C’era
una
volta.
Le storie che
narrano di principi e principesse, danzando attorno ai loro amori,
cominciano
così e solitamente terminano con E
vissero felici e contenti. E questi personaggi portano nomi
come
Lancillotto e Ginevra, Siegfried e Odette, Orlando e Angelica, e
così via, una masnada
di nomi altisonanti che riportano subito alla mente castelli di pietra
e città
maestose.
Ma il protagonista di questa storia
non è affatto un
principe, né un cavaliere: è un piccolo drago,
padrone di ogni tipo di fuoco e
fiamme, che viveva in una fitta foresta con la sola compagnia degli
animali che
la popolavano.
Il suo era un nome semplice, che
ricordasse l’estate,
la stagione che amava di più: Natsu, il nome che gli aveva
dato suo padre
Igneel, prima di scomparire misteriosamente in una calda giornata di
Luglio,
abbandonando a se stesso il povero bambino che non aveva mai avuto
madre e non
conosceva altri affetti.
Natsu attese e attese, attese un
intero anno che il
genitore facesse ritorno alla casetta col tetto di paglia che
condividevano,
loro due soli; ma l’attesa fu vana, non lo rivide varcare la
soglia della
dimora annunciandogli di essere tornato.
“Lo cercherò
io allora!”, si disse un giorno, stanco
di attendere che suo padre tornasse. “Dev’essere da
qualche parte, in questo
mondo, e io lo troverò!”.
Natsu prese con sé lo
stretto indispensabile, fece
appello a tutta la sua determinazione e si mise in cammino
allontanandosi verso
ovest, la direzione in cui aveva visto sparire Igneel.
Camminò e camminò,
finchè giunse al fiume che scorreva intorno alla foresta che
era la sua casa.
Non si era mai allontanato così tanto ed ebbe paura ma vide
qualcuno sugli
argini del corso d’acqua e la curiosità fu
più forte.
I suoi passi esitanti lo condussero
fino a fermarsi a
pochi passi dalla creatura che sguazzava con i piedi
nell’acqua; questa si
voltò a guardarlo e gli sorrise gentile.
“Chi sei?”,
chiese senza smettere di guardarlo.
“N-Natsu”,
rispose esitante il piccolo drago. “E tu
come ti chiami? Sei un drago anche tu?”.
La bambina sorrise gentilmente,
scuotendo la testa in
segno di diniego. “Io sono Lucy. Sono un cigno”,
disse tendendogli la mano.
Vedendolo esitare, la ritrasse rivolgendogli un’occhiata
delusa. “Cosa c’è?
Forse non ti piacciono i cigni?”.
Natsu si affrettò ad
avvicinarsi e le prese la mano.
Era la prima volta che incontrava quella bambina che diceva di essere
un cigno
ma non voleva vederla triste comunque. “Non avevo mai visto i
cigni… ma se sono
tutti come te, sono bellissimi!”, esclamò
convinto, facendo ridere Lucy.
“Anche tu mi piaci Natsu!
E mi piacciono i draghi!”,
disse il piccolo cigno ricambiando la stretta.
I due bambini trascorsero assieme
tutto il giorno,
giocando e parlando a volte; Natsu raccontò a Lucy della sua
ricerca di Igneel
e lei si intristì per la sua storia. Quando il sole scese
sull’orizzonte, la
piccola tornò in acqua, essendo giunta per lei
l’ora di tornare alla sua casa.
“Domani
tornerai?”, le chiese Natsu, entusiasta per
quella nuova amicizia.
“Non lo so,
Natsu… di solito non mi allontano mai
tanto da casa, di sicuro i miei genitori si arrabbieranno”.
Natsu mise il broncio, incrociando
le braccia al
petto. “Io voglio rivederti, però!”.
“Se non dovessi tornare
qui… perché non vieni tu?”.
“Dove?”.
“Non mi è
concesso rivelarti dove vivo ma puoi
cercarmi: gar tuht river, ger te rheged”,
disse Lucy e prima che Natsu avesse il tempo di chiederle cosa
significassero
quelle strane parole, era scomparsa tra i flutti.
***
A crow flew to me
Kept its distance
Such a proud creation
I saw its soul, envied its pride
But needed nothing it had
(Un
corvo volò da me
Mantenne
le distanze
Una
così superba
creatura
Vidi la
sua anima,
invidiai il suo orgoglio
Ma non
avevo bisogno
di nulla che lei avesse)
Quasi avesse predetto
ciò che sarebbe accaduto, Lucy
non tornò al fiume il giorno dopo, e neanche quello
successivo: Natsu pensò che
i suoi genitori dovevano essere davvero molto arrabbiati se non le
consentivano
più di tornare a giocare con lui. Il piccolo drago si
sentì solo come non mai:
era partito alla ricerca di Igneel e non appena aveva trovato qualcun
altro a
cui voler bene, anche questi gli veniva strappato.
Lucy, però, gli aveva
detto di cercarla, e perciò
decise di smetterla di compiangersi e iniziare la sua ricerca; non
aveva
dimenticato suo padre Igneel ma lei aveva lasciato una traccia, doveva
soltanto
cercare qualcuno che gli dicesse cosa significassero quelle strane
parole che
ricordava perfettamente.
‘Se vado sempre in una
direzione prima o poi troverò
qualcuno che mi possa rispondere!’, si disse mentre guadava
il fiume, e una
volta raggiunta l’altra sponda si incamminò dritto
davanti a sé, dove si
intravedevano le montagne.
Trascorsi pochi giorni di cammino,
fu interrotto da
qualcosa che gli si scaraventò addosso, in un turbinio di
piume nere come pece.
“Chi va
là?!”, intimò una voce femminile. Dal
tono
doveva appartenere a una persona particolarmente dura e inflessibile.
“Più
avanti su questa strada si trova il mio villaggio. Non posso
consentirti di
passare a meno che non mi dimostri che non hai cattive
intenzioni”.
Ripresosi dallo spavento iniziale,
Natsu riconquistò
tutta la sua spavalderia. “Credi di spaventarmi?! Io sono un
drago, non mi
fanno paura le cornacchie!”.
Così dicendo
attaccò la ragazza, che doveva avere
pochi anni in più di lui ma molta più esperienza
in fatto di combattimenti.
Evitò facilmente il suo assalto e lo colpì a sua
volta, facendolo finire a
terra e questa stessa scena si ripetè innumerevoli volte
finchè Natsu, esausto,
rimase seduto, ansimante, a fissarla con astio. Era un corvo, senza
dubbio una
creatura superba, i cui capelli scarlatti avrebbero potuto rivaleggiare
per
colore con le fiamme di Igneel; il piccolo drago ebbe
l’impressione di poter
leggere la sua anima attraverso il suo modo di combattere e
l’orgoglio di
proteggere i propri cari che la contraddistingueva. Invidiò
quell’orgoglio e
desiderò impararlo perché un giorno anche lui
avrebbe avuto di nuovo accanto le
persone che desiderava tenere al sicuro ma non era qualcosa che lei
potesse
dargli.
“Come ti
chiami?”, le chiese infine.
“Erza. Tu
invece?”.
“Io sono Natsu, il figlio
di Igneel!”, esclamò Natsu,
pieno di quella fierezza che aveva appena appreso da lei. “E
ti ringrazio
Erza”.
“E di cosa? Non ho ancora
fatto nulla per te, se non
risparmiarti la vita. Ma sono una guerriera, se mi seguissi potrei
insegnarti
molte cose”.
Natsu scosse la testa, rialzandosi
ancora dolorante.
“Quello che potevo imparare da te, l’ho
già preso. Non mi servono le tue doti
di combattente”.
Erza alzò le spalle con
noncuranza, impassibile alla
decisione di Natsu. “Peggio per te, drago”, la
sentì dire Natsu mentre si
allontanava, riprendendo la sua ricerca.
Ancora ignorava quanto tempo
avrebbe impiegato per
ritrovare Lucy e Igneel, tuttavia di una cosa era certo: quando fosse
accaduto
non avrebbe più permesso a niente e nessuno di levare un
dito su di loro, fiero
di proteggerli.
***
An owl came to me
Old and wise
Pierced right through my youth
I learned its ways, envied its sense
But needed nothing it had
(Una
civetta venne da
me
Vecchia
e saggia
Trafisse
completamente
la mia giovinezza
Imparai
le sue vie,
invidiai il suo buonsenso
Ma non
avevo bisogno
di nulla che lui avesse)
Il viaggio di Natsu
proseguì per altri mesi, per un
anno, senza che nessuno sapesse rivelargli il significato celato dietro
alle
parole di Lucy.
Gli incontri insoliti,
però, si sa, non sono mai
davvero casi isolati, e dopo il fiero corvo, Natsu trovò sul
suo cammino una
civetta, vecchia, vecchissima, almeno quanto la foresta quasi
pietrificata in
cui viveva. Il piccolo drago non osava parlare in sua presenza,
intimorito
dalla saggezza che la persona davanti a lui emanava come fosse un
prolungamento
del suo corpo; questi sembrava fosse dormiente ma d’un tratto
levò il capo
fissando dritto negli occhi Natsu, il quale rabbrividì fin
nel profondo per
quello sguardo così acuto che sembrava volesse trafiggerlo.
“Sei giovane”,
disse la civetta. E tacque.
Natsu attese inutilmente che
parlasse di nuovo, eppure
non si allontanava da lui: in quello sguardo aveva letto conoscenza ed
era
certo che nella sua lunga vita la civetta avesse appreso innumerevoli
cose e
nozioni, che avrebbero potuto aiutarlo nella sua ricerca di Igneel e
della sua
amica Lucy.
Trascorsero altri giorni in quel
luogo talmente
silenzioso da sembrare morto, senza che la vecchia civetta
interrompesse il suo
apparente stato di sonno né il suo mutismo. Natsu fu
costretto ad allontanarsi
per trovare da mangiare e dell’acqua ma tornava sempre ai
piedi dell’albero su
cui lui sedeva, avido di ogni parola che avrebbe potuto pronunciare.
I minuti si susseguivano sempre
uguali, e con essi le
ore, i giorni, le settimane… gli anni. La civetta non
parlava e il drago non si
allontanava, sebbene fosse ormai un giovane uomo e del bambino
impaziente che
era non fosse rimasto quasi nulla. Andando a prendere
l’acqua, Natsu si
specchiò nel lago e si complimentò con se stesso
per il buonsenso di aver
atteso: la civetta si stava svegliando dal suo torpore e presto avrebbe
potuto
porgergli le domande che serbava nel cuore da tanto, troppo tempo.
“Come ti chiami,
drago?”, lo sorprese la voce
dell’uomo alle sue spalle.
“Natsu”.
“Io sono Makarov, Natsu.
Hai avuto la pazienza di
aspettare; adesso sei abbastanza adulto da apprendere da me le cose del
mondo”.
“Non è quello
che aspettavo”.
Natsu capì che Makarov
dormiva da troppo tempo perché
potesse sapere di Igneel; se almeno avesse saputo rivelargli il
significato
delle parole di Lucy, tutto quel tempo non sarebbe stato sprecato. Quel
pensiero fu una rivelazione: quello che poteva apprendere dalla civetta
lo
aveva già imparato, il buonsenso di cogliere le occasioni,
di comportarsi
secondo ciò che la situazione richiedeva. Non gli serviva
conoscere le cose del
mondo, come le chiamava Makarov, per trovare Lucy o Igneel. Li avrebbe
trovati
comunque, a modo suo.
“Devo andare”,
disse soltanto a Makarov che lo fissava
attonito.
Tornò a sedersi sul suo
ramo preferito, come se il
sonno appena interrotto non fosse stato sufficiente. "Il fiume,
ragazzo”,
disse prima di riaddormentarsi.
Natsu scosse la testa, certo che la
civetta non
sapesse cosa volesse da lui e si allontanò riprendendo la
sua cerca in giro per
il mondo.
***
A dove came to me
Had no fear
It rested on my arm
I touched its calm, envied its love
But needed nothing it had
(Una
colomba venne da
me
Non
ebbe paura
Riposò
sul mio braccio
Toccai
la sua calma,
invidiai il suo amore
Ma non
avevo bisogno
di nulla che lei avesse)
Natsu si stupì non poco
quando si rese conto che dopo
tutto quel peregrinare era tornato proprio alla sua foresta, quella
nella quale
era cresciuto assieme a Igneel e nella quale aveva incontrato Lucy.
Quando si fu addentrato nel fitto
degli alberi si
fermò per qualche istante, guardandosi intorno. La foresta
era cambiata negli
anni passati ma l’odore che la permeava era sempre lo stesso,
profumava sempre
di sole e di fiori di campo. Si ritrovò a chiedersi cosa ne
fosse stato della
casa di Igneel, se fosse ancora in piedi oppure distrutta dalle
intemperie; e
si disse che sì, aveva tempo di controllare prima di
rimettersi in viaggio.
La capanna era ancora dove
l’aveva lasciata, intatta e
apparentemente ben curata: sembrava che qualcuno se ne stesse prendendo
cura e
prima di pensare a cosa stesse facendo, Natsu si ritrovò a
correre sperando che
fosse Igneel quel qualcuno. All’interno non c’era
nessuno e il drago si fermò
sulla soglia, stringendo con forza l’uscio ancora semiaperto;
le sue speranze
si erano dissolte come fumo nell’aria e uscì di
nuovo sbattendolo con forza.
Un urletto attirò la sua
attenzione e vide una bambina
ritta davanti a lui, fissarlo con i grandi occhi scuri.
“C’è qualcosa che non
va, signore?”.
“No… ti ho
spaventata forse?”.
“Il rumore mi ha riscossa
dai miei pensieri… ho urlato
di sorpresa, non ho paura di te”.
“Cosa sei?”,
chiese Natsu, incuriosito da quella
piccola così calma e priva di paura. Era strano che vedendo
una persona
sconosciuta non si spaventasse, un’altra al suo posto sarebbe
fuggita subito.
“Una colomba, mi chiamo
Wendy”.
La piccola sorrise dolcemente e si
avvicinò a Natsu,
prendendogli la mano. “Vieni dentro signore, è
quasi buio ormai”.
“Questa è la
tua casa?”.
“Ci dormo ogni tanto ma
non lo è. Me ne prendo cura
fin quando tornerà il suo padrone”.
“E perché lo
fai?”.
Wendy condusse Natsu
all’interno e lo fece sedere a
tavola. Gli servì da mangiare e prese posto di fronte a lui.
“Perché non
dovrei? Era abbandonata quando l’ho trovata, sarebbe
crollata. Non c’è sempre
un motivo per fare del bene, non trovi anche tu signore?”.
“Natsu. È
questo il mio nome”.
“E’ un bel
nome!”.
Natsu sorrise alla piccola Wendy,
il primo sorriso di
cuore dopo tanto tempo. Quella bambina sconosciuta gli aveva appena
insegnato
un’altra cosa che gli sarebbe tornata utile quando finalmente
avesse ritrovato
i suoi cari: come prendersi cura di loro in maniera totalmente
disinteressata,
senza aspettarsi nulla in cambio. Non era forse questa la maniera
più bella d’amare?
Il mattino seguente, quando Natsu
le disse che sarebbe
ripartito, Wendy lo guardò con gli occhi lucidi di pianto;
aveva trovato un
amico finalmente e questi già andava via, lasciandola sola.
“Resta con me
Natsu! Ci divertiremo e io posso cucinare per te… se non hai
altro posto dove
andare puoi restare qui, sono sicura che il suo padrone non se la
prenderà!”.
Il drago sorrise
all’indirizzo della capanna. “Ne sono
sicuro anche io… ma devo andare Wendy. Ci sono delle persone
che aspettano che
io le trovi, non posso fermarmi”.
Wendy lasciò andare un
pesante sospiro prima di
trovare la forza di sorridere di nuovo a Natsu. “Vai al fiume
allora. Sulla sua
superficie galleggiano spesso cose portate da molto lontano; forse
porta con sé
anche le persone”.
***
A swan
of white she
came to me
The lake mirrored her beauty sweet
I kissed her neck, adored her grace
But needed
nothing she could give
(Un
cigno candido, lei
venne da me
Il lago
riflesse la sua
dolce bellezza
Baciai
il suo collo,
adorai la sua grazia
Ma non
avevo bisogno
di nulla che lei potesse darmi)
Man mano che avanzava fra gli
alberi, verso il fiume,
Natsu scorgeva più intenso il baluginare dei giochi di luce
sulla sua
superficie: era piena estate e il sole era così intenso da
scaldare anche
attraverso le fronde. Uscito finalmente dalla fitta foresta, dovette
coprirsi
gli occhi per non essere accecato dai riflessi sullo specchio liquido
che era
il corso d’acqua.
Quando le iridi si furono abituate
all’intensa
luminosità potè di nuovo osservare il mondo e
ciò che vide lo lasciò senza
fiato: qualcuno sedeva sull’argine del fiume, i piedi immersi
nell’acqua che
restituiva la sua stupenda immagine. Per un istante, Natsu rivide una
bellissima bambina, dolce e gentile, che gli aveva insegnato a fidarsi
degli
altri esseri viventi.
“Lucy…”,
disse con un filo di voce, eppure la diretta
interessata lo udì ugualmente, si voltò verso di
lui e ruppe l’incantesimo: non
era più una bambina ma una splendida giovane donna che ora
lo fissava a bocca
aperta per lo stupore.
“Natsu!”,
esclamò alzandosi e correndo da lui per
poterlo abbracciare. “Sei tornato, finalmente sei tornato da
me! Avevo quasi
perso le speranze sai? Non sarei più venuta qui se non fossi
arrivato oggi… perché
hai tardato tanto?”.
Natsu le prese il viso fra le mani
e zittì quel fiume
di parole coprendo le sue labbra con le proprie, stringendola fra le
braccia
con la stessa brama con la quale avrebbe accolto un’oasi nel
deserto; tutto
acquisiva un senso ora, se non fosse partito per cercarla non avrebbe
mai
imparato come starle vicino degnamente, come amarla nella maniera che
meritava,
come affrontare il mondo per proteggerla sempre e non perderla mai.
“Ti ho cercata
tanto”, disse quando la necessità d’aria
li costrinse a separarsi. “Non riuscivo a trovarti”.
“Te lo avevo detto,
ricordi? Gar tuht river,
ger te rheged… ‘vai al fiume,
giungerai in una terra incantata’. Il luogo dove
vivo”, sorrise Lucy,
sollevando una mano per accarezzargli il viso. “E dove forse
vive anche Igneel.
Ci sono molti draghi laggiù e forse posso trovare qualcuno
che ti porti da loro
perché ti diano notizie di tuo padre”.
Il ragazzo spalancò gli
occhi, fissandola come se
avesse detto chissà quale eresia: non poteva crederci,
finalmente aveva
ritrovato Lucy e adesso lei gli dava la possibilità di
ritrovare Igneel! Sorrise,
e ripresosi dallo stupore iniziale, le baciò la fronte,
dolcemente, con
delicatezza.
“Adesso non mi interessa
dove puoi portarmi o le
notizie che puoi darmi. Mi interessi tu”, le disse
guardandola come se la
vedesse per la prima volta, bellissima e aggraziata in una maniera che
poche
altre creature avrebbero potuto eguagliare, stupenda persino con quel
rossore a
dare colore al suo viso candido.
Lucy abbassò lo sguardo,
intimorita dagli occhi di
Natsu, imbarazzata come se lo vedesse per la prima volta. Il bambino
che
ricordava non aveva ancora quell’aspetto fiero, la
consapevolezza di scegliere
la cosa giusta al momento giusto, non sapeva amare in modo tanto
delicato e
perfetto; ma lei aveva sempre saputo che genere di persona sarebbe
diventata,
lo si intuiva di già dai suoi modi titubanti di bambino.
“Mi sei
mancato”.
“Anche tu. Non sentiremo
mai più questa mancanza,
niente e nessuno ci separerà adesso che ci siamo
ritrovati”, disse Natsu
abbracciando Lucy con fare possessivo.
“Niente e
nessuno”, ripetè Lucy, sorridendo radiosa.
Questa storia non parla di principi
e principesse dai
nomi altisonanti rinchiusi nei loro castelli di pietra.
Però, anch’essa termina
con E vissero felici e contenti.
Gar
tuht river
Ger te
rheged
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Buonase… ok, forse
è il caso di dire buonanotte Nalu
addicted XD
E per darvi la buonanotte, la
vostra Saralasse vi
lascia una bella (ma questo lo direte voi ;) ) favola in stile Fratelli
Grimm…
o almeno ci ho provato!
Non so bene cosa siano diventati i
nostri maghi, se
animali, umani travestiti da animali, animali antropizzati…
immaginateli come
preferite, io ho solo scritto sull’onda
dell’emozione che mi trasmette questa
bellissima canzone dei Nightwish, ovvero The Crow, the Owl and the
Dove, di cui
ho inserito le strofe nel testo. Anche la frase che dice Lucy
è presa dalla
canzone, è in cumbrico, un’antica lingua celtica
che oggi sopravvive in qualche
termine.
Che altro dirvi, vi ringrazio come
sempre se siete
arrivati a leggere i miei deliri e vi ringrazio in anticipo se vorrete
dirmi
cosa ne pensate, grazie davvero siete impagabili! Mi piacerebbe
soprattutto sapere cosa pensate degli accostamenti animali-personaggi,
li trovate azzeccati o li ho sbagliati del tutto? Tenete presente che
per scegliere ho fatto riferimento non all'animale in sè ma
alle caratteristiche che il signor Holopainen ha attribuito loro nel
testo :)
Alla prossima <3