LA
TRISTE VITA DELL’ACHILLE
Tatta
tira tira tira tatta
tera tera ta
Era quasi verso sera
se ero dietro, stavo andando
che si è aperta la portiera è caduto
giù l'Armando.
La
notte di Natale dovrebbe sempre essere un giorno gioioso per ogni
bambino.
Purtroppo per Achille quello era un giorno come un altro in cui lottare
con
tutte le sue forze contro il fratello gemello.
Armando era quello che otteneva sempre tutte le attenzioni, quello che
riceveva
i regali più belli –sì, più
belli, perché se anche loro due erano entrambi
bambini, all’Armando Babbo Natale portava sempre regali
più costosi e più
divertenti-
Non importava quanto si impegnasse, finiva sempre che l’altro
gli rubava la
scena. Quell’anno aveva
preparato una
poesia da recitare a memoria ma, prima che potesse mettersi davanti ai
suoi
famigliari per decantarla ad alta voce, era arrivato suo fratello che
con un
sotterfugio gli aveva fatto bere
della
grappa fatta in casa dal bisnonno.
Il risultato era stato devastante.
Dopo aver tossito per alcuni minuti, era stato colto da conati di
vomito e
aveva rimesso tutto il pranzo di Natale nel bagno.
Aveva vomitato l’anima e poi, esausto, si era addormentato
mezzo ubriaco.
Quando
si era svegliato era ormai sera tarda, i parenti se ne erano tutti
andati e le
luci della casa erano già spente da un pezzo.
Dei dolci natalizi non era rimasto più nulla e
perciò quel giorno rimase con un
buco nello stomaco, un gran cerchio alla testa e niente altro.
Armando
dormiva sereno nel suo letto e il pensiero di fargli un dispetto molto
cattivo
lo sfiorò per qualche istante.
Poi però scosse il capo e tornò a dormire, non
avrebbe mai fatto del male a suo
fratello.
Commissario,
sa l'Armando era proprio il mio gemello,
però ci volevo bene come fosse mio fratello.
Stessa strada, stessa osteria,
stessa donna, una sola, la mia.
Macché delitto di gelosia,
io c'ho l'alibi a quell'ora sono sempre all'osteria.
Achille
non era un gran chiacchierone, era un ragazzo timido ed introverso.
I rapporti con l’altro sesso erano sempre stati complicati.
Quando vedeva una
ragazza diventava tutto rosso, iniziava a balbettare e perdeva
costantemente il
filo del discorso.
Era impacciato e per questo le ragazze non facevano altro che prenderlo
in
giro.
Spesso si sentiva dire: “Peccato che tu non sia come
l’Armando, lui si che è un
ragazzo fantastico. Siete gemelli ma non vi assomigliate per
niente”
Ad Achille quelle frasi quasi lo rendevano orgoglioso, si riteneva
fortunato a
non assomigliare al gemello.
Le poche volte che suo fratello lo aveva visto intrattenere una
conversazione
con una ragazza, bella o brutta che fosse, si era sempre intromesso
portandogliela via.
Non importava se ad Armando la ragazza in questione non piacesse
neppure,
semplicemente si metteva tra di loro e con poche parole cattive lo
descriveva
come un povero ritardato e poi se ne andava via, a braccetto con la
ragazza di
turno.
Quel San Valentino però sarebbe stato speciale,
semplicemente perché Ida era
speciale.
L’aveva conosciuta due mesi prima ed era stato attentissimo a
non farsi
scoprire dall’Armando.
Ida era carina molto dolce e gentile, aveva solo un difetto la
balbuzie, ma
forse era anche per questo motivo che Achille si era innamorato di lei.
La trovava splendida nella sua imperfezione, gli pareva che fossero due
anime
affini che finalmente si erano ritrovate.
Per lei avrebbe fatto di tutto, ecco perché sorrideva felice
mentre si avviava
verso casa di Ida, stringendo tra le mani un pacchettino contenente un
fazzolettino di seta finemente ricamato con una I e una A, e tenendo
sotto il
braccio una scatola enorme di cioccolatini comprati nella miglior
pasticceria
della città.
Aveva speso tutti i suoi risparmi per quei regali così
costosi, però l’Ida se
li meritava.
Quando bussò alla porta di casa la madre gli disse che era
nel fienile.
All’entrata
del fienile però Achille rimase immobile per lo sconcerto.
La trovò abbracciata all’Armando, tutta nuda e con
le guance rosse per
l’eccitazione, che accarezzava con sguardo sognante i capelli
di suo fratello.
Armando dormiva, un grosso sorriso strafottente e beato sul volto.
Strinse talmente tanto i pugni che il pacchetto si ruppe, e nella mente
gli
balenò l’idea che forse avrebbe potuto
distrattamente fumarsi una sigaretta e
poi gettare il mozzicone a terra.
Di certo, se la paglia del granaio avesse preso fuoco, lui non ne
avrebbe avuto
colpa.
Scosse il capo e digrignando i denti se ne andò con la testa
bassa.
In fondo non era colpa dell’Armando se l’Ida
preferiva lui… o per lo meno lo
sperava.
Era
quasi verso sera, se ero dietro stavo andando
che si è aperta la portiera è caduto
giù l'Armando.
Tira ta tira...
Commissario, sa l'Armando mi picchiava col martello,
mi picchiava qui sugli occhi per sembrare lui il più bello.
Quell’anno
a carnevale, il costume che si era fatto cucire appositamente dal sarto
del
paese era veramente stupendo.
Gli era costato una fortuna, ma di certo avrebbe fatto sfigurare tutti
i
ragazzi presenti alla sfilata, e chissà, forse avrebbe
finalmente trovato una
ragazza interessata a lui e non a suo fratello.
Pareva davvero un ricchissimo principe azzurro, con tutti quei
merletti, quei
fronzoli e quelle cuciture dorate.
Sorrise soddisfatto di sé mentre con passo sicuro e sguardo
alto si dirigeva
verso il ritrovo da cui sarebbe partita la sfilata.
Fu nella vietta stretta e poco frequentata che precedeva la grande
piazza che incontrò
Armando.
Se ne stava appoggiato ad un muro con malagrazia e si fumava una
sigaretta
soprappensiero.
Per un secondo, per un brevissimo secondo, Achille pensò di
cambiare strada.
Passare davanti a suo fratello con indosso quel vestito sarebbe
equivalso a
provocarlo, ormai lo conosceva fin troppo bene.
Però alla fine si risolse a proseguire, non voleva apparire
debole o
intimorito. E poi l’Armando non lo aveva neppure ancora
visto, gli avrebbe
fatto mangiare il fegato dalla rabbia presentandosi a lui con un
vestito così
bello.
Riprese la camminata deciso, senza esitare e in pochi passi fu
finalmente
davanti al fratello gemello.
Armando sollevò lo sguardo e scruto l’Achille con
sguardo indifferente.
“Hai visto che bel vestito, l’ho fatto fare su
misura proprio per questo
carnevale” disse Achille giusto per vedere una reazione.
Ma Armando si limitò ad alzare le spalle e a continuare a
fumare la sua amata
sigaretta.
“Tu non vieni alla parata?” tentò ancora
Achille.
Per la seconda volta Armando scosse le spalle come se la cosa non lo
riguardasse.
Era chiaro che il gemello non gli avrebbe dato nessuna soddisfazione,
perciò
Achille sbuffò e voltandosi fece per andarsene.
Fu dopo il secondo passo che lo sentì, sentì
distintamente l’Armando che si
muoveva nella sua direzione e che allungava una gamba per farlo
inciampare.
Il
movimento fu così rapido che Achille non riuscì a
mantenere l’equilibrio e
cadde a terra come un sacco di patate.
L’impatto con il terreno fu violento e piuttosto scomposto,
perciò quando
finalmente Achille si rese conto di quello che era accaduto ormai era
troppo
tardi.
Il vestito non solo era irrimediabilmente sporco, ma si era stracciato
in più
punti sulle ginocchia.
Sollevando lo sguardo vide il fratello che era rimasto lì a
fissarlo dall’alto
in basso e che imperterrito continuava a fumarsi la sigaretta con un
ghigno
soddisfatto.
“Peccato, era un bel vestito” disse
l’Armando con cattiveria.
Achille era nero di rabbia, talmente nero che si sollevò di
colpo e sferrò un
pugno nella direzione del gemello urlando adirato ed esasperato.
“L’hai fatto apposta!”
Ma ovviamente l’Armando fu più veloce e con una
sola mossa evitò il pugno,
salvo poi tirarne uno molto forte sulla faccia del fratello.
L’Achille si ritrovò nuovamente a terra mentre
l’Armando si allontanava
ridendo.
Il risultato di quella giornata erano un vestito nuovo, molto costoso,
completamente rovinato e un occhio gonfio e dolorante per via del pugno
preso.
Lo odiava, lo odiava con tutto se stesso… Se solo ci fosse
stato un modo per
fargliela pagare.
Per
far ridere gli amici, mi
buttava giù dal ponte
ma per non bagnarmi tutto
mi buttava dov'è asciutto.
Ma che dice, che l'han trovato
senza scarpe, denudato, già sbarbato?
La
goccia che fece traboccare il vaso fu lo scherzo che
L’Armando gli fece il
giorno di Pasqua insieme alla sua banda di amici.
Quella fu solamente una cattiveria e di certo era anche stata
architettata nei
minimi dettagli.
Grazie ad un sotterfugio ben orchestrato, il suo malefico gemello, lo
aveva
convinto ad andare con lui alla festa di un suo amico.
Quella volta era veramente felice perché il fratello
finalmente lo aveva
invitato a passare del tempo insieme e per di più sarebbero
stati nella grande
villa di un amico molto ricco dell’Armando.
Achille era al settimo cielo, ecco perché quando lo
sfidarono a fare una gara
di tuffi in piscina lui non si tirò indietro, ma accolse con
entusiasmo il
gioco.
Quel maledetto! Era certo che quello scherzo così crudele
fosse stato un
tentativo deliberato di ucciderlo.
Si era rotto una gamba e slogato una spalla.
Per colpa di suo fratello si era tuffato in una piscina vuota e mentre
si
contorceva dal dolore per le fratture e per le contusioni sentiva
distintamente
le risate dell’Armando e di tutti i suoi amici che lo
prendevano in giro
incuranti del suo dolore.
Fu esattamente nel giorno di Pasqua, il giorno della resurrezione del
Signore,
che Achille prese la miglior decisione della sua intera esistenza.
Si sarebbe liberato di lui!
Armando era un mostro crudele e vendicativo, pareva la sua parte
malvagia
piuttosto che il suo unico fratello ecco perché quella era
l’unica soluzione
possibile.
Lo avrebbe ucciso.
E finalmente sarebbe stato felice.
un coltello con la lama di sei dita nel costato?
Commissario, 'sto coltello non lo nego, è roba mia,
ma ci ho l'alibi a quell'ora sono sempre all'osteria.
Tira ta tira...
Era quasi verso sera
se ero dietro, stavo andando
che si è aperta la portiera
ho cacciato giù... pardon... è caduto giù l'Armando.
Tira ta tira....
La
galera era un
posto triste,
umido, buio e molto spesso puzzolente.
C’era violenza in ogni angolo e la vita era un inferno.
Achille se ne stava sempre
rintanato nella sua cella. Accucciato sulla brandina con le ginocchia
stratte
tra le braccia, spesso piangeva, rimpiangendo quel giorno fatidico in
cui aveva
affondato un coltellaccio da cucina nel petto del gemello.
Se avesse potuto tornare indietro di certo non si sarebbe comportato
così, non
era pentito di averlo ucciso, assolutamente no!
Semplicemente rimpiangeva il fatto di essersi fatto arrestare.
Così si era liberato di quel bastardo senza anima
dell’Armando ma la sua vita
non era per nulla migliorata, anzi se possibile ora stava peggio.
Aveva pianificato un omicidio perfetto e anche il giorno scelto era
estremamente simbolico.
Il loro compleanno, così morto l’Armando per
Achille quella sarebbe stata come
una nuova rinascita.
Purtroppo c’era stato un intoppo imprevisto. Il coltello non
aveva ucciso
subito suo fratello, così come invece aveva creduto, ma lo
aveva lasciato
agonizzante.
L’Armando con le ultime forze era riuscito a scrivere il nome
del suo assassino
con il sangue e la polizia, aveva arrestato Achille senza esitazione.
Ora si ritrovava lì da solo senza possibilità di
uscire, con tutti i parenti e
gli amici che lo additavano come un mostro.
Aveva fallito e suo fratello come al solito aveva vinto.
Sì, perché ne era certo, ovunque si trovasse
Armando, di certo lo guardava e
rideva di lui… Non era cambiato niente.
PICCOLO SPAZIO PRIVATO:
Classificata prima al contest indetto da MissDark "La canzone che vorreste riascoltare" che ringrazio per la pazienza, dato che ho pure consegnato in ritardo rispetto alla scadenza ufficiale -.-'
La canzone è L'Armando di Jannacci .
Niente altro da aggiunge, io mi sono
divertita un sacco a scrivere questa songfic perchè questa
canzone mi piace moltissimo XD