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Autore: Sparrowhawk    15/01/2012    3 recensioni
[Katekyo Hitman Reborn: Mukuro Rokudo/Chrome Dokuro 6996]
«Mukuro-sama…?»
A parlare del diavolo spuntano le corna, si dice, ma quando si girò il giovane non ebbe modo di incontrare un demone, bensì un angelo sceso dal cielo.
Nel suo abito lungo e viola scuro, difatti, Chrome non appariva se non come un angioletto, imbarazzato per la presenza di una persona tanto importante nei suoi sogni e, al contempo, fremente di gioia per lo stesso motivo.
Avvicinandosi di un passo, Mukuro posò una mano sulla sua guancia e poi, quasi sovrappensiero, la portò fra i suoi capelli, sfiorando la grande rose che li teneva acconciati del medesimo colore del suo vestito.
«Ammetto che mi hai lasciato quasi senza parole, Chrome-chan.»
Genere: Fluff, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chrome Dokuro, Mukuro Rokudo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Masqués pour dissimuler la beauté
Fandom: Katekyo Hitman Reborn
Personaggi: Rokudo Mukuro; Dokuro Chrome
Rating: Verde
Genere: Sentimentale; Fluff; Song-fic
Altro: Het; Missing Moments; One-shot;
Note: Siccome nessuno pare tifare per la 6996, mi sono vista costretta a scrivere questa fanfiction. Sono la paladina delle coppie che non interessano a nessuno o a pochi, infondo. Quindi, beccatevi questa nuova perla! Canzone: Masquerade - Il Fantasma Dell'Opera


Masqués pour dissimuler la beauté



A volte gli piaceva comportarsi così, adorava portare confusione nella mente della sua piccola e dolce Chrome.
Non lo faceva con il preciso intento di ferirla o di tormentarla, solo che apprezzava enormemente il rossore che, anche se solo in sogno, compariva su quelle guance candide e paffute. Bastava poco e lei, timida e schiva come sempre, pareva perdersi in una miriade di infiniti pensieri quando, il suo insolito angelo protettore, si permetteva di entrare in contatto con Chrome anche se solo per un istante: un ciao, un come va, e cadeva letteralmente preda dell’imbarazzo più nero a discapito del suo amor proprio, sì, ma a vantaggio dell’egocentricità di Mukuro.
Era un divertimento unico, quello, una delle poche cose che ancora poteva fare rinchiuso com’era nei sotterranei del Vindice.
Un attimo di concentrazione, un uso limitato dei suoi poteri ed era lì, con lei, ad intrufolarsi nelle sue più recondite congetture. Ad analizzare con il solito occhio critico e quasi chirurgico ogni suo più piccolo desiderio, nascosto ad arte dietro alle fattezze di innocenti avvenimenti.
Mukuro sapeva che, quando si trattava della mente umana, perfino il sogno acquisiva almeno cento diverse sfumature. Per capire una persona non c’era niente di meglio del suo potere, infondo, il quale gli permetteva di sondare indisturbato le paure e le passioni di qualcuno, traendone non solo un gran vantaggio su un possibile nemico ma anche e soprattutto il potere di sfruttare all’infinito simili conoscenze.
Una volta che, di fatti, riusciva a capire per bene chi aveva di fronte, non c’erano più speranze per quella persona di salvarsi da lui.
Per Chrome era stato più o meno lo stesso anche se, nel suo caso, Mukuro non aveva alcuna intenzione di ferirla.
La piccina navigava infatti nelle placide acque calme del suo spirito, risultando, ora come ora, il pezzo più importante fra le sue innumerevoli pedine. Era utile ai suoi scopi, forse più di chiunque altro adesso che il suo posto era quella stanza buia e fredda. Lei lo aiutava a tenere d’occhio Sawada e, col senno di poi, gli permetteva di rivivere, di tanto in tanto, il brivido dell’adrenalina sulla pelle.
Prendeva in prestito il suo corpo, certo, e non se ne doveva vergognare per via del semplice fatto che Chrome non si sarebbe mai opposta ad un suo volere: tutto ciò che faceva era, per la ragazza, una sorta di azione indiscutibile che assumeva l’importanza del divino addirittura. Tutta la sua devozione era continua fonte di divertimento per lui, però, forse, anche di qualcosa di più di questo.
«Chrome-chan…»
Disse, la voce melliflua ed interessata ora che si faceva trascinare dal mondo di Morfeo assieme alla sua alleata.
Ancora una volta stava per penetrare nel suo mondo perfetto, l’universo interiore di una giovane fanciulla dal passato difficile e dalla bassa considerazione per sé stessa che aveva riconosciuto in lui una guida, un amico e, molto probabilmente, un qualcuno da amare.
«…dove hai intenzione di portarmi, stanotte?»
Alla fine era un po’ come una passeggiata per Mukuro, un diversivo alla notte eterna cui lo avevano costretto a vivere.
Per quanto alle volte i pensieri di lei fossero bislacchi e fin troppo puerili, gli andava bene anche quello al posto della costante prigionia.
«Sento della musica, Chrome-chan.» continuò, notando che la sua caduta nell’abisso delle sue utopie si era arrestata e che, finalmente, si ritrovava nuovamente con i piedi ben piantati a terra. «Questa volta da l’idea di essere qualcosa di speciale.»
Sorridendo, mosse qualche passo in avanti, scostando con le mani un soffice drappo rosso magenta per poter osservare ciò che, altrimenti, gli sarebbe stato celato.
In un secondo, con sua enorme sorpresa, una stanza gremita di persone danzanti e tutte in maschera lo accolse, e mille risate, accompagnate dal suono allegro degli archi, travolsero le sue orecchie.
Perfino lui, che fino ad un secondo prima era costretto da delle catene in una vasca di contenimento, stava indossando uno degli abiti più pregiati che avesse mai visto: si guardò perplesso ad uno dei tanti specchi appesi alle pareti, contornati da intarsi di un argento intenso, e studiò a fondo il completo nero che portava, sfiorando con le mani guantate prima la giacchetta e poi i lacci del lungo e vistoso mantello scuro. Il gilet dorato si intravedeva appena sotto alla giacca ed il cravattino rosso dava un tocco in più alla sua figura, aiutando a colorare un insieme che, altrimenti, sarebbe stato fin troppo oscuro.
Mukuro aveva indosso perfino una maschera, bianca, con venature che avrebbero potuto richiamare, forse, quelle di un teschio. Gli copriva gli occhi e gran parte del volto, nella parte superiore, lasciando un buco per il naso e la bocca assolutamente libera.
Si sentiva un principe e, il fatto che Chrome lo vedesse così, al momento lo riempiva di tanto orgoglio.
«Mukuro-sama…?»
A parlare del diavolo spuntano le corna, si dice, ma quando si girò il giovane non ebbe modo di incontrare un demone, bensì un angelo sceso dal cielo.
Nel suo abito lungo e viola scuro, difatti, Chrome non appariva se non come un angioletto, imbarazzato per la presenza di una persona tanto importante nei suoi sogni e, al contempo, fremente di gioia per lo stesso motivo.
Avvicinandosi di un passo, Mukuro posò una mano sulla sua guancia e poi, quasi sovrappensiero, la portò fra i suoi capelli, sfiorando la grande rose che li teneva acconciati del medesimo colore del suo vestito.
«Ammetto che mi hai lasciato quasi senza parole, Chrome-chan.» le disse, ridendo a modo suo «Non sogni spesso, ma quando lo fai…»
Mosse le mani con fare teatrale, dandole le spalle per un breve lasso di tempo.
«…lo fai in grande stile!»
Lei non proferì parola ed optò per il silenzio, guardando in terra come era solita fare quando si ritrovava in sua compagnia.
Mio dio, Mukuro, il suo Mukuro, era lì, a condividere il suo sonno, indossando i panni che lei voleva indossasse, per una volta preda dei suoi desideri e non di quelli altrui. Non c’era nessuno che li avrebbe interrotti, nessuno che la avrebbe strappata dalle sue braccia ora che finalmente poteva godere delle sue attenzioni.
«…vuoi ballare con me?»
Notò quella mano tesa e quasi sconvolta, alzò lo sguardo su di lui mentre cercava in tutti i modi di reprimere non solo l’eccessiva euforia, ma anche la grande timidezza che ancora una volta si prendeva possesso del suo corpo. Dovette dare sfogo a tutta la sua forza di volontà per poterla afferrare, rinnegando la convinzione di essere praticamente indegna anche solo di respirare la sua stessa aria.
Adesso non erano nel mondo vero, erano nel suo mondo, e là tutto era possibile.
Perfino una come lei poteva diventare più coraggiosa.
«Mi farebbe un enorme…p-piacere, Mukuro-sama…»
 
C’era un’atmosfera magica in ciò che stava accadendo.
Sia maestro che discepola se ne rimanevano in silenzio, persi l’una negli occhi dell’altro, assaporando ogni istante che veniva loro donato.
Nessuno dei due aveva mai tanto spazio per cose di questo genere.
Uno era stato come cancellato dal mondo, mentre l’altra viveva all’ombra del suo salvatore e, al tempo stesso, del suo sfruttatore.
Di solito non si potevano nemmeno vedere, nella realtà, ed erano costretti ad una vita in cui, quando uno dei due ‘viveva’, l’altro era costretto al buio. Al silenzio.
Era una vita a metà la loro.
E lo sarebbe stato sino al giorno in cui, a Dio piacendo, Mukuro non sarebbe stato liberato.
«Sei bellissima.»
Mormorò il giovane, facendola volteggiare con la sua persistente grazia innata.
Ad ogni movimento il suo abito si muoveva, la gonna si allargava, ed il piccolo e fragile corpicino di Chrome si stringe al suo, alla ricerca di una salda sicurezza.
«…i-io?» disse lei, arrossendo violentemente «Io non sono…niente. Non senza di lei, Mukuro-sama.»
Il grande illusionista scoppiò a ridere, avvicinando di più il viso a quello della compagna di danze. Gli piaceva quando faceva così, però almeno per questa volta avrebbe davvero voluto che Chrome notasse il suo splendore.
«Piccola mia, penso tu sia fin troppo severa con te stessa.» commentò «Quella mascherina che porti nasconde i tuoi lineamenti, certo, ma sono convinto che nessuno in questa sala da ballo abbia anche solo mai pensato al fatto che tu, padrona indiscussa di una fantasia tanto elaborata, non sia paragonabile ad un angelo.»
«L-Lei esagera…»
«No, non esagero. Sono serio.»
E sincero, soprattutto.
Per la prima volta da anni Mukuro era sincero.
Non si stupiva nemmeno nel farlo proprio con lei.
Se non con Chrome, che stava sempre al suo fianco in un certo senso, con chi altri avrebbe dovuto esserlo?
«…sei bellissima.»
Ripeté, smettendo di ballare d’improvviso, le mani ancora strette a quelle di lei.
«Bellissima…»
Ancora sorrise e poi, avvicinando il viso al suo, posò un piccolo bacio su quelle labbra sottili e rosate. Un contatto debole, addirittura fin troppo casto se donato da uno come lui, eppure che ebbe la facoltà di farle tremare le gambe.
Quando si staccarono, Chrome lo guardò dritto negli occhi eterocromatici, confusa.
Mai aveva provato una cosa come quella.
Mai.
«…Mukuro…sama?»
«Dovresti smetterla di nasconderti dietro a questa tua maschera di autocompatimento, Chrome-chan.»
Il ragazzo accarezzò la sua guancia con le mani, stringendole il viso e baciandola ancora ed ancora, senza sosta, in un dolce susseguirsi di passione e frenesia.
«Vedresti che ciò che sei è più di quanto tu possa immaginare.» esordì ancora, sussurrandolo su quella bocca minuta «Vedresti che sei speciale
Lei abbassò lo sguardo.
«Speciale…come suo strumento?»
A sentirlo ridere, Chrome quasi perse un battito.
Figuriamoci. Per un secondo aveva pensato d’essere importante per lui per davvero, e non solo per una semplice vendetta.
«…speciale.» disse l’altro, appoggiando la fronte sulla sua «Solo…speciale
 
Se non fosse stato per il fatto che la ragazza stava guardando a terra, non si sarebbe mai accorta della parziale scomparsa del corpo del suo Mukuro.
Spaventata posò le manine sulle sue grandi spalle, cercando di trattenerlo, come sapendo che dietro a quel ‘speciale’, per una volta, c’era qualcosa di più.
Voleva sentirlo parlare.
Voleva stringerlo fra le braccia e farsi stringere a sua volta.
Voleva specchiarsi in quelle iridi e bearsi di ogni sua parola.
«Il tempo a nostra disposizione, ancora una volta, è scaduto Chrome.»
«N-No…No, Mukuro-sama…»
Scosse il capo, stringendosi di più a lui.
«Non fare quella faccia, su. Io sono sempre con te, ricordi?»
«Sì ma…»
…ma non mi basta più, Mukuro-sama.
Il desiderio di averlo tutto per sé era forte, così pressante da opprimerle il cuore in una morsa crudele ogni qual volta le capitava di essere sola, nel suo letto, ad osserva il soffitto stancamente.
L’unica persona che voleva accanto non poteva stare con lei se non per brevi istanti, quando dormiva.
Era vita, quella?
«…presto tornerò.»
Si riscosse a queste parole, ma non fece in tempo ad alzare ancora la testa che Mukuro se ne era andato.
Unico ricordo del suo passaggio la stessa voce ad aleggiare nell’aria, ed una maschera bianca abbandonata ai suoi piedi.
«Tornerò e starai al mio fianco, Chrome.»
 

Al mio fianco per sempre.

  
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