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Autore: Eremita grigio    13/01/2012    1 recensioni
Dopo quasi 100 anni, i passi di una solitaria figura tornano ad echeggiare per i corridoi, freddi e silenziosi, della Axiom, alla ricerca di colui che, per puro senso del dovere, ha avuto cura di migliaia di passeggeri, generazione dopo generazione.
" Salve, AUTO... è un piacere rivederti, vecchio amico mio.".
Prima Fanfiction da me dedicata all'indimenticabile robottino della Pixar.
Nulla in essa mi appartiene, salvo la trama. Leggete e recensite numerosi, mi raccomando.
Genere: Malinconico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Negli oscuri e vasti corridoi risuonava fioco il rumore di passi pesanti sui pavimenti d’acciaio, ricoperti di polvere vecchia di decenni.
Con un gemito dagli arrugginiti e da troppo tempo inoperosi meccanismi in essa contenuti, la porta scorrevole  si aprì, rivelando una sala immensa, in cui la sola luce proveniva dalla enorme finestra nella parete frontale, attraverso la quale filtrava la pallida ed argentea luce della luna, ostacolata comunque dal fitto strato di piante rampicanti, cresciute sul lato esterno dello spesso indistruttibile cristallo.
La sala era in uno stato di completo abbandono; polvere e ragnatele avevano ricoperto le pareti, un tempo  immacolate, e adesso completamente annerite; vari pannelli di metallo, vetro e plastica erano stati rimossi, come i dispositivi dietro ad essi celati, estratti molti anni prima da esperte mani robotiche.
All’ingresso, una solitaria figura, dalla corporatura tarchiata e una folta barba grigia, stava in piedi, appoggiato ad un bastone di metallo, osservando in silenzio quel paesaggio spettrale.
L’uomo indossava una sorta di body bianco aderente, le maniche corte, attraversato sullo stomaco da una striscia rossa,  con tre stellette dorate su ciascuna spalla, che metteva in risalto lo stomaco prominente e le braccia massicce; ai piedi calzava dei mocassini, anch’essi bianchi; sulle spalle portava una giacca bianca da marinaio, dai bottoni dorati, sulle cui spalline erano ricamati i gradi di capitano, abbottonata sotto il doppio mento barbuto; sulla testa, adornata da capelli grigi, era posto un cappello bianco, pure da marinaio, con tanto di visiera nera e ornamenti dorati in stile marinaresco.
Nella mano sinistra, tenuta alta sopra la testa, l’uomo sorreggeva una grossa lampada, la cui calda luce proiettava strane  ed inquietanti ombre sulle pareti più vicine. Ma egli non vi fece caso, e si diresse, dopo alcuni istanti di muta contemplazione, verso un’altra porta, molto più piccola della precedente, dietro la quale erano nascoste le scale di emergenza. Queste esibivano un aspetto ancor più trascurato dei locali precedenti, in quanto non erano mai state usate, neanche quando l’Axiom era piena e totalmente funzionante.
Mentre saliva quelle rampe, pesantemente appoggiandosi ad un bastone di metallo, l’anziano fu attraversato da una curiosa sensazione, ad un tempo piacevole e disturbante. Uno strano misto di nostalgia ed inquietudine.
Era così strano, tornare in quel luogo, dopo così tanto tempo… 87 anni.
87 lunghi, laboriosi, interminabili anni, passati lontano dal luogo della propria nascita, degli anni più comodi e al contempo più insignificanti della propria vita.
Anche se era passato quasi un secolo dall’ultima volta che qualcuno aveva percorso quegli smisurati corridoi, dormito in quelle comode e calde stanze, vissuto in quei locali immensi, al corpulento veterano parve quasi di riuscire a sentirle ancora… il monotono ed incessante rimbombo di una computerizzata voce femminile, intenta a lanciare slogan di una multinazionale oramai defunta; i suoni digitali emessi piccole tastiere mentre dita grassottelle e pigre ne pigiavano quasi senza sosta i pulsanti; il sibilo di innumerevoli motori anti-gravitazionali, ciascuno intento a sollevare e trasportare una avveniristica sedia fluttuante, dotata di comfort ed optional in apparenza illimitati; il confuso ed incomprensibile chiacchiericcio di decine di migliaia di persone sovrappeso che, in maniera ordinata e passiva, vagavano quasi incessantemente,sempre seguendo il ritmo e la giornata di orari fittizi, determinati non dal moto di rotazione di un pianeta, ma dalle impostazioni di una intelligenza artificiale…
Tanto tempo era passato da allora, ma per il Capitano  B. McCrea, sesto ed ultimo capitano della Axiom, la titanica e prodigiosa nave spaziale, concepita oltre 75 decadi prima dalla più ricca, potente e tecnologicamente avanzata compagnia dell’intero pianeta Terra, la Buy n Large Corporation.
Lo scopo di tale fantascientifico capolavoro, almeno in origine, era stato quello di porre l’intera umanità al sicuro nelle profondità del cosmo, a bordo centinaia di migliaia di gigantesche, lussuosissime navi da crociera  mentre alla compagnia veniva affidato l’arduo compito di porre rimedio al terribile errore…no, allo spaventoso ed’imperdonabile crimine della razza umana, responsabile per l’avvelenamento, su scala mondiale, del proprio pianeta natio.
“La spazzatura è uno strazio? C’è tanto spazio, nello spazio!”
Così recitava lo slogan della colossale operazione, pronunciato quasi 80 decadi orsono da Shelby Forthright, presidente e testimonial della Buy n Large, nonché ideatore e promotore dell’iniziativa nota come Operazione Pulizia. Un progetto ambizioso, in verità, che avrebbe dovuto risolvere il problema, oramai fuori da ogni controllo,  dei rifiuti prodotti dalla società umana. Nel giro di 5 anni terrestri, che l’intero equipaggio avrebbe vissuto come una semplice crociera prolungata, la nave Axiom avrebbe mantenuto una rotta stazionaria ad un certo numero di anni luce da quell’immensa discarica fluttuante che era divenuta la Terra, terzo pianeta dal Sole, un tempo di uno splendido colore azzurro-verde, ridotto nel 2105 ad una sfera di colore rosso-brunastro, di cui non solo il suolo, ma perfino il cielo era ricoperto di pattume, sotto forma di satelliti artificiali, vecchi e nuovi, sovrastanti una atmosfera imbevuta di sostanze tossiche.
Una promessa straordinaria e coraggiosa, che dava prova di intraprendenza, fiducia nei propri mezzi ed abilità…e che offriva ai terrestri un’occasione unica: quella di lavarsi le mani di tutto il male e il dolore arrecati al pianeta negli anni, da essi e dai loro avi, sdraiarsi in poltrona e comodamente attendere che qualcun altro (in questo caso, un autentico esercito di robot spazzini) si facesse carico di tale improba fatica.
Ben presto, tuttavia, era apparso chiaro a tutti che l’intera Operazione Pulizia non era altro che una mera utopia. Malgrado gli sforzi e le risorse investite, malgrado la partecipazione dei migliori scienziati, ingegneri, ecologi e biologi dell’epoca, la realtà dei fatti era solo una, chiara quanto e più della luce del Sole (quella stessa luce che ormai veniva filtrata non più dai gas atmosferici, ma da quelli di scarico): la situazione ambientale era troppo compromessa, i danni praticamente irreversibili.
Al termine dei 5 anni, quando avrebbe dovuto iniziare la seconda parte del progetto, l’Operazione Ricolonizzazione, che prevedeva il ritorno delle miriadi di astronavi, dislocate in innumerevoli punti nella galassia, ogni speranza di salvare la Terra dalla sua triste agonia venne abbandonata… e così la Terra stessa.
Tutto questo aveva appreso ed intuito il comandante B. Mc Crea, 98 anni prima, nel corso del 700° anniversario di quella che avrebbe dovuto essere una “semplice” crociera quinquennale, da un antico videomessaggio, inviato dallo stesso Forthright nel 2110.
In quel video, il presidente della Buy n Large appariva non solo trasandato e preoccupato (come dimostravano non solo i suoi abiti, ma anche e soprattutto l’assenza della sua caratteristica pettinatura impeccabilmente impomatata), ma anche tremendamente invecchiato… ben oltre di quanto ci si sarebbe potuto attendere, essendo trascorsi solo 5 anni  dall’ultimo contatto.
Mentre percorreva un'altra rampa di scale, il respiro scosso dal fiato corto, il peso ancora considerevole appoggiato al sostegno d’acciaio inossidabile, l’ultimo comandante della gigantesca stazione intergalattica saliva l’ultima rampa di scale che lo separava dalla sua meta…nella sua memori, ancora una volta, si riaffacciava il ricordo dell’ultima testimonianza registrata dell’uomo a cui, nel bene e nel male, l’umanità doveva la vita.
 
“Salve, AUTOpiloti! ..Ho delle brutte notizie..L’Operazione Pulizia è, beh, fallita. I livelli di tossicità nell’aria hanno raggiunto un livello tale da rendere la vita sulla Terra -ehm- insostenibile.
Con vivo rammarico mi trovo costretto a –ehm- cancellare l’Operazione Ricolonizzazione. Perciò –uh- restate dove siete…Piuttosto che tentare di risolvere il problema sarà –ehm- molto più semplice restare nello spazio…
Okay, sto dando l’override –uh- Direttiva A-113! Andate avanti tutta in Autopilota, lasciategli il comando di tutto…e non tornate, ripeto, NON tornate sulla Terra.!”
 
Così recitava la segreta missiva spedita nello spazio profondo, secoli prima, diretta alla sola ed esclusiva attenzione delle intelligenze artificiali installate nel timone di bordo di ciascuna astronave, note all’equipaggio  come AUTOpiloti.
Poi, il messaggio si interrompeva bruscamente, con gli operatori che esortavano il bardo del triste annuncio a sbrigarsi. Concluso il suo ingrato compito, Shelby Fortright si era alzato, aveva indossato una ingombrante maschera anti-gas e si era avviato, probabilmente per intraprendere a sua volta n viaggio iper-spaziale, in modo da unirsi all’equipaggio di una delle innumerevoli altre Spaceliners, le eleganti astronavi da crociera, del tutto simili a quella su cui B. Mc Crea avrebbe udito, quasi 7 secoli dopo, le parole con cui il presidente della potentissima compagnia aveva decretato non solo il fato del genere umano, ma anche la fine di un intero pianeta.
 
O almeno, così aveva creduto.
 
Entrando in quella vecchia cabina, un tempo così calda e confortevole, ora fredda e spettrale, l’ex ufficiale fu attraversato ancora una volta da quella strana sensazione, che lo aveva seguito fin dal primo istante che i suoi piedi avevano varcato la soglia di quella che, in pratica, era divenuta una città fantasma.
Sulla parete, disposti in un semicerchio, stavano i ritratti di 6 persone, tutte vestite con una divisa bianca da marinaio, sotto ciascuno una targa dorata:
-Capitano Reardon, 2105-2248
-Capitano Fee, 2248-2379
-Capitano Thompson, 2380-2520
-Capitano Brace, 2521-2645
-Capitano O'Brien, 2646-2774
-CapitanoB. McCrea, 2775-….
 
Ciascuna immagine  teneva gli occhi fissi nel vuoto, ricambiando rigidamente lo sguardo della persona appena entrata, giunta a portare un po di luce, dopo tante decadi di oscurità, in quelle vaste e desolate stanze.
Dopo qualche altro attimo, in cui concesse alla sua mente di ritornare indietro nel tempo, B Mc Crea volse lo sguardo verso il centro della camera, là dove era posto, esattamente dove lo aveva lui stesso lasciato quasi un secolo prima, l’oggetto che aveva spinto un vecchio ufficiale di 159 anni ad avventurarsi ancora una volta nei resti desolati di quella che era stata la sua nave…o almeno, questo era ciò che aveva pensato, per 3 decadi .
 
Avvicinandosi lentamente, sentendo in ogni passo la stanchezza che cedeva il passo all’emozione, Mc Crea non riusciva a distogliere l’attenzione dal timone a 5 maniglie, bianco e nero, appeso al soffitto tramite un braccio meccanico.
" Salve, AUTO... è un piacere rivederti, vecchio amico mio.".
   
 
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