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Autore: Minina    22/01/2012    4 recensioni
Il vecchia viveva una vita umile ma felice accanto alla sua famiglia prima che la figliola si ammalasse gravemente; ma fu in quel momento di totale sconforto che, una cupa figura vestita di nero, fece al vecchio una strana proposta attraverso la quale avrebbe potuto salvare la vita alla bambina.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le favole della Nonna Maria.'
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Vi era un vecchio, una volta, che abitava in un'umile casa ai piedi di un monte con la sua famiglia: la saggia e anziana moglie, i due figli gemelli che il vecchia aveva visto trasformarsi in uomini, e un'ancora giovane e bellissima ragazzina.

Vivevano nella semplicità, arrangiandosi con quel poco che il lavoro di falegname de vecchio riusciva sostenere, continuando tuttavia ad essere felici e senza mai perdere quella gioia nel cuore che li caratterizzava; erano conosciuti in tutto il paese per essere l'unica famiglia che, non ostante le difficoltà economiche, non aveva mai incontrato la tristezza.

Il vecchio si svegliava ogni mattina accompagnato dal sole, si dirigeva nei boschi, raccoglieva la legna e poi, tornato a casa e aiutato dai due figli, la tagliava per poi rivenderla in paese. La sua non si poteva certamente definire una vita facile: alla sua età era dura affrontare ancora simili sforzi, ma lui era felice, e lo era anche la sua famiglia e per lui era l'unica cosa che realmente contasse.

Tuttavia un giorno, quando il vecchio rincasò con ancora la legna in spalla, trovò la moglie china sul tavolo della cucina colta da uno strano silenzioso pianto. Il vecchio prese posto accanto a lei e le domandò cosa potesse essere la causa di tanta tristezza. Fu allora che, anni di umile serenità, gli caddero addosso.

La figlia minore, quella tanto bella e spensierata, era malata di un raro ceppo di tubercolosi.

La moglie gli disse che solamente dei costosi medicinali avrebbero potuto guarirla e che senza questi la giovane si sarebbe spenta in poco meno di quattro settimane. Il vecchio era consapevole che mai si sarebbe potuto permettere medicinali tanto costosi, tuttavia decise che almeno avrebbe provato a guadagnare qualcosa in più che, legato a futuri risparmi, avrebbe potuto permettergli almeno una minima dose.

Il giorno seguente il suo risveglio non venne accompagnato dal sole e al suo ritorno questo ormai era calato da molto cosicché solo le stelle lo poterono osservare mentre lavorava con l'accetta. Giorno dopo giorno iniziava a sentire il peso della sua avanzata età sulle spalle e i dolori che questa gli procurava; non sarebbe resistito ancora molto con questo nuovo ritmo di vita. Fu quando la figlia mostrò segni di notevole peggioramento che successe l'ultima delle cose che il vecchio si sarebbe mai aspettato: camminando per il sentiero che lo portava ai boschi i suoi passi vennero interrotti da una strana figura.

Abito lungo e nero, corpo snello, lunghi capelli grigi, guance infossate, fisionomia anziana e occhi neri e penetranti.

Questa figura gli si parò davanti, zitta.

Il vecchio, dal canto suo, non seppe cosa fare. La donna gli ostruiva completamente il passaggio e gli metteva addosso una strana sensazione di disagio che quasi lo immobilizzava.

Rimasero qualche istanti fermi l'uno di fronte all'altro, senza proferire parola; finché non fu lei a cominciare a parlare.

Con voce rauca gli disse che conosceva la sua storia, che sapeva che la figlia tanto amata si trovava ora fra la vita e la morte e che il medicinale che le avrebbe potuto salvare la vita era troppo caro per le tasche del vecchio falegname.

Sentito questo il vecchio si stupì iniziando a fissare la vecchia signora con aria interrogativa e, un poco, impaurita.

La cupa figura continuò a parlare: “io ti posso aiutare”.

A quell'affermazione il vecchio spalancò gli occhi incredulo e confuso; come poteva quella donna aiutarlo? Titubante ma incuriosito e con fare pacato e gentile, pregò la donna di continuare a parlare.

Ella gli rivelò che conosceva un modo per salvare la vita alla bambina attraverso, tuttavia, le sole forze del vecchio; se quest'ultimo avrebbe acconsentito avrebbe dovuto seguirla in silenzio, senza emettere fiato fino a che non fosse stata lei a proferire nuovamente parola e giunti nel luogo dove lei lo avrebbe poi scortato, il vecchio sarebbe dovuto sottostare a precise regole.

Il vecchio, confuso, si domandò quanto quelle parole fossero vere e quanto quella signora lo avrebbe realmente aiutato. Non sapeva cosa fare, se girarsi e imboccare un altro sentiero, o seguire la donna.

Ma cosa aveva lui, infondo, da perdere? Male che andava se ne tornava a casa con il cuore ferito al capezzale della figlia.

Decise di provare a fidarsi.

La vecchia signora si girò, diede le spalle al vecchio, e si incamminò.

Seguì passo dopo passo lei che gli apriva la strada, su per i monti, sempre più su, sempre più in alto, tenendo duro alla stanchezza e al suo corpo che lo implorava di fermarsi almeno un poco; ma la donna non accennava a diminuire il passo e il vecchio, per timore di perderla, non distolse mai lo sguardo dalla sua veste nera.

Superato l'ultimo pendio il vecchio si accasciò ansante al suolo cercando di riprendere fiato e asciugandosi con la manica della camicia le gocce di sudore che copiosamente gli scendevano dalla fronte; rialzò il volto solamente dopo qualche minuto alla ricerca della figura della donna rimanendo notevolmente affascinato dal panorama che ora gli si presentava davanti: L'erba, del verde più sgargiante che lui avesse mai visto, danzava sotto il soffio del vento che disperdeva il profumo dei ciliegi in fiore che delineavano tutto il lato alla sua destra; ranuncoli, violette bianche, nontiscordardime e margherite arricchivano di colori quell'immenso tappeto verde dove, proprio nel mezzo, se ne stava tutta sola una minuscola casetta di legno malridotta che sembrava potesse stare ancora in piedi solo grazie a un arcuato alberello spoglio cresciutogli sul fianco.

L'anziana signora, ricomparsa al fianco del vecchio, gli fece cenno di seguirla verso quella strana casetta che tanto stonava all'interno di quella radura.

Giunti alla soglia la donna aprì lentamente la porta scricchiolante invitando il vecchio ad entrare per primo e venire inghiottito da una soffocante oscurità che gli fece piombare addosso un opprimente senso di angoscia che si affievolì solo quando le prime luci ricomparvero ai suoi occhi.

In un immenso tavolo cui non si riusciva a scorgere la fine, erano poggiate tante candele, così tante che non sarebbe bastata una vita intera per contarle tutte; ogni candela era diversa. C'erano candele molto alte e dalla cera poco liquefatta, altre invece che erano quasi al livello del tavolo, ed altre completamente spente.

Il vecchio rimase impressionato e volse uno sguardo interrogativo alla signora che ora stava a lato del tavolo e che giocherellava con una fiammella; fu allora che si accorse che sotto ogni candela se ne stava un cavaliere con scritto nome e cognome. Confuso si avvicinò e inizio a leggere alcuni dei tanti nomi sottostanti ad ogni candela, sfiorandone titubante la carta.

La cupa signora, allora, si intromise, spiegando che quelle candele rappresentavano la vita di ogni persona e che a nessun altro, oltre che a lei, era permesso avvicinarsi a quel tavolo; tuttavia ella aveva osservato il vecchio rimanendo colpita dalla purezza d'animo che questo possedeva e nel vedere la vita scivolare via dal corpo della figlia, aveva deciso di offrirgli la possibilità di salvarla.

La mano della signora andò ad illuminare una specifica candela che portava a chiare lettere il nome della figlia del vecchio falegname.

Con le suo sole mani il vecchio poteva dare nuova vita a quella candela e, se egli l'avrebbe scelto, a qualunque altra volesse; in questo modo poteva aiutare tutti coloro che egli avrebbe riconosciuto meritevoli di una tale grazia.

Tuttavia c'era un avvertimento più importante di tutti i precedenti: più il vecchio avrebbe lavorato una candela, più la sua si sarebbe consumata.

Detto ciò, la vecchia signora si fece da parte lasciando il vecchio libero di agire come meglio credesse.

La candela dell'amata figlia fu la prima a tornare a nuova vita, come se fosse stata accesa per la prima volta solo da qualche minuto e contento per il suo operato, con il cuore straripante di gioia al pensiero di riavere la ragazza nuovamente in salute a casa che lo aspettava, era pronto ad annunciare alla donna vestita di nero che era pronto per ritornarsene dalla sua famiglia ed abbracciare la fanciulletta; tuttavia, con la coda dell'occhio, non poté non notare un cavaliere riportante il nome di un bambino di pochi anni da lui conosciuto, figlio di una coppia che sempre da lui comprava la legna. La candela era molto bassa e consumata e la fiammella dava l'impressione di essere agli stremi.

Il vecchio non poteva lasciare che il piccolo morisse.

Ritornò allora nei suoi passi e cominciò a lavorare anche quella candela, come quella dopo, e quella dopo ancora.

Bambini, madri, padri, giovani soldati da troppo lontani dalla loro casa.

La vecchia signora se ne stava in un angolo ad osservare quell'uomo che con tanto impegno lavorava le candele di quelle persone che lui considerava meritevoli di un'altra possibilità o che, forse, era solo spinto dal suo cuore e dalla sua immensa generosità tanto da non dare importanza alla sua candela consumata che, sotto gli occhi della morte, con un soffio, si spense.

 

 

 

Questa storia l'ho scritta basandomi su un ricordo di una delle tante storie che mia nonna mi raccontava quando era ancora in vita.

Forse non può sembrare una favola in tutto per tutto, ma sicuramente quella che lei mi raccontava lo era.

Questa sarà la prima favola che scrivo basandomi sui ricordi di quelle di mia nonna e sarà seguita da tante altre, tutte dedicate alla memoria di Maria Galiazzo.

 
   
 
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