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Autore: DarkAeris    18/01/2012    3 recensioni
Mi ritrovo a chiudermi nella mia cabina, con la coscienza sporca e il cuore palpitante, a sperare con ogni spasmo del mio corpo che non succeda nulla, che questa volta sarà diversa dalle altre.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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27 giugno 1897

Diario di bordo – Demeter


Un'altra notte sta per giungere e il panico tra i miei sottoposti dilaga, implacabile.
Nonostante i miei numerosi anni di servizio, non sono pronto a quanto sta accadendo su questa nave. Semplicemente non lo sono.
Mi ritrovo a chiudermi nella mia cabina, con la coscienza sporca e il cuore palpitante, a sperare con ogni spasmo del mio corpo che non succeda nulla, che questa volta sarà diversa dalle altre.
Dovrei essere sul ponte insieme ai miei uomini, a lottare contro la notte che ci sta inghiottendo tutti.
Invece eccomi qui, a stringere tra le mani una piuma, intento ad annotare informazioni che forse nessuno leggerà mai.
Ma la mia mente turbata necessita questo attimo di pace, questo momento di razionalità, per analizzare gli ultimi avvenimenti e convincersi di non essere impazzita.
E' iniziato tutto due notti fa, quando, come mio solito, avevo abbandonato la mia postazione vicino al timone, per abbandonarmi alle mie speculazioni filosofiche sotto le stelle. Non sono un uomo acculturato, ma profondo sì.
O almeno, queste erano le parole che mi rivolgeva sempre la mia amata. Infatti, in realtà, quei fili di pensieri tanto impegnati finivano sempre per terminare in una adorazione pura della bellezza di colei che faceva battere il mio cuore.
Finito il viaggio, la sposerò: questo era ciò che continuavo a ripetermi. Avevo frugato, come sempre, nella mia tasca destra e ne avevo estratto l'anello – dorato con al centro una piccola pietra di smeraldo - che le avevo comprato per la proposta di matrimonio.
Mi era costato la metà dei risparmi che avevo accumulato in una vita intera e ancora tremavo al ricordo di quell'enorme spesa.
Ma nessun gioiello sarebbe stato più adatto alla mia donna. Ella, infatti, aveva gli occhi del colore della pietra che avevo scelto e la sua bellezza non poteva essere sminuita da un oggetto di poco valore. Doveva essere il più prezioso e lo sarebbe stato.
Mi ripetevo, stringendo l'anello nella mano, le parole che tanto mi ero preparato a pronunciarle e contavo i giorni che mi separavano al ritorno da lei.
Quella sera, però, il mio rituale venne interrotto da un urlo agghiacciante, che quasi mi fece cadere dalla nave, per lo spavento.
Mi voltai verso la sorgente di tale rumore, mentre alcuni marinai mi lanciavano sguardi confusi, in attesa di qualche mia direttiva.
Un altro urlo mise tutti in agitazione, turbando gli animi anche del più temerario.
Mi affrettai ad entrare, seguito da due dei miei uomini, armati di rivoltella, nella cabina adibita al trasporto di merci.
L'oscurità avvolgeva tutto e non riuscimmo a vedere nulla di strano, fino a quando, accendendo una torcia, non trovammo due marinai stesi a terra, immersi in un lago di sangue, che gli sgorgava da delle ferite disumane in piena vista sui loro colli.
Controllai ogni angolo di quel luogo maledetto, alla ricerca di quello che non poteva che essere un animale, inserito, in qualche illegale modo, tra la merce da trasportare.
Ma nemmeno nelle casse trovai nulla, sebbene rimasi sorpreso dal contenuto di quest'ultime: terra. Unicamente terra.
Mi chiesi a cosa potesse servire dell'insignificante terreno, che sembrava non possedere nessuna caratteristica particolare.
Dopo aver indagato su quell'orrendo omicidio, interrogando gli uomini che più conoscevano i defunti, non potei che ammettere che non vi era nessuna spiegazione logica a quanto si era appena verificato.
Sapevo che, se avessi condiviso questa mia incertezza con la ciurma, avrei dilagato il panico, quindi mi limitai a far girare la voce che avevo delle idee circa l'accaduto, ma che prima di riferirle era mia intenzione esserne certo.
Ero tornato alla mia postazione di capitano, dirigendo la nave verso Londra, assicurandomi della rotta, tentando di liberarmi la mente da quell'orribile immagine dei corpi martoriati, ma ogni tentativo fu vano.
Riuscii ad appisolarmi solo quando la rotta era stata stabilita e per un po' non ci sarebbe stato bisogno del mio intervento, fatto che avvenne alle prime luci dell'alba.
Dormii, tormentato da incubi strazianti, per qualche ora, fino a quando il sole, ormai forte e caldo, mi destò dal mio supplizio.
Con il tepore del giorno, la paura della notte precedente sembrava essersi in parte sopita.
Gli uomini avevano ripreso i loro incarichi, sebbene fosse evidente il clima di misteriosa incertezza che aleggiava nell'aria.
Mi decisi a ricondurmi nel luogo dell'assassinio, speranzoso di venir a capo di questa tediosa situazione.
Il pontile della nave era illuminato e il cielo azzurro, privo di nuvole, mi rischiarò il cuore.
Dentro la cabina, però, anche di giorno non trovai nulla che potesse condurmi alla morte dei miei uomini.
I contenitori che avevo aperto giacevano come li avevo lasciati, mentre altri, chiusi e di proprietà privata, troneggiavano in un angolo, quasi beffandosi di me.
Ma ero certo che nessun animale avrebbe potuto liberarsi dai catenacci che racchiudevano quelle casse e quindi evitai di ordinare ai miei uomini di aprirle con la forza.
Tornai sul ponte, per farmi carezzare dal dolce calore del sole, e tornai a pensare alla mia donna. Le morti erano più importanti, è vero, ma la mia mente era volubile e l'immagine della graziosa mia amata riusciva sempre a vincere il resto.
I mozzi presero a pulire la superficie di legno della nave, passandomi accanto e scuotendomi dalle mie riflessioni. Dovevo recarmi nuovamente alla mia postazione di capitano.
Sospirando, entrai nella mia cabina, appoggiandomi al timone, per poi girarlo quel tanto che bastava a virare l'imbarcazione verso la sua rotta. Londra non era lontana. Nel giro di pochi giorni l'avremmo raggiunta e saremmo stati felici, finalmente nelle nostre abitazioni.
La sera, però, era in agguato.
La mente umana, si sa, è in grado di porre in secondo piano i pensieri che le dispiacciono. Si annidano in un angolo, impedendo la completa pazzia.
In questo modo mi ero convinto a tornare sul pontile, sotto la luna, completamente rinfrancato dalla giornata tranquilla appena vissuta.
Doveva essere stato un caso quella della notte precedente, probabilmente qualche bestia randagia che poi, per la paura, era corsa fuori e magari era caduta in mare.
Sì, doveva essere andata proprio in questo modo.
Accarezzai la superficie dello smeraldo, immaginando gli occhi della mia dolce Lily quando l'avrebbe visto.
Non desideravo altro che lei.
Un rumore alle mie spalle mi costrinse ad interrompere quella soave visione, facendomi voltare lentamente, ancora intontito dai miei sentimenti. La luce chiara non illuminava abbastanza la nave per permettermi di vedere con chiarezza ciò che mi trovai alle spalle.
Riuscii ad inviduare solo una creatura ingobbita, coperta di pelo, che mi scrutava attentamente con degli enormi e terribili occhi rossi.
Rimasi immobile, totalmente impossibilitato al movimento dal terrore che mi scorreva nelle vene, gelandomi il sangue.
Un marinaio, intento al suo lavoro notturno, andò letteralmente a sbattere contro la bestia.
Successe tutto in un attimo.
L'animale si lanciò contro l'uomo, divorandogli il collo e leccando il sangue che fuoriusciva a schizzi dalla giugulare recisa.
Accorsero, alle grida soffocate della povera vittima, altri membri della ciurma e poi... poi non riesco a ricordare altro.
So solo che mi ritrovai a poppa, con le urla nella testa, a cercare le armi dentro la stiva.
Le mani mi tremavano al punto da non riuscire ad afferrare le rivoltelle. Tornai, sebbene quasi incapace di reggermi sulle mie stesse gambe, al luogo del delitto, ma l'animale era di nuovo scomparso.
Dieci uomini giacevano morti a terra.
Non ero in grado di distogliere gli occhi dai loro corpi, martoriati e immobili, fino a quando un marinaio non si decise a coprirli con dei teli, in segno di rispetto.
Non saprei quantificare il tempo che rimasi in piedi a fissare quelle stoffe; il primo dettaglio che rimembro è il sole che mi accecava gli occhi.
Doveva essere mattina inoltrata.
Mi diressi velocemente al mio timone, per dare le solite direttive alla nave, ma lo feci in modo automatico, ancora del tutto incosciente.
Forse avrei dovuto cercare nuovamente la bestia. Avrei dovuto accertarmi che fosse davvero scomparsa. Ma non feci nulla. Nulla.
E ora eccomi a scrivere queste memorie, perché so che la notte è vicina e so che quel mostro tornerà.
Mi trema la piuma nello scrivere queste poche parole, ma non conosco modo altro per calmarmi, se non questo.
Non posso convincermi ad uscire dalla mia cabina, il mio coraggio non me lo permette, ma ho deciso di legarmi al timone, per impedirmi la fuga in mare.
Non potrei tornare dalla mia amata da codardo. Non riuscirei a guardarla in quel fiume verde che sono i suoi occhi.
Nessun capitano lascerebbe mai la sua nave.
Se dovessi morire in seguito a questa notte, desidero solo che Lily possa sapere che l'amo. Vi prego, fatele sapere almeno questo.




30 giugno 1897

Nave fantasma giunge al porto di Londra




Risale a questa notte il ritrovamento del vascello proveniente dalla Romania, dove al suo interno l'intero equipaggio è risultato defunto.
Misteriose sono le notizie inerenti a queste morti di natura violenta e la polizia sta ancora indagando su quanto possa essere accaduto.
Una analisi del diario di bordo potrebbe chiarire almeno in parte l'atroce maledizione che si è abbattuta sull'imbarcazione.
Dettaglio agghiacciante riguarda il capitano della nave, trovato completamente martoriato e legato al timone nella sua cabina. Tra le mani stringeva un anello con uno smeraldo, sebbene nessuno sappia ancora il motivo.

   
 
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