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Autore: hermana    21/01/2012    1 recensioni
Poi l’idea perfetta le balenò in mente, e subito, con un sorriso subdolo stampato sul suo viso mutò malvagiamente il proprio aspetto: le seducenti forme di donna sparirono e il suo corpo si trasformò in quello mingherlino di Ermes, il messaggero degli dei, e i suoi capelli scuri e seducenti divennero d’oro fuso corti fino alle spalle e gli occhi, colmi d’odio diventarono verdi come due smeraldi e dolci come lo zucchero filato...
come sarebbe andata se Narciso avesse rifiutato Nemesi, la dea della vendetta?
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia era partita unicamente come consegna per la scuola ma poi, dietro consiglio della mia migliore amica che la reputa bellissima (tanto ma tanto di parte direi io xD) ho acconsentito a postarla su efp.

Prima di lasciarvi alla storia vorrei dividere i meriti con una mia grandissima amica per la creazione di questo mito. È la rivisitazione del mito di Narciso e la sua ideazione ci è costata ben un pomeriggio di chiacchiere su ciò che sarebbe potuto accadere. Io ho solo scritto ciò che le nostre menti hanno partorito XD

Da un lato non è né sconvolgente né nulla rispetto alla storia “vera” o per meglio dire alla versione più conosciuta del mito ma dall’altro vi sono non poche differenze.

Spero vi piaccia!! Buona lettura!! ;)

Ps: non mi aspetto molto però se vi fermate a leggere fatemi sapere che ne pensate anche se non vi piace!!!

 

Narciso e la vendetta della dea

Narciso, figlio della ninfa Liriope e del violento fiume Cefiso, era un ragazzo che da poco aveva superato la pubertà con tutti i cambiamenti che essa comporta. A causa della sua straordinaria bellezza aveva assunto tratti presuntuosi e arroganti. Molti erano i fanciulli e molte le fanciulle che pendevano dalle sue labbra rosee e ammiravano il suo viso fresco e pallido, contornato da morbidi boccoli castani. Ma spesso  lui rifiutava l’amore dei giovani speranzosi, spezzando loro il cuore. Tante volte i suoi profondi occhi azzurri li avevano guardati con disprezzo, rinnegando ogni amore diverso da quello per il proprio corpo, così bello e perfetto.

Nemesi, dea della vendetta, si addentrò nel bosco quando vide da lontano il giovane, intento a scoccare un freccia. La dea rimase affascinata dal quel fanciullo e lo fissò a lungo mentre  quello si piegava sulle ginocchia e fissava concentrato un cinghiale distratto da un paio di funghi. Quando la freccia partì, da quanto era rapido il tiro, uccise l’animale prima che questo si fosse accorto del pericolo che incombeva.

La dea se ne innamorò all’istante e, incapace di ricordare qualcuno di aspetto più bello del giovane sconosciuto,  gli dichiarò il suo amore. Narciso fu sconvolto da quella notizia e reagì violentemente, scansando la dea con un gesto improvviso ed esclamando indignato -io, figlio di Liriope e Cefiso, non potrei mai amare altra bellezza se non la mia! Va via!-

Nemesi rimase allibita dall’atteggiamento presuntuoso del giovane, e in fondo ciò l’aveva parecchio ferita. L’orgoglio della dea non le avrebbe mai permesso di piangere, mai nella sua vita un uomo era arrivato tanto vicino a farle versare lacrime e ciò la rese furiosa. Andò via, bramando vendetta.

Narciso non aveva riconosciuto lo sguardo di una dea sotto quelle sembianze umane e non aveva idee della punizione che lo aspettava a causa della sua enorme superbia.

La dea, arsa dalla sete di vendetta, lo guardò da lontano e sperò con tutta se stessa di riuscire a trovare un metodo per farlo soffrire di un amore non ricambiato. Pensò a fargli vivere uno struggente amore per se stesso però abbandonò l’idea convinta ci fosse tanto vicino da non notare la differenza. Poi l’idea perfetta le balenò in mente, e subito, con un sorriso subdolo stampato sul suo viso mutò malvagiamente il proprio aspetto: le seducenti forme di donna sparirono e il suo corpo si trasformò in quello mingherlino di Ermes, il messaggero degli dei, e i suoi capelli scuri e seducenti divennero d’oro fuso corti fino alle spalle e gli occhi, colmi d’odio diventarono verdi come due smeraldi e dolci come lo zucchero filato. Ridacchiò soddisfatta dopo la vista dei sandali alati del dio e anche quel sorriso, che celava una malvagità repressa, pareva delicato e innocente come quelli che illuminavano spesso il viso del giovane dio.

Si avvicinò al ragazzo con passo lento e lo guardò sorridendo, e quello attratto dalla purezza di quello sguardo si vergognò dell’attrazione che provava. Narciso per la prima volta si rese conto di quant’era appagante sentire una sensazione di piacere alla vista di un corpo diverso dal suo.

Vedeva quelle labbra sottili desiderandole e sentiva già di amare quel sorriso sincero.

Era questo il vero potere di Nemesi, la vendicatrice.: lei riusciva ad indurre chiunque all’inganno; riusciva a sedurre e a distruggere, ad essere sincera e ad illudere, ad amare e ad odiare.

Adesso, nel corpo di un altro godeva segretamente di quell’effetto pianificato provocato al cuore del giovane cacciatore. E Narciso le venne vicino e si inginocchio al suo cospetto, rapito dalla visione dei suoi occhi, racchiuso da uno sguardo che vedeva alle due sponde smeraldi e zaffiri.

-con gli occhi pieni di meraviglia ammetto di amare il tuo sguardo, con il cuore in mano per la prima volta parlo a qualcuno, e lo offro a te il mio cuore, lo offro per curarlo in eterno, per tenerlo stretto tra le tue mani-

E la dea rideva dietro ad un’espressione serena, e urlava nella sua testa festeggiando il piacere della vittoria. Aveva vinto, Narciso era finito nella sua rete e adesso non sarebbe più sfuggito dalla sua presa fatale.

-e il tuo sguardo io catturo con i miei occhi ma non lo trovo sincero, è soltanto uno dei molti capricci di un bambino troppo cresciuto- mormorò lei con una voce non sua, dicendo però parole che con quella sarebbero suonate velenose e violente, ma adesso suonavano severe e decise e colpirono il cuore di Narciso come quelle di nessun altro avevano mai fatto.

Era strano per lui sentirsi rifiutato da una persona che lo aveva affascinato tanto, provava un tremendo senso di vuoto e rimase per un po’ inginocchiato poi si rialzò in piedi e pianse, parlando tra le lacrime -non lasciarmi, non andare!-

Ma la dea aveva già spiccato il volo verso l’Olimpo con i suoi sandali alati e lo salutava con una mano e un sorriso fittizio sparendo velocemente dalla sua vista.

Quello pianse e si disperò urlando al vento, e passarono i giorni e la sua tristezza sconfinata per la tremenda delusione era troppa, il peso che lo perseguitava troppo ingombrante quando decise di compiere un gesto estremo.

Con gli occhi lucidi si diresse al monte Pernaso, strascicando i piedi e a capo chino. Una volta giunto in cima, dopo numerose fatiche guardò giù. Una distanza sconfinata lo separava dal lungo e tortuoso fiume Cefiso, il padre.

Il suo cuore esplodeva di tristezza. Guardò in alto il sole splendente e il cielo limpido e si chiese se tutto ciò gli sarebbe mancato, si chiese inoltre se morire sarebbe stato doloroso.

-la morte è facile, con un unico salto Ade puoi avere la mia anima, ma con immenso dolore e un vuoto incolmabile continuerei a vivere per anni e anni, crogiolarmi nel dispiacere della delusione, struggendomi nel dolore del mio amore in fumo. Ma così… così vedrò il mio amato Ermes per un ultima volta, così il suo viso potrà accompagnarmi fino alla fine, così la mia sete della sua vista sarà saziata e la mia anima vivrà in pace-

Narciso chiuse gli occhi e si abbandonò tra le braccia del fiume che, dopo pochi secondi di caduta libera, lo rinchiusero con delicatezza.

Narciso vide l’amato scendere verso di lui con aria triste mentre l’anima abbandonava il corpo, trascinato dalla corrente. Non si pentiva di averlo fatto perché ora che, durante un tragitto silenzioso e angoscioso con cui si dirigeva alla sua condanna, capiva cos’era l’amore.

E lì sulla sponda del fiume Cefiso, che si trascinava tristemente, scosso dalla morte del giovane figlio, nacque uno splendido fiore, dallo stelo del color dell’erba e luminosi petali d’oro che si affacciava sullo specchio d’acqua piangendo la morte del ragazzo.

E una goccia di rugiada, fresca e cristallina, scivolò dai petali infrangendosi sull’acqua, proprio nel punto in cui Narciso si era tolto la vita.

 

 

 

               

 

  
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