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Autore: StregaSenzaCuore    21/01/2012    2 recensioni
Il dolore di una perdita, la gioia di un'amica vicina, un nuovo amore, senso di colpa e tanto tanto romanticismo in quest'ultima mia FF. L'incapacità (o l'ottusità in questo caso) di andare avanti e l'intervento del destino. Una storia alla TxG e DxG, adatta ad entrambi i tipi di fan. Buona lettura ;)
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non so voi, ma a volte mi capita di desiderare con tutta me stessa qualcuno. Non un qualsiasi qualcuno, ma il qualcuno, quella cosa, persona, animale o chicchessia capace di farti sentire meglio.
Credo che l’abbiano tutti.
La gente si rifugia da qualcuno, o da qualcosa, che la conforti: un amico, un parente, un hobby, anche il proprio animale domestico può farlo.
Io stessa avevo il mio qualcuno.
Prima, qualsiasi dolore, incertezza, delusione, trovava soluzione fra le braccia di Duncan. Lì dimenticavo tutto, e appena dovevo affrontare ciò che, in qualche modo, mi feriva, trovavo una soluzione.
Ma dopo tutto quel che era successo, non avevo nessun qualcuno.
Ero circondata da continue pugnalate, una peggio dell’altra, e non avevo alcun modo per fuggire, anche temporaneamente, da quell’inferno di sangue. E rimanevo, perciò, fissa nel mio dolore mentre il mondo continuava a girare, lasciandomi sempre indietro.
Finché nella mia vita non è entrato Trent.
Lui, con le sue gentilezze, il suo modo di fare, il suo sorriso che illuminava la stanza, il suo costante tentativo di aiutarmi senza mai perdere la pazienza, era diventato un sostegno indispensabile nella mia vita. Certo, continuavo a cadere e a farmi male, ma sapevo che, per quanto la ferita fosse profonda, lui sarebbe giunto a porgere la sua mano per aiutarmi, pronto a portarmi sulle sue spalle  per chilometri e chilometri finché non fossi guarita.
Mi chiedevo cosa avrebbe fatto quando si sarebbe stancato di correre ad aiutarmi, e già sapevo la risposta. Sarebbe andato via, annoiato dalla frignona di vedova che doveva soccorrere puntualmente ad ogni minimo male.
E quando quel momento sarebbe arrivato, avrei potuto dire addio ad ogni sorta di sanità mentale e benessere. Perché Trent era arrivato come un salvagente quando stavo per toccare il fondo, era stata la medicina che mi ha curata miracolosamente in punto di morte. Anzi, era la mia droga. Ero assuefatta da Trent, dipendente da lui e dalla sua presenza. Senza di lui sarei affondata, morta.
Mi chiedevo se potesse diventare il mio nuovo qualcuno.
Forse non sarebbe stato lo stesso che con Duncan, anzi, sicuramente. Mai e poi mai sarei riuscita ad amarlo, e forse, in un futuro il più lontano possibile, avrebbe preteso più della mia amicizia. Ma in quel momento, mentre pensavo alla mia migliore amica che presto avrebbe avuto a che fare con quello che ho desiderato con tutta me stessa, ovvero famiglia, figli, recite scolastiche, pianti, bimbi da curare, rimproverare e, soprattutto, amare, sempre al fianco dell’uomo dei suoi sogni, non potevo fare a meno di tornare nel mio mondo sicuro, sfogarmi e stare al fianco del mio qualcuno, che, speravo con tutta me stessa, fosse Trent.

*

Aprii uno spiraglio della porta del suo ufficio, silenziosamente.
Guardai con l’occhio sinistro l’interno della stanza. Trent era sdraiato su un tappeto, con le gambe piegate e incrociate, le mani dietro la testa e la sua fedele chitarra al suo fianco. Il suo sguardo ero fisso sul soffitto, immerso in chissà quali pensieri.
Sembrava concentrato, preso dalle sue riflessioni, quasi in un altro pianeta, e allo stesso tempo sereno, come se avesse raggiunto uno stato di trance.
Spostai un altro po’ la porta per vedere meglio, e cigolò.
Trent tornò, per così dire, sulla Terra. Balzò a sedere in una frazione di secondo, distese le gambe in avanti e spostò lo sguardo su di me.
Appena mi vide tirò un sospiro di sollievo e mi sorrise.
-Vuoi parlare?- Chiese, gentilmente.
Annuii, e lui mi fece segno di avvicinarmi. Obbedii.
-Siediti.- M’invitò lui, battendo piano la mano sul tappeto.
Nuovamente feci come disse. Incrociai prima le gambe e poi mi adagiai al suo fianco.
Si spostò un po’ per guardarmi meglio, e attese che iniziassi.
Ma non lo feci.
Rimanemmo qualche istante in silenzio, poi cominciò lui.
-Ho notato che, dopo averti detto cosa ci siamo detti al telefono, sei rimasta parecchio scossa.-
Annuii nuovamente.
Rimase di nuovo in silenzio, mentre tenevo lo sguardo basso sul tappeto.
-Gwen?-
Alzai gli occhi verso i suoi, preoccupati.
-E’ per il matrimonio di Bridgette?-
E allora non riuscii a trattenere le lacrime.
Rimasi ferma a fissarlo, mentre le lacrime scendevano e i singhiozzi mi smuovevano il corpo.
Lui, senza esitare,si mise sulle ginocchia e portò la mia testa sul suo petto, cullandomi dolcemente, incurante della maglietta che lentamente si bagnava e della mia consapevolezza di aver trovato il mio nuovo qualcuno.

*

-Io le voglio bene, molto più di quanto do a vedere. Non potrei mai e poi mai dirle di non sposarsi perché mi metterebbe tristezza. Almeno questo glielo devo.-
Trent intanto annuiva e mi passava dei fazzoletti.
-Quindi me la terrò per me, questa cosa. Anche se sono curiosa di sapere cosa farò durante la cerimonia.- Aggiunsi sarcasticamente, triste al solo pensiero.
Trent rifletté un attimo.
-Secondo me hai fatto male.-
-Ho fatto male cosa?- Chiesi confusa.
-A costruire la tua vita intorno a Duncan e Bridgette. Ora ti ritrovi distrutta per la morte di uno e triste perché non puoi parlarne con l’altra.-
Capii dove voleva arrivare.
-So cosa intendi. Me ne rendo conto anch’io.- sospirai. –Ma non è facile, per me, fidarmi. Quando incontro una persona, è come se la inquadrassi sin da subito. E le possibilità sono tre: entrare nelle mie grazie, passare nella categoria “indifferenti”, essere registrato sulla mia lista nera.-
Sorrise del mio strano modo di pensare.
-Capisco.- Assunse un’aria seria. –Ma così ti isoli da tutti. Forse non saresti in questo stato se avessi avuto più gente intorno a te. Magari non saresti la segretaria di uno pseudo cantante-musicista da strapazzo, e andresti al matrimonio contenta per lei e non triste per te.-
-Ho da ridire su parecchie delle cose che hai detto in quest’ultima frase.- Dissi, acida.
Alzò gli occhi al cielo. Lo ignorai.
-Anzitutto, sarei triste in ogni caso. Duncan è stato l’uomo della mia vita, un matrimonio dopo appena sei mesi mi metterebbe tristezza in ogni caso, non credi?-
Sospirò.
-Uno a zero per te. Cos’altro ho sbagliato?- Chiese, interessato.
-Non sei uno “pseudo cantante-musicista da strapazzo”.-
Mi guardò con aria eloquente.
-E’ un pareggio.- Concluse.
-Non ho finito. E quello era un punto per me.-
Sorrise, lievemente rosso in viso.
-Io sono contenta per lei. È il suo sogno segreto da non so quanti anni sposarsi, non potrei non esserlo. M’intristisce solo l’idea che, di tutto quel che ho desiderato, non sono riuscita a realizzare che un solo progetto, andato per giunta in fumo. E lei ora li realizzerà tutti uno dietro l’altro, mentre io rimango sola a… guardarla mentre vive la sua felicità. Ed allora non avrà più tempo per stare dietro una… triste, vedova addolorata.-
Mi coricai di colpo sul tappeto, sbuffando e fissando il soffitto.
Trent continuava a scrutarmi.
-Prima o poi tutti si stancheranno di me. Lei, tu… Megan.- Ridacchiai. –Rimarrò sola. Sarà una cosa lenta e graduale. E fra qualche mese, mentre guarderò il filmino del mio matrimonio, mi accorgerò dell’assenza di qualcuno che lo guardi con me. E sarà una cosa corretta, la gente non può fermare la propria vita per aggiustare la mia, del resto.- Sospirai.
Voltai la testa di lato, senza guardare nulla in particolare.
Rimanemmo in silenzio, ognuno preso dalle sue riflessioni. O meglio, entrambi presi dalle mie riflessioni.
-Quindi… è davvero questo quello che pensi?- Chiese, ferito.
Confusa, mi girai a guardarlo.
Sembrava addolorato, triste, e in qualche modo offeso.
-Si, Trent. La gente, volontariamente o no, si allontanerà da me e dalla mia… aura negativa.-
Il suo sguardo si caricò d’ira. Mi issai a sedere.
-Trent? Che ti prende?-Chiesi, un po’ in ansia.
-Secondo te entro qualche mese ti abbandoneranno tutti?- La furia stava dominando il suo volto.
Feci “si” con un cenno del capo.
I suoi occhi si fecero di ghiaccio. Ormai era un miscuglio di ferocia e dolore.
Si avvicinò di scatto e mi prese le spalle.
-Come puoi anche solo pensare che me ne andrò?!? Credi davvero che ti lascerei da sola ad affrontare i miei stessi dolori? Cosa ti fa pensare una cosa simile?-
Non so come descrivere quello che vidi. Posso solo dirvi con certezza che avevo davanti un uomo, forse ferito, forse rabbioso, a causa di un’idea, a quanto pare, sbagliata che mi ero fatta di lui. Solo poco dopo capii chi avevo davvero davanti.
Il mio silenzio, dovuto più alla sorpresa che da altro, non fece che accrescere quel sentimento negativo che aveva preso dominio di Trent.
-Non ci credo, Gwen. Come puoi pensare che, dopo aver vissuto la tua stessa situazione, dopo averla praticamente vissuta con te, io possa abbandonarti? È… è assurdo. Cosa ti fa credere che sia anche solo capace di fare una cosa simile?-
Mentre parlava, vidi la durezza dei suoi occhi sciogliersi per svelare una tristezza immensa.
Lasciò cadere le braccia dalle mie spalle, e restò a fissarmi, in attesa di una spiegazione.
-Io… io non lo so.- Dissi infine, abbassando lo sguardo sul pavimento.
-E’ una sensazione, la mia.- Aggiunsi.
Mi fissò intensamente.
-Gwen, io non potrei mai, mai, farti del male. Non ne sarei capace.- Affermò in un sussurro, accarezzandomi dolcemente la guancia.
Il cuore si fermò un istante. Riprese a battere dopo pochi secondi, ad un ritmo veloce e scombinato.
Presi a fissarlo intensamente, confusa e spaventata. Lui ricambiava con uno sguardo penetrante.
Ma cosa stava succedendo?
Nella mia testa era iniziata una confusione immensa. Cosa dovevo fare? Allontanarmi? Abbracciarlo? Voltarmi, urlare, scappare, ringraziarlo?
E mentre mi chiedevo cosa era meglio fare, una parte di me fece qualcosa di inatteso.
Consigliò di baciarlo.
Nella mente già affollata di pensieri e incertezze, iniziò il subbuglio.
Era o non era corretto? Certo che non era corretto, io ero ancora innamorata di Duncan e lui di me, non potevo fargli questo. Ma Duncan era morto, del resto. Non era stato lui stesso a dirmi di trovarmi un altro uomo? Certo, per come l’avevo scritto nella sua lettera non sembrava esattamente entusiasta all’idea… per non parlare del suo “sono sempre con te”. Cosa voleva dire? Era una sorta di avvertimento minaccioso? O intendeva dire di non preoccuparmi, di vivere tranquillamente perché era come se fosse presente?
Mentre quei pensieri giravano vorticosamente nella mia testa, Trent staccò la mano dalla mia guancia e si alzò.
Allungò la stessa verso di me, sorridente. Confusa, la presi e mi alzai con il suo aiuto.
-Grazie, Trent.- Dissi, dopo un breve attimo di silenzio.
-Non essere sciocca. Non potrei mai lasciarti sola.- Rispose, serio.
Sorrisi, un po’ imbarazzata.
-Beh, credo che riprenderò le mie faccende.- Annunciai, dirigendomi verso la soglia della stanza.
Trent rimase immobile mentre uscivo. Ma, poco prima che chiudessi la porta alle mie spalle mi fermò.
-Gwen?- Disse, insicuro.
-Sì?- Risposi.
Si morse il labbro, incerto.
-Aspetterò. Sono molto paziente.- Annunciò infine, rosso.
Il cuore, che aveva ripreso a battere normalmente, si fermò nuovamente. Avevo capitò benissimo che voleva dire, e la cosa mi spaventava tremendamente.
-… Spero tu possa aspettare a lungo, Trent. Lo spero tanto.-
E detto ciò mi avviai nell’altra stanza.
 
 
 
 
 
 
Nota:
Sono tornata ^^ questa volta non ci ho messo così tanto per il capitolo, contenti? *un coro di “no!” si leva dalla folla*
Oh… beh, allora credo che andrò via… *si va a deprimere in un angolino*
A presto!
LadyWrite 

  
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