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Autore: RainAndFrancis    12/01/2012    2 recensioni
Il loro compito è di cercare sul pavimento i pezzi di un puzzle caduto dal tavolo, prenderli prima che qualcuno li spinga sotto i mobili, contarli, riunirli.
Il suo compito è di stare a guardare.
Li vide cadere come albatri senza vento, alberi tagliati, sperando ogni volta di essere lui il prossimo, rimanendo in piedi e gridando nella sua testa “Sono qui, vieni a prendermi, vieni a prendere anche me!”, mentre il sole guardava, freddo e distante, dal cielo vuoto.
Fino a che non vide morire anche lui, insieme a loro,
un’altra volta.
[Estratto dal Prologo]
- La storia contiene citazioni più o meno palesi da altre opere e riferimenti a personaggi pubblici o storici realmente esistiti o esistenti. -
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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C’era un’ombra, sopra di lui.
La sentiva con distinta chiarezza; era una di quelle memorie del corpo che rimangono impresse nei sensi e nei più profondi strati della mente, con un’inquietante chiarezza che la ragione non sa spiegarsi.
Poi sentì un rumore dei passi, dei suoi passi, e capì che lui era lontano e la sua ombra troppo vicina; era tutto dentro di lui.

Ad un certo punto il sole si era oscurato, e tutti avevano percepito che c’era qualcosa di tremendo che stava per accadere, che voleva accadere, come fanno le parole che premono per uscire dalla bocca, o come un bambino che spinge in preda all’atavico istinto di nascere. Era un qualcosa di oscuro e irreale, che fendeva l’aria serpeggiando come una lama sinuosa, come una frustra.

Il tempo non aveva cambiato il rumore dei suoi passi: sempre lo stesso suono lugubre di un presagio di morte che non si avverava mai, e che da anni aveva smesso di fare paura.
Prese fiato, tenendo gli occhi fissi a terra: qualcosa gocciolava sangue e faceva male, lì, da qualche parte sulla sua fronte, e il suo collo sembrava in procinto di spezzarsi sotto il peso opprimente della sua testa, appesantita dal dolore e dai pensieri. Sapeva che spiegare le labbra in un sorriso gli avrebbe fatto male, ma lo fece comunque per far credere al riflesso nella pozza di sangue sotto di lui che andava tutto bene. Quello gli rispose con una smorfia.

In alto c’era lui.
Il peggior mostro.
Creatura rigurgitata dalle viscere della terra, giostrante di incubi, molteplice demone.
L’uomo.
Li guardava non come una tigre guarda una preda prima di disintegrarla, ma come la stessa tigre guarda le formiche che sta per schiacciare con il suo passo.
La tigre uccide pur di andare avanti.
La tigre uccide per sopravvivere.
La tigre uccide perché lo ha imparato da suo padre, che a sua volta l’ha imparato dal suo.
La tigre uccide anche provandoci gusto, a volte.
La tigre uccide. E basta.


Quando il rumore di passi si era fatto tanto vicino da rimbombare prima contro le pareti della sua testa e poi contro quelle della cella, il sorriso se ne andò dal suo volto senza chiedergli il permesso. Si chiese cosa avrebbe ricevuto, oggi, e quanto sangue avrebbe perso, e per quanto sarebbe riuscito a trattenere le grida, e quali minacce vuote gli sarebbero state rivolte.
Quando, poi, i passi si fermarono, fu colto da un tremolio che non volle associare a nulla e serrò gli occhi per convincersi di stare bene. Non voleva alzare la testa, così attese di venire obbligato a farlo: sapeva che non sarebbe morto comunque.

Avrebbe voluto poter chiudere gli occhi, spegnere quelle lucciole semieterne per non vederne morire altre intorno a lui; riposarsi un po’ dalla vita, fingere che tutto intorno a lui che ci fossero farfalle che si inseguivano e bambini e risate e fili d’erba al vento e nuvole che galleggiavano sul pelo dell’acqua.
Ma non lo fece.
Li guardò morire uno ad uno sotto il mostro feroce che oscurava il cielo. Li vide cadere come albatri senza vento, alberi tagliati, sperando ogni volta di essere lui il prossimo, rimanendo in piedi e gridando nella sua testa “Sono qui, vieni a prendermi, vieni a prendere anche me!”, mentre il sole guardava, freddo e distante, dal cielo vuoto.
Fino a che non vide morire anche lui, insieme a loro,
un’altra volta.

Attese a lungo che qualcuno gli tirasse i capelli e lo obbligasse ad alzare lo sguardo, e ancora più a lungo che arrivasse la forza necessaria per farlo da solo: davanti a lui non c’era nessuno, solo la porta aperta della sua cella.

E scappò.



Vogliate perdonarmi la metafora alquanto banale, ma sono emozionata come una bambina la mattina di Natale. La qui presente Francis e la qui assente Rain lavorano su questa storia da un paio di mesi, ed è una vera soddisfazione essere - finalmente - riuscite a pubblicare il prologo. Insomma, capitemi: una cosa nata quasi per gioco è diventata una cosa seria - e seriosa -, e dopo mesi che lo desideravo ho trovato qualcuno con cui scrivere una storia a quattro mani. Deve essere così che ci si sente quando ci si sposa.
Allora, parliamo un po' del capitolo - e sputiamo anche un po' di veleno su Rain, visto che non può controllare cosa sto scrivendo, ghgh.
Vi rassicuro fin da subito: non tutti i capitoli saranno così criptici ed introspettivi; già il prossimo sarà molto più concreto e narrativo, così come probabilmente lo saranno la maggioranza di quelli a seguire. Abbiamo voluto iniziare col botto, giocandoci la nostra carta migliore senza però mostrarla, perché... Beh, perché altrimenti tanto valeva fare un unico capitolo. E poi il prologo è bello proprio perché è un po' come un capitolo a sé stante, no?
Dunque, se siete confusi, vi prego, non ci abbandonate solo perché non è tutto chiaro: l'intento era quello. Aspettate almeno il prossimo capitolo.
Riguardo la divisione delle parti, Rain ha scritto quelle in corsivo, io le altre (anche se nella prima c'è anche il suo zampino); dubito, però, che i capitoli a seguire avranno una divisione dei compiti così netta. Io, comunque, lo scrivo. Per dovere di cronaca, ecco.
Un'ultima noticina e vi lascio stare: i personaggi storici e pubblici a cui abbiamo fatto riferimento nell'introduzione saranno presenti più avanti nella storia come una sorta di personaggi secondari; non voglio anticipare nulla, ma il succo è che sono abbastanza presenti da necessitare l'avvertimento, ma non abbastanza da rendere la FanFiction una Crossover vera e propria. D'altra parte, se così fosse non sarebbe tra le Originali... No?

(RainAnd)Francis
  
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