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Autore: Aura    21/01/2012    0 recensioni
Tennessee, anni settanta, per molti versi la culla di un Rock che ha esportato al mondo stelle come Elvis e Johnny Cash;
è la tappa ideale per Patrick, un irlandese che ha girato gli States in cerca di fortuna con la sua chitarra sulle spalle.
J, cresciuta a Germantown, maledirà molte volte il giorno in cui il Forestiero arrivò nella sua città la prima volta, accendendo quel cerchio di fuoco che l'avrebbe bruciata per tutta la vita.
- Credo che anche Betta sappia che per quanto lui la corteggi non è certo per farne una donna onesta, e che non si aspetterà di sicuro un rapporto serio ed esclusivo: nessuna ragazza si avvicinerebbe a lui con queste intenzioni se non è pazza o talmente innamorata di lui dal sentire il desiderio tipicamente femminile di redimerlo. - concluse. J la guardò: Katie era così pragmatica, così logica.
Annuì alla spiegazione, per quanto comunque non lo ritenesse corretto: un uomo non aveva certo il diritto di andare in giro a fare lo stallone spezza cuori solo perché era nella sua natura.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo betato da Kukiness




Mi portò lì proprio nel momento in cui ormai non me lo aspettavo più, mi portò nella terra in cui lui era cresciuto quando ogni speranza era finita.



In Dublin's fair city,
where the girls are so pretty,
I first set my eyes on sweet Molly Malone,
As she wheeled her wheel-barrow,
Through streets broad and narrow,
Crying, "Cockles and mussels, alive alive oh!"
(Molly Malone, canto popolare gaelico)




- J, il tavolo tre si sta lamentando che nessuno è ancora andato a prendergli le ordinazioni: dormi in piedi? - Frank le diceva le cose con la solita aria impegnata. Non che lo fosse davvero, era un tono che si dava per poter rimanere al bancone e continuare a flirtare indisturbato con le sciocche che gli davano corda, mentre a Jill ovviamente rimaneva il lavoro sporco, quello che lui continuava ad affibbiarle.
Con un'occhiata carica di astio nella sua direzione, estrasse dalla tasca del grembiulino nero un blocchetto e la penna, e con il più falso dei sorrisi si avvicinò al tavolo dei nuovi arrivati. Era arrabbiata. Quel giochetto poteva andare bene nei giorni tranquilli, ma il sabato sera lui avrebbe dovuto scendere dal trespolo, o almeno assumere qualcuno che l'aiutasse, qualcuno con più sale in zucca dell'inutile Betta che con la sua appariscenza soddisfaceva il proprietario e gli occhi dei clienti, ma non l'aiutava certo a smaltire gli ordini del pienone.
- Ragazzi, scusatemi se non sono riuscita a venire prima. Cosa prendete? - disse svelta, mentre cercava di ignorare le occhiate dal tavolo di fianco che tentavano di attirare la sua attenzione per sollecitare le loro birre.
- Non avete un listino? - domandò annoiata la ragazza a capotavola, soffiando un cono perfetto di fumo sopra di lei.
J si sforzò di mantenere il sorriso, sperando che i clienti non si fossero accorti dell'angolo delle sue labbra che aveva tremato nervosamente alla domanda
- Ma certo, che sciocca che sono, - disse. Sfoderò una risata dispiaciuta ed efficiente, e corse al banco per poi ritornare da loro con quattro libretti plastificati praticamente inutilizzati. - Ve li lascio, così scegliete con comodo. Torno tra cinque minuti. - Fece per allontanarsi, ma fu fermata dal damerino che stringeva la mano alla stronza a capotavola.
- Ti dispiace stare qui? Scegliamo subito, non vorremmo aspettare ancora un'ora, sai com'è.
- J, ma dove sono finite le nostre bionde? - la chiamò Bill, cliente abituale dal tavolo cinque al quale si permise di rivolgere un segnale con la mano per fargli capire che sarebbe arrivata a breve, prima di tornare armata di pazienza al tavolo tre.
- Ma certo, sono qui per voi, - disse, mentre con la mente stava già stabilendo il percorso successivo per accontentare il più velocemente possibile i clienti che stavano aspettando.
- Senti, nell'irish coffe cosa c'è? - le domandò pensierosa una brunetta.
- Caffè, whisky e panna shakerata, - rispose senza esitazione, nonostante ci fosse scritto proprio sulla lista nella riga sotto al nome del cocktail. La ragazza arricciò il naso e scosse la testa, per poi proseguire a sfogliare il menù.
- Come lo fa il barista il Cocktail Martini? Bello forte? - chiese il damerino di prima con aria da intenditore.
Gin sporcato con una goccia di vermouth, come potesse essere leggero era un mistero.
- Certo, il migliore della città, - disse sicura, spostando impaziente il peso del corpo da un piede all'altro. Da quanto tempo era lì ferma? La gente era insopportabile quando ci si metteva, e provare a far notare che oltre a loro c'era un'intera massa di persone nervose che aspettavano non avrebbe fatto altro che farli alzare indispettiti, facendole guadagnare un predicozzo da Frank sull'attenzione che bisogna rivolgere al cliente.
Dopo aver spulciato tutto il menù finalmente le dettarono le ordinazioni, ovvero due coca-cole per le ragazze, tre Guinness e un Cocktail Martini.
Con un sorriso J raccolse i listini e scappò a lasciare la comanda a Frank, facendogli sopra un bel segno che nel loro codice significava clienti esigenti; per poi caricare sul vassoio quanti più ordini poteva e iniziare veloce la distribuzione.

- Eccomi qui, ragazzi, - disse, approdando da Bill e Mark. - E questo giro è gratis. - Sbuffò, lanciando praticamente le pinte sul tavolo, per scappare subito via. Se proprio doveva offrire qualcosa a qualcuno per ripagarlo del ritardo, preferiva farlo con chi era praticamente di casa, piuttosto che con i gruppi che si alternavano ogni sera.
- Alla tua, J! - brindarono loro, mentre la schiuma colava giù dai loro bicchieri dopo l'impatto.
Una volta che ogni tavolo fu servito, J si rifugiò dietro al bancone, nell'angolo sommerso di bicchieri vuoti e sporchi.
Aprì rapida la lavastoviglie, spostandosi per evitare di essere investita dalla nube di vapore, ed estrasse il cestello delle stoviglie pulite per sostituirlo con quello che velocemente aveva riempito.
- Un successone, stasera - le disse simpatico Frank, avvicinandosi per mettere a posto qualche bicchiere, e con una rapida occhiata alle sue spalle la ragazza si accorse che le ochette non c'erano più.
- Come tutti i sabati, - non si trattenne dal dire. - Frank, non ce la faccio da sola, - gli fece notare implorante, ma lui scoppiò a ridere
- Ma non sei sola, c'è Betta e ci sono io! Su, vai a fare un giro dei tavoli, che scommetto che qualcuno vuole dell'altro carburante! - le disse con la sua solita faccia supponente, e Jill appoggiò con poca grazia i boccali che aveva in mano e rispettò l'ordine sforzandosi di non digrignare i denti.
Amava quel posto in settimana, quando era solo suo e di Melly, la sorella di Frank, che prendeva il posto del fratello nei giorni feriali; ma quando lui nel week end onorava tutti con la sua presenza era un inferno. Controllò l'orologio. Il giro di boa era passato da un po' e se la gente sgomberava in fretta nel giro di un'ora sarebbe stata lontana da lì.






Patrick era lusingato dalle continue occhiate che le due bamboline continuavano a rivolgergli ridacchiando, ma il tempo passava e nessuno faceva cenno di volersi spostare dalle scale antincendio del palazzo davanti al quale si erano dati ritrovo.
- Amico, - disse a Mike, il collega che l'aveva invitato a passare una sera con i suoi amici. - Fammi capire, non dovevamo andare in discoteca?
- Stiamo aspettando J, - gli spiegò lui e gli passò un’altra bottiglia di birra per far passare l’attesa. - Dovrebbe smontare il turno a breve, se tutto va bene. Aveva detto che per stasera non prevedeva di fare tardi.
Patrick prese un sorso dalla bevanda e cercò di non incrociare di nuovo lo sguardo con una delle bamboline, per evitare di ripetere l'ennesimo sorriso di circostanza. Sperava che quel Jay non si sarebbe fatto attendere ancora a lungo.
Erano due settimane che lavorava con Mike. Sembrava un tipo a posto, e non appena saputo che Patrick si era appena trasferito nei sobborghi di Memphis lo aveva subito invitato a uscire con i suoi amici, per farlo ambientare un po'. Gliene era grato, ma doveva ammettere che aveva sperato in una serata un po' diversa.
- Io propongo di andare, - disse Sam, dopo che Patrick ebbe finito altre due birre. - in fondo J sa dove andiamo e ci può raggiungere là. Stiamo passando la serata a fare la muffa come al solito e non è un benvenuto per Patrick. Giusto, amico? - Gli diede una pacca sulla spalla, mentre Annabell si lamentava inquieta.
- Ma avevo detto a J che ci saremmo visti tutti qui...- mugugnò.
Sam non si scompose e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi dai gradini.
- Ci raggiungerà. Non è certo colpa sua se le cose al pub sono andate per le lunghe, ma non è neanche colpa nostra. Muovete le chiappe, ragazze, si va. - sentenziò, gentile ma irremovibile.
Patrick lo guardò con rispetto dopo quella frase. Sam era fatto di un'ottima pasta: era un ragazzo di polso e sapeva il fatto suo, senza sconfinare mai nella tirannide, si sapeva imporre quasi con garbo. In fondo aveva ragione: non vedeva un motivo perché quel Jay non potesse raggiungerli ovunque erano diretti, così si alzò in piedi dandogli silenziosamente il suo appoggio.
- Sarà meglio, - scherzò Mike, - sennò un altro paio di bionde e il povero Patrick arriverà alla Sierra sui gomiti.
- ehi, ragazzo, - lo rimproverò lui. - Dimentichi che in queste vene scorre sangue irlandese, e il sangue degli irlandesi è fatto di birra. - Gli prese la testa amichevolmente sotto al braccio e ci sfregò sopra le nocche.
Si incamminarono, le due ragazze davanti a lui a braccetto. Avevano preso quella posizione nel corteo solo per mostragli i loro sculettamenti civettuoli, ci avrebbe scommesso.
Prese da parte Mike.
- Spiegami, la smetteranno mai queste due di provocarmi o hanno bisogno di una bella lezione? - Se poi la lezione la volevano in coppia, lui certo non si sarebbe tirato indietro, ma era abbastanza stanco di tutto quel girargli attorno senza arrivare al sodo.
Mike rise.
- Hai il fascino della novità, vedrai che presto Annabell e Katie troveranno qualcun altro su cui mettere le grinfie. Si scaldano con te prima di entrare alla Sierra.
- Impegnate, le ragazzine, - osservò Patrick.
- Non credere. Sai come si dice: can che abbaia non morde. - Evidentemente conosceva le due amiche da molto tempo.

L'ingresso era pieno di persone. Annabell e Katie si congedarono da loro e si buttarono nella mischia, mentre Patrick, guardandosi intorno, decise immediatamente che non gli sarebbe dispiaciuto passare la serata al bancone, piuttosto che imitarle e cercare di entrare in una pista da ballo affollata; fortunatamente Sam sembrava dello stesso avviso, mentre Mike e John si diressero in cerca di due ragazze che avevano conosciuto la settimana prima.
- Allora, Mike dice che vieni dall'Irlanda, - disse Sam, ordinando un Bourbon per entrambi.
- Sono di Dublino, ma la mia ultima casa è stata Detroit, - affermò lui, accettando di buon grado il whisky.
- Qui al sud ti sembrerà tutto diverso, immagino.
- Sono qui da due settimane, ma per il momento mi trovo bene, - Brindarono e si girarono entrambi a osservare senza reale interesse la pista.
- Veniamo qui ogni tanto, così le ragazzine si sfogano, e con ragazzine intendo Mike e John, - specificò ridendo. - Ma per lo più in settimana andiamo nel pub dove lavora J. Scommetto che ti troveresti a tuo agio lì,- disse, sottintendendo che la sua presenza gli era gradita. Patrick alzò nuovamente il bicchiere nella sua direzione.
- Lo proverò, amico.
Katie arrivò correndo.
- Sam, - lo chiamò allarmata. - I ragazzi si sono messi a fare gli stupidi con dei tizi che stavano girando attorno ad Ann, vieni a fermarli! - lo implorò, prima di fare dietrofront senza aspettarlo e raggiungere l'amica che guardava spaventata la scena.
- Vengo con te, - disse Patrick, facendo per seguirlo, ma Sam lo fermò.
- Tranquillo, forestiero. Non voglio che ti crei una brutta reputazione alla prima uscita: stai qui e goditi pure la benzina, - disse, prima di venire inghiottito dalla folla camminando nella direzione in cui si era dileguata Katie.
Patrick si accese una sigaretta e si appoggiò al bancone.
Quella Sierra non sembrava un posto frequentato da brutta gente, probabilmente si trattava di galletti del sud che avevano un po' alzato la cresta. Non aveva dubbi che Sam sarebbe riuscito a ricondurli alle buone maniere senza difficoltà.





Quando ogni sedia fu messa sui tavoli e il pavimento fu pulito, J disse a Frank che poteva spegnere le luci della sala e si diresse nel retro a darsi una sistemata.
Mentre scioglieva la coda spettinata ripensava con disappunto all'ultimo tavolo che si era liberato, e al fatto che andando a ritirare i bicchieri vi aveva trovato quello del Cocktail Martini intatto. Ci scommetteva che quel bifolco con addosso la camicia buona si era fatto bello davanti ai suoi amici dicendo che era stato preparato male, e per quanto i cocktail di Frank facessero schifo in confronto a quelli che preparava lei, lo riteneva perfettamente in grado di farne uno classico e basilare come il Martini.
Prese dall'armadietto il suo cambio e si chiuse nello spogliatoio. Dall’altra stanza sentiva il capo fare le moine a Betta: che se la facesse pure, e alla svelta, in modo che poi con un po' di fortuna avrebbe avuto una collega migliore.
Ma Betta probabilmente non se ne sarebbe mai andata dal pub. Era più bella e più appariscente di lei, doti che Frank sembrava apprezzare più della sua bravura e della sua velocità. J era stata l'unica ragazza normale a lavorare lì dentro e se non fosse stato per Melly, che aveva pestato i piedi con il fratello riconoscendone l'abilità, non avrebbe da lì a poco festeggiato il suo anno al pub.
Aprì l'acqua calda e coprì i capelli con un asciugamano, prima di entrare nella doccia e fare rilassare i muscoli stanchi e indolenziti con il getto benefico. Non si era dimenticata che aveva promesso agli amici di raggiungerli, perciò si avvolse nell'asciugamano e iniziò a frugare nella borsa, dalla quale estrasse i vestiti puliti, per poi infilare i jeans e la maglietta che aveva usato per servire in un sacchetto che poi l'indomani avrebbe portato a casa.
Si infilò la canottiera e i jeans sfilacciati che Frank chissà perché non le permetteva di indossare al pub, nonostante apprezzasse le minigonne allucinanti di Betta. Dopo aver legato di nuovo i capelli neri e lisci in una coda, si diede un colpo di phon alla frangetta e uscì dallo spogliatoio.
- Io vado, a domani! - urlò a Frank e Betta che stavano fumando una sigaretta in compagnia, chiacchierando come vecchi amici.
Chiuse la porta del retro scuotendo la testa. Poteva capire il fatto avendo ventisette anni Betta fosse più vicina ai trentacinque di quel despota di Frank rispetto a lei, ma diamine: per quanto fosse una sgualdrina dalla zucca vuota era una bella ragazza, e poteva aspirare a molto di più del noioso e ignorante di Frank.
Salì in groppa alla sua bicicletta, ripetendo lo stesso mantra di tutti i sabato notte: se non fosse stato per Melly, lei avrebbe già levato le tende da quel po'.

Lasciò la bici dietro al locale. Per una sorta di solidarietà del suo status di barista quelli del Sierra glielo lasciavano fare, evitandole il rischio di furto o vandalismo al suo unico e prezioso mezzo di trasporto. Fece il giro ed entrò dall'ingresso principale, porgendo il dorso della mano a Ricky per il timbro “Minore di ventun'anni”.
Come se ce ne fosse stato bisogno, dal momento che lei stessa aveva lavorato per un periodo lì e i baristi la conoscevano bene.
Si fece largo tra la folla, cercando di individuare qualche suo amico, e con disappunto notò che nemmeno Sam si trovava al bancone.
- Jim, mi dai una tonica? - urlò al ragazzo al di là del banco, porgendogli una banconota stropicciata.
Strano, veramente strano: Sam non era lì, e in giro non vedeva traccia degli altri. Facendo scorrere lo sguardo in giro intercettò un paio di occhi scuri che la guardavano con insistenza.
Spostò immediatamente la sua attenzione altrove, afferrando il bicchiere che Jim le aveva messo davanti e servendosi di una generosa sorsata. La prima cosa liquida che il suo palato toccava da molte ore. Sospirò soddisfatta, prima sussultare al suono di una voce sconosciuta.
- Cosa puoi bere con tanta soddisfazione, dato che hai il timbro dei piccoli?
Alzò la testa e incrociò con disappunto gli stessi occhi che erano venuti a fissarli più da vicino.
Accento da forestiero, un accenno di barba sul viso dai lineamenti decisi, un sorriso che poteva definire con una parola sghembo. Lo ignorò. Dopo una serata passata a respingere i clienti ubriachi non era certo venuta lì per farsi importunare da uno sconosciuto.
- Cosa c'è? - la incalzò lui, per niente intenzionato a lasciar cadere la conversazione. - Ti è caduta la lingua?
Lei gli scoccò uno sguardo torvo e lui scoppiò a ridere.
- Senti, - gli concesse, seccata, - sono stanca, assetata e incazzata. Quella che sto bevendo è acqua tonica e non intendo essere rimorchiata, grazie e buona serata.
Non era propriamente da lei rispondere così alle persone, anzi, in genere gli amici la rimproveravano sempre di essere troppo accomodante, ma quella sera non tirava aria buona, e prendersela con uno sconosciuto per una volta tanto era liberatorio.
- Non ti voglio rimorchiare, piccola. Ti ho solo fatto una domanda: non te la prendere.
Fortunatamente incrociò un volto amico sopra la spalla dello sconosciuto, ma il sorriso le morì sulle labbra.

- Eccomi qua, forestiero. Vedo che hai già conosciuto la nostra J.
Il “forestiero” scoppiò a ridere e J strinse di più le labbra.
- Tu... - riuscì a dire tra le risa, - sei Jay?
La ragazza espirò teatralmente. Non era la prima volta che qualcuno cadeva nel malinteso.
- In persona. Con chi ho l'onore di parlare? Hai un nome, oltre a “forestiero”?
Il ragazzo appoggiò il bicchiere vuoto al banco e lanciò il mozzicone spento per terra, porgendole la mano.
- Patrick O'Connor, signorina, al suo servizio.
Gli strinse brevemente la mano robusta e poi sfilò malamente la propria. Lo ignorò e si rivolse a Sam.
- Credo che andrò dalle ragazze, - gli comunicò, mentre lui le indicava il punto della pista in cui erano.111
- Devi averle proprio fatto una brutta impressione, forestiero. J è il ritratto della simpatia in genere, mentre quella che era qui sembrava più una stronza con una scopa in culo, - osservò Sam divertito. - Senza contare che è la prima volta che si allontana di più di quattro piedi dal bar. - Scosse la testa e mentre Patrick ne approfittò per attirare l'attenzione del barista per ordinare un altro giro.
- Com’è andata là in mezzo?
- Mike e John se la potevano cavare benissimo da soli. C’era un ragazzino che aveva pensato bene di allungare un po' le mani con Ann, ma stupidamente quando loro gli hanno fatto notare che stava esagerando si è messo a fare il buffone. Bifolchi, forestiero: il Tennessee ne è pieno. - Prese il bicchiere che lui gli porgeva e lo alzò alla sua direzione. - Alla tua, - disse, prima di ingollarne il contenuto.





- Devo proporre a Frank di rimanere aperto tutta notte, così quando usciamo dai locali si può andare lì a riempirci lo stomaco gratis.
- Sei un genio, John, e chi ci lavorerebbe tutta notte? - gli fece notare J, che spingeva la sua bicicletta a fianco di Ann, fingendo come faceva da un'ora a quella parte che non c'era nessun nuovo membro nel gruppo.
- Ah, già, - ribatté John, un po’ alticcio. - Non ci avevo pensato.
Si fermarono da un ambulante per assorbire l'alcol che tutti, a parte J, avevano bevuto, ma nonostante questo anche lei ordinò un panino, dal momento che aveva mangiato all'alba delle sei quella sera, esattamente come tutte le sere che faceva servizio.
- Di’ un po’, - le disse Katie, brilla ma ancora lucida. - Come si è comportato Il Despota questa sera?
- Da stronzo, - rispose J. - Come al solito. Mi sa che nel giro di poco Betta gliela smolla, ragazzi. Non ci sarà più trippa per voi se quella diventa la nuova donna del capo. - Dalla radio dell’ambulante si levò la voce di Johnny Cash.
- Accidenti, J, non puoi permetterlo! - Mike era sinceramente preoccupato. - Ero a tanto così dal farmi dare il suo numero! - Gli altri si misero a ridere.
- Ma quando lo capirai che per lei sei solo un bambino? - disse J in tono paziente e poi gli offrì un morso del proprio panino, visto che il suo non era ancora pronto.
- Forestiero, - disse Sam, - domani ti portiamo al Regno di J, e allora capirai il malumore del povero Mike.
Katie, come ricordatasi della sua presenza, lasciò il posto accanto a J e si arrampicò sulla recinzione sulla quale era appoggiato Patrick.
- In che posti hai vissuto prima di venire a Germantown? - gli domandò.
- In cerca di lavoro ho fatto un po' di tutto da quando ho lasciato l'Irlanda. dove c'era bisogno io c'ero, bellezza, - le rispose e le fece l'occhiolino prima di bere un'altra sorsata dalla sua birra.

- È proprio fascinoso, vero? - commentò sottovoce Ann al suo fianco.
- Non è diverso da tutti quei bifolchi che appestano il Tennessee, e Dio sa se non ne abbiamo già abbastanza dei nostri, - sbottò poco accomodante J, chiedendosi quando “il forestiero” avrebbe levato le tende: se aveva ben capito, aveva girato gli States, quindi era solo questione di tempo per levarselo dai piedi.
Come se avesse letto nella sua mente, il bifolco forestiero rivelò:
- Ma qui al Sud mi trovo bene, credo che la mia permanenza qui sarà più lunga del previsto. - Nascose il ghigno bevendo un altro sorso, perché aveva capito dalla reazione sul volto di J che c'aveva fatto centro: non lo poteva proprio sopportare.
Sam e Mike non avevano fatto altro che ripetergli quanto J fosse gentile di solito, ma a dispetto delle apparenze a Patrick stava molto più a genio la piccola scontrosetta che lo ignorava piuttosto che le due ragazze civettuole.
Se davvero preferiva uscire qualche sera con quei ragazzi piuttosto che starsene da solo nel suo buco d'appartamento doveva tenere le mani a posto con quelle due, e il loro corteggiarlo continuamente era solo sfiancante; nonostante lui da buon irlandese non fosse capace di non rispondere loro a tono.

- Chissà perché non mi stupisce che ti trovi a tuo agio in mezzo a oche e buzzurri, - disse J, senza riuscire a trattenersi, acida.
- J, non è da te, - la rimproverò Sam.
- Senti, è lui che ha fatto per primo lo stronzo con me, - tentò di giustificarsi, prima di incrociare lo sguardo con lui e capire che aveva oltrepassato il limite. Si alzò, lanciando la carta del suo panino in un cestino. - Hai ragione, scusami, - poi si rivolse al forestiero. - perdonami, sono stata una stronza. Buonanotte a tutti, - Inforcò la bici e si dileguò, ferita nell’orgoglio. Mai Sam l'aveva guardata così, per lei era stato un disonore guadagnarsi quell'occhiata.
Ma era anche vero che mai si era comportata così, nonostante tutti la considerassero disumana per il suo contegno sempre sereno.
- Non ti preoccupare, Sam, non me la sono presa a male, - disse Patrick, mentre lei si allontanava. Si sentiva responsabile del rimprovero.
- Non ci pensare, Patrick: J non tiene il broncio e sa accettare le critiche, e in effetti uscite del genere sono fuori luogo, - disse Mike con una pacca sulla spalla. - Stasera aveva la luna storta, ma vedrai, ci dormirà sopra e domani sarà come nuova.













Ringraziamenti:
Ovvio che ringrazio chi ha reso questo capitolo migliore, con pazienza e precisione Kukiness ha betato questo capitolo in maniera talmente perfetta che spero  che rimarrà dall'altra parte dello schermo armata di tastiera e mouse fino alla fine di questa mia impresa. Un grazie immenso.
Ringrazio anche SidRevo, che con la sua unica e fantastica Blowing Bubbles mi ha ridato interesse per le originali, e risvegliato in me l'amore assopito per Elvis Presley, citato nella bellissima canzone Always on my mind.
Ringrazio lui e Johnny Cash per le bellissime canzoni che ci hanno lasciato in eredità, e proprio da una canzone di Cash prendo il titolo di questa storia e l'ispirazione: The ring of fire.
Infine grazie a chi la leggerà

   
 
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