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Autore: Elena 23    17/01/2012    1 recensioni
Chi sarà stato ad uccidere questa famiglia tanto odiata dalla protagonista?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio rapporto con Tabatha non era un gran che. Io la odiavo, lei mi adorava. I suoi genitori condividevano ogni minimo momento della loro vita con i miei mentre il mio babbo e la mia mamma li vedevano solo come amici. E la sorella di Tabatha vedeva mio fratello come il suo migliore amico, il quale ricambiava. È un intreccio contorto di sentimenti e l’unico ad essere un intruso era il mio verso Tabatha e la sua famiglia. Quanto li detestavo. Erano perfettini in tutto e ogni cosa che facevi era scorretta. Giudicavano, mi dicevano cosa dovevo fare e mi trattavano come se fossi una loro figlia: in modo pessimo. La sorella di Tabatha era quella migliore di tutti ma anche lei aveva i suoi difetti... ma la cosa importante era che appena vedeva mio fratello si fiondava da lui che la portava in camera in cui stavano tutto il tempo davanti a quella scatola elettronica chiamata “computer”... per non parlare di Tabatha che per essere “ganza” copiava me in quanto sono più grande di un paio di anni. Era estremamente fastidiosa. In più era appiccicosa: mi seguiva dappertutto e continuava a parlare di argomenti perlopiù stupidi. Io sorridevo e annuivo senza ascoltare e se ero in casa mi mettevo davanti alla TV senza calcolarla di striscio; se eravamo a cena fuori ero fritta. Non ne potevo più. Ma arrivò un giorno in cui ci fu un omicidio. L’omicidio della famiglia di Tabatha. Ebbi una sensazione strana. Io odiavo quella bambina ma capii che in fondo mi dispiaceva. Era piccola e, anche se rompiscatole, mi voleva bene. E sapere che qualcuno mi adorava era bello. Rimasi di stucco quando lo venni a sapere. Mi fiondai velocemente dalla polizia, poco distante da casa mia. Avevano già iniziato ad indagare e vollero interrogare anche me. << Non capisco perché volete fare domande a me, che sono una ragazzina !!>> << Sei tenuta a rispondere alle seguenti domande: cosa provava verso Tabatha Trenford? >> << Se devo essere sincera la odiavo... Ma secondo voi io, ragazza di dodici, quasi tredici, anni, tolgo la vita ad un’intera famiglia soltanto per interesse?!?>> << È quello che fanno tutti sign... ragazzina.>> << Ah...>> dissi al poliziotto che ormai mi guardava con aria sospetta. Ma se non sono stata io, chi è stato? Non sapevo cosa pensare... ma poi mi venne un idea... << Scusi ma adesso la devo pregare di farmi uscire che ho una gran fame e di sicuro la mia famiglia mi starà aspettando...>> << Tu non vai da nessuna parte: sei accusata di aver compiuto l’omicidio della famiglia Trenford; ti dichiaro in arresto. Sarai spedita nel carcere minorile della città domani, per oggi ti mandiamo nella galera di questa stazione di polizia.>> << Cosa?!? Non ci posso credere ! Voi non sapete cosa state dicendo!>> <> << Però che pizza! Ad ogni arresto dite sempre le stesse cose! Un po’ di originalità non c’è da queste parti! Vi ci vorrebbe un corso di prima elementare a voi! Non sapete indagare! Mi avete rivolto solo una domanda!>>. Nel mentre che dicevo questo mi ritrovai dietro una cella che chiusero a chiave... dovevo trovare un modo per scappare e trovare delle prove. Si fece notte e non mi accorsi che condividevo la cella con un altro ragazzino. <<...Ciao...>> dissi con voce titubante. << Sei un assassino? No perché se lo sei cerco di evitarti e tutto sarà a posto, che ne dici...?>> << No tranquilla, i poliziotti credono questo ma non è la verità. Tu perché sei qui? Sembri una ragazza per bene...>> << Vero? Io lo dicevo ai poliziotti ma loro non mi credono. Mi hanno spedita qui perché credono che io c’entri qualcosa con l’omicidio della famiglia Trenford... Ma è una teoria sbagliata! Anche se li odiavo, come posso io averli uccisi? Hanno il cervello bacato?>> lui rise sotto i baffi. << Come ti chiami?>> dissi io. << John, e tu?>> << Siccome non c’è niente da fare ora si farà un gioco: devi indovinare il mio nome.>> lui si guardò intorno e pensandoci su per qualche minuto disse: << Elena !!>>. io sgranai gli occhi: << Ma è sbalorditivo! Come hai fatto?>> << Lo vedo dagli occhi...>> << Davvero??>> << No. Hai una targhetta con il tuo nome sulla maglietta...>> disse John con un sorriso furbetto. Io ricambiai. Poi dissi in tono serio: << Tu sai mica come evadere di qui?>>. Ci pensò per qualche secondo facendo dei gesti con le mani. Poi mi rispose: << Sì, ma non sarà facile.>>. Detto questo prese un accendino da sotto un mattone; poi prese uno sgabello su cui montò in piedi. Appena trovò equilibrio, alzò il braccio e accese l’accendino sotto l’allarme antincendio che scattò, come previsto. I poliziotti scattarono in piedi e, barcollando per il sonno, si diressero verso la nostra cella. Io ringraziai John che scese dallo sgabello e mi augurò buona fortuna per il futuro. << Vieni con me...>> gli dissi. << No, non voglio. Se torno a casa non avrò nessuno che mi accoglierà. Sono solo. Tanto vale rimanere qui dove ti danno da mangiare gratis senza che tu non faccia nulla tutto il giorno. Ciao Elena.>> In quell’istante entrarono i poliziotti nella cella che si guardarono intorno stupiti ed assonnati. Io ne approfittai per scappare e salutai con la mano John mentre correvo verso l’uscita. Fu troppo facile: ma dov’è la sicurezza in questo distretto?! Saranno state le cinque del mattino quando io uscii da quel lugubre posto; c’era già il sole che mi faceva luce per arrivare alla casa dei Trenford. Avendo le chiavi datemi da Tabatha ebbi la possibilità di entrare. “La zona deve essere già stata perquisita dai poliziotti, perciò non dovrei sprecare le mie fatiche nel cercare oggetti significativi per il caso. Questa è la prima volta che dovrò utilizzare le mie grandi qualità di trovare sporco dappertutto! Forza, al lavoro!”. Mi misi a cercare ovunque tracce di sangue o quant’altro ma non trovai assolutamente niente che potesse aiutarmi a risolvere questo dannato caso. Andai in bagno e mi lavai le mani. Chiusi il lavandino e notai che da questo fuoriuscì una nube rossa. Mi spaventai ma presi dei guanti e mi misi a togliere il filtro del lavandino con una pinza che trovai nella cassetta degli attrezzi riposta nell’armadio. Tolto il filtro, vidi cadere nel lavandino un manganello coperto di sangue... “Ora ho capito tutto...” rimisi tutto apposto assicurandomi di non tralasciare nulla. Poi richiusi la porta a chiave dal fuori e mi diressi di nuovo al distretto. <> mi disse il poliziotto che mi aveva interrogato. <> dissi io fingendo di essere impaurita. << Mh. Va bene. Ma se quello che hai da farci vedere non servirà a nulla ti spediremo direttamente nel carcere minorile...>> poi si rivolse agli altri poliziotti che si occupavano del caso:<< Ehi, la ragazzina scappata è tornata e vuole farci vedere qualcosa...>>. Prendemmo la macchina e insieme ci dirigemmo verso il luogo del delitto (di nuovo). Aprii loro la porta con la chiave. << Come l’hai avuta?>> Mi Chiesero i poliziotti. << Me l’aveva data Tabatha.>>. Entrammo e dissi loro: << Potreste togliere il filtro del lavandino in bagno armati di guanti e pinza?>>. Loro obbedirono e quando cadde il manganello coperto di sangue nel lavandino si meravigliarono. Lo presero in mano e lessero l’incisione nel legno che citava il nome Michael Gurrer. Era il nome dello sbirro che mi aveva interrogato. Ormai il poliziotto era nei guai. Lo rinchiusero in galera condannato all’ergastolo. Inoltre fecero uscire dal carcere John perché era stato accusato da Michael per coprire la propria colpa sul delitto dell’uomo dai baffi rossi. Un altro mistero era stato risolto e tutto era finito per il meglio anche se con cinque morti. Negli ultimi tempi ho viaggiato per varie città in cui appena arrivo io muore qualcuno. Sarà che sono diventata come Miss Murple??
  
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