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Autore: Marrs    15/01/2012    3 recensioni
'Forse un po’ troppo spesso sentiamo raccontare storie a cui ci è difficile credere, perché non le sentiamo nostre. Tra tutte, la mia vicenda probabilmente sembrerà un banalissimo incidente di percorso. [...] Non mi sarei mai più rialzata; non avrei ricostruito quel muro, perché con sé portava troppa sofferenza. O meglio, così credevo…'
'Christopher. Il cambiamento avrebbe portato il suo nome.'
Dal diario di Elisa. Un diario che la farà rimbalzare continuamente tra passato e presente.
Storia sospesa a tempo indeterminato. Mi scuso immensamente
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo QUATTRO - Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio

 

“Non accetto…” Staccai l’ennesimo petalo e rimasi a fissare quella margherita immaginaria. Mancava un solo petalo, ma non sapevo prendere la mia decisione: avrei dovuto staccarlo e pronunciare la fatidica parolina, oppure fingere che non fosse accaduto niente quella sera e sperare di non rivedere Christopher per i prossimi tre decenni?
Mi ero girata e rigirata nel letto per ore, senza giungere ad una conclusione. Così si erano fatte le quattro, ma la mia mente sembrava non voler assolutamente cedere il passo al sonno.
Ascoltare la testa o il cuore? Razionale o sentimentale? Sembrava uno di quei quiz alla televisione, dove hai il cinquanta percento di possibilità che la risposta sia errata.
Ormai stanca anche di arrotolarmi nelle lenzuola, mi alzai e andai in cucina con l’intenzione di prendere una tazza di tè caldo. Se non dovevo dormire, volevo farlo per bene!
Quello che non avevo previsto era che Micaela si svegliasse e mi raggiungesse, affacciando il suo visino assonnato dalla mia spalla e piantandomi gli occhioni pigri addosso.
 
“Ah!” Balzai all’indietro, lasciando la presa sulla tazza che si frantumò per terra versando l’acqua calda pronta a trasformarsi nella mia bevanda preferita.
 
“Ehi, potrei offendermi sai?” Micaela si avvicinò al lavello per prendere il panno umido e asciugare l’acqua.
 
“Non sei un bello spettacolo appena sveglia, dovresti saperlo. Non se ti avvicini di soppiatto come i piccioni in Piazza Duomo!”
Una volta raccolti tutti i cocci, rinunciai al desiderio di sorseggiare una bevanda calda per distendere i nervi e mi avviai in camera augurando di nuovo a Micaela una buonanotte.
 
“Eli?” Mi fermò.
 
“Mmm…”
 
“Ti va di raccontarmi cosa è successo?”
Sospirai, sconfitta. I pensieri non mi davano tregua ed io ero un’illusa se pensavo di poter aggirare la mia migliore amica. Lei che mi leggeva dentro come fossi la sua copia sgualcita di Cime Tempestose.
Annuii semplicemente, facendole cenno di seguirmi.
 
“Lui non ti ha detto niente?” Mi informai per sapere da che punto partire.
 
“Più o meno. Si è limitato ad accennare di averti chiesto una seconda possibilità e che spera davvero tu gliela conceda. Per quanto riguarda i precedenti, buio totale.”
 
“Dall’inizio, allora. D’accordo…” Gonfiai le guance come i criceti, per poi lasciarmi andare ad un sonoro sbuffo. E da lì, a ruota libera.
Parlammo per un tempo indefinito, analizzando qualsiasi gesto o parola avesse potuto tradire le sue buone intenzioni. Non volevo darmi per vinta, anche se ormai le palpebre si chiudevano da sole e spesso blateravo frasi senza senso. E se avessi sottovalutato qualche aspetto importante? Non me lo sarei mai perdonato. Prima ancora di non perdonare a lui qualsiasi passo falso.
 
“Quindi, cosa farai lunedì? Anche se ormai potrei dire domani” Mi chiese a bruciapelo Micaela.
 
“Ehm, preferisci la risposta sincera o la bugia?”
 
“Pensandoci bene, credo che il mio sistema nervoso dopo essere stato sottoposto a ben…”, Controllò la sveglia, “…due ore di analisi grammaticale - che odio dalle elementari, per inciso - apprezzerebbe molto la bugia. Poi però, chi mi assicura che non ti si allunghi il naso?”
 
“A volte vorrei avere il tuo spiccato senso dell’umorismo, Lim” Sorrisi, perfida.
 
“Mi mancava quel soprannome” Rispose lei con un occhiolino.
L’avevo ribattezzata ‘Limone’, Lim per gli amici, data la sua notevole acidità in certe situazioni. Non l’aveva presa bene inizialmente. Poi ci si era abituata, fino a sentirlo proprio.
Era Micaela. Non poteva mettere il broncio per più di cinque minuti.
 
“Comunque non cambiare discorso, altrimenti al prossimo Carnevale ti costringerò a vestirti da arancia. Saremmo proprio una bella coppia” Si perse un attimo nei suoi pensieri, per poi tornare alla carica. “Allora, questa risposta?”
 
“Sinceramente, non lo so. Ho paura, una tremenda paura che mi allontani di nuovo…”
 
“Oppure potrebbe diventare il nostro mandarino” Ammiccò.
 
“Possibile che tu non sia capace di restare seria per più di sessanta secondi?” La fulminai.
 
“Sì. La risposta è sì.”
 
“A me non sembra…” La guardai dubbiosa.
 
“Cosa hai capito, Ran? Sì, lunedì devi presentarti all’appuntamento” Mi fissò di rimando, esasperata.
 
“C…come mi hai chiamata?”
Non avevo risposto di proposito alla sua affermazione. Continuavo a non esserne sicura, perché sapevo con certezza che Christopher mi avrebbe lasciata da sola ancora.
Lui non era in grado di mantenere saldo un rapporto, neanche con sé stesso. Nonostante ciò, continuavo a sperare in un segno divino, qualcosa che mi lasciasse intendere di potermi fidare ancora di lui. Mi mancava terribilmente il mio migliore amico, avevo bisogno di lui come lui credevo non avesse bisogno di me. Forse peccavo di presunzione; forse mi sarei dovuta limitare ad accettare i fatti come mi si presentavano agli occhi senza scavare alla cieca nell’animo di Chris.
Eppure era inevitabile, perché ero una donna ferita.
 
“Arancia, per gli amici Ran. Non ti piace?” Micaela mi riportò alla realtà con quell’assurda illuminazione. Non bastava un ex migliore amico stronzo? Anche l’amica fuori di testa dovevo avere!
Rassegnata, mi limitai ad annuire. “Comunque, credo che seguirò il tuo consiglio e domani accetterò quel caffè. Però Michi, ricordati che sei in parte responsabile anche tu di questa follia. Se dovesse spezzarmi nuovamente il cuore, dovrai aiutarmi a raccogliere i cocci.”
 
“E io che pensavo che le arance avessero solo semi!” Finse un’espressione spaesata. “Come sempre, Eli. Non ti abbandono, puoi starne certa” Aggiunse tornando seria.

><><><>< 

 
Trascorsi gran parte della giornata recuperando il sonno perso durante la notte, svegliandomi riposata e di buon umore intorno alle quattro del pomeriggio.
Impiegai circa mezzora per trovare la forza di alzarmi comunque, e per cause di forze maggiore: avevo bisogno del bagno e di mettere qualcosa nello stomaco.
Quando arrivai di fronte al frigorifero, trovai un post-it che diceva
 
‘Mi ha chiamata Andrea, chiedendomi se volessi andare al cinema e poi a mangiare una pizza. Non ti ho svegliata perché mi sembravi piuttosto felice di startene sotto alle coperte. Se dovessi avere bisogno, non esitare a chiamare! Corro subito ;)
Un bacione,
Michi’
 
Non avevo alcuna intenzione di guastare il romantico appuntamento di Micaela, anche perché mi sentivo pronta ad affrontare una serata in compagnia di gelato e film. Naturalmente non prima di aver consumato una sostanziosa cena, visto il continuo brontolio del mio stomaco.
Così cucinai due uova e lavai un po’ di insalata, disposi il tutto su un piatto e divorai con voracità l’intero pasto.
Dopo aver riordinato la cucina, recuperai dall’armadio un plaid e un cuscino, una vaschetta di gelato alla stracciatella dal congelatore e un DVD dalla nostra videoteca personale. Ci vollero meno di due secondi per il tuffo sul divano e per premere il pulsante ‘play’ del videoregistratore.
Avevo scelto una commedia romantica, Come farsi lasciare in 10 giorni, che avevo già visto un più volte ma di cui non mi stancavo mai. Avrei potuto ripetere le battute a memoria, eppure mi emozionava sempre e mi aiutava a sorridere anche nei momenti più tristi.
 
Proprio mentre faceva la sua prima apparizione la felce dell’amore, un suono catturò la mia attenzione. Mi alzai riluttante e mi spinsi fino al mobile di mogano che avevamo comprato per l’ingresso - Micaela non faceva altro che lodare quella scelta, ma io ero alquanto scettica a riguardo -, dove avevo lasciato il cellulare.
Sul display lampeggiava una busta e, poco sotto, il nome del mittente del messaggio: Chris.
Mi prese il panico. Forse aveva appena annullato l’appuntamento del giorno dopo? Oppure aveva solo sbagliato destinatario.
Negli ultimi mesi avevo addirittura pensato avesse cancellato il mio numero di telefono; quindi quello fu proprio una svolta inaspettata.
Decisi comunque che fosse il caso di aprire quella bustina, così da togliermi ogni dubbio.
 
Ciao, Elisa. Spero di non disturbare; volevo chiederti cosa avessi deciso per domani… Sai, sono un po’ in ansia a dire il vero. Strano detto da me, vero? Probabilmente non ci crederai, però è così. Ora la smetto di scrivere frasi sconnesse e ti lascio alla tua serata. Chris
Ps: fammi sapere, ci tengo…
 
Sentii il mio cuore annegare in un mare di confusione.
Era davvero cambiato? Così sembrava. Mi avrebbe delusa di nuovo? Probabilmente.
Non riuscivo proprio a convincermi del contrario, nonostante ci provassi con tutte le forze. Sapevo che sarebbe stato in grado di farsi perdonare, con quegli atteggiamenti schivi ma sempre carichi di significato. Nonostante ciò, ero altrettanto sicura del fatto che non si sarebbe dovuto scusare una sola volta perché Christopher era il re delle cazzate e non si sarebbe risparmiato nemmeno questa volta, seppur involontariamente.
 
Decisi comunque di rispondere educatamente, senza lasciar trasparire troppo lo stato confusionale di donna ferita quale ero.
 
Ciao anche a te, Christopher. Se devo essere sincera, sto ancora riflettendo sulla possibilità o meno di accettare quel caffè. Quindi mi spiace, ma temo scoprirai la mia decisione solo alle cinque di domani pomeriggio. Ti auguro una buona serata. Elisa
 
Dovevo perdere il sonno solo io per questo appuntamento inaspettato? Assolutamente no.
 

><><><>< 

 
Erano le quattro e mezza. Era lunedì pomeriggio.
Avevo trascorso la mattina all’università; dopodiché Micaela mi aveva trascinata a fare compere. Non che ce ne fosse realmente bisogno, ma quella ragazza non si accontentava mai e le sue manie comprendevano sempre una folle compagna che l’assecondasse.
Così le permettevo di vestirmi come se fossi la sua Barbie, delineando i confini della sua creatività quando si rivelava necessario.
Per questo motivo mi trovavo di fronte al Coffee Dream con un paio di jeans grigio perla, una maglietta bianca con qualche strass, una di quelle che andavano di moda in quel periodo, e un paio di scarpe da ginnastica nere. E l’immancabile cappotto con sciarpa annessa, naturalmente.
Ed ero in anticipo di mezzora.
Sembravo una ragazzina alle prime armi, non una ragazza di ventuno anni al primo incontro dopo che il suo migliore amico l’aveva scaricata per chissà quale motivo.
Ero ferma davanti alla porta d’ingresso senza saper bene cosa fare, guardando quel ragazzo muoversi velocemente al bancone tra un caffè e un cappuccino.
Ero incantata a fissarlo, quando sentii il cellulare emettere un trillo. Due, tre, quattro. Maledetta borsa!
Ero sempre stata disordinata, mia mamma me lo ripeteva ogni giorno. Eppure mai come da quando avevo lasciato la casa dei miei genitori me ne ero accorta. E la borsa non era di certo immune a quel caos poco organizzato.
Finalmente riuscii ad acciuffare il telefono che suonava imperterrito, scorgendo sul display il nome di mia sorella.
 
“Ehi pulcino! Come stai?”
 
“Pizza. Stasera. Mamma. Papà” Esordii senza farmi capire di cosa stesse parlando.
 
“Peggiori con gli anni, Fra. Saresti così gentile da ripetere in un linguaggio comprensivo quello che stavi cercando di dirmi?”
 
“Mamma e papà hanno convocato per stasera una riunione di famiglia di fronte ad una pizza, preparata rigorosamente da mamma che è ai fornelli da stamattina.”
 
“Aspetta, aspetta! Da quando mamma e papà si parlano?” L’ultima volta che mia madre avesse preso il telefono in mano per chiamare mio padre, si erano insultati così pesantemente da farmi temere che lei prendesse la macchina e la caricasse di piatti da tirargli dietro.
 
“Se devo essere sincera, non ne ho la minima idea Eli. So solo che hanno detto che è molto importante, che dobbiamo esserci entrambe e che non accettano rifiuti. Ci hanno incastrate in poche parole!” Sbuffò esasperata Francesca, la mia sorellina minore.
Ne avevamo passate così tante in quegli anni, da evitare accuratamente l’accostamento di ‘mamma’ e ‘papà’ nella stessa frase.
 
“D’accordo, ci sarò. Non ti preoccupare, Franci, non potrà andare peggio del solito e ormai noi sappiamo gestire la situazione. Ci vediamo più tardi, ok pulcino?”
 
“A dopo, Eli” E riagganciò.
 
Ero così concentrata su quella telefonata, da non essermi accorta di una presenza alle mie spalle.
 
“Come sta?”
 
“Come l’ultima volta che l’hai vista, sette mesi fa” Risposi voltandomi in direzione di quella voce. “Crescere non è mai stato facile per nessuno, no? In questo caso, per lei è ancora più difficile. Non ha due figure stabili come i nostri genitori affianco, nonostante loro facciano del loro meglio, e affronta un periodo che è comunemente chiamato ribellione adolescenziale. Quindi per il momento è così, una sorpresa ogni giorno.” Mi fermai a riflettere un attimo, indecisa sul confidarmi o meno. “Un po’ come mia madre e mio padre che…”
 
“Che?”
 
“Niente, pensavo ad alta voce” La diffidenza aveva avuto la meglio, alla fine.
 
Christopher era di fronte a me, a pochi centimetri di distanza, e si stava accendendo una sigaretta.
 
“Non hai ancora perso il vizio, eh?”
 
“Già” Alzò lo sguardo su di me.
Era imbarazzante, era strano, era bello. Stranamente familiare, come un dejà vu…

 
“Non ci provare” Mi ammonì severo.
Non avevo mai capito perché la gente provasse tanto gusto nel rovinarsi la salute. Per cosa poi? Apparire di uno o due anni più grande della propria età, ribellarsi ai genitori, sfogare il nervosismo - questa poi! - oppure occupare i cinque minuti della pausa pranzo o intervallo che fosse.

“Mi ringrazierai, un giorno” E la sua sigaretta era sfuggita alle sue labbra.

“Non sai in che guaio ti sei messa, Elisa” Era arrabbiato, lo si capiva dal tono duro e poco confidenziale che aveva usato per riprendermi.
Io però avevo un motivo valido per fare quello che avevo fatto. Io tenevo alla sua salute perché tenevo a lui, al suo sorriso, alla sua voce, al suo sguardo. Lo volevo vicino perché ne avevo bisogno, perché ero egoista e sapevo di non poter sopravvivere se l’ennesima persona se ne fosse andata. Era il mio migliore amico e, seppure non si sprecasse mai in parole dolci e affettuose, lui mi capiva come io capivo lui. Ci eravamo trovati in un periodo per niente facile della nostra vita, quando avevamo più bisogno di qualcuno che si prendesse cura di noi, e non ci saremmo più separati.
L’avevo promesso, me lo aveva promesso.

“Lo rifarei, se fosse necessario Chris. L’ho già fatto altre volte e non ci vedo niente di sbagliato. L’unico che sbaglia qui, sei tu” Avevo risposto guardandolo negli occhi. E puntualmente lui era fuggito con lo sguardo, perdendosi nella contemplazione del libro di fisica  come sempre quando il discorso cadeva su quanto grande fosse il nostro affetto reciproco.
Era come se fosse allergico ai sentimenti, però non era in grado di non provarne. Ce la metteva tutta, allontanava chiunque ma per un motivo o per l’altro arrivava una persona capace di far breccia in quel muro di ghiaccio che era il suo cuore.
C’era riuscita Micaela, c’ero riuscita io forse anche meglio di quella ragazza tutta pepe che era la mia migliore amica.

“Non sono cose che ti riguardano.” Ed eccola, la barriera che si rialzava durante l’attacco nemico.

“Tu mi riguardi, Chris.”
Il discorso si era chiuso così, senza che nessuno dei due proferisse parola. Christopher preferiva i gesti alle parole; forse fu per questo che, quando uno dei suoi amici gli chiese una sigaretta, lui gli regalò il pacchetto che ne conteneva ancora cinque. Ne avrebbe comprato un altro più tardi sicuramente, ma questo era il suo modo per dirmi “Anche tu mi riguardi, LeeLee”.

 
“Era sempre così con te. Che tu fossi sola o meno, il mondo si fermava quando lasciavi vagare la mente tra i tuoi pensieri. Mi sono sempre chiesto come ci riuscissi, avrei voluto essere capace anch’io di isolarmi” Le parole di Christopher mi riscossero dai ricordi.
Mi emozionava il fatto che si ricordasse certi particolari del passato o che avesse prestato loro attenzione quando ancora eravamo amici, però non volevo darlo a vedere. Non potevo mostrarmi vulnerabile di fronte a lui che mi aveva ferita così profondamente; mi limitai quindi ad una alzata di spalle.
“Non è difficile, Christopher. Basta avere tante cose a cui pensare ed un compagno silenzioso che ti permetta di farlo e il gioco è fatto. Sono stata molto fortunata, in entrambi i casi.”
Poi mi voltai dirigendomi verso il locale senza aspettarlo.
 
“Non ho ancora finito la sigaretta” Richiamò allora la mia attenzione.
Ruotai la testa e gli risposi: “Buttala.” E ripresi a camminare, sorprendendomi di trovarlo affianco a me in pochi secondi. Anche questa volta, io lo riguardavo.
 
><><><>< 
 
Avrei potuto dire molte cose di quell’incontro, parlare per ore di quali argomenti popolarono i nostri discorsi e di quali furono tacitamente definiti tabù. Avrei potuto dire che mi ero sentita a casa mentre gli raccontavo degli ultimi mesi trascorsi, proprio come alla festa di Natale quando mi aveva stretta tra le sue braccia dopo sette mesi di lontananza forzata.
Avevo persino ritrovato il sorriso sincero che regalavo raramente alle persone che mi circondavano e che probabilmente conoscevano solo i miei genitori, mia sorella e i miei due migliori amici. O quello che ne restava.
La verità era che di quel pomeriggio ricordavo solo una cosa, il rumore sordo del mio cuore che si fermava mentre la confusione dilagava nella mia testa.
Era piombata lì dal nulla, senza preavviso, e mi aveva colta impreparata a subire uno squarcio tanto grande nel petto. Forse perché era stato lui a chiedermi di dargli una seconda possibilità, forse perché mi aveva chiesto lui di insegnargli a recuperare il tempo perduto e a non lasciarsene più sfuggire altro, forse perché mi aveva detto che gli mancavo ed avevo sperato che quella nostalgia fosse almeno la metà di quella che mi aveva chiusa nel mio guscio sotto chili di coperte e un cuscino ormai salato.
Mi ero ripromessa di non fidarmi facilmente di lui, non di nuovo, perché quel detto non poteva non avere un fondo di verità. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Non capivo cosa mi avesse scossa maggiormente, se il fatto che avessimo parlato per così tanto tempo e lui avesse omesso spontaneamente il fatto oppure che io fossi davvero stata così stupida da non capire che Christopher non sarebbe mai cambiato.
Oppure fu in quel momento che capii qualcosa di molto più importante, come il fatto che l’ingarbugliarsi dello stomaco in quel modo non potesse essere dovuto solo ad un moto di irritazione per la brusca interruzione del nostro primo pomeriggio di recupero.
Doveva esserci qualcos’altro dietro, ma avevo troppa paura di approfondire da sola quel dubbio insano tanto da scrivere un sms a Micaela.
 
Se non hai altri impegni, stasera ordiniamo cinese  e divoriamo gelato alla nocciola davanti ad un film horror? Tanti baci, a più tardi! Eli
 
Il gelato alla nocciola era come un messaggio in codice per noi, voleva dire che qualcosa non andava e che c’era bisogno di una seduta da migliori amiche. Insomma, preferivamo il gelato alla nocciola alla classica bottiglia a cui tutti si attaccano ‘per dimenticare’.
Perché io volevo dimenticare. Volevo dimenticare quella ragazzina di qualche anno più piccola di me, una cascata bionda di riccioli e con un fisico da modella che si era fiondata su Christopher appropriandosi delle sue labbra.
 
“Chris, tesoro, sono ore che ti cerchiamo!” Si era poi voltata a guardarmi, chiedendogli: “E questa chi è?”

Già, io chi ero?
“Una ragazza interessata al posto di lavoro.”



Dunque, dunque... Che ne pensate?
Mi scuso per il tremendo ritardo, ma sono stata risucchiata da un sacco di impegni e dall'inizio della scuola, naturalmente - che avrei evitato volentieri! -
Comunque, in questo capitolo scopriamo qualche cosa in più sul carattere di Christopher ma anche sulla famiglia di Elisa, che fino ad ora è rimasta fuori dalla storia se non per l'introduzione. Nel prossimo capitolo entreremo nel vivo della situazione familiare della nostra protagonista; conosceremo mamma, papà e Francesca. E quando scopriremo chi sono le ospiti indesiderate di questo pomeriggio al Coffee Dream? Non mi uccidete, per favore! Tutto sarà spiegato, a tempo debito ;)

Vi lascio con il link ad una OS che ho scritto in un momento di riflessione e 'debolezza' per così dire - e che non ha riferimenti alla storia -, nella speranza che possa piacervi!

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=920428&i=1
Grazie a tutte le persone che seguono, recensiscono e danno sostegno a questa storia. Magari, se avete qualche minuto, lasciatemi un piccolissimo parere giusto per sapere se qualcosa non va o se la storia merita attenzione. Altrimenti, sono comunque felice di sapere che la leggiate silenziosamente!

Un bacio,
Sara

  
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