Lei era entrata in
casa sua per la prima volta in
una giornata fredda, nuvolosa e grigia e Sasuke aveva percepito
chiaramente il
sapore del vento sulle sue labbra, una volta che aveva sentito i suoi
passi
leggeri sull'engawa.
<< Chi va là? >> aveva detto,
ritraendosi d'istinto.
<< Sa'ske-kun >> aveva risposto lei, e il
cuore gli era saltato
quasi in gola. << Ciao >>
Poi era iniziato tutto.
Non
faceva mai rumore.
Sembrava sempre un pallido fantasma venuto a volteggiargli attorno,
un'ombra
nella sua vita che lo guardava dall'alto. Non
faceva alcuna faccenda domestica, a volte aerava un po' le stanze, ma
spesso si limitava a fare il suo lavoro, a sederglisi accanto e stare
in
silenzio, magari agitando le gambe come una bambina.
Una folata di vento lo investì in pieno e seppe che era
arrivata.
<< Sas'ke-kun >> Sakura gli sorrise nel
buio, accucciandoglisi
accanto. << Come stai oggi? >>
<<
Meglio >>
Non parlavano fra loro, nemmeno un poco. Solo qualche frase di
circostanza. Poi
lei andava via, e tornava la settimana successiva, o tre giorni dopo, o
due.
Dipendeva, spesso dalla condizione dei suoi occhi.
Non
vedeva.
**
<<
Come stai oggi? >>
<< Meglio >>
Come sempre.
Non riuscire a
vedere si era rivelato fastidioso,
sin dall'inizio. Sasuke si era dovuto abituare all'idea di non poter
mai più uscire
di casa - e non era solo colpa della stretta sorveglianza da parte
degli AMBU
-, di non poter mai più osservare il cielo azzurro, o la
pioggia di quei mesi
autunnali.
Col tempo aveva imparato a cavarsela da solo, a girare per casa senza
dover per
forza inciampare in qualsiasi oggetto; a cucinarsi e a vestirsi da solo.
Non
aveva voluto l'aiuto di nessuno.
Spesso Naruto veniva a trovarlo, qualche volta anche Kakashi, ma Sasuke
non
riusciva a non sorprendersi ogni volta, ripensando a quante volte fosse
lei
quella a venire ad importunarlo. Nella calura estiva, nella frescura
autunnale,
lei era lì.
"Chi ti ha mandato qui?" le aveva chiesto, gelido,
in un
giorno d'estate. Lei aveva sorriso. "E' stato un ordine di
Tsunade-sama."
La sua presenza non era esattamente fastidiosa, ma Sasuke non riusciva
a
trovarla propriamente accettabile. Era vero che non parlava mai, che si
limitava a fare il suo lavoro, per poi sederglisi accanto in silenzio
per un
po' ed andare via mormorando un "A presto, Sas'ke-kun".
Ma lui non si sentiva a suo agio.
Perché lei lo guardava, spesso e volentieri, e i suoi occhi
gli infondevano una
sensazione strana. Inadeguatezza, frustrazione.
Non gli piaceva la sua compagnia.
E Sasuke si diceva che prima o poi anche lei se ne sarebbe stancata.
**
Sembravano due estranei.
Di quei ricordi, di quel passato che appariva talmente lontano e
sfocato, non
vi era più traccia.
Naruto era rimasto sempre il solito, anche dopo tutto quello che era
successo.
Era lei quella diversa. Era lei quella che sembrava distante.
Sasuke lo aveva capito solo tempo dopo.
Non le aveva mai detto niente, niente era mai stato accennato fra loro.
Sasuke
immaginava lei che si confidava con Naruto e ogni volta che Naruto
veniva a
trovarlo e gli chiedeva di lei, lui rispondeva sempre con un "Come
al
solito"
Non voleva dispiacersene, non era esattamente
così. Era semplicemente
perplesso.
Perché Sakura nei suoi ricordi di bambino era la ragazzina
pazzamente e
follemente innamorata di lui, che accorreva la notte per confessargli
il suo
amore e supplicarlo di portarla con sé.
Non ricordava una Sakura così.
<< A presto, Sas'ke-kun >>
Sentendo i suoi passi farsi lontani, Sasuke si sdraiò
sull'engawa e ascoltò il
cinguettio degli uccellini, chiedendosi distrattamente se lei
continuasse, in
un qualche strano modo, a provare ciò che anni prima gli
aveva confessato con
tanto ardore.
**
Era di notte che
Sasuke concedeva alla sua maschera di allentarsi un 'attimo.
Era di notte che Sasuke apriva i suoi occhi spenti, grigi, e
si osservava
attorno, vedendo solo il buio più nero.
**
Lei gli parlò a
Luglio, in una giornata come le altre, e Sasuke non poté
fare a meno di sorprendersene.
<< Sas'ke-kun. >> gli disse, riponendo le
vecchie bende in un
sacchetto. << Buon compleanno >> aggiunse.
<< Kakashi-sensei
e Naruto si scusano molto. Non sono riusciti a farti gli auguri in
tempo, sono
in missione >>
<< Non importa >> sussurrò,
sfiorandosi gli occhi spenti da sopra
le bende pulite.
Non lo mostrava mai.
Non mostrava mai quanto gli pesasse non riuscire a vedere
niente, quanto
gli pesasse dover celare i suoi occhi dietro quelle bende, quanto fosse
frustrante non poter riuscire neanche a vedere ciò che lo
circondava, il giorno
del suo diciottesimo compleanno.
Non lo mostrava.
<< Desideri qualcosa in.. ? >>
Odiava che lo compatissero. Odiava che, adesso, lei fosse lì
con lui.
<< No, va bene così >>
<< Ne sei sicuro? >>
<< Va bene così,
Sakura
>>
Sakura si irrigidì, stringendo forte il marsupio con i suoi
attrezzi da lavoro.
Si morse l'interno della guancia. << Come vuoi
>> disse, in un
sussurro.
Sasuke sentì i suoi passi allontanarsi fino a sparire del
tutto, e quando udì
il fusuma dell'ingresso chiudersi definitivamente, sospirò e
poggiò il capo
contro la colonna del portico, certo che quella sarebbe stata l'ultima
volta
che l'avrebbe vista.
**
Lei
tornò quella sera.
Gli si sedette accanto, una tazza di tè in mano.
<< Buon compleanno >> sussurrò,
prima di sorridergli e guardare il
tramonto.
**
Lui non
parlava mai molto.
Anche da
quel giorno.
Non che parlassero poi tanto, alla fine, ma era sempre a lei a riempire
con
qualche parola i loro interminabili silenzi.
E ora lei non si limitava a fare il suo lavoro.
Girava per casa, Sasuke riusciva a sentire i suoi passi avanti ed
indietro sull'engawa,
a volte nel giardino davanti. Sakura parlava, qualche volta, e spesso
Sasuke
non ascoltava proprio ciò che diceva, piuttosto si
concentrava sul suono della
sua voce.
La voce di Sakura era sempre calma e tranquilla. Non era precisamente
dolce, o
gentile, non era come ricordava, ma era comunque
tranquilla.
<< Ti ho mentito >>
Sakura gli sedeva accanto, ben distante. Fuori aveva appena smesso di
piovere e
lo shishiodoshi gorgogliava appena, sul laghetto vicino al muro.
Le palpebre di Sasuke fremettero, nascoste dietro le bende. Avrebbe
detto
qualcosa, forse, ma Sakura riprese parola con voce ferma ma timida.
<< Non è stata Tsunade-sama a darmi l'incarico
di visitarti >> gli
disse. << L'ho chiesto io >>
La verità era che Sakura, pur con tutta la
volontà, mai avrebbe concepito
l'idea che qualcuno di estraneo a loro si potesse
occupare di Sasuke.
Perché solo lei riusciva a capirlo, solo
lei riusciva a vederlo,
solo lei lo conosceva.
Sakura era cresciuta, era diversa. Non era più la dodicenne
invaghita di un
paio di begli occhi. Se lo fosse stata, mai sarebbe riuscita in un
qualche
strano modo a mettere al primo posto il suo lavoro come semplice medico
piuttosto che ciò che la legava al ragazzo che le sedeva a
fianco.
Ma in quel momento Sakura, scrutando di sottecchi la figura di Sasuke,
si sentì
trasportare indietro nel tempo, tornando nelle vesti della dodicenne
che
arrossiva al cospetto del ragazzino che le piaceva.
Era sempre stato così in fondo. Sasuke aveva sempre avuto il
potere di
influenzarla in un modo quasi assurdo, bastava una sua parola e il suo
mondo
andava in mille pezzi. Anche in quegli attimi, nella trepidante attesa
che lui
dicesse qualcosa, Sakura pensò che sarebbe bastato un cenno
e lui avrebbe
potuto chiedere una sostituzione.
Non aveva mai dimostrato, in fondo, di apprezzare particolarmente la
sua
compagnia.
Sasuke.
Lo vide alzare il capo, una gamba ripiegata al petto e l'altra a
penzoloni
oltre l'engawa.
Poi lo disse.
<< Non importa >>
E Sakura nascose le lacrime, sorridendo al cielo.
**
Era stato ad
Ottobre.
Lei aveva sorriso e Sasuke non era più riuscito a mentire a
se stesso.
**
Aveva
imparato i suoi orari.
Non che fosse proprio importante, ma
Sakura da quel giorno aveva preso l'abitudine di
piombare in casa sua
più volte a settimana, anche senza uno scopo preciso.
Era maledettamente puntuale quando si trattava dei controlli, sempre
precisa,
quasi insopportabile. Ma non riusciva a non sorprenderlo quando sentiva
i suoi
passi leggeri cigolare sul legno dell'engawa, in un giorno a caso.
Quando lei
delicatamente - chiedendogli sempre il permesso con voce fine - si
inoltrava
nella cucina per preparare un po' di quel tè che lui
rifiutava sempre.
Non riusciva a non trovarlo strano, sorprendente.
Semplicemente non
capiva perché lei preferisse trascorrere interi pomeriggi
con lui, in quella
casa vuota, fredda, spoglia, piuttosto che dedicarsi ad altre
attività. Perché non si
limitasse a svolgere il suo
lavoro.
Non la ignorava più - non ci riusciva,
rispondeva sempre alle sue
domande, ma il più delle volte era lei a parlare, se parlava. Era sempre seria,
ultimamente. La sua voce sembrava
essere sempre più roca e quando una volta aveva percepito
chiaramente come lei
fosse mancata e come si fosse dovuta appoggiare alla colonna per
sostenersi,
non era riuscito a fermarsi e le aveva chiesto se stesse bene. Lei era
sobbalzata e con voce flebile gli aveva detto di sì, prima
di dileguarsi in
fretta.
Prima di rendersene pienamente conto, Sasuke vi aveva fatto
l'abitudine.
Aveva imparato a riconoscere il suono dei suoi passi lungo i corridoi,
diverso
da quelli di Naruto, o degli AMBU, o di qualche altro assistente
medico. Aveva
imparato a riconoscere il modo delicato che aveva di bussare al fusuma
d'ingresso - così diverso
da quello
di Naruto o di chiunque altro - prima di aprirlo. Non sapeva se
sorridesse
qualche volta, o se piangesse - perché sembrava sempre
così calma -, ma a volte
si ritrovava ad immaginarsela. A sognarla.
Si era abituato alla sua presenza, semplicemente. Alla sua voce, ai
suoi
discorsi, a lei.
A Sakura.
Fu quando lei sparì, prima una settimana, poi una
seconda, poi una terza;
fu quando un altro medico lo chiamo "Uchiha-san"
per la prima
volta dopo mesi; fu quando si scoprì a
cercare la sua voce, i suoi
gesti, i suoi silenzi in qualcun'altro, che Sasuke si rese conto che
lei gli
era semplicemente entrata dentro.
**
<<
Uchiha-san, come si sente oggi? >>
Gennaio era arrivato e lei non c'era ancora.
E Sasuke si chiedeva il perché.
**
Passi sul
legno.
<< Ha nevicato? >>
Sakura sobbalzò, sgranando gli occhi e puntandoli sull'ampia
schiena seduta sul
porticato. Come aveva fatto a sentirla?
<< S-Sì >> mormorò
sommessamente. << Io.. >>
Codarda.
<< Fa freddo, non dovresti stare qui fuori
>>
Sakura si odiava. Si odiava e odiava lui.
Perché doveva comportarsi così? Perché
doveva farla sentire più in colpa?
<< Sas'ke-kun, io.. >>
Non avrebbe voluto piangere, non era andata lì per quel
motivo, non si era
ripresentata al suo cospetto solo perché lui la vedesse
piagnucolare come una
bambina in cerca di perdono. Non doveva andare
così.
Ma cosa avrebbe potuto dirgli, in fondo?
Non era così presuntuosa da credere che a lui, magari, un
po' fosse mancata.
Che magari si fosse chiesto che fine avesse fatto, come mai fosse
sparita per
quasi due mesi.
Sakura si odiava, perché era stata così
maledettamente codarda da non aver'
neanche avuto il coraggio di affrontarlo in prima persona e
confessargli che
tutto ciò che gli aveva detto, tutte le promesse che gli
aveva fatto, non erano
state altro che parole vane. Vane illusioni montatesi nella sua mente. Pura immaginazione.
<< Perché non sei più
venuta? >>
Sentì le lacrime rigarle le guance e solo in quel momento si
ricordò cosa
effettivamente l'avesse condotta nuovamente lì, dopo mesi
d'assenza. Cosa
l'avesse spinta a cercarlo di nuovo.
Le mancava.
Semplicemente, le mancava.
Le mancavano quei pomeriggi nel silenzio, le mancava poter scrutare il
suo
profilo indisturbata, le mancava parlargli sottovoce con l'assoluta
certezza
che lui la stesse ascoltando.
E quella domanda non fece altro che spingerla a darsi della stupida,
della
codarda; la spinse a chiedersi se davvero anche lui avesse sentito la
sua
mancanza. La spinse a chiedersi se fosse arrabbiato con lei, se la
odiasse, se
la disprezzasse e non volesse più vederla.
Lo avrebbe capito, comunque. Avrebbe capito ogni suo gesto, avrebbe
accettato
ogni cosa.
<< Io.. >> singhiozzò.
<< Sas'ke-kun.. mi.. mi dispiace,
davvero.. io.. >>
Ci aveva provato.
Aveva trascorso quelle lontane settimane di Novembre con la testa china
sui
libri di medicina, in cerca di informazioni, facendo ricerche,
operando,
sputando sangue e lacrime su tesi, fascicoli e cartelle mediche. Non
ricordava
di aver mai pianto così tanto in vita sua, non ricordava un
solo giorno trascorso
senza la consapevolezza di non essere stata capace di fare qualcosa.
Cecità permanente.
Cosa avrebbe potuto dirgli? Come avrebbe potuto affrontarlo?
<< Non ci sei riuscita, vero? >>
Non hai mantenuto la tua promessa.
Sasuke non era arrabbiato, semplicemente non sentiva nulla. Sfiorandosi
assorto
gli occhi perennemente bendati non seppe se sentirsi stupido per averle
creduto
e aver risposto la sua fiducia in lei, o se sentirsi semplicemente.. vuoto.
Privo di emozioni.
Sakura seppellì il volto fra le mani.
<< Mi dispiace >>
singhiozzò flebilmente. << Mi dispiace,
Sas'ke-kun >>
Mi dispiace per averti illuso. Mi dispiace per non essere
più venuta. Mi
dispiace per tutto.
Sasuke sospirò, sentendo che una folata di gelido vento gli
sferzava in faccia.
<< Non importa…>>
Non le avrebbe detto di averci creduto davvero, non le avrebbe detto di
sentirsi improvvisamente vuoto e privo di ogni emozione, non le avrebbe
detto
che la sua presenza gli era mancata come l'aria nei polmoni. Non le
avrebbe
detto niente.
Perché non importava.
<<... che senso ha la mia esistenza, in fondo?
>>
Se non riesco a vedere con i miei occhi.
Fu doloroso.
Il pugno che lei gli assestò gli fratturò lo
zigomo e lo spedì contro la
colonna, inclinandola. Sasuke, tirandosi su, non le disse niente. Si
tastò solo
il labbro dolorante, esalando un sospiro frustrato. Si sarebbe
sorpreso, non
avrebbe mancato di dirle che era lui quello malato, che lei era il
medico, che si
era appena fatta viva dopo mesi di assenza. Le avrebbe detto qualcosa
riguardo
a quel pugno esageratamente doloroso, se lei non avesse cominciato ad
urlare:
<< Non dire così!
>> tutto il corpo di Sakura esprimeva
rabbia, disperazione, frustrazione. Sasuke lo sentiva,
oramai. Lo
capiva, riusciva a vederlo.
<< Non dire mai più una cosa simile!
>> gli si gettò su una
spalla, il cuore che le martellava in petto, le lacrime sull'orlo delle
ciglia.
<< T-Tu sei Sas'ke-kun e basta! Non importa cosa tu abbia
fatto o che ti
sia successo, tu rimani Sas'ke-kun! >>
singhiozzò. << A me e Naruto
basta questo. Non importa nient'altro, non importa se non riesci a
vederci, non
importa niente! Tu rimani Sas'ke-kun! >>
Non importa se non riesco a guarirti.
Non importa se non riesci a vedermi.
Sasuke l'ascoltò singhiozzare sulla sua spalla,
disperatamente, aggrappandosi
alla sua maglia, mormorandogli di non andare mai più via.
Non fece nulla per allontanarla, ma non si azzardò nemmeno a
sfiorarla con un
dito. Rimase lì ad ascoltarla e basta. Sentiva i suoi
singhiozzi infrangersi contro
le orecchie, i suoi ansiti e il respiro pesante. Sakura era
lì, e piangeva.
<< Farò qualsiasi cosa >> la
sentì sussurrare. << Qualsiasi
cosa >> gli disse, fra i singhiozzi. << Ti
rimarrò accanto
Sas'ke-kun. Io posso.. insegnarti... >> a
vivere. << Posso
insegnarti.. >> ad amare.
Posso insegnarti a vedere.
<< Insegnamelo >>
Bastava soltanto quello, Sasuke lo sapeva. Soltanto quella parola.
E Sakura lo vedeva, una volta alzato il capo. Lo vedeva, riusciva a
leggerlo
nei suoi occhi spenti, nascosti da quelle bende.
Insegnami a vedere.
<<
Diventa i miei occhi. >>
Era stato
strano all'inizio.
Farsi
toccare da qualcun'altro.
Lei lo aveva sempre curato con delicatezza, togliendogli le bende, ma
mai osando
sfiorare anche una sola parte del suo corpo. Quasi
avesse avuto paura.
Adesso invece lo toccava, lo sfiorava. Sasuke sentiva le sue
mani, piccole
e, oh, morbide, che gli stringevano il braccio, che
lo guidavano lungo
la casa, a volte lungo il giardino.
Sasuke non vedeva più il buio, aveva imparato a guardare le
cose in modo
diverso. Ed era tutto merito suo.
Non l'avrebbe mai ammesso davanti a lei, ma era bello riuscire
finalmente a non
sentirsi un peso. Era bello riuscire a ricordare come fosse ruvida la
corteccia, come fosse fredda e limpida l'acqua del laghetto nel
giardino, come
fosse inebriante e saporito l'odore del tè che lei preparava
ogni giorno.
Era bello riuscire ad immaginare il suo sorriso felice, sentire il suo
sguardo
addosso - perché lui sapeva che lei lo guardava, sempre -, era bello tornare a sentire
le cose. Non come prima, perché lui non riusciva
più a vederle, ma in
modo diverso. L'udito, l'olfatto, il tatto.
Lei gli aveva insegnato che non servivano solo gli occhi, che avrebbe
potuto
vedere ciò che lo circondava in modo diverso, in un modo
tutto suo. E Sasuke lo
stava imparando, piano piano. A volte ricadeva nel buio, nella
disperazione e
nella frustrazione, ma bastava sentirla piangere, sentirle dire che sarebbe andato tutto bene, che Sasuke
tornava a galla, sapendo che lei sarebbe stata lì ad
aspettarlo.
Era bello, semplicemente.
<< Smettila di guardarmi >>
<< Sei bellissimo >>
Dopo quelle parole, pronunciate in un giorno umido e piovoso, certi
gesti erano
diventati naturali, semplici, essenziali nella loro routine quotidiana.
Sasuke
non le diceva mai niente quando lei poggiava delicatamente la testa
sulla sua
spalla e sospirava, quando lei gli accarezzava i capelli scuri, quando
lei gli
sfiorava assorta gli occhi chiusi, circondati da occhiaie profonde e
scure, cambiandogli
le bende. Non pensava di essere bellissimo, ma Sakura gli dava sempre
prova del
contrario.
La lasciava fare e basta, perché Sakura era diventata una
presenza talmente
essenziale e necessaria nella sua esistenza da non riuscire a
concepirne un
giorno senza. Sasuke non riusciva ad immaginarsi un giorno senza il
peso della
sua nuca sulla sua spalla, senza la carezza delicata delle sue dita sui
suoi
occhi o fra i suoi capelli. Senza il suono della sua risata, gioiosa e
piacevole, e senza l'odore del suo profumo, sempre così
dolce e inebriante.
Lei ora parlava spesso, di cose del tutto insignificanti e assurde, ma
Sasuke
non riusciva più a trovare la sua voce noiosa e petulante.
Sakura gli parlava
del suo lavoro, di Naruto e di come tutti quanti, dietro quelle quattro
mura,
stessero cercando di costruirsi una vita propria.
Di come ogni cosa stesse cambiando, e Sasuke allora
in certi momenti si
chiedeva come mai, in quella casa, il tempo sembrasse fermarsi.
Sakura gli parlava, gli raccontava ogni cosa, con voce dolce e
semplice, perché
lui non doveva immaginarsi, lui doveva ricordare.
Lui doveva ricordare come fosse bello tornare a mettere piede fuori
quella
casa, come fosse bello camminare per le vie di Konoha, passare davanti
all'Accademia e sentire i bambini urlare e giocare. Lui doveva
ricordare,
semplicemente.
E lei sembrava aiutarlo, con le sue carezze, i suoi sorrisi e i suoi
gesti
semplici.
E Sasuke non voleva dare un nome a ciò che sentiva ogni
volta che lei, ogni
giorno di ogni settimana, gli si sedeva accanto e gli sorrideva.
Se lo avesse fatto, sarebbe stata una cosa troppo grande per entrambi.
<<
Va tutto bene. >> gli
diceva lei, e gli sorrideva.
E Sasuke la sentiva.
Lei
profumava.
Non la vedeva, non ci riusciva,
non ricordava - ma lei
profumava. Non un profumo pungente, o esageratamente forte. Tutt'al
più era una
fragranza dolce, delicata. Era un odore che gli pizzicava le narici non
appena
sentiva il fusuma dell'ingresso scorrere, non appena lei gli si
avvicinava un
poco e lo toccava, non appena si muoveva.
Era qualcosa di appena palpabile, ma col tempo Sasuke aveva imparato ad
associare quella fragranza solo alla sua persona. Solo lei profumava in
quel
modo dolce e delicato.
Era solo lei.
C'era stato un giorno in cui si era precipitata nel porticato in tutta
fretta,
ansimando per la corsa, la voce spezzata. Era raro, perché
Sakura era sempre
calma e tranquilla ogni volta che veniva a fargli visita, si prendeva
tutto il
tempo possibile.
<< Sas'ke-kun! >> squittì,
gettandosi sul pavimento, alla sua
altezza.
Sasuke, appoggiato alla colonna, alzò il capo in direzione
della voce che lo
chiamava. Non riuscì a trattenersi, le sue labbra si
piegarono in un accenno di
sorriso. Non le disse niente.
<< Tsunade-sama.. >> ansimò,
ancora provata dalla lunga corsa.
<< Tsunade-sama ha allentato la sorveglianza!
>> aggiunse e gli
posò una mano sul braccio. << Puoi uscire
Sas'ke-kun! Puoi uscire!
>>
Via.
<< Beh.. puoi uscire scortato da qualcuno.. ma puoi
uscire! >> e a
Sasuke non servì vederla per capire che stava sorridendo.
<< E'.. fantastico!
>>
Sasuke solo in quel momento si rese conto di quanto Sakura dovesse aver
fatto
pressioni sull'Hokage e sull'intero consiglio degli anziani, quanto
dovesse
aver faticato e sudato.
Avrebbe voluto ringraziarla ma la verità era che era ancora
troppo scioccato
dalla notizia per azzardarsi a pronunciare anche una sola parola.
Dove vuoi andare?
<< Dove vuoi andare, Sas'ke-kun? >>
Non doveva neanche dirle qualcosa, lei lo capiva prima. Era
così.
Semplicemente.
Accennò un sorriso.
Fuori di qui.
Rimettere piede fuori casa, o comunque al di fuori di quelle quattro
mura dove
aveva trascorso - secondo ciò che lei gli aveva detto -
l'ultimo anno della sua
vita, era stato incredibilmente strano.
Ciò che riusciva a sentire, a percepire, soltanto attraverso
il giardino che
circondava la sua abitazione non era niente comparato alla
realtà con cui si
trovò a cozzare, una volta fuori da Villa Uchiha.
La verità era che si era sempre abituato a girare in spazi
stretti, alla poca
luce, si era sempre abituato alle piccolezze. Fu quasi un trauma
ritrovarsi -
tutto d'un tratto - fuori da quella prigione. Era
tutto diverso.
L'aria era diversa, i suoni, gli odori - più
aspri, meno delicati, meno
lei -, persino il cinguettio degli uccellini era
più nitido. Era tutto più
reale, vero, vivo.
Era stato chiaro, diretto e coinciso. L'unico luogo che avrebbe voluto
visitare
per primo non sarebbe né stato il mercato di Konoha,
né l'Accademia, né il
campo d'addestramento - sui quali lei non aveva fatto altro che
riempirgli la
testa a suon di parole.
Era solo uno il posto che voleva vedere, dopo di
ché avrebbe potuto
anche tornarsene a casa e restarci per sempre. A lui non avrebbe fatto
differenza.
Camminavano piano e Sasuke non si era neanche lamentato della stretta
rigorosa
che gli circondava il braccio. Sapeva che Sakura stava gongolando come
un
idiota - si sarebbe sorpreso del contrario, piuttosto - ma non
le aveva
detto niente lo stesso. Sakura gli stringeva il braccio e lo guidava
lentamente, passo per passo, fuori dai quartieri Uchiha, fuori dal
villaggio,
vicino alla foresta.
Sasuke sentiva il calore tiepido del sole sulla pelle, una brezza
piacevole
scompigliargli i capelli. Era bello poter tornare a respirare.
<< Siamo arrivati >>
Era buio, nero, scuro. Era sempre stato
così, ma per qualche strana
ragione Sasuke ora vedeva bianco.
C'era il rumore delle onde che si infrangevano contro la battigia, i
loro passi
sul pontile, la brezza che scuoteva loro i capelli. E il silenzio.
Sakura non parlava questa volta, non riempiva il silenzio di parole.
Non c'era
nulla da dire, in fondo.
Sasuke era lì, con lei, su quel pontile dove ricordava aver
trascorso tutta la
sua infanzia.
Bastava quello.
Sakura avrebbe pianto di felicità, se avesse potuto.
<< Lo vedi, vero? >>
Li vedi i riflessi del sole sul fiume? Li vedi i ciliegi sulla sponda?
Lo vedi
il cielo azzurro? Riesci a vedere la mia felicità,
Sas'ke-kun?
<< Sì >>
Le lacrime erano lì, sull'orlo delle ciglia, e Sakura le
tratteneva a stento.
Si chiese se si potesse mai provare una tale sensazione di
intimità solo stando
l'uno fianco all'altra, a godersi il vento di quella giornata di
primavera. Si
chiese se lui riuscisse a sentirla
come lei sentiva lui. Se lui riuscisse a vederla.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?
<< E'... >>
Non riusciva a trovare le parole. Sasuke ricordava tutto, alla
perfezione. Era
come un dipinto. Quel paesaggio era scolpito dentro di sé e
lei riusciva a
riportarlo alla sua mente. Lo vedeva attraverso i suoi occhi.
<< .. bello? Sì, lo
è, Sas'ke-kun. >>
Tanto.
Poi qualcosa planò sulla sua spalla e Sakura, vedendolo
alzare un poco un
braccio, si avvicinò di due passi, sorridendo. Sasuke si
rigirò fra le dita
quel piccolo oggetto, tastandolo, saggiandolo piano. Era piccolo,
delicato,
morbido. E profumava.
Sakura sorrise ancora di più. << E'
arrivata la primavera, vero?
>> chiese lui, con voce assorta.
<< Sì >> sussurrò
lei. << E' primavera, e quello è un-
>>
<< Ha il tuo stesso odore
>>
Sakura.
Fiore di ciliegio.
Lasciò che le braccia le ricadessero lungo i fianchi,
inermi. Lasciò che le
lacrime le rigassero le guance, nonostante si fosse ripromessa
più volte che
mai avrebbe pianto di nuovo in sua compagnia. Lasciò che il
cuore le
martellasse in petto, forte, quasi volesse squarciarglielo.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?
Sakura sorrideva fra le lacrime.
Ti guarirò io. Tornerai a vedere. Ce la farò. Ci
riproverò. Posso farcela. Te
l'ho promesso. Guardami. Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?
<< Piantala di piangere >>
Sakura non smise di piangere, neanche quando lui le sibilò
di farlo. Scoppiò
piuttosto a ridere, e corse più avanti.
Sasuke sentì i suoi passi rimbombare sul legno del pontile,
sentì la sua risata
scrosciante invadergli le orecchie. Sentì il suo sguardo
addosso, forse era
rossa d'imbarazzo e gioia.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?
Strinse fra le dita il petalo, in una morsa ferrea.
No.
**
<< Naruto, che succede? >>
<< Sakura-chan… Sas'ke! Sas'ke...
>>
<< Cosa? Cosa è successo?!
>>
<< Sas'ke è all'ospedale! E' stato
ricoverato d'urgenza! >>
C'erano
state notti che Sakura aveva trascorso fra i singhiozzi, consumati nel
buio
della sua stanza e soffocati contro ai tomi medicina. Niente l'aveva
mai
provata tanto più della consapevolezza che lei per il suo
Sasuke non era mai
stata d'aiuto, che tutti i suoi sforzi non erano serviti mai a niente.
Perché
Sasuke aveva sempre rigettato il suo aiuto, perché lei mai
era stata capace di
donargli qualcosa di concreto e vero oltre che il suo amore.
Si era illusa nella speranza di potergli ridare la vista, di poterlo
far
tornare come prima, di poter far tornare tutto
come prima, pur sapendo che mai niente sarebbe tornato come prima.
Cosa fai, tu, per Sas'ke-kun? A cosa serve la tua presenza se neanche
riesci a
stargli accanto?
Sasuke era vivo, stava bene. Ma allora perché lei sentiva
che ogni certezza
coltivata nelle settimane precedenti si stava lentamente dissolvendo?
Perché la
sua presenza non era riuscita a colmare il vuoto dentro di lui?
Perché doveva
continuare a farsi del male?
<< Tsunade-sama! Me lo lasci vedere, la prego!
>>
<< E' molto stanco Sakura. Deve riposare >>
<< Ma… io... posso fare qualcosa, lo so...!
>>
<< Ha usato lo Sharingan, Sakura >>
Non aveva
potuto fare niente.
Si era morsa le labbra a sangue e aveva seguito gli ordini della sua
maestra,
tornandosene a casa e cercando di trattenere per il tutto il tragitto
le
lacrime di disperazione, frustrazione e rabbia che le avevano inumidito
gli
occhi.
Non era riuscita neanche a vederlo, ma Sakura sapeva che non avrebbe
fatto
alcuna differenza. Lui era cieco, non l'avrebbe potuta vedere.
Se l'avesse
vista non l'avrebbe fatto.
Chiudendosi dietro la porta della sua stanza, Sakura si
accasciò sul pavimento,
singhiozzando e chiedendosi perché, perché,
ogni cosa avesse dovuto
prendere quella piega se fino al giorno prima stava andando tutto bene.
Perché
fosse successo se lei aveva fatto tutto, ogni cosa possibile,
affinché lui
non si sentisse solo, in balia del buio. Si chiese perché
lei non riuscisse a
smetterla, perché non riuscisse a liberarsi da quella
costrizione che per tutti
quei mesi l'aveva portata al suo cospetto ogni singolo giorno.
Perché non
riuscisse a fare a meno della sua presenza, silenziosa e appena
percepibile;
perché continuasse a soffrire nonostante il suo amore,
e l'amore non era
qualcosa di triste, Sakura lo sapeva. E allora
perché stava soffrendo?
Perché dovevano continuare a soffrire?
Si chiese perché non riuscisse a smettere di amarlo come il
primo giorno.
Sarebbe stato più facile, sicuramente.
Ma la verità era che Sakura, pur con tutta la
volontà di questo mondo, non ci
sarebbe mai riuscita. I sentimenti che provava per Sasuke erano
lì, nel suo
petto, e spesso facevano male più di mille kunai messi
assieme. Ma Sakura
avrebbe patito, avrebbe potuto soffrire ancora. Avrebbe resistito, pur
di
vederlo sereno come il giorno prima. Nessuna lacrima avrebbe potuto
eguagliare
la felicità di vederlo finalmente felice.
Avrebbe dato ogni cosa, ogni singola
fibra del suo essere, per lui.
<< Perché lo hai fatto?
>>
Quel giorno pioveva.
Era Marzo - Naruto glielo aveva ricordato due giorni prima,
all'ospedale - ma
per qualche strana ragione Sasuke ancora non si era abituato a sentire la pioggia. Forse
perché a
Konoha non pioveva mai.
L'aria di quel giorno era satura d'umidità, faceva quasi
freddo, lì fuori
sull'engawa. Sasuke sentiva le goccioline picchiettare sul terreno,
sentiva il
respiro condensarsi nell'aria, l'umidità penetrargli nelle
ossa.
Piangeva sicuramente.
Sasuke vi avrebbe scommesso tutto ciò che aveva.
Lei stava piangendo.
<< Perché? >>
Sentiva anche il suo respiro affannato, il battito frenetico dei suoi
denti -
era bagnata. Sarebbe riuscito anche a sentire il tremore delle sue
mani,
abbandonate lungo i fianchi morbidi.
Sakura piangeva dietro di lui, e lui non le diceva niente.
<< Sas'ke-kun…! >>
C'erano stati dei giorni - lo ricordava ancora adesso - in cui la
presenza di
Sakura, le sue lacrime, non avevano fatto altro che
infastidirlo e
tediarlo sempre più del dovuto. Sakura piangeva sempre
quando era con lui.
Non era qualcosa di voluto, lo sapeva; era sempre lui a farla piangere.
Era
sempre lui a toglierle il sonno, a
toglierle il respiro, era sempre lui a privarla di una vita
normale. Non
meritava Sakura, e non meritava tutte le sue lacrime.
Avrebbe dovuto spenderle per qualcun'altro, sarebbe stato
più saggio, più
opportuno. Se lei lo avesse dimenticato sarebbe stato meglio per
entrambi, per lei.
Lui non meritava le sue lacrime.
Ma Sasuke era egoista, lo era sempre stato, e quando lei piangeva non
poteva fare
a meno di pensare che piangesse per lui. Non
importava se piangeva per
dolore, o per gioia - ed era capacissima di farlo. Sakura piangeva in
quel modo
soltanto per lui.
Sakura piangeva per lui, rideva per lui, arrossiva e parlava per lui. E
Sasuke
non riusciva a non sentirsene assuefatto.
Lei non glielo aveva più detto, in fondo.
Di amarlo.
<< Io.. >>
Sakura era ancora in piedi. Ciocche di capelli bagnati le si
incollavano al
volto, gli abiti gocciolavano sull'engawa, batteva i denti. E tremava,
in attesa.
Tanto.
<<... non riesco più a ricordarti
>>
Fu come se qualcuno le avesse trafitto il petto.
Lo Sharingan ha il potere di creare illusioni.
Fu più forte di lei.
Nonostante si fosse ripromessa che mai avrebbe pianto di nuovo innanzi
a lui,
le lacrime erano lì, e le rigavano le guance. Sakura
riuscì soltanto a
singhiozzare, lasciandosi cadere per terra.
Non si ricordava più di lei.
Non era un dolore veramente fisico il suo, eppure allo stesso
tempo era
come se lo fosse. Sakura sentiva il cuore che si spezzava, sentiva le
viscere
torcersi nel ventre.
Sasuke.
<< Mi hai detto che posso riuscire a vedere le cose in
modo diverso
>> Sasuke non la guardava, non era a lei che era rivolto
il suo capo.
<< Vorrei solo.. >> sussurrò.
<<... ricordarti
>>
Sbarrò gli occhi.
Il suo tocco.
Non erano lacrime di sofferenza le sue, non lo erano mai state sin
dall'inizio.
Piangere era l'unico modo che conosceva per poter esprimere
ciò che provava per
lui, non c'erano altri modi.
<< V-Vuoi... >> rantolò.
<< ...toccarmi..? >>
Sasuke, anche con gli occhi nascosti dietro le bende, anche se lei non
riusciva
a vederli, si voltò e annuì, pacato.
Assorto.
E Sakura si sentì semplicemente esplodere,
perché non c'era altro modo per definire il caleidoscopio di
emozioni che
l'aveva travolta, al suo gesto.
Sasuke.
Fu lei ad afferrargli la mano e a portarsela al viso.
Toccami.
Fu lei ad avvicinarsi.
Per favore.
Era sempre stata lei a toccarlo. Sempre.
Ma per qualche strano motivo Sasuke sentiva che ciò che
stava facendo non era
sbagliato.
Non era sbagliato risalire dai suoi fianchi, rotondi e, oh,
morbidi, e
saggiare la linea della sua schiena, con delicatezza, sentendola
irrigidirsi
sotto al suo tocco. Non era sbagliato sfiorarle le spalle, e sentirla
singhiozzare sotto la stoffa bagnata dei suoi abiti. Non era sbagliato
sfiorare
le sue gambe con le proprie, attrarla più a sé,
accarezzarle i capelli umidi,
lunghi e setosi.
Sakura era sopra di lui e Sasuke non la sentì
mai così tanto come altre volte. Non era più il
pallido ricordo di una
dodicenne, vivace e dalla risata squillante, né la giovane
ragazza dallo
sguardo duro e dalla forza sovraumana.
Sakura era sopra di lui e Sasuke la sentiva donna, morbida e viva come
non mai.
Fu lei ad abbracciarlo completamente, a premersi la sua nuca contro il
collo e
a stringere forte i denti, nel tentativo di soffocare un
singhiozzo. Fu
lei ad aggrapparsi alle sue spalle, a carezzargli i capelli, e Sasuke
sentì le
sue dita fresche e affusolate che gli sfioravano la nuca.
Toccarla, sentirla vicino a sé, riuscire ad immergere una
mano fra i suoi
capelli umidi di pioggia, tastare la morbidezza della sua pelle, la
rotondità
delle sue forme. Sakura era diversa, era donna, e Sasuke non
riuscì a dispiacersene.
Erano gesti semplici, essenziali, come
loro. Ma Sasuke, gli occhi nascosti dietro le bende,
riuscì a vederla.
Riuscì a ricordarla.
Era un dipinto perfetto, un immagine che si formò
nella sua mente. Sakura
era lì, e lui la stava toccando.
Sakura.
Gli venne semplicemente spontaneo premere le labbra contro il suo
collo, odorarne
il profumo e perdervici dentro; far risalire la sua mano e sfiorarle
una
guancia, sentendo i polpastrelli inumidirsi sotto le sue lacrime.
Sasuke semplicemente gliele asciugò, con goffa gentilezza, e
Sakura chiuse gli
occhi quando lui poggiò la fronte contro la sua.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?
Era tutto maledettamente perfetto, normale, semplice. Odorare
il suo
profumo, sentire il suo respiro ansante. Sfiorarle il viso, la curva
del naso,
le palpebre degli occhi, le ciglia lunghe e folte, le labbra.
Era
normale. Lei lo era.
E lei avrebbe potuto anche non dirlo, lo sapevano entrambi.
Perché lui lo sapeva.
Non servivano le parole, lui lo
aveva capito.
<< Ti amo >>
Fuori aveva ricominciato a piovere.
Riesci a vedermi, Sas'ke-kun?
E a lui non servì vederla. Sakura era lì.
E, saggiando quelle parole, piano, sentendole dentro; le
sfiorò una guancia con
un dito, prima di chinare il capo e cercare le sue labbra.
<<
Insegnamelo. >>
***
<<
Sas'ke-kun?
>>
Bende che cadono.
<<
E'
arrivata la primavera, vero? >>
Sakura sorride, e gli accarezza la
guancia con un petalo.
<< Sì. >>
sussurra lei. << E' primavera.
>>
FINE
NdAfinali: “Oshiete Kure”, dal giapponese, significa “Insegnami, per favore”. I fusuma sono le porte scorrevoli delle case giapponesi così come l’engawa è il tipico porticato che le circonda.
- Commento di jennybrava (E di chi se no?):Come ho già scritto sopra, stento ancora a credere di essermi classificata prima a questo splendido contest. E' una soddisfazione, è un po' un onore, perché credo che tutti voi oramai sappiate quanto sia Black io, nel profondo del mio cuore.
Inoltre, vi voglio tutti qui: Unexpected, di Pandina Chan, è una SasuSaku stupenda che per una serie di sfortunati eventi non è riuscita a partecipare al concorso. Leggetela, amatela e recensitela. ♥
Infine (ce la faremo?) un grazie anche ad Ainsel per le belle parole, il giudizio anche troppo gentile e l'impegno che ha messo nella realizzazione di questo splendido contest, assieme a Terrina che purtroppo si è dovuta ritirare dal compito di giudice per problemi personali. ♥
Ora dopo aver ringraziato tutti (neanche fossimo ad un matrimonio), dopo aver inserito una quantità spropositata di cuoricini, dopo essermi resa conto di aver scritto un papiro, mi congedo e me torno degnosamente al mio fluff da voltastomaco. ♥
Mi inchino al vostro giudizio.
Shannaro!