a lei sembrava esserci il caos. Avvertì improvvisamente la bile che saliva dallo stomaco, lasciandola disgustata e con uno spiacevole sapore in bocca.
Le faceva male la testa e si sentiva confusa, udì però distintamente Quinn che la chiamava con insistenza e Schuester che urlava chiedendole di portargli un kit per intubazione endotracheale.
Ma Santana era paralizzata e per la prima volta da quando aveva iniziato quel lavoro tutti quei tubi e quelle macchine le diedero il voltastomaco. Sentì tutto intorno a lei muoversi ad una velocità quasi vertiginosa, ma lei continuava a rimanere ferma per paura di precipitare e trovarsi faccia a faccia con una realtà che non aveva alcuna voglia di affrontare.

 

“Fuori di qui, Lopez!” gridò poi il dottor Schuester esasperato mentre soccorreva la bionda.

E Santana non se lo fece ripetere due volte, girò i tacchi e sparì da quella stanza che puzzava di disinfettante e paura.
Mentre percorreva senza meta un corridoio vuoto si sentì pervadere da un senso di nausea che la colpì come un pugno in pieno stomaco, così si infilò nel primo bagno che riuscì a trovare, spalancò la porta di uno dei cubicoli e vomitò.
Scivolò lentamente contro la parete sudicia di quell'angusto bagno, e fissando l'orrendo motivo delle piastrelle verdognole, si strinse le ginocchia al petto abbandonando la testa tra le braccia.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo, sentendosi come se un carro armato le fosse appena passato sulla cassa toracica.
Poi provò a capire che cosa stesse succedendo. E ci provò a fondo, davvero, ma tutto ciò che ne ottenne fu soltanto un nodo in gola e l'emicrania, mentre sentiva il suolo sotto ai suoi piedi sgretolarsi lentamente, insieme alle sue certezze. Perchè durante la sua vita lei era sempre stata quella forte, quella che faceva finta di nulla, ingoiava anche i bocconi più amari e di questo ne era sicura. Aveva imparato a diventare indifferente e ne aveva fatto la sua arma. E poi in un attimo un paio di occhi azzurri erano riusciti a portarle via tutto come se fosse stata svegliata all'improvviso da un sonno durato tutta una vita.

 

Rimase in quella posizione per circa un'ora contemplando il vuoto e cercando di raccogliere il coraggio e la forza necessari ad uscire da quel posto. Quando si accorse che starsene lì a nascondersi senza sapere in quali condizioni si trovasse Brittany era semplicemente una tortura fece leva sulle gambe e si alzò, sentendosi come se fosse stata in quella posizione per anni. Uscì rapidamente dal bagno e si diresse di nuovo al Pronto Soccorso, dove poco tempo prima aveva sentito tutto il suo coraggio scivolarle tra le mani.
Mentre percorreva uno dei corridoi, tutti perfettamente uguali, che la portavano alla stanza in cui aveva lasciato Brittany, incrociò Quinn che le corse incontro e, afferratala per un polso, la trascinò in una stanza vuota.

“Ti cerco da mezz'ora! Dov'eri?” domandò la bionda evidentemente in apprensione. Santana non rispose e non smise di fissare il pavimento, così Quinn si decise a continuare.

“Non importa. Sta bene, San! Brittany sta bene.” spiegò poi accennando un sorriso. E Santana tornò a respirare.
Era come se il grosso peso che in quell'arco di tempo se ne era stato adagiato sul suo petto all'improvviso sublimasse, lasciandola tremante e in equilibrio instabile. Brittany stava bene, ed era tutto ciò che importava.

 

“Schue vuole parlare con te, però. Ti aspetta in sala conferenze.. Io gli ho detto che non stavi bene già da ieri” concluse infine facendo per uscire dalla stanza ma la mora la fermò, la abbracciò forte e la bionda non potè fare a meno di stringerla forte e sorridere tra i capelli profumati di Santana.

 

“Grazie, Q” mormorò poi la latina, ancora avvolta nell'abbraccio dell'amica.
“Dovere, Sanny” sorrise infine prima di lasciare la stanza.

 

 

 

 

 

 

 

Santana fissava con sguardo pressoché terrorizzato la porta grigia, su cui era fissata una targhetta di ottone che recava la scritta “Sala conferenze” in caratteri sobri ed eleganti.
Prese un lungo respiro, si sistemò il camice, poi si decise a bussare e, senza aspettare risposta, abbassò la maniglia ed entrò.
Il dottor Schuester se ne stava seduto su una delle comode sedie in pelle con i gomiti poggiati sull'enorme tavolo di legno e le mani incrociate, davanti a lui la dottoressa Beiste, primario di ortopedia, scribacchiava un paio di fogli. Quando la latina entrò nell'ampissima stanza entrambi si voltarono a guardarla.

“Scusate, torno dopo” disse Santana facendo per andarsene, ma l'altra dottoressa la fermò.

“Non ti preoccupare ragazzina, vado via io” sorrise la donna e, dopo aver riposto accuratamente i documenti in una cartellina gialla, si alzò velocemente e lasciò la stanza, non prima di aver rivolto un sorriso di conforto e una pacca sulla spalla alla ragazza.

L'ispanica se ne stava in piedi davanti all'entrata, torturandosi le mani e l'interno della guancia sinistra, Schuester le lanciò un'occhiata eloquente e senza dire una parola la invitò a sedersi indicandole con la mano la sedia di fronte alla sua, sulla quale fino a pochi istanti prima sedeva la Beiste.
Santana evitava lo sguardo del suo superiore ma quando questo inspirò rumorosamente e le rivolse la parola non potè fare a meno di guardarlo.

“Cos'è successo lì dentro, Lopez?” domandò con tono calmo ma duro, aggrottando le sopracciglia.

“I-Io non lo so.. Non mi sentivo bene, credo” sussurrò la ragazza incassando la testa tra le spalle.

“Santana” riprese l'uomo “sei uno dei chirurghi più promettenti di questo ospedale, semplicemente non puoi permettere che le emozioni abbiano la meglio su di te. Con questo non voglio dire che tu non debba provare nulla, ma non in momenti del genere. Non mentre quella ragazza rischiava di morire sotto i tuoi occhi!” spiegò William.

E probabilmente fu in quel momento che Santana si rese conto della gravità del suo comportamento. Brittany non era morta, ma se fosse successo sarebbe stata solo ed unicamente colpa sua. Ed era una consapevolezza che non poteva e non riusciva a sopportare.

“Mi dispiace.. Non succederà di nuovo.”

“Lo so, credimi. Ho deciso che per questa volta la faccenda rimarrà tra me, te e la dottoressa Fabray, ma se dovesse accadere nuovamente temo che sarò costretto a fare rapporto”

“Io non so- Grazie dottor Schuester”

“Il tuo turno è finito, va' a casa, Santana. E riposati”

“Posso chiederle dove si trova?”

“Ora starà dormendo ed è ancora troppo debole non credo sia-”

“La prego” lo interruppe la mora, una tacita supplica si celava dietro ai suoi occhi antracite.

“Stanza 312” sospirò lui arrendendosi.

“Grazie. Grazie mille” riuscì appena a dire Santana prima di catapultarsi fuori da quella sala.

 

 

 

 

 

 

 

Fissò il numero appeso accanto alla porta di quella stanza e pensò che 312 si addicesse perfettamente a quel momento. Perchè sembrava che il suo cuore battesse a 312 battiti al minuto, che qualcuno le avesse appena conficcato 312 coltelli nello stomaco, che 312 mani invisibili la stessero tenendo per le caviglie rendendo quei dannati due metri che la separavano dalla camera un limite invalicabile. Entrò nella stanza trecentododici con cautela e subito due paia di occhi si fissarono su di lei. Respirò più a fondo e rimase impietrita quando vide Brittany bianca come un lenzuolo e la prima cosa che le venne in mente fu che con tutta probabilità quella orrenda mascherina era l'unica cosa che non stava bene su quel viso perfetto.

Poi un singhiozzo ruppe il silenzio e Santana sembrò notare per la prima volta che due persone erano nella stessa stanza. Un ragazzo alto e magro, dagli evidenti tratti asiatici, stringeva un braccio attorno alle spalle di una ragazza, con connotati simili ai suoi, che piangeva. Si schiarì la gola che si era fatta improvvisamene arsa e parlò.

“Salve sono la dottoressa Lopez e-”

“Lopez? Santana Lopez?”

“Sì ma..” chiese confusa la mora e il ragazzo la interruppe.

“Io sono Mike e lei è Tina. Siamo i suoi migliori amici. Britt ci ha parlato così tanto di lei.. E' il suo supereroe personale, sa?” commentò poi il giovane uomo con un sorriso umido e gli occhi rossi. Santana non seppe se scoppiare a ridere o mettersi a piangere poi però abbassò il capo imbarazzata e, afferrata la cartella clinica che stava ai piedi del letto di Brittany, si mise a sfogliarla concentrata.

“Sta bene” iniziò “ha solo avuto una crisi e sapete bene che questa non è la prima volta. Ma è comprensibile viste le condizioni in cui si trova. Al momento non c'è nient'altro che noi possiamo fare, valuteremo se intervenire chirurgicamente ancora una volta o se tentare un'altra terapia. Io però non potrei dirvi queste cose. Non ci sono i suoi genitori? Un parente?” chiese poi spostando lo sguardo tra i due ragazzi.

“No, suo padre non c'è più e sua madre abita in Ohio. B ci prega sempre di non farle sapere nulla perchè, nonostante sappia del tumore, non vuole che si preoccupi troppo. Nate, il suo ragazzo, arriverà fra qualche ora” affermò poi Tina asciugandosi un paio di lacrime che erano ancora incastrate agli angoli degli occhi. Santana sentì una fastidiosa sensazione all'altezza del petto e non potè non vergognarsene.

“Capisco. Da quanto siete qui?” chiese poi.

“Noi.. Tre ore, credo”

“Perchè non tornate a casa? Non c'è molto che possiate fare qui, e lei sta bene. Andate a riposarvi.. Sarete distrutti”

“Ma si è appena addormentata. Non voglio che stia da sola” mormorò Tina guardandola.

“Starò io con lei, se volete. E poi lei vi capirà. Voglio dire, la conoscete meglio di me, sapete come è fatta” sorrise l'ispanica.

“Avanti, Tina. Andiamo a casa.. Torneremo domattina” le disse Mike stringendola ancora un po' di più a sé.

“Va bene” si arrese la ragazza E grazie dottoressa Lopez”

“Santana. Solo Santana”

“Ok, allora grazie Santana” le sorrise l'asiatica prima di uscire dalla stanza.

 

 

Santana si avvicinò al letto e la guardò. Era così piccola.. Si chiese cosa avesse mai potuto fare di male una persona del genere per meritarsi tutto quello che le stava capitando ma non fece in tempo a darsi una risposta perchè Brittany aprì gli occhi e la mora pensò, come ogni volta, che erano la cosa più bella che avesse mai visto.

 

“Ehi” sussurrò la bionda, la voce roca ovattata dalla mascherina ad ossigeno.

“Ehi” rispose la latina sedendosi al suo fianco e spostandole i capelli dal viso.

“San.. Stai male” disse con un tono appena udibile, e la sua non era una domanda. E Santana si chiese come facesse a conoscerla così bene e se quell'essere perfetto che aveva tra le mani esistesse davvero.

 

“Britt, dormi ancora un po'. Chiudi gli occhi”

“No, preferisco guardarti”

 

E Santana pianse. Per la prima volta in quella giornata pianse anche se sapeva che era sbagliato, anche se sapeva che non se lo poteva permettere. Pianse e chiese scusa, ma non servì a nulla, perchè Brittany l'aveva già perdonata.

 

 

 

Note:

 

Capitolo pieeeeeno di Santana e di Brittana, per farmi perdonare. E sono stata anche velocissima per i miei standard. Mi è piaciuto scriverlo, anche se mi ha messo addosso una tristezza tremenda.

Eeee niente, volevo ringraziarvi per tutte le recensioni e per seguire ancora questa storia nonostante sia stata ferma per tanterrimo (e non finirò mai di scusarmi)

 

Grazie, grazie, grazie.

  
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