Amnesia
- Elena
- Come?
Ian fece per alzarsi a sedere ma le mani di Paul lo
bloccarono, tenendolo fermo.
Lui aggrottò le sopracciglia, confuso;
fissò il ragazzo e gli scostò malamente la mano, liberandosi dalla presa:
- Che hai, Stefan? – lo
apostrofò – Lasciami -
Nina sorrise, un sorriso che tradiva incertezza.
Lanciò una rapida occhiata a Paul, riconoscendo
nell’espressione tormentata del ragazzo la propria malcelata
preoccupazione:
- Non scherzare, Ian – sussurrò – Non è
divertente -
- Si può sapere cosa vi prende? – borbottò lui,
arruffandosi i capelli – Sicuri di star bene? –
- Ian… - lo chiamò Paul, ma lui non lo guardò
nemmeno, concentrandosi sull’ambiente circostante.
- Dove diavolo siamo? – esclamò, alzandosi in piedi
– Stefan, ho bisogno di un drink –
- Ian, smettila! – sbottò Paul, spintonandolo
– Non è il caso di continuare –
- Continuare cosa? – si spazientì Ian – E
perché continuate a chiamarmi I… -
Non terminò la frase, le gambe che gli tremavano
impercettibilmente: fu questione di un attimo e cadde fra le braccia di Paul,
gli occhi chiusi.
L’amico lo sorresse, Nina che accorreva per
aiutarlo.
Si guardarono, la medesima parola
sulle labbra.
- Cazzo.
- Non c’è da preoccuparsi, davvero…
Le parole della donna furono coperte da mugugni
contrariati, la voce di Paul che interveniva, dura:
- E’ convinto di essere Damon Salvatore e secondo
lei non c’è da preoccuparsi? – proruppe, allargando le braccia con
fare esasperato – Si rende conto che parliamo di un fottutissimo vampiro
che… -
- Calmati, Paul – tentò di placarlo Nina, tirandolo
delicatamente per la felpa – Stai buono, dai –
- Crede di essere Damon! – ringhiò ancora il
ragazzo, come se avesse bisogno di tempo per realizzare la nuova informazione
– E’ fermamente convinto di essere un vampiro – borbottò,
scuotendo incredulo il capo.
Crollò a sedere, piegandosi in avanti, la fronte poggiata
sulle ginocchia; Nina gli posò la mano sulla testa, le dita che dolcemente gli
carezzavano i capelli.
La ragazza chiuse un attimo gli occhi, cercando con tutta
se stessa di mantenere il controllo: quando li riaprì fissò la dottoressa
dall’altro lato del tavolo e inarcò un sopracciglio.
- Non c’è da preocc…
- La smetta, per cortesia – la interruppe Nina
– Quanto è grave? –
- Non è la prima volta che succede – mormorò la
donna, torturandosi nervosa le mani – Abbiamo già avuto a che fare con
simili casi di amnesia –
- Quindi saprete esattamente cosa fare –
- Niente –
Paul cercò di risollevare la testa ma la mano di Nina non
glielo permise.
La ragazza assottigliò lo sguardo, le labbra strette
saldamente:
- Niente? - domandò, la voce
tagliente.
- Non c’è qualcosa che possiamo fare – spiegò
la dottoressa – E’ il paziente che deve ricordare. Da solo. Noi non
possiamo aiutarlo, mi dispiace –
Paul sollevò il capo, prendendo la mano di Nina fra le
sue: osservò l’espressione contratta della ragazza e sorrise, avvicinandosi
piano.
- Andrà tutto bene – mormorò, carezzandole il palmo
con il pollice.
- Crede di essere un vampiro – ribatté senza
guardarlo lei.
- Calmati, Nina –
La ragazza finalmente incontrò il suo sguardo, curiosa:
- Cos’è, ci siamo scambiati i ruoli? –
domandò, caustica.
- Andrà tutto bene –
- Smettila di ripeterlo! – sbottò lei, scattando in
piedi – Sai che mi spavento quando dite cose del genere! –
- E cosa preferisci sentirti dire? – chiese Paul, seguendola
immediatamente.
- Non lo so – borbottò Nina – Che quel pezzo
di idiota ci sta facendo uno scherzo e che… -
- Nina –
- Ho perso dieci anni di vita, lo sai? –
- Nina –
- Perché Elena, poi? Non potevo essere Katherine? –
Paul le strinse il viso fra le mani, sorridendo con fare
rassicurante:
- Respira - bisbigliò.
Nina annuì, respirando profondamente. Lentamente.
Fissò il ragazzo e annuì ancora. Era pronta. Ce la poteva
fare. Poteva?
- Andiamo da lui - sussurrò, arretrando di un passo e avvicinandosi
alla porta.
- Sicura? – domandò lui, passandosi una mano fra i
capelli.
Ci furono pochi attimi di silenzio, poi Nina sollevò il
mento e annuì, convinta, schiudendo la porta.
Entrarono nella stanza successiva, il cuore in mano.
Ian era seduto sul lettino bianco, le gambe che
dondolavano nel vuoto. Le scarpette nere ai piedi, i lacci ancora slacciati.
I due si fermarono sull’uscio, fissandolo senza
riserbo. Lui ricambiò gli sguardi per pochi secondi, poi esplose in una risata,
scuotendo vivacemente la testa:
- Sembra che abbiate appena visto un fantasma! –
esclamò – Mi dite che vi prende? -
- Come ti senti? – domandò Paul, avvicinandosi
cautamente.
- Bene – gli fece il verso Ian, inclinando il capo
– Tu come ti senti? –
- Bene… - mormorò il ragazzo, girandosi per cercare
aiuto in Nina. Lei si strinse nelle spalle, avvicinandosi a sua volta e
poggiando la mano su quella di Ian.
Lui abbassò lo sguardo, un sopracciglio inarcato:
- Mi sono perso qualcosa? – chiese, confuso –
Vi prego, illuminatemi sulla situazione –
Paul schiuse le labbra, ma non ne uscì alcun suono.
Ritentò, inutilmente.
E fu la volta di Nina.
- Come ti chiami? – domandò la ragazza, il tono
fievole.
Ian avvicinò le labbra all’orecchio di lei e
sussurrò, roco:
- Cos’è, un nuovo gioco erotico? -
Nina arretrò di scatto, gli occhi
sgranati.
- Se volete provare qualcosina a tre, basta chiedere
– fece lui, un ghigno sulle labbra.
Paul si passò le mani sul viso, lo sguardo che cadeva
casualmente verso il basso. Sollevò il capo, attento:
- Ricordi le scarpe? – chiese, un luccichio negli
occhi.
Ian si guardò le scarpe e arricciò le labbra, stranito:
- No – mormorò – Che c’è, sono tue,
fratellino? -
- Non sono tuo fratello! – esclamò Paul, senza
interrompere il contatto visivo.
- Oh, per cortesia – sbuffò Ian – Per
cos’altro sei arrabbiato, adesso? –
Nina strinse le dita attorno all’avambraccio di
Paul, intimandolo al silenzio. Si avvicinò al lettino, allargando le ginocchia
di Ian e fermandosi fra di esse;
sorrise, alzando il viso verso quello del
ragazzo:
- Sai dove siamo? -
Ian non sembrò far caso alla domanda, la sua attenzione
catturata dal volto di Nina:
- Hai mai pensato… - mormorò - …alla
possibilità di tagliarti i capelli? -
- Come? – scattò lei, cercando di arretrare.
Le ginocchia di lui la fermarono, trattenendola, mentre le
mani salivano a raccoglierle i capelli:
- Se li accorciassi, che so, fino alle spalle –
spiegò – sarebbe più semplice distinguerti da quella stronzetta di
Katherine. Speriamo non arrivi il giorno in cui deciderà di comprarsi una
piastra -
- Perché? – intervenne Paul, caustico –
Vorresti dire che fino ad ora non hai mai confuso le due? –
Nina si voltò verso di lui, l’espressione incredula:
Che fai? mimò con le labbra Ora lo
assecondi anche?!
Paul si strinse nelle spalle, passandosi le mani sul viso,
l’espressione sempre più tirata.
- Lasciami andare – mormorò in quel momento Nina,
squadrando Ian con fare infastidito.
Lui ghignò, liberandola. Con un movimento agile saltò giù
dal lettino, flettendo appena le ginocchia.
- Siamo pronti? – domandò, inarcando un sopracciglio
– Ho davvero bisogno di bere qualcosa -
- E sia – sospirò Paul, aprendo la porta e facendo
per uscire.
Nina lo afferrò per un lembo della giacca e lo tirò
nuovamente all’interno della stanza: assottigliò lo sguardo, fissandolo
con aria inviperita.
A denti stretti, senza lasciarlo andare, bisbigliò:
- Dobbiamo parlare -
Ian, le mani sui fianchi, si avvicinò a loro e inarcò un
sopracciglio, un sorrisetto sulle labbra:
- Davanti a un bel bicchiere di… - tentò, subito
interrotto dalla ragazza.
- Ora – sibilò Nina, fulminando entrambi.
Paul, dissimulando la sorpresa, annuì più volte:
- Certo – mormorò, aggiungendo poi a voce più bassa
– Qui? -
- Dove volete – sussurrò a sua volta Ian, poggiando
il mento sulla spalla del ragazzo.
Nina sospirò, una mano a coprirsi la fronte:
- Torna a sederti – mugugnò, rivolgendosi al moro.
- Io? – fece Ian, dischiudendo le labbra per la
sorpresa – Stai davvero dando un ordine a me?!
–
- Sì – ringhiò lei, spingendolo senza troppe
attenzioni verso il lettino.
Paul sorrise, lo sguardo vispo:
- Non è affatto male, sai, questo tuo nuovo modo di…
-
L’occhiata truce di Nina gli bloccò le parole in
gola, zittendolo all’istante.
- Non muoverti da qui – aggiunse lei, seria –
Sono stata chiara? -
- Sì, mammina – sorrise Ian, il capo inclinato.
Nina sbuffò, raggiungendo Paul e trascinandolo con sé in
corridoio.
Si allontanarono di qualche passo dalla stanza, fermandosi
poi con le spalle al muro, silenziosi.
Il primo a parlare fu Paul, la voce gentile e pacata come
al solito:
- Cosa ti affligge, sentiamo? -
- Lui – rispose Nina dopo qualche istante, il tono
stremato.
- Niente di nuovo, quindi – ghignò il ragazzo,
reclinando il capo contro il muro.
- Come facciamo, Paul? –
Lui si strinse nelle spalle impercettibilmente:
- In che senso? -
- Come… come facciamo? – fece lei, un
singhiozzo lievissimo a spezzarle la voce.
- Dai, Nina – sorrise Paul, prendendole una mano
– E’ di Ian che parliamo. E’ indistruttibile –
- No! – scattò la ragazza, le unghie che penetravano
il palmo di lui – Non lo è, capisci! Altrimenti non saremmo qui, in
questa dannatissima situazione! –
- E’ vivo – la riprese Paul – Sta bene.
Questo è l’importante –
- Ma non ricorda chi è! –
- E allora? E’ così grave per te che creda di essere
Damon? –
Nina non rispose, chiudendo gli occhi e cercando di
regolarizzare il respiro.
- In fondo… - aggiunse lui - …che sia Ian o
Damon vuole sempre portarti a letto, o sbaglio? -
- Fottiti, Paul! – borbottò
la ragazza, un pugno leggero a colpire il braccio dell’altro.
- Era per sdrammatizzare un po’ – sussurrò
lui, tornando serio.
- E volendo tornare a drammatizzare? –
- Perché complicarci la vita? –
- Non è mai colpa nostra, ti vorrei far notare –
sorrise Nina – E’ sempre colpa sua –
- Vero – approvò dopo un po’ Paul –
Dovrebbe scusarsi di esistere –
Nina si accoccolò contro il ragazzo, poggiando la testa
sulla sua spalla mentre un nuovo sospiro le sfuggiva dalle labbra pallide:
- Allora? – chiese – Come ci comportiamo? -
- Non lo so, davvero – mormorò lui – Non so
cosa sia meglio… se assecondarlo oppure metterlo direttamente di fronte
alla realtà dei fatti. Secondo te? –
- Ian è testardo – ponderò Nina – Nella vita
reale quanto nel telefilm. Se anche gli spiegassimo adesso come stanno le
cose… non penso ci crederebbe –
- Stai proponendo di continuare a recitare anche ora?
– domandò Paul, un briciolo di panico nella voce.
- Certo che no! – saltò su lei, guardandolo negli
occhi – Forse… forse giusto fino a che non torniamo sul set –
Nina si piegò in avanti, abbracciando le ginocchia con le
braccia:
- Non crederà a noi – disse, riflettendo fra se e se
– Se però torniamo dove è caduto… -
- Non è un film – la interruppe lui – Non
basterà così poco a fargli tornare la memoria –
- Lo so – annuì Nina – Ma lì ci saranno anche
gli altri: Kat, Steven, Matthew… forse se ci vede tutti capirà. Non avrà
più modo di negare, di continuare a fingere –
- Non sta fingendo –
- Lo so – sospirò lei – Preferisco illudermi
che sia così, okay? –
- E se fosse peggio? –
- Illudermi? Non credo. Meglio così che accettare un
vampiro idiota anche nell… -
- Intendevo il fargli affrontare la realtà – spiegò
Paul – Senza memoria sarà ancora più a disagio, capisci? –
Nina non ribatté, limitandosi ad ascoltarlo.
- Quand’anche accetterà di non essere Damon, si
sentirà comunque un vampiro in mezzo a un mucchio di gente che non conosce
e… -
- E’ meglio così, Paul – sussurrò lei,
interrompendolo – Gli smuoverà la memoria, si spera. E in ogni caso, non
potremmo mai riuscire a reggergli il gioco a lungo. Vincerebbe –
- Non credere che sia così furbo, eh? Una volta… -
- E’ sgattaiolato fuori dalla stanza dieci minuti fa
– s’intromise una voce femminile, palesemente divertita.
Nina e Paul si alzarono in piedi di scatto, basiti.
L’infermiera, ferma poco lontano, annuì leggiadramente:
- E’ stato molto bravo – disse, sorridendo
appena – Mi ha anche fatto l’occhiolino -
- Perché diavolo non ci ha avvisati?!
– sbottò Paul, allargando incredulo le braccia.
- Sembravate molto presi dalla conversazione – si
strinse nelle spalle lei, allontanandosi incurante.
- Io… come… -
- Andiamo, dai – fece Nina, percorrendo rapidamente
il corridoio – Non può essere lontano –
Svoltarono l’angolo, scrutando ansiosamente
l’ambiente circostante.
- Posso esservi d’aiuto? – chiese
un’infermiera, ferma dietro il bancone dell’accettazione.
- Cerchiamo un ragazzo… - cominciò Paul,
preoccupato.
- Il simpaticone dagli occhi blu? – lo prevenne la
donna, inarcando un sopracciglio.
- Ha fatto qualcosa che non doveva? –
- Non saprei – fece lei – Mi ha chiesto in
quale stanza fosse possibile fare le analisi del sangue –
Nina sussultò, sgranando gli occhi:
- E lei…? -
- Non ho fatto in tempo a risponderli. Mi sono girata un
attimo e stava correndo al piano di sopra –
- Non può essere lontano – ringhiò Paul, facendo il
verso alla ragazza e cominciando a salire le scale due a due.
Spalancò la porta e per poco non andò a sbattere contro un
bimbo fermo in mezzo al corridoio.
- Ehi – sussurrò il ragazzo, piegandosi in avanti
– Perché non torni dalla tua mamma, piccolo? -
- Mi ha detto di uscire a giocare – mugugnò quello,
senza guardarlo.
Paul si strinse nelle spalle, facendo per superare il
bambino, quando Nina lo fermò, gemendo piano.
- Che c’è? – chiese il ragazzo, senza capire.
- Guarda con cosa sta giocando – guaì lei, indicando
la bustina che il bambino stringeva fra le dita.
- Porca… - borbottò di riflesso Paul, incredulo.
- Posso chiederti una cosa? – provò Nina, un sorriso
tirato sulle labbra – Cos’è quello? –
- Non lo so – rispose il bimbo – Devo
soffiarci dentro, però, e si gonfierà come un palloncino –
- Ah, sì? – annuì Paul, strappando di colpo il
preservativo dalle piccole mani – E chi te lo ha dato? –
Gli occhioni del bambino si fecero ancora più grandi,
diventando improvvisamente lucidi.
- Restituiscigli il palloncino! – esclamò Nina,
temendo il peggio.
- Non è un palloncino! – bisbigliò frustrato il ragazzo.
- Lui non lo sa! –
Non appena ebbe modo di stringere nuovamente fra le dita
il giocattolo, il sorriso tornò sulle labbra del bimbo:
- E’ andato di là – ridacchiò,
l’espressione assente.
Nina si affrettò a seguire l’indicazione del
bambino, tirando con sé un recalcitrante Paul:
- Che facciamo? – borbottava il ragazzo – Lo
lasciamo lì a giocare con un… preservativo?!
-
- Il tuo caro fratellino ha deciso che era un gioco adatto
alla sua età – ghignò lei.
- Non è mio fratello! – ringhiò Paul –
E’ un idiota patentato che… -
- Shhh – lo zittì Nina, concentrandosi su qualcosa
che aveva appena percepito.
- Non so cosa avete oggi – sbottò l’altro
– Ma dovete smetterla di interrompermi e zittirmi, chiaro? –
- La senti? – domandò la ragazza, cercando di capire
da dove arrivasse il suono.
- Cosa? –
- La risata –
Paul cercò di concentrarsi e di identificare il rumore,
invano:
- Se anche fosse, non capisco come mai… -
- E’ una risata che riguarda lui –
- Lo hai fatto ancora – s’impuntò il ragazzo –
Mi hai interrotto –
- Puniscimi, ti prego – ribatté sarcastica Nina,
seguendo la risata lungo il corridoio.
- Stai diventando troppo simile a Ian, lo sai? Ti
influenza negativamente –
- Questa porta o la successiva, secondo te? –
- Non ho ancora capito perché stiamo cercando una risata
–
- E’ collegata a lui –
Paul si fermò, bloccando anche Nina per poterla fissare
negli occhi:
- Ti è dato di volta il cervello? -
Lei si divincolò dalla presa, stringendo il pomello della
porta fra le dita:
- Senti – cominciò – Non so perché ma sono
sicura che Ian sia qui -
Schiuse l’uscio di pochi centimetri, sbirciandovi
timorosamente all’interno.
E poi fu questione di un attimo: un ruggito le sfuggì
dalle labbra mentre spalancava di colpa la porta, incurante del baccano.
- Stronzo! – gridò, fiondandosi all’interno
della stanza come una furia.
Ian era seduto sul bordo di un letto, le mani poggiate sui
fianchi di una ragazza e i denti a solleticarle il collo.
La mordicchiava, giocosamente, e lei rideva. Rideva.
- Cosa diavolo stai facendo?!
– esclamò Nina, allontanandolo malamente dall’altra.
- Che c’è che non va? – sorrise lui,
stringendosi nelle spalle – Aspettavo che finiste di chiarirvi –
Le labbra esangui di Nina si aprirono e chiusero ripetutamente
senza che un suono riuscisse a uscirne.
Paul li prese entrambi per un braccio, spingendoli fuori
della stanza.
- Ci scusi per il disturbo – mormorò, rivolgendosi
alla ragazza ancora stesa sul letto bianco.
- Oh, nessun disturbo – replicò quella, rossa in
viso – Perché… perché lo portate via? –
Non ottenne risposta, i tre che sparivano
all’esterno della stanza.
- Ti avevo detto di restare lì – stava borbottando
Nina, fremente.
- Mi stavo annoiando – tentò lui, invano –
Parlate sempre troppo, per i miei gusti –
- Tu sei un lurido… -
La mano di Nina si era già alzata, facendo per scagliarsi
contro la guancia del ragazzo, quando Paul si frappose tra i due.
Allargò le braccia, creando spazio, sorridente:
- Okay – intimò – Calmiamoci, va bene? -
- Io sono calmo – ghignò Ian – Devi chiedere
alla ragazzina qui, cosa diamine le prende – aggiunse, ruotando gli occhi
con fare spazientito.
Nina strinse i denti, facendo per lanciarsi contro di lui
e trovandosi invece contro il petto di Paul.
- Posso strozzarlo? – ringhiò – Ti prego, solo un pochino -
- Non è con Ian che stai avendo a che fare, te ne rendi
conto? – le bisbigliò all’orecchio Paul, serio.
- Stava mordendo quella ragazza! –
- Non Ian! – ripeté il ragazzo – Damon, non
Ian –
Nina sospirò, arretrando di qualche passo. Si passò una
mano sul viso pallido, respirando piano.
Lanciò una gelida occhiata a Ian e poi si voltò,
incrociando le braccia al petto:
- Andiamo? – sussurrò, deglutendo a forza – Vi
prego, non ce la faccio più -
- Certamente – sorrise Ian – Non aspettavo
altro! –
Paul annuì, soddisfatto da quella apparente pace.
Cacciò le chiavi della macchina dalla tasca e cominciò a
giocarci, dondolandole sul dito.
Erano appena usciti dall’ospedale che Ian fece per
sfilargliele di mano:
- Guido io – disse, convinto.
- Neanche per sogno – ribatté Paul, aggrottando le
sopracciglia.
- Oh, dai, Stefan – sospirò Ian – Non rompere
e dammi le chiavi –
- Ho detto di no – ripeté quello, aprendo lo
sportello del guidatore e salendo in auto.
Ian mise il broncio, proprio come un bambino:
- Non è giust… -
Nina sbuffò, stringendogli con due dita la punta
dell’orecchio e tirandolo con forza:
- Ha detto no – borbottò – E no significa no -
Continuò a tirarlo, salendo sul sedile posteriore e
trascinandolo con sé.
Quando finalmente lei gli liberò l’orecchio, Ian lo
coprì con una mano, fissandola con aria truce.
Paul sogghignò, squadrandoli attraverso lo specchietto
retrovisore con aria divertita.
Ian assottigliò lo sguardo, incrociando quello
dell’altro:
- Dì un po’, da quant’è che non soddisfi la
tua donna? -
§
Nuovo capitolo. ^^
Mi scuso per non aver ancora risposto alle recensioni: connessione permettendo,
lo farò subito.
Come avrete avuto modo di constatare, la storia sarà principalmente a carattere
comico.
Detto ciò, spero vivamente che il capitolo non vi abbia annoiato troppo. J
Alla prossima,
Sara
P.s. ricordo sempre, a scanso di equivoci, il
gruppo: Tutto
fuorché uno sbaglio
Come sempre, siete i benvenuti
*-*