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Autore: Rowena    16/01/2012    5 recensioni
La nuova guerra magica aveva colpito anche lontano, seguendo la sete di potere dell’Oscuro Signore appena sconfitto, segnando dunque gravi perdite ben al di fuori dei confini britannici.
Nessuno si stupì, dunque, se i più rinomati e famosi fabbricanti di bacchette, artigiani eredi di una tradizione antica, si radunarono in un paesino della Bulgaria per rendere l’ultimo omaggio a un loro compagno.
E cominciarono a chiedersi se non fosse il caso di considerarsi una specie in via d’estinzione.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Marietta Edgecombe, Nuovo personaggio, Olivander
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Ottime bacchette dal 382 a.C.'
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Non riusciva a chiudere occhio: eppure era stupido, tra neanche due ore Olivander sarebbe arrivato a chiamarle per recarsi all’allevamento di Unicorni come prospettava da settimane… Perché quella stupida non era nel suo letto? E dove diavolo poteva essere andata, nel cuore della notte?
La strega sospirò, rigirandosi per l’ennesima volta sotto le lenzuola, nel tentativo di riprendere sonno. La sua compagna di stanza stava per finire in un brutto guaio e per cosa poi? Davvero non riusciva a crederci. E dicevano che lei aveva un brutto carattere!
Era ridicolo, avere l’occasione di imparare da un vero maestro fabbricante di bacchette e buttarla al vento in quel modo… La ragazza era davvero infastidita da tutti quei pensieri, soprattutto perché sapeva che a sua volta sarebbe stata assonnata, non nelle condizioni ideali per una lezione sul campo, quando la porta della camera si aprì lentamente. Nel buio, appena percettibile, una sagoma ben nota avanzò prestando attenzione a non fare rumore.
Adesso ti faccio prendere un colpo…
Attese con la pazienza di un felino che l’altra strega raggiungesse il proprio letto, si togliesse le scarpe e s’infilasse sotto le coperte ancora vestita, poi, non appena udì il classico sospiro di sollievo di chi crede di averla fatta franca, accese ogni candela della stanza con un colpo di bacchetta e scattò seduta.
«Te l’ho fatta, signorinella!»
Colta sul fatto, la nottambula fece un salto per lo spavento e si voltò verso la sua accusatrice: «Jurga, vuoi farmi morire, per caso?»
«A me lo dici?», replicò la ragazza più grande, fingendosi offesa. «Non sai come mi sono sentita io svegliandomi e trovando il tuo letto vuoto».
Il melodramma, aveva scoperto Marietta, era uno dei tanti talenti di Jurga. Accidenti, aveva sperato che la sua piccola uscita notturna passasse inosservata, ma così non era stato.
«Senti, è tardi… Cerchiamo di dormire, almeno un po’», tentò di svicolare senza troppe speranze di successo.
«Ah no, adesso mi dici dove sei andata», rispose Jurga senza pensarci due volte. «Se devo preoccuparmi per te, voglio sapere che hai combinato!»
Ma che pettegola, pensò la ragazza che non aveva la minima intenzione di rivelarle il suo segreto. «No, non devo dirti nulla. Non sei mia madre, né il mio maestro».
«C’entra un ragazzo, per caso?» incalzò l’altra, che ora iniziava a prenderci gusto.
Nel riverbero delle candele, Marietta preferì non rispondere. Non era pronta a fare partecipe la compagna di quello che le stava capitando, anche perché non voleva che la voce arrivasse a Olivander. La ragazza bulgara, nonostante avesse un pessimo carattere, si era dimostrata più attenta alle regole date dal maestro di quanto chiunque avesse immaginato. Non era certo che Jurga avrebbe approvato quello che le stava tenendo nascosto e non voleva correre rischi che andasse a riferirlo al maestro. Non c’erano state indicazioni o divieti sulle relazioni personali degli apprendisti, ma era meglio non affrettare i tempi, anche perché non voleva sentirsi dire nulla che potesse guastarle la situazione, non ora che le era capitato qualcosa di bello dopo tanto tempo. Oltre al suo ingresso nella bottega di Olivander, ovviamente.
Obbligandosi in ogni caso a non effettuare un Incantesimo Silenziatore sulla compagna di stanza, comunque, Marietta si sistemò sotto le coperte e cercò di prendere sonno per dormire almeno un poco prima che il maestro passasse a chiamarle. Offesa per la scarsa considerazione a lei indirizzata, Jurga continuò a fare domande con un tono di voce sempre più infantile e irritante, per poi rinunciare: per fortuna che l’altra ragazza non poteva vederla, seduta a gambe incrociate con le guance rosse e i pugni stretti, come una bambina capricciosa!
Forse era meglio riposare, almeno ora non aveva più l’ansia per l’avventatezza della sua compagna… Inutilmente, però: la curiosità aveva subito preso il sopravvento.
Rimasero dunque lì, ciascuna insonne nel proprio letto, Marietta a mordersi le labbra per evitare di lasciarsi sfuggire anche una sola parola e Jurga a chiedersi cosa avesse mai combinato l’altra ragazza per stare in giro tutta la notte, finché all’alba Olivander non passò a chiamarle.
«Ragazze, siete sveglie? Cerchiamo di partire tra una mezz’ora al massimo, forza», e le parole del maestro smorzarono qualunque discussione tra le due.
Alzarsi e vestirsi fu un’operazione molto rapida – specie per Marietta, che si cambiò giusto la maglia per indossare un capo più adatto a sporcarsi – e scesero al piano di sotto. Sorprendentemente, furono loro a dover aspettare Richard, che si fece attendere quasi venti minuti. Quando il giovane comparse in cima alle scale, anche a quell’ora del mattino apparve subito chiaro che nemmeno lui aveva dormito granché, anzi, era molto più assonnato della sua compagna. Jurga si voltò subito a guardare l’altra ragazza, sbalordita, per scoprire che si era rintanata come suo solito dietro i capelli, questa volta probabilmente più per nascondere le guance arrossate che le pustole.
Qualunque commento della strega bulgara, tuttavia, fu anticipato dal maestro: «Bene, possiamo andare. Questa volta ho pensato che potremmo muoverci col Nottetempo, così da poter anticipare l’argomento di oggi durante il viaggio».
Il quartetto, dunque, uscì dalla bottega e lasciò Diagon Alley nella quiete del mattino. Il sole ancora non era sorto e l’aria frizzava sui volti dei viaggiatori. Abbandonarono il quartiere magico e raggiunsero la strada più vicina, quindi Olivander illuminò la sua bacchetta e fece il cenno convenzionale per chiamare l’autobus magico.
Nessuno salutò con particolare entusiasmo il bigliettaio: Stan Picchetto era rimasto profondamente segnato dalla guerra. Era stato scagionato dalle accuse, poiché il tribunale aveva riconosciuto che aveva agito sotto Imperius, eppure il ricordo di quanto era accaduto non lo aveva lasciato in un bello stato. Gli sarebbe servito del tempo per riprendersi, valutò Olivander, che si limitò a pagare i biglietti per sé e per gli apprendisti e andò a sedersi vicino ai ragazzi. La lezione stava per cominciare, e il mago prese un bel respiro, dopo essersi assicurato che non ci fossero orecchie indiscrete.
«Prima di tutto, devo dire che sono stupito e un poco deluso che nessuno di voi, sentendo parlare di allevamento di Unicorni, non mi abbia fatto domande».
«Avremmo dovuto mettere in dubbio le sue parole, signore?», domandò Richard tra gli sbadigli. Aveva buttato l’occhio su un letto vuoto che scivolava accanto alle loro sedie e si sarebbe volentieri lasciato andare su quel giaciglio, per riposare ancora un poco. Era così assonnato da non accorgersi che Jurga continuava a fissarlo con un’espressione meditabonda.
«No», rispose con pazienza Olivander, «ma mi sarebbe piaciuto se foste stati un po’ più curiosi. Ad ogni modo, in realtà gli Unicorni non possono essere allevati. C’è chi ci ha provato, ma non sono animali da mettere in un recinto o in una scuderia. Tutto ciò che l’uomo può fare, è delimitare l’area in cui un branco noto vive e tenerla sotto controllo, proteggendolo e tenendo alla larga i bracconieri».
«Allora come si fa a ottenere i crini che ci servono?», domandò Marietta, che grazie allo scherzetto della sua compagna di stanza era più sveglia che mai. «Dobbiamo andare a cercarli noi nella foresta?»
Olivander cominciò a spiegare la struttura amministrativa della riserva e come avrebbero operato quel giorno: «Non da soli, ma insieme allo staff che protegge il branco, specie per me e Richard, che non andremo proprio a genio degli Unicorni. Le streghe che incontreremo sono state ben addestrate a seguire le tracce e a trovare l’esemplare più adatto. Questi animali sono risorse preziose: forniscono il crine, il sangue e la polvere di corno, ingredienti molto importanti per molti composti magici e non solo».
Tutti gli elementi magici derivati da un Unicorno erano beni non commerciabili di classe A, secondo il Ministero, ricordò inoltre il mago: ciò non significava che l’attività che stavano per compiere fosse illegale, tutt’altro. Poiché gli animali non erano di proprietà delle persone che si occupavano di monitorarli e proteggerli, non avrebbero pagato alcuna cifra per il crine che avrebbero raccolto, limitandosi a fare una donazione generosa per il mantenimento di quella struttura che si preoccupava che quelle creature così rare e affascinanti non si estinguessero. In fondo, Cyril e le sue streghe non facevano altro che guidare le persone autorizzate nel bosco e assicurarsi che non capitassero incidenti… Era una soluzione approvata dal Ministero, che si preoccupava sempre di regolare i traffici di questo genere e allo stesso tempo preservare quelle creature.
«È una delle regolamentazioni per evitare l’estinzione delle specie più rare, non è vero?», domandò Marietta prima di essere spinta dall’altra parte dell’autobus.
Era la lezione più mobile a cui gli apprendisti avevano partecipato fino ad allora: il Nottetempo sobbalzava e curvava bruscamente, facendo avvicinare e allontanare i quattro maghi con i suoi movimenti, così che anche terminare una frase diventava un’impresa. Le sedie non erano ancorate al pavimento come i sedili dei pullman babbani, si ripeté Richard cercando un appiglio per rimanere vicino al maestro, e bisognava davvero stare attenti per non finire addosso agli altri pochi viaggiatori, che per lo più dormivano e russavano in fondo.
«Esattamente: anche per i Draghi esistono programmi di protezione analoghi. Per le Fenici è diverso: oltre a essere rimaste in numero esiguo, questi animali nidificano sulle cime delle montagne più alte del mondo, luoghi difficilmente accessibili anche per un mago, per cui bisogna gestire i rapporti con i pochi che ne possiedono una, altrimenti… Beh, voi siete giovani e forti, fare una gita in Egitto o in Cina per cercarne una non sarà poi così male», ridacchiò Olivander osservando le facce un po’ offese dei suoi apprendisti. «L’Unicorno ha rischiato più volte l’estinzione per la caccia indiscriminata. Nel XVII secolo si mise in giro la voce che non solo bere il loro sangue, ma anche uccidere un Unicorno o tentare di farlo portasse alla dannazione della propria anima».
«E funzionò?», chiese incuriosito Richard, che con le sue radici babbane era da sempre appassionato alla storia della magia.
«Certamente», disse Olivander in un sorriso furbetto. «Ah, la paura… Sfruttare la superstizione è sempre un ottimo stratagemma».
Il Nottetempo fece una brusca frenata e tutti e quattro furono sbalzati in avanti con le loro sedie, evitando per un pelo di finire contro il vano dell’autista. Jurga, che non aveva mai provato un mezzo del genere e non era preparata a quel viaggio, cominciò a imprecare in bulgaro, sconvolta. Anche per questo motivo Olivander riprese subito a spiegare dopo essersi rimesso il cappello: a volte trovava che la differenza linguistica tra i suoi apprendisti fosse un vantaggio, perché la figlia di Gregorovitch dava l’idea di essere sboccata quanto il suo defunto padre.
«Queste aree protette riforniscono esclusivamente i negozi più rinomati e i grandi artigiani, è un onore per cui essere nei loro elenchi. Si tratta di un privilegio da conservare con attenzione, e anche per questo non mi abbasserei mai a incorporare una vibrissa di Kneazle in una delle mie bacchette, anche se non è l’unica ragione».
Ecco un punto che avrebbe sempre visto avversari lui e la collega francese, Madame de Guise, che invece non si faceva il minimo problema ad accontentare richieste così ridicole pur di soddisfare i suoi clienti. Capelli di Veela, puah!
«Un’anima debole renderà a un livello medio, se non peggiore», disse Marietta ricordando un passaggio di un libro che stava studiando un capitolo in cui si discuteva la potenza di vari elementi magici. Aveva passato ore sulla tabella che catalogava moltissimi ingredienti per potere e disponibilità: per ora le anime erano l’argomento che più l’affascinava.
Olivander annuì, con un’aria un po’ seccata. «A dire la verità, se una persona arriva in negozio con una richiesta del genere è già un mago mediocre, e non sarà colpa della bacchetta, ma hai ragione. Inoltre, sono dell’idea che le persone, me per primo, non si conoscano affatto».
«Che cosa intende, signor Olivander?»
Sorridendo, il maestro si voltò verso l’apprendista, quasi come se volesse parlare solo con lei. La sua intelligenza e le domande che poneva erano un vero stimolo, era davvero portata per l’arte che stava imparando. «Finiamo sempre a fare esempi sulla tua bacchetta, ragazza mia: quando comprasti la tua bacchetta, mi dicesti che eri sorpresa che fosse un modello più portato per gli incantesimi, perché il tuo più grande sogno era studiare Trasfigurazione».
Marietta sgranò gli occhi: «Come fa a ricordarselo? Sono passati anni!»
Il mago sorrise con divertimento, prima di aggrapparsi a una delle poche aste dell’autobus per non vagare per tutto il mezzo. «Io mi ricordo di tutti i miei clienti. Scommetto che nel corso dei tuoi studi hai scoperto che sì, la Trasfigurazione è un’arte magica di tutto rispetto, ma in realtà preferisci Incantesimi».
Era assolutamente vero. La bacchetta aveva intuito prima di lei cosa sarebbe successo o, meglio, aveva scoperto un lato del suo carattere che non le era stato chiaro fino al suo terzo anno a Hogwarts. «Torniamo al discorso della bacchetta viva, allora».
«Hai capito. Io non lo sapevo, ma la bacchetta sì. Quando lei ti ha scelto e mi hai rivelato la tua delusione, ho supposto quello che sarebbe successo, tutto qui».
«C’è mai stato qualcuno che abbia rifiutato la bacchetta giusta?» s’intromise curiosa Jurga.
Olivander scusse la testa con l’aria di chi stava riassaporando un ricordo prezioso. «Avete provato tutti il senso di perfezione nello scovare la giusta bacchetta, no? Secondo voi qualcuno rinuncerebbe a una sensazione come questa?»
Prima che uno degli apprendisti potesse rispondere, l’autobus si fermò bruscamente e Stan chiamò con voce spenta la loro destinazione. Il maestro si alzò e fece cenno ai ragazzi di seguirlo, scendendo al limitare di una fitta boscaglia. «Bene, raggiungiamo il punto di controllo».
A una cinquantina di metri dalla strada, si trovava un capanno malridotto, che aveva tutto l’aspetto di essere abbandonato da decenni. Sebbene i ragazzi fossero ormai abituati agli incantesimi di Disillusione e alle pratiche di camuffamento anti Babbani – bastava pensare che, ai loro occhi, Hogwarts appariva come un cumulo di rovine – nessuno dei tre sembrava molto convinto. Camminarono nell’erba bagnata della brughiera in silenzio, chiedendosi cosa mai dovessero aspettarsi. Qua e là si notavano vecchi recinti dalle tavole gonfie d’umidità e costellate dalle macchie colorate dei licheni, tutto sembrava in un profondo stato di abbandono. Se il loro maestro non li avesse portati lì di persona, difficilmente avrebbero creduto che in quel luogo vi fosse qualsiasi sorta di attività umana, magica o no.
«Come vi avevo promesso, eccoci all’area gestita dal mio amico Cyril», annunciò Olivander prima di bussare alla porta del casolare. Quando l’uscio si aprì, comparve un uomo molto magro, di statura normale e al sorriso molto gioviale. Non appena vide il maestro, lo salutò una calorosa stretta di mano.
«Cyril, grazie per averci ricevuto», continuò il fabbricante di bacchette, felice di incontrare di nuovo il mago. Era passato parecchio dalla sua ultima visita per rifornirsi di crine.
«E di che, Olivander? Sei il mio cliente preferito! Inoltre, è anche un mio interesse che i tuoi allievi siano ben preparati in materia», disse prima di osservare con attenzione i tre apprendisti. «Benvenuti, ragazzi: state per diventare partecipi di uno dei tanti segreti ben custoditi nel mondo magico. Ma prima entrate, avanti».
Com’era da prevedere, l’interno del capanno differiva molto dal suo esterno: le pareti erano tinteggiate di fresco, l’ambiente enorme e luminoso. Diverse scrivanie erano disposte nella sala e sul muro brillava una grande mappa magica che doveva raffigurare la zona e la boscaglia poco distante. Diversi punti luminosi si muovevano e i ragazzi immaginarono che fossero gli esemplari del branco di cui quel mago era responsabile.
Guardando bene lo staff, Richard notò che Cyril era l’unico uomo della squadra.
«Dunque, la mia riserva è una delle tre autorizzate in Gran Bretagna e la principale rifornitrice di elementi magici derivati dagli Unicorni», cominciò a spiegare il responsabile, continuando la spiegazione di poco prima di Olivander. «Gli altri due centri sono il Santuario Scamandro, che il celebre biologo Newt ha ricavato dall’allevamento di Ippogrifi della sua defunta madre, e la colonia che si nasconde nella Foresta Proibita a Hogwarts, naturalmente».
Richard e Marietta si guardarono un po’ sorpresi, riconoscendo nel volto dell’altro la stessa meraviglia: e chi lo sapeva? A scuola avevano sempre ricordato quanto fosse proibito avventurarsi nella foresta, tutt’al più erano a conoscenza dei Centauri, ma solo perché Silente ne aveva invitato uno a insegnare Divinazione per far infuriare la Umbridge!
Cyril continuò: «Chiunque di voi continuerà l’opera del suo maestro, mi auguro che si assicuri di mantenere sempre dei rapporti onesti e legali con me e con gli altri fornitori di componenti magici così rari e pregiati. Abbiamo infatti la regola di interrompere qualunque accordo con chiunque favorisca il contrabbando di questi elementi, sappiatelo, e sarebbe davvero un’infamia macchiare in questo modo il nome di una tradizione secolare come quella della famiglia Olivander».
Sentendosi chiamato in causa, il fabbricante di bacchette intervenne: «Via, Cyril, non spaventarli: sono tutti ragazzi onesti. Piuttosto, spiega loro come funzionano le cose qui».
«Certamente», annuì il mago prima di spostarsi verso un’altra scrivania. «Bene, sappiate che ottenere qualcosa dalle nostre creature non è affatto semplice: molti che si mettono in contatto con noi credono che basti indicare le quantità delle sostanze di cui necessitano e mettersi alla finestra ad attendere che uno o più gufi effettuino la consegna, ma si sbagliano. Se qualcuno vuole qualcosa da noi, deve venire a prenderselo».
Cyril indicò la grande mappa che riluceva sulla parete: «Come avrete immaginato, qui teniamo d’occhio tutti i nostri esemplari: ogni Unicorno è indicato da un punto luminoso diverso e i colori cambiano a seconda che si tratti di maschi, femmine o cuccioli» e così dicendo, indicò due punti particolari, uno rosso e uno dorato, prima di continuare a spiegare. «Vedete? Questi sono una femmina col suo piccolo. Ha partorito da poco, per questo girano insieme, e in questo caso è meglio tenersi alla larga: quando i giovani Unicorni sono ancora dipendenti dalla madre, questa può diventare aggressiva e pericolosa per gli estranei».
In un angolo della mappa, invece, due punti brillanti d’oro scorrazzavano in cerchio: quelli dovevano essere due esemplari non ancora allo stadio adulto, ma già abbastanza grandi per avventurarsi da soli nella foresta. Guardando Richard, il responsabile della ricerca fece presente che, come probabilmente sapeva già, per lui quella notizia era particolarmente interessante, perché avvicinarsi a un Unicorno giovane e dal manto ancora dorato sarebbe stato meno pericoloso.
L’apprendista sorrise e assicurò che non si sarebbe tirato indietro neanche di fronte a un maschio adulto, se fosse stato necessario, e Cyril ridacchiò soddisfatto.
«Ora, molti s’immaginano di dover cacciare un Unicorno per ottenere da lui ciò di cui ha bisogno. Niente di più falso e ridicolo: se non vi vogliono incontrare, state pur certi che neanche con un Incantesimo di Appello vi sarà possibile rintracciarli. Sono animali molto intelligenti, però, e sanno che ormai vivono in simbiosi con noi: noi impediamo che vengano cacciati brutalmente per le proprietà magiche che possiedono e loro in cambio si lasciano tagliare qualche crine, smerigliare il corno per la polvere, e con gli esemplari più mansueti riusciamo perfino a fare dei prelievi di sangue senza che questo comporti delle maledizioni per chi opera».
Cyril spiegò ancora alcune piccole faccende minori, poi chiamò una strega tra le sue varie collaboratrici, che raggiunse il gruppetto sorridendo. I suoi denti bianchi sembravano addirittura splendere, incorniciati dalla sua pelle scura e dai capelli corvini. Sulla fronte portava un piccolo segno scuro.
«Calinda», disse il mago, «ti spiacerebbe fare tu da guida ai nostri ospiti?»
La donna annuì, mostrando poi la strada al gruppetto per cominciare la loro escursione. «Ci sono poche regole», esordì quando furono soli, «quando siamo in movimento, state sempre dietro di me: non ci sono soltanto Unicorni in quest’area e bisogna fare attenzione. Quando incontreremo il giusto esemplare, pregherei il signor Olivander e il suo apprendista maschio di rimanere un attimo in disparte, perché questo prima si metta a suo agio con le due ragazze e non reagisca in maniera sbagliata. Sono animali molto mansueti, ma è meglio non innervosirli. Infine, se vi dico di allontanarvi, fatelo, non importa quanto l’Unicorno sia carino e adorabile Tutto chiaro, fin qui?»
«Certo, signorina, ma oltre a essere l’apprendista maschio di Olivander io mi chiamo Richard», commentò il ragazzo prima di sbadigliare per l’ennesima volta. Decisamente avrebbe dovuto chiedere se ci fosse qualcosa simile a una macchinetta del caffè prima di uscire dalla casetta… Peggio per lui.
Calinda annuì in maniera gentile e mostrò loro il sentiero prima di incamminarsi davanti a tutti. Seguivano Marietta e Jurga, che non smetteva di fissare la sua compagna, quindi Richard e per ultimo il signor Olivander, che conosceva bene quella zona boscosa per le sue numerose visite. La giornata si faceva interessante.



Angoletto dell'autrice: Salve a tutti, eccomi di nuovo qui. Gosh, mi spiace aver messo da parte questa storia così a lungo, ma prima ci sono stati gli esami, poi il lavoro in casa editrice E gli esami, poi la tesi... E poi mi sono trovata con millemila storie da aggiornare. Sì, picchiate me e la mia incapacità di organizzarmi, ne avete il diritto! ._______.
Anyway, alla fine questo capitolo si è scritto abbastanza da solo, una volta che ho fatto mente locale, temo si sdoppierà (che novità), ma spero di aggiornare quanto prima per continuare la lezione sugli Unicorni. Fatemi sapere che ne pensate! :)

Rowi
   
 
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