Lascia dormire quest'attimo,
avvinghiato al tuo abito,
e metti a tacere i ricordi,
prima che torni tutto come prima,
come sulla terra calda e assassina,
sboccia la luna, sguardo a terra
nella notte che ti afferra
e ti stordisce con un pugno di freddo
labile.
Lascia ruggire questo buio artico
che muove solo un alito,
e torna in casa a procurarti i fogli
su cui versare un'altra pallida china,
e la risaliremo insieme fino in cima:
brilla la luna, ti fa splendere
e ti sotterra, è un altro colpo
che ti sferra
per rapirti in quest'abito di freddo
pavido.
Parti pure da questo mondo statico
da me che accenno languido,
e torno in casa con in mano i fogli
su cui hai sbozzato, con lavoro di lima,
il mio sguardo perso in punta di mina.
Fottiti, Luna che mi fai arrendere
e me la strappi, e ai drappeggi del suo abito
ti aggrappi
perché ti importa il solo effetto
della tua luce sulla seta,
candida.
Torno giù a valle col brivido
e col veleno d'un'aspide,
il tuo vestito livido
lo tratto come un ospite.
Ben ritrovato un'altra volta,
coltello del mio tramonto,
entra e socchiudi la porta,
sai mai vedessero il mio volto
piangere.