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Autore: Dagon    23/01/2012    3 recensioni
"Si chiama Tsugumi, e il nome non gli appartiene.
L'uomo continua a sfiorare fogli di carta col tocco leggero di una penna e siede come il ragazzo che compare nel poster sulla parete: accovacciato, le ginocchia a sfiorargli il mento e i piedi nudi che poggiano sulla sedia"
Tsugumi Ohba: lo sceneggiatore di Death Note, di cui nessuno sa nulla.
Un uomo misterioso che ha la sua stessa voce e il suo identico aspetto comincia a tormentarlo con strane telefonate. E uno strano nome riemerge da un passato oscuro.
Chi è in verità Tsugumi? Qual è il suo vero nome? E cosa spinge l'uomo a spiazzare i fan con un annuncio: quello di voler interrompere la serie?
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo I
Prima chiamata

 

Si chiama Tsugumi, e il nome non gli appartiene.
L'uomo continua a sfiorare fogli di carta col tocco leggero di una penna e siede come il ragazzo che compare nel poster sulla parete: accovacciato, le ginocchia a sfiorargli il mento e i piedi nudi che poggiano sulla sedia. Si ferma, lascia riposare la mano.
La luce nella camera è scarsa: dalla finestra penetra un debole raggio di sole e il suo riflesso rimbalza sulla superficie bianca delle tazze da tè. Sono ovunque, le tazze. Ricoprono un mobile intero, nascoste da un vetro sottile che sembra invisibile.
L'uomo si sofferma a guardarle e accenna un sorriso: colleziona tazze da così tanto tempo che gli è difficile ricordare quando ha iniziato. Alcune di esse provengono dall'Inghilterra, altre dalla Cina. A Tsugumi piace viaggiare ed è stato in molti luoghi: a cominciare dall'Europa, nella quale ogni tanto torna.
Distoglie lo sguardo e torna ai fogli. La sua grafia sghemba scorre disordinata sulla carta, alcune frasi segnate da una linea fugace. È nel suo stile: tornare sempre sulla trama, assicurarsi che tutto ritorni. Far sì che il lettore rimanga incollato alle pagine del manga, quello che lui sceneggia e per cui sta sudando molto: Death Note.
Un lavoro che lo appaga e lo sfianca: non ha importanza se nel cielo splende il sole o il tenue chiarore della luna, lui è sempre lì, a scrivere. Quei pochi che lo conoscono gli hanno detto che per lui il lavoro è diventato ossessione, ma lui rinnega quella parola. Ossessione.
Ha riletto rapidamente la scaletta che ha preparato, quando decide che è stanco ed è ora di riposare.
È l'alba. La luce del sole fra poco irromperà nella stanza, ma Tsugumi ha bisogno di dormire. Dorme sempre nello studio. Prima era in affitto, l'ha comprato appena il successo gli ha permesso di farlo.
Death Note: di Tsugumi Ōba e Takeshi Obata.
Lui è Tsugumi Ōba. Non proprio, quello è lo pseudonimo con cui si firma. Lui è lo sceneggiatore della serie.
Il geniale autore di uno dei manga più seguiti del Giappone.
Non è anche il disegnatore, no. Perché non ne sarebbe capace. Lo è Takeshi, e ne è grato: così ha la possibilità di occuparsi solo della storia e della sua qualità. Insieme compongono una squadra formidabile. È tutto ciò che ha sempre sognato, d'altronde, il successo. E il suo è stato un successo impressionante, persino per lo Shonen Jump, la rivista che settimanalmente pubblica i capitoli della sua serie.
Il telefono squilla.
Tsugumi si alza e va a rispondere. Il suono acuto che ferisce il silenzio deve cessare.
“Pronto?”
“Non ti...”
Tsugumi non capisce. Chi è l'uomo che parla? Gli sembra una voce familiare.
“Non ti scordare...”
“Scusi, chi...” Appena apre la bocca per rispondere, Tsugumi capisce e tace. Non può credere a quello che sta succedendo.
“Non ti scordare di me.”
La voce è identica alla sua. Non può essere. Si tratta di un caso, è ovvio. Ma cosa significano le parole dell'uomo?
“Non ti scordare di me.”
Apre gli occhi. È stato un sogno.
È notte. Ha dormito molto, troppo. Si alza e spalanca le finestre, e da esse penetra una gelida brezza. Le ombre incombono su di lui, sopra le cime dei palazzi e avvolgono Tokyo in una nube nera ravvivata da poche, fredde luci.
Con il dorso di una mano, Tsugumi asciuga la fronte madida di sudore e ripensa al sogno. Sbuffa. Era così vero.
Io che telefono a me stesso. Potrei riutilizzarlo in una delle mie storie.
Tsugumi si volta e il suo sguardo ammicca sul telefono che giace sulla scrivania.
È... inquietante.

  
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