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Autore: jennybrava    24/01/2012    32 recensioni
"«Ti rimarrò accanto Sas'ke-kun. Io posso.. insegnarti...» a vivere. «Posso insegnarti...» ad amare.
Posso insegnarti a vedere.
«Insegnamelo»"
Gli occhi sono davvero l'unico strumento per vedere?
{SasuSaku}
Prima classificata al "Contest Purely Black" indetto da Ainsel e Terrastoria.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Oshiete Kure1

Lei era entrata in casa sua per la prima volta in una giornata fredda, nuvolosa e grigia e Sasuke aveva percepito chiaramente il sapore del vento sulle sue labbra, una volta che aveva sentito i suoi passi leggeri sull'engawa.
<< Chi va là? >> aveva detto, ritraendosi d'istinto.
<< Sa'ske-kun >> aveva risposto lei, e il cuore gli era saltato quasi in gola. << Ciao >>
Poi era iniziato tutto.


Oshiete Kure




Non faceva mai rumore.
Sembrava sempre un pallido fantasma venuto a volteggiargli attorno, un'ombra nella sua vita che lo guardava dall'alto. 
Non faceva alcuna faccenda domestica, a volte aerava un po' le stanze, ma spesso si limitava a fare il suo lavoro, a sederglisi accanto e stare in silenzio, magari agitando le gambe come una bambina. 
Una folata di vento lo investì in pieno e seppe che era arrivata.

<< Sas'ke-kun >> Sakura gli sorrise nel buio, accucciandoglisi accanto. << Come stai oggi? >>
<< Meglio >>
Non parlavano fra loro, nemmeno un poco. Solo qualche frase di circostanza. Poi lei andava via, e tornava la settimana successiva, o tre giorni dopo, o due. Dipendeva, spesso dalla condizione dei suoi occhi.
Non vedeva.


**


<< Come stai oggi? >>
<< Meglio >>
Come sempre.

 

**

Non riuscire a vedere si era rivelato fastidioso, sin dall'inizio. Sasuke si era dovuto abituare all'idea di non poter mai più uscire di casa - e non era solo colpa della stretta sorveglianza da parte degli AMBU -, di non poter mai più osservare il cielo azzurro, o la pioggia di quei mesi autunnali.
Col tempo aveva imparato a cavarsela da solo, a girare per casa senza dover per forza inciampare in qualsiasi oggetto; a cucinarsi e a vestirsi da solo. Non aveva voluto l'aiuto di nessuno.
Spesso Naruto veniva a trovarlo, qualche volta anche Kakashi, ma Sasuke non riusciva a non sorprendersi ogni volta, ripensando a quante volte fosse lei quella a venire ad importunarlo. Nella calura estiva, nella frescura autunnale, lei era lì.
"Chi ti ha mandato qui?" le aveva chiesto, gelido, in un giorno d'estate. Lei aveva sorriso. "E' stato un ordine di Tsunade-sama."
La sua presenza non era esattamente fastidiosa, ma Sasuke non riusciva a trovarla propriamente accettabile. Era vero che non parlava mai, che si limitava a fare il suo lavoro, per poi sederglisi accanto in silenzio per un po' ed andare via mormorando un "A presto, Sas'ke-kun".
Ma lui non si sentiva a suo agio.
Perché lei lo guardava, spesso e volentieri, e i suoi occhi gli infondevano una sensazione strana. Inadeguatezza, frustrazione.
Non gli piaceva la sua compagnia.
E Sasuke si diceva che prima o poi anche lei se ne sarebbe stancata.

 

**

 

Sembravano due estranei.
Di quei ricordi, di quel passato che appariva talmente lontano e sfocato, non vi era più traccia.
Naruto era rimasto sempre il solito, anche dopo tutto quello che era successo. Era lei quella diversa. Era lei quella che sembrava distante.
Sasuke lo aveva capito solo tempo dopo.
Non le aveva mai detto niente, niente era mai stato accennato fra loro. Sasuke immaginava lei che si confidava con Naruto e ogni volta che Naruto veniva a trovarlo e gli chiedeva di lei, lui rispondeva sempre con un "Come al solito"
Non voleva dispiacersene, non era esattamente così. Era semplicemente perplesso.
Perché Sakura nei suoi ricordi di bambino era la ragazzina pazzamente e follemente innamorata di lui, che accorreva la notte per confessargli il suo amore e supplicarlo di portarla con sé.
Non ricordava una Sakura così.

<< A presto, Sas'ke-kun >>
Sentendo i suoi passi farsi lontani, Sasuke si sdraiò sull'engawa e ascoltò il cinguettio degli uccellini, chiedendosi distrattamente se lei continuasse, in un qualche strano modo, a provare ciò che anni prima gli aveva confessato con tanto ardore.

 
**


Era di notte che Sasuke concedeva alla sua maschera di allentarsi un 'attimo.
Era di notte che Sasuke apriva i suoi occhi spenti, grigi, e si osservava attorno, vedendo solo il buio più nero.

 

**

 

Lei gli parlò a Luglio, in una giornata come le altre, e Sasuke non poté fare a meno di sorprendersene.
<< Sas'ke-kun. >> gli disse, riponendo le vecchie bende in un sacchetto. << Buon compleanno >> aggiunse. << Kakashi-sensei e Naruto si scusano molto. Non sono riusciti a farti gli auguri in tempo, sono in missione >>
<< Non importa >> sussurrò, sfiorandosi gli occhi spenti da sopra le bende pulite.
Non lo mostrava mai.
Non mostrava mai quanto gli pesasse non riuscire a vedere niente, quanto gli pesasse dover celare i suoi occhi dietro quelle bende, quanto fosse frustrante non poter riuscire neanche a vedere ciò che lo circondava, il giorno del suo diciottesimo compleanno.
Non lo mostrava.
<< Desideri qualcosa in.. ? >>
Odiava che lo compatissero. Odiava che, adesso, lei fosse lì con lui.

<< No, va bene così >>
<< Ne sei sicuro? >>
<< Va bene così, Sakura >>
Sakura si irrigidì, stringendo forte il marsupio con i suoi attrezzi da lavoro. Si morse l'interno della guancia. << Come vuoi >> disse, in un sussurro.
Sasuke sentì i suoi passi allontanarsi fino a sparire del tutto, e quando udì il fusuma dell'ingresso chiudersi definitivamente, sospirò e poggiò il capo contro la colonna del portico, certo che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista.

 

**


Lei tornò quella sera.
Gli si sedette accanto, una tazza di tè in mano.
<< Buon compleanno >> sussurrò, prima di sorridergli e guardare il tramonto.

**

 

Lui non parlava mai molto.
Anche da quel giorno.
Non che parlassero poi tanto, alla fine, ma era sempre a lei a riempire con qualche parola i loro interminabili silenzi.
E ora lei non si limitava a fare il suo lavoro.
Girava per casa, Sasuke riusciva a sentire i suoi passi avanti ed indietro sull'engawa, a volte nel giardino davanti. Sakura parlava, qualche volta, e spesso Sasuke non ascoltava proprio ciò che diceva, piuttosto si concentrava sul suono della sua voce.
La voce di Sakura era sempre calma e tranquilla. Non era precisamente dolce, o gentile, non era come ricordava, ma era comunque tranquilla.
<< Ti ho mentito >>
Sakura gli sedeva accanto, ben distante. Fuori aveva appena smesso di piovere e lo shishiodoshi gorgogliava appena, sul laghetto vicino al muro.
Le palpebre di Sasuke fremettero, nascoste dietro le bende. Avrebbe detto qualcosa, forse, ma Sakura riprese parola con voce ferma ma timida.
<< Non è stata Tsunade-sama a darmi l'incarico di visitarti >> gli disse. << L'ho chiesto io >>
La verità era che Sakura, pur con tutta la volontà, mai avrebbe concepito l'idea che qualcuno di estraneo a loro si potesse occupare di Sasuke. Perché solo lei riusciva a capirlo, solo lei riusciva a vederlo, solo lei lo conosceva.
Sakura era cresciuta, era diversa. Non era più la dodicenne invaghita di un paio di begli occhi. Se lo fosse stata, mai sarebbe riuscita in un qualche strano modo a mettere al primo posto il suo lavoro come semplice medico piuttosto che ciò che la legava al ragazzo che le sedeva a fianco.
Ma in quel momento Sakura, scrutando di sottecchi la figura di Sasuke, si sentì trasportare indietro nel tempo, tornando nelle vesti della dodicenne che arrossiva al cospetto del ragazzino che le piaceva.
Era sempre stato così in fondo. Sasuke aveva sempre avuto il potere di influenzarla in un modo quasi assurdo, bastava una sua parola e il suo mondo andava in mille pezzi. Anche in quegli attimi, nella trepidante attesa che lui dicesse qualcosa, Sakura pensò che sarebbe bastato un cenno e lui avrebbe potuto chiedere una sostituzione.
Non aveva mai dimostrato, in fondo, di apprezzare particolarmente la sua compagnia.
Sasuke.
Lo vide alzare il capo, una gamba ripiegata al petto e l'altra a penzoloni oltre l'engawa.
Poi lo disse.
<< Non importa >>
E Sakura nascose le lacrime, sorridendo al cielo.

**

<< Riuscirò a guarirti >>
Era stato ad Ottobre.
Lei aveva sorriso e Sasuke non era più riuscito a mentire a se stesso.

**

Aveva imparato i suoi orari.
Non che fosse proprio importante, ma Sakura da quel giorno aveva preso l'abitudine di piombare in casa sua più volte a settimana, anche senza uno scopo preciso.
Era maledettamente puntuale quando si trattava dei controlli, sempre precisa, quasi insopportabile. Ma non riusciva a non sorprenderlo quando sentiva i suoi passi leggeri cigolare sul legno dell'engawa, in un giorno a caso. Quando lei delicatamente - chiedendogli sempre il permesso con voce fine - si inoltrava nella cucina per preparare un po' di quel tè che lui rifiutava sempre.
Non riusciva a non trovarlo strano, sorprendente. Semplicemente non capiva perché lei preferisse trascorrere interi pomeriggi con lui, in quella casa vuota, fredda, spoglia, piuttosto che dedicarsi ad altre attività. Perché non si limitasse a svolgere il suo lavoro.
Non la ignorava più - non ci riusciva, rispondeva sempre alle sue domande, ma il più delle volte era lei a parlare, se parlava. Era sempre seria, ultimamente. La sua voce sembrava essere sempre più roca e quando una volta aveva percepito chiaramente come lei fosse mancata e come si fosse dovuta appoggiare alla colonna per sostenersi, non era riuscito a fermarsi e le aveva chiesto se stesse bene. Lei era sobbalzata e con voce flebile gli aveva detto di sì, prima di dileguarsi in fretta.
Prima di rendersene pienamente conto, Sasuke vi aveva fatto l'abitudine.
Aveva imparato a riconoscere il suono dei suoi passi lungo i corridoi, diverso da quelli di Naruto, o degli AMBU, o di qualche altro assistente medico. Aveva imparato a riconoscere il modo delicato che aveva di bussare al fusuma d'ingresso - così diverso da quello di Naruto o di chiunque altro - prima di aprirlo. Non sapeva se sorridesse qualche volta, o se piangesse - perché sembrava sempre così calma -, ma a volte si ritrovava ad immaginarsela. A sognarla.
Si era abituato alla sua presenza, semplicemente. Alla sua voce, ai suoi discorsi, a lei.
A Sakura.
Fu quando lei sparì, prima una settimana, poi una seconda, poi una terza; fu quando un altro medico lo chiamo "Uchiha-san" per la prima volta dopo mesi; fu quando si scoprì a cercare la sua voce, i suoi gesti, i suoi silenzi in qualcun'altro, che Sasuke si rese conto che lei gli era semplicemente entrata dentro.

 

**


<< Uchiha-san, come si sente oggi? >>
Gennaio era arrivato e lei non c'era ancora.
E Sasuke si chiedeva il perché
.

 

**

 
Passi sul legno.
<< Ha nevicato? >>
Sakura sobbalzò, sgranando gli occhi e puntandoli sull'ampia schiena seduta sul porticato. Come aveva fatto a sentirla?
<< S-Sì >> mormorò sommessamente. << Io.. >>
Codarda.
<< Fa freddo, non dovresti stare qui fuori >>
Sakura si odiava. Si odiava e odiava lui.
Perché doveva comportarsi così? Perché doveva farla sentire più in colpa?

<< Sas'ke-kun, io.. >>
Non avrebbe voluto piangere, non era andata lì per quel motivo, non si era ripresentata al suo cospetto solo perché lui la vedesse piagnucolare come una bambina in cerca di perdono. Non doveva andare così.
Ma cosa avrebbe potuto dirgli, in fondo?
Non era così presuntuosa da credere che a lui, magari, un po' fosse mancata. Che magari si fosse chiesto che fine avesse fatto, come mai fosse sparita per quasi due mesi. 
Sakura si odiava, perché era stata così maledettamente codarda da non aver' neanche avuto il coraggio di affrontarlo in prima persona e confessargli che tutto ciò che gli aveva detto, tutte le promesse che gli aveva fatto, non erano state altro che parole vane. Vane illusioni montatesi nella sua mente. Pura immaginazione.
<< Perché non sei più venuta? >>
Sentì le lacrime rigarle le guance e solo in quel momento si ricordò cosa effettivamente l'avesse condotta nuovamente lì, dopo mesi d'assenza. Cosa l'avesse spinta a cercarlo di nuovo.
Le mancava.
Semplicemente, le mancava.
Le mancavano quei pomeriggi nel silenzio, le mancava poter scrutare il suo profilo indisturbata, le mancava parlargli sottovoce con l'assoluta certezza che lui la stesse ascoltando.
E quella domanda non fece altro che spingerla a darsi della stupida, della codarda; la spinse a chiedersi se davvero anche lui avesse sentito la sua mancanza. La spinse a chiedersi se fosse arrabbiato con lei, se la odiasse, se la disprezzasse e non volesse più vederla.
Lo avrebbe capito, comunque. Avrebbe capito ogni suo gesto, avrebbe accettato ogni cosa.
<< Io.. >> singhiozzò. << Sas'ke-kun.. mi.. mi dispiace, davvero.. io.. >>
Ci aveva provato.
Aveva trascorso quelle lontane settimane di Novembre con la testa china sui libri di medicina, in cerca di informazioni, facendo ricerche, operando, sputando sangue e lacrime su tesi, fascicoli e cartelle mediche. Non ricordava di aver mai pianto così tanto in vita sua, non ricordava un solo giorno trascorso senza la consapevolezza di non essere stata capace di fare qualcosa.
Cecità permanente.
Cosa avrebbe potuto dirgli? Come avrebbe potuto affrontarlo?
<< Non ci sei riuscita, vero? >>
Non hai mantenuto la tua promessa.

Sasuke non era arrabbiato, semplicemente non sentiva nulla. Sfiorandosi assorto gli occhi perennemente bendati non seppe se sentirsi stupido per averle creduto e aver risposto la sua fiducia in lei, o se sentirsi semplicemente.. vuoto.
Privo di emozioni.
Sakura seppellì il volto fra le mani. << Mi dispiace >> singhiozzò flebilmente. << Mi dispiace, Sas'ke-kun >>
Mi dispiace per averti illuso. Mi dispiace per non essere più venuta. Mi dispiace per tutto.
Sasuke sospirò, sentendo che una folata di gelido vento gli sferzava in faccia.
<< Non importa…>>
Non le avrebbe detto di averci creduto davvero, non le avrebbe detto di sentirsi improvvisamente vuoto e privo di ogni emozione, non le avrebbe detto che la sua presenza gli era mancata come l'aria nei polmoni. Non le avrebbe detto niente.
Perché non importava.
<<... che senso ha la mia esistenza, in fondo? >>
Se non riesco a vedere con i miei occhi.
Fu doloroso.
Il pugno che lei gli assestò gli fratturò lo zigomo e lo spedì contro la colonna, inclinandola. Sasuke, tirandosi su, non le disse niente. Si tastò solo il labbro dolorante, esalando un sospiro frustrato. Si sarebbe sorpreso, non avrebbe mancato di dirle che era lui quello malato, che lei era il medico, che si era appena fatta viva dopo mesi di assenza. Le avrebbe detto qualcosa riguardo a quel pugno esageratamente doloroso, se lei non avesse cominciato ad urlare:
<< Non dire così! >> tutto il corpo di Sakura esprimeva rabbia, disperazione, frustrazione. Sasuke lo sentiva, oramai. Lo capiva, riusciva a vederlo.
<< Non dire mai più una cosa simile! >>  gli si gettò su una spalla, il cuore che le martellava in petto, le lacrime sull'orlo delle ciglia. << T-Tu sei Sas'ke-kun e basta! Non importa cosa tu abbia fatto o che ti sia successo, tu rimani Sas'ke-kun! >> singhiozzò. << A me e Naruto basta questo. Non importa nient'altro, non importa se non riesci a vederci, non importa niente! Tu rimani Sas'ke-kun! >>
Non importa se non riesco a guarirti.
Non importa se non riesci a vedermi.

Sasuke l'ascoltò singhiozzare sulla sua spalla, disperatamente, aggrappandosi alla sua maglia, mormorandogli di non andare mai più via.
Non fece nulla per allontanarla, ma non si azzardò nemmeno a sfiorarla con un dito. Rimase lì ad ascoltarla e basta. Sentiva i suoi singhiozzi infrangersi contro le orecchie, i suoi ansiti e il respiro pesante. Sakura era lì, e piangeva.
<< Farò qualsiasi cosa >> la sentì sussurrare. << Qualsiasi cosa >> gli disse, fra i singhiozzi. << Ti rimarrò accanto Sas'ke-kun. Io posso.. insegnarti... >> a vivere. << Posso insegnarti.. >> ad amare.
Posso insegnarti a vedere.
<< Insegnamelo >>
Bastava soltanto quello, Sasuke lo sapeva. Soltanto quella parola.
E Sakura lo vedeva, una volta alzato il capo. Lo vedeva, riusciva a leggerlo nei suoi occhi spenti, nascosti da quelle bende. 
Insegnami a vedere.

<< Diventa i miei occhi. >>

 

 **

 
Era stato strano all'inizio.

Farsi toccare da qualcun'altro.
Lei lo aveva sempre curato con delicatezza, togliendogli le bende, ma mai osando sfiorare anche una sola parte del suo corpo. Quasi avesse avuto paura.
Adesso invece lo toccava, lo sfiorava. Sasuke sentiva le sue mani, piccole e, oh, morbide, che gli stringevano il braccio, che lo guidavano lungo la casa, a volte lungo il giardino.
Sasuke non vedeva più il buio, aveva imparato a guardare le cose in modo diverso. Ed era tutto merito suo.
Non l'avrebbe mai ammesso davanti a lei, ma era bello riuscire finalmente a non sentirsi un peso. Era bello riuscire a ricordare come fosse ruvida la corteccia, come fosse fredda e limpida l'acqua del laghetto nel giardino, come fosse inebriante e saporito l'odore del tè che lei preparava ogni giorno.
Era bello riuscire ad immaginare il suo sorriso felice, sentire il suo sguardo addosso - perché lui sapeva che lei lo guardava, sempre -, era bello tornare a sentire le cose. Non come prima, perché lui non riusciva più a vederle, ma in modo diverso. L'udito, l'olfatto, il tatto.
Lei gli aveva insegnato che non servivano solo gli occhi, che avrebbe potuto vedere ciò che lo circondava in modo diverso, in un modo tutto suo. E Sasuke lo stava imparando, piano piano. A volte ricadeva nel buio, nella disperazione e nella frustrazione, ma bastava sentirla piangere, sentirle dire che sarebbe andato tutto bene, che Sasuke tornava a galla, sapendo che lei sarebbe stata lì ad aspettarlo.
Era bello, semplicemente.
<< Smettila di guardarmi >>
<< Sei bellissimo >>

Dopo quelle parole, pronunciate in un giorno umido e piovoso, certi gesti erano diventati naturali, semplici, essenziali nella loro routine quotidiana. Sasuke non le diceva mai niente quando lei poggiava delicatamente la testa sulla sua spalla e sospirava, quando lei gli accarezzava i capelli scuri, quando lei gli sfiorava assorta gli occhi chiusi, circondati da occhiaie profonde e scure, cambiandogli le bende. Non pensava di essere bellissimo, ma Sakura gli dava sempre prova del contrario.
La lasciava fare e basta, perché Sakura era diventata una presenza talmente essenziale e necessaria nella sua esistenza da non riuscire a concepirne un giorno senza. Sasuke non riusciva ad immaginarsi un giorno senza il peso della sua nuca sulla sua spalla, senza la carezza delicata delle sue dita sui suoi occhi o fra i suoi capelli. Senza il suono della sua risata, gioiosa e piacevole, e senza l'odore del suo profumo, sempre così dolce e inebriante.
Lei ora parlava spesso, di cose del tutto insignificanti e assurde, ma Sasuke non riusciva più a trovare la sua voce noiosa e petulante. Sakura gli parlava del suo lavoro, di Naruto e di come tutti quanti, dietro quelle quattro mura, stessero cercando di costruirsi una vita propria.
Di come ogni cosa stesse cambiando, e Sasuke allora in certi momenti si chiedeva come mai, in quella casa, il tempo sembrasse fermarsi.
Sakura gli parlava, gli raccontava ogni cosa, con voce dolce e semplice, perché lui non doveva immaginarsi, lui doveva ricordare. Lui doveva ricordare come fosse bello tornare a mettere piede fuori quella casa, come fosse bello camminare per le vie di Konoha, passare davanti all'Accademia e sentire i bambini urlare e giocare. Lui doveva ricordare, semplicemente.
E lei sembrava aiutarlo, con le sue carezze, i suoi sorrisi e i suoi gesti semplici.
E Sasuke non voleva dare un nome a ciò che sentiva ogni volta che lei, ogni giorno di ogni settimana, gli si sedeva accanto e gli sorrideva.
Se lo avesse fatto, sarebbe stata una cosa troppo grande per entrambi.

 

 **

 
<< Va tutto bene. >> gli diceva lei, e gli sorrideva.
E Sasuke la sentiva.

 

 **

 
Lei profumava.
Non la vedeva, non ci riusciva, non ricordava - ma lei profumava. Non un profumo pungente, o esageratamente forte. Tutt'al più era una fragranza dolce, delicata. Era un odore che gli pizzicava le narici non appena sentiva il fusuma dell'ingresso scorrere, non appena lei gli si avvicinava un poco e lo toccava, non appena si muoveva.
Era qualcosa di appena palpabile, ma col tempo Sasuke aveva imparato ad associare quella fragranza solo alla sua persona. Solo lei profumava in quel modo dolce e delicato.
Era solo lei.
C'era stato un giorno in cui si era precipitata nel porticato in tutta fretta, ansimando per la corsa, la voce spezzata. Era raro, perché Sakura era sempre calma e tranquilla ogni volta che veniva a fargli visita, si prendeva tutto il tempo possibile.
<< Sas'ke-kun! >> squittì, gettandosi sul pavimento, alla sua altezza.
Sasuke, appoggiato alla colonna, alzò il capo in direzione della voce che lo chiamava. Non riuscì a trattenersi, le sue labbra si piegarono in un accenno di sorriso. Non le disse niente.
<< Tsunade-sama.. >> ansimò, ancora provata dalla lunga corsa. << Tsunade-sama ha allentato la sorveglianza! >> aggiunse e gli posò una mano sul braccio. << Puoi uscire Sas'ke-kun! Puoi uscire! >>
Via.
<< Beh.. puoi uscire scortato da qualcuno.. ma puoi uscire! >> e a Sasuke non servì vederla per capire che stava sorridendo. << E'.. fantastico! >>
Sasuke solo in quel momento si rese conto di quanto Sakura dovesse aver fatto pressioni sull'Hokage e sull'intero consiglio degli anziani, quanto dovesse aver faticato e sudato.
Avrebbe voluto ringraziarla ma la verità era che era ancora troppo scioccato dalla notizia per azzardarsi a pronunciare anche una sola parola.
Dove vuoi andare?
<< Dove vuoi andare, Sas'ke-kun? >>
Non doveva neanche dirle qualcosa, lei lo capiva prima. Era così. Semplicemente.
Accennò un sorriso.
Fuori di qui.

 
**

 

Era stato strano anche quello.
Rimettere piede fuori casa, o comunque al di fuori di quelle quattro mura dove aveva trascorso - secondo ciò che lei gli aveva detto - l'ultimo anno della sua vita, era stato incredibilmente strano.
Ciò che riusciva a sentire, a percepire, soltanto attraverso il giardino che circondava la sua abitazione non era niente comparato alla realtà con cui si trovò a cozzare, una volta fuori da Villa Uchiha.
La verità era che si era sempre abituato a girare in spazi stretti, alla poca luce, si era sempre abituato alle piccolezze. Fu quasi un trauma ritrovarsi - tutto d'un tratto - fuori da quella prigione. Era tutto diverso.
L'aria era diversa, i suoni, gli odori - più aspri, meno delicati, meno lei -, persino il cinguettio degli uccellini era più nitido. Era tutto più reale, vero, vivo.
Era stato chiaro, diretto e coinciso. L'unico luogo che avrebbe voluto visitare per primo non sarebbe né stato il mercato di Konoha, né l'Accademia, né il campo d'addestramento - sui quali lei non aveva fatto altro che riempirgli la testa a suon di parole.
Era solo uno il posto che voleva vedere, dopo di ché avrebbe potuto anche tornarsene a casa e restarci per sempre. A lui non avrebbe fatto differenza.
Camminavano piano e Sasuke non si era neanche lamentato della stretta rigorosa che gli circondava il braccio. Sapeva che Sakura stava gongolando come un idiota - si sarebbe sorpreso del contrario, piuttosto - ma non le aveva detto niente lo stesso. Sakura gli stringeva il braccio e lo guidava lentamente, passo per passo, fuori dai quartieri Uchiha, fuori dal villaggio, vicino alla foresta.
Sasuke sentiva il calore tiepido del sole sulla pelle, una brezza piacevole scompigliargli i capelli. Era bello poter tornare a respirare.
<< Siamo arrivati >>
Era buio, nero, scuro. Era sempre stato così, ma per qualche strana ragione Sasuke ora vedeva bianco.
C'era il rumore delle onde che si infrangevano contro la battigia, i loro passi sul pontile, la brezza che scuoteva loro i capelli. E il silenzio.
Sakura non parlava questa volta, non riempiva il silenzio di parole. Non c'era nulla da dire, in fondo.
Sasuke era lì, con lei, su quel pontile dove ricordava aver trascorso tutta la sua infanzia.
Bastava quello.
Sakura avrebbe pianto di felicità, se avesse potuto.

<< Lo vedi, vero? >>
Li vedi i riflessi del sole sul fiume? Li vedi i ciliegi sulla sponda? Lo vedi il cielo azzurro? Riesci a vedere la mia felicità, Sas'ke-kun?

<< Sì >>
Le lacrime erano lì, sull'orlo delle ciglia, e Sakura le tratteneva a stento. Si chiese se si potesse mai provare una tale sensazione di intimità solo stando l'uno fianco all'altra, a godersi il vento di quella giornata di primavera. Si chiese se lui riuscisse a sentirla come lei sentiva lui. Se lui riuscisse a vederla.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?
<< E'... >>
Non riusciva a trovare le parole. Sasuke ricordava tutto, alla perfezione. Era come un dipinto. Quel paesaggio era scolpito dentro di sé e lei riusciva a riportarlo alla sua mente. Lo vedeva attraverso i suoi occhi.
<< .. bello? Sì, lo è, Sas'ke-kun. >>
Tanto.
Poi qualcosa planò sulla sua spalla e Sakura, vedendolo alzare un poco un braccio, si avvicinò di due passi, sorridendo. Sasuke si rigirò fra le dita quel piccolo oggetto, tastandolo, saggiandolo piano. Era piccolo, delicato, morbido. E profumava.
Sakura sorrise ancora di più. << E' arrivata la primavera, vero? >> chiese lui, con voce assorta.
<< Sì >> sussurrò lei. << E' primavera, e quello è un- >>
<< Ha il tuo stesso odore >>
Sakura.
Fiore di ciliegio.
Lasciò che le braccia le ricadessero lungo i fianchi, inermi. Lasciò che le lacrime le rigassero le guance, nonostante si fosse ripromessa più volte che mai avrebbe pianto di nuovo in sua compagnia. Lasciò che il cuore le martellasse in petto, forte, quasi volesse squarciarglielo.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?
Sakura sorrideva fra le lacrime.
Ti guarirò io. Tornerai a vedere. Ce la farò. Ci riproverò. Posso farcela. Te l'ho promesso. Guardami. Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?

<< Piantala di piangere >>
Sakura non smise di piangere, neanche quando lui le sibilò di farlo. Scoppiò piuttosto a ridere, e corse più avanti.
Sasuke sentì i suoi passi rimbombare sul legno del pontile, sentì la sua risata scrosciante invadergli le orecchie. Sentì il suo sguardo addosso, forse era rossa d'imbarazzo e gioia.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?

Strinse fra le dita il petalo, in una morsa ferrea.
No.

 

**

 
<< Sakura-chan! >>

<< Naruto, che succede? >>

<< Sakura-chan… Sas'ke! Sas'ke... >>

<< Cosa? Cosa è successo?! >>

<< Sas'ke è all'ospedale! E' stato ricoverato d'urgenza! >>

 

 **

 

C'erano state notti che Sakura aveva trascorso fra i singhiozzi, consumati nel buio della sua stanza e soffocati contro ai tomi medicina. Niente l'aveva mai provata tanto più della consapevolezza che lei per il suo Sasuke non era mai stata d'aiuto, che tutti i suoi sforzi non erano serviti mai a niente. Perché Sasuke aveva sempre rigettato il suo aiuto, perché lei mai era stata capace di donargli qualcosa di concreto e vero oltre che il suo amore.
Si era illusa nella speranza di potergli ridare la vista, di poterlo far tornare come prima, di poter far tornare tutto come prima, pur sapendo che mai niente sarebbe tornato come prima.
Cosa fai, tu, per Sas'ke-kun? A cosa serve la tua presenza se neanche riesci a stargli accanto?

Sasuke era vivo, stava bene. Ma allora perché lei sentiva che ogni certezza coltivata nelle settimane precedenti si stava lentamente dissolvendo? Perché la sua presenza non era riuscita a colmare il vuoto dentro di lui? Perché doveva continuare a farsi del male?


<< Tsunade-sama! Me lo lasci vedere, la prego! >>

<< E' molto stanco Sakura. Deve riposare >>

<< Ma… io... posso fare qualcosa, lo so...! >>

<< Ha usato lo Sharingan, Sakura >>

Non aveva potuto fare niente.
Si era morsa le labbra a sangue e aveva seguito gli ordini della sua maestra, tornandosene a casa e cercando di trattenere per il tutto il tragitto le lacrime di disperazione, frustrazione e rabbia che le avevano inumidito gli occhi.
Non era riuscita neanche a vederlo, ma Sakura sapeva che non avrebbe fatto alcuna differenza. Lui era cieco, non l'avrebbe potuta vedere. Se l'avesse vista non l'avrebbe fatto.
Chiudendosi dietro la porta della sua stanza, Sakura si accasciò sul pavimento, singhiozzando e chiedendosi perché, perché, ogni cosa avesse dovuto prendere quella piega se fino al giorno prima stava andando tutto bene. Perché fosse successo se lei aveva fatto tutto, ogni cosa possibile, affinché lui non si sentisse solo, in balia del buio. Si chiese perché lei non riuscisse a smetterla, perché non riuscisse a liberarsi da quella costrizione che per tutti quei mesi l'aveva portata al suo cospetto ogni singolo giorno. Perché non riuscisse a fare a meno della sua presenza, silenziosa e appena percepibile; perché continuasse a soffrire nonostante il suo amore, e l'amore non era qualcosa di triste, Sakura lo sapeva. E allora perché stava soffrendo? Perché dovevano continuare a soffrire?
Si chiese perché non riuscisse a smettere di amarlo come il primo giorno.
Sarebbe stato più facile, sicuramente.
Ma la verità era che Sakura, pur con tutta la volontà di questo mondo, non ci sarebbe mai riuscita. I sentimenti che provava per Sasuke erano lì, nel suo petto, e spesso facevano male più di mille kunai messi assieme. Ma Sakura avrebbe patito, avrebbe potuto soffrire ancora. Avrebbe resistito, pur di vederlo sereno come il giorno prima. Nessuna lacrima avrebbe potuto eguagliare la felicità di vederlo finalmente felice.
Avrebbe dato ogni cosa, ogni singola fibra del suo essere, per lui.

 

 **

 
<< Perché lo hai fatto? >>
Quel giorno pioveva.
Era Marzo - Naruto glielo aveva ricordato due giorni prima, all'ospedale - ma per qualche strana ragione Sasuke ancora non si era abituato a sentire la pioggia. Forse perché a Konoha non pioveva mai.
L'aria di quel giorno era satura d'umidità, faceva quasi freddo, lì fuori sull'engawa. Sasuke sentiva le goccioline picchiettare sul terreno, sentiva il respiro condensarsi nell'aria, l'umidità penetrargli nelle ossa.
Piangeva sicuramente.

Sasuke vi avrebbe scommesso tutto ciò che aveva.
Lei stava piangendo.
<< Perché? >>
Sentiva anche il suo respiro affannato, il battito frenetico dei suoi denti - era bagnata. Sarebbe riuscito anche a sentire il tremore delle sue mani, abbandonate lungo i fianchi morbidi.
Sakura piangeva dietro di lui, e lui non le diceva niente.
<< Sas'ke-kun…! >>
C'erano stati dei giorni - lo ricordava ancora adesso - in cui la presenza di Sakura, le sue lacrime, non avevano fatto altro che infastidirlo e tediarlo sempre più del dovuto. Sakura piangeva sempre quando era con lui.
Non era qualcosa di voluto, lo sapeva; era sempre lui a farla piangere. Era sempre lui a toglierle il sonno, a toglierle il respiro, era sempre lui a privarla di una vita normale. Non meritava Sakura, e non meritava tutte le sue lacrime.
Avrebbe dovuto spenderle per qualcun'altro, sarebbe stato più saggio, più opportuno. Se lei lo avesse dimenticato sarebbe stato meglio per entrambi, per lei.
Lui non meritava le sue lacrime.

Ma Sasuke era egoista, lo era sempre stato, e quando lei piangeva non poteva fare a meno di pensare che piangesse per lui. Non importava se piangeva per dolore, o per gioia - ed era capacissima di farlo. Sakura piangeva in quel modo soltanto per lui. 
Sakura piangeva per lui, rideva per lui, arrossiva e parlava per lui. E Sasuke non riusciva a non sentirsene assuefatto.
Lei non glielo aveva più detto, in fondo.
Di amarlo.
<< Io.. >>
Sakura era ancora in piedi. Ciocche di capelli bagnati le si incollavano al volto, gli abiti gocciolavano sull'engawa, batteva i denti. E tremava, in attesa.
Tanto.
<<...  non riesco più a ricordarti >>
Fu come se qualcuno le avesse trafitto il petto.
Lo Sharingan ha il potere di creare illusioni.

Fu più forte di lei.
Nonostante si fosse ripromessa che mai avrebbe pianto di nuovo innanzi a lui, le lacrime erano lì, e le rigavano le guance. Sakura riuscì soltanto a singhiozzare, lasciandosi cadere per terra.
Non si ricordava più di lei.
Non era un dolore veramente fisico il suo, eppure allo stesso tempo era come se lo fosse. Sakura sentiva il cuore che si spezzava, sentiva le viscere torcersi nel ventre.
Sasuke.

<< Mi hai detto che posso riuscire a vedere le cose in modo diverso >> Sasuke non la guardava, non era a lei che era rivolto il suo capo. << Vorrei solo.. >> sussurrò. <<... ricordarti >>
Sbarrò gli occhi.
Il suo tocco.

Non erano lacrime di sofferenza le sue, non lo erano mai state sin dall'inizio. Piangere era l'unico modo che conosceva per poter esprimere ciò che provava per lui, non c'erano altri modi.
<< V-Vuoi... >> rantolò. << ...toccarmi..? >>
Sasuke, anche con gli occhi nascosti dietro le bende, anche se lei non riusciva a vederli, si voltò e annuì, pacato.                                                                                                                           
Assorto.                                                                                                                                                    
E Sakura si sentì semplicemente esplodere, perché non c'era altro modo per definire il caleidoscopio di emozioni che l'aveva travolta, al suo gesto.
Sasuke.
Fu lei ad afferrargli la mano e a portarsela al viso.
Toccami.
Fu lei ad avvicinarsi.
Per favore.

Era sempre stata lei a toccarlo. Sempre.
Ma per qualche strano motivo Sasuke sentiva che ciò che stava facendo non era sbagliato.
Non era sbagliato risalire dai suoi fianchi, rotondi e, oh, morbidi, e saggiare la linea della sua schiena, con delicatezza, sentendola irrigidirsi sotto al suo tocco. Non era sbagliato sfiorarle le spalle, e sentirla singhiozzare sotto la stoffa bagnata dei suoi abiti. Non era sbagliato sfiorare le sue gambe con le proprie, attrarla più a sé, accarezzarle i capelli umidi, lunghi e setosi.
Sakura era sopra di lui e Sasuke non la sentì mai così tanto come altre volte. Non era più il pallido ricordo di una dodicenne, vivace e dalla risata squillante, né la giovane ragazza dallo sguardo duro e dalla forza sovraumana.
Sakura era sopra di lui e Sasuke la sentiva donna, morbida e viva come non mai.
Fu lei ad abbracciarlo completamente, a premersi la sua nuca contro il collo e a stringere forte i denti, nel tentativo di soffocare un singhiozzo. Fu lei ad aggrapparsi alle sue spalle, a carezzargli i capelli, e Sasuke sentì le sue dita fresche e affusolate che gli sfioravano la nuca.
Toccarla, sentirla vicino a sé, riuscire ad immergere una mano fra i suoi capelli umidi di pioggia, tastare la morbidezza della sua pelle, la rotondità delle sue forme. Sakura era diversa, era donna, e Sasuke non riuscì a dispiacersene.
Erano gesti semplici, essenziali, come loro. Ma Sasuke, gli occhi nascosti dietro le bende, riuscì a vederla. Riuscì a ricordarla.
Era un dipinto perfetto, un immagine che si formò nella sua mente. Sakura era lì, e lui la stava toccando.
Sakura.
Gli venne semplicemente spontaneo premere le labbra contro il suo collo, odorarne il profumo e perdervici dentro; far risalire la sua mano e sfiorarle una guancia, sentendo i polpastrelli inumidirsi sotto le sue lacrime.
Sasuke semplicemente gliele asciugò, con goffa gentilezza, e Sakura chiuse gli occhi quando lui poggiò la fronte contro la sua.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?
Era tutto maledettamente perfetto, normale, semplice. Odorare il suo profumo, sentire il suo respiro ansante. Sfiorarle il viso, la curva del naso, le palpebre degli occhi, le ciglia lunghe e folte, le labbra. Era normale. Lei lo era.
E lei avrebbe potuto anche non dirlo, lo sapevano entrambi. Perché lui lo sapeva. Non servivano le parole, lui lo aveva capito.
<< Ti amo >>
Fuori aveva ricominciato a piovere.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?

E a lui non servì vederla. Sakura era lì.
E, saggiando quelle parole, piano, sentendole dentro; le sfiorò una guancia con un dito, prima di chinare il capo e cercare le sue labbra.

<< Insegnamelo. >>


***

<< Sas'ke-kun? >>
Bende che cadono.
<< E' arrivata la primavera, vero? >>
Sakura sorride, e gli accarezza la guancia con un petalo.
<< Sì. >> sussurra lei. << E' primavera. >>

 

 

FINE

 

 

 

NdAfinali: “Oshiete Kure”, dal giapponese, significa “Insegnami, per favore”. I fusuma sono le porte scorrevoli delle case giapponesi così come l’engawa è il tipico porticato che le circonda.

- Commento di jennybrava (E di chi se no?):
Come ho già scritto sopra, stento ancora a credere di essermi classificata prima a questo splendido contest. E' una soddisfazione, è un po' un onore, perché credo che tutti voi oramai sappiate quanto sia Black io, nel profondo del mio cuore. 
Inoltre, vi voglio tutti qui: Unexpected, di Pandina Chan, è una SasuSaku stupenda che per una serie di sfortunati eventi non è riuscita a partecipare al concorso. Leggetela, amatela e recensitela. ♥
Infine (ce la faremo?) un grazie anche ad Ainsel per le belle parole, il giudizio anche troppo gentile e l'impegno che ha messo nella realizzazione di questo splendido contest, assieme a Terrina che purtroppo si è dovuta ritirare dal compito di giudice per problemi personali. ♥
Ora dopo aver ringraziato tutti (neanche fossimo ad un matrimonio), dopo aver inserito una quantità spropositata di cuoricini, dopo essermi resa conto di aver scritto un papiro, mi congedo e me torno degnosamente al mio fluff da voltastomaco. ♥
Mi inchino al vostro giudizio. 
Shannaro!

Recensioni no jutsu! ♥
   
 
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