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Autore: kateausten    24/01/2012    6 recensioni
Rose guardò il cielo inglese, azzurro e pieno di nuvole bianche come zucchero filato.
Bene, ecco cosa doveva fare.
Prima cosa: impedire a suo padre di giocare la partita di Quiddicht più importante della sua vita contro i Sepeverde, per evitare così la sua futura morte prematura.
Seconda cosa: cercare di riappacificare i suoi genitori diciottenni.
Rose sospirò, sconsolata.
Non sapeva perchè, ma dopo la scena che aveva visto, la prima cosa le sembrava decisamente più fattibile.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rose Weasley | Coppie: Albus Severus Potter/Rose Weasley, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Camminatore che vai, cercando la tua pace al crepuscolo,
la troverai alla fine della strada.

 

Rose Weasley guardò dritta davanti a se, con una nuova, stranissima impressione: la Sala Grande era sicuramente cambiata in quei brevi secondi in cui aveva sbattuto le palpebre. Mai la le era sembrata così eternamente lunga, ne così piena di persone.
Mentre la attraversava camminando a passo sostenuto, cercò anche di ignorare i continui bisbiglii che provenivano da tutti e quattro i tavoli; si concentrò sulle pieghe della lunga veste color smeraldo della Preside McGranitt, che camminava velocemente davanti a lei, e sul respiro affannato di Hugo, che le era accanto.
Voleva prendere la mano di suo fratello, stringerla, ma Rose scoprì che le mani non funzionavano a dovere, solo le gambe in quel momento seguivano quello che il cervello diceva loro di fare.
Il resto del corpo era inerte e decisamente lasciato a se stesso.
Si sentì sollevata quando uscì dalla Sala e si ritrovò nel corridoio deserto: era l'ora di pranzo e tutti gli studenti erano impegnati nel banchetto.
"Che cosa ironica" pensò Rose "Mio padre sta per morire proprio nel momento della giornata che preferisce di più".
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Suo padre stava per morire.
Per quale altro motivo sennò stava seguendo la McGranitt a tutta quella velocità?
Si morse il labbro a sangue per non piangere e spaventare Hugo, che aveva il volto pallido e contratto.
I suoi zii potevano dire che non era vero, che suo padre non sarebbe morto.
I medici potevano dare loro ragione, dicendo che presto avrebbero trovato una nuova cura.
Ma Rose sapeva che niente, niente di tutto ciò era vero. E lo sapeva perchè, mentre i medici e gli zii gli assicuravano che, no, certo che Ron Weasley sarebbe sopravvissuto, lei aveva guardato negli occhi sua madre.
Hermione Granger non aveva mai saputo mentire bene.
Neanche a scuola, durante l'adolescenza, come gli raccontava suo padre ("Mai una bugia Rosie" gli diceva con una smorfietta divertita e a quel punto suo madre ribatteva "Mi pare che un certo Troll di montagna la ricordi diversamente").
Ma soprattutto, non aveva mai mentito ai figli.
Con cura, scegliendo le parole giuste, aveva parlato a Rose e Hugo dei tipici argomenti che un genitore non vorrebbe mai affrontare: dalla notizia che Babbo Natale non esisteva (Rose aveva dieci anni e Hugo otto; lui l'aveva presa bene, per lei era stata una tragedia) al fatto che i nonni Granger non stavano tanto bene (per amor della cronaca, in quel momento stavano benissimo e vivevano in una casetta vicino Londra, rifilando a Rose e Hugo milioni di dolcetti senza zucchero).
Per questo, quando Rose sentiva quelle rassicurazioni e nel contempo guardava gli occhi cerchiati di sua madre, capiva che presto o tardi avrebbe dovuto dire addio a suo padre.
E, per come stavano andando le cose, sembrava che il presto fosse l'ipotesi più probabile.
Non sentì neanche la parola d'ordine che la McGranitt disse per far girare la statua che conduceva nel suo ufficio: in quel momento voleva solo gridare, gridare, gridare.
"Bene ragazzi" disse la preside con voce concitata, mentre prendeva una polvere grigia da una ciotola e ne metteva un pò in mano ai due "Vostra madre mi aveva pregato di mandarvi immediatamente al San Mungo se ci fossero state delle novità. Mi ha mandato un gufo poco fa e io...".
Rose annuì in silenzio, imitata da Hugo. Doveva essere successo qualcosa se sua madre li aveva fatti chiamare.
Qualcosa di importante.
"I vostri cugini vi raggiungeranno non appena il pranzo sarà terminato. Ho ritenuto più opportuno mandare voi due per primi, così... potrete stare un pò da soli con i vostri genitori".
Rose si sentì commossa da quella piccola premura che la Preside aveva avuto: sapeva bene che la McGranitt era molto affezionata ai suoi genitori e ai suoi zii, sin da quando erano ragazzi.
"Grazie mille Preside" disse Rose, mentre Hugo annuiva, un pò intimidito.
Diede una leggera spinta al fratello.
"Vai" bisbigliò.
Lo guardò scomparire nelle fiamme verdi del camino e lei si preparò a fare lo stesso.
"Buona fortuna" La voce della McGranitt la bloccò un attimo "Faccia i miei migliori auguri al signor Weasley".
Rose annuì con un sorriso incerto e, dopo un secondo, sparì.

                                                             *

Il San Mungo a Rose non era mai piaciuto.
Certe volte aveva accompagnato li Dominique, perchè il sogno della cugina era quello di fare la Guaritrice. Così, erano un paio di estati, che giravano ore e ore tra le varie corsie e nei vari reparti.
Ma non le era mai piaciuto, no.
L'odore del disinfettante mischiato a quello delle pozioni, la vista di tutte quelle persone malate, i bisbiglii concitati dei medimaghi che camminavano velocemente non erano cose per le quali Rose impazziva.
"E ti dichiari una Grifondoro?" la prendeva in giro Dominique mentre camminavano nei corridoi.
Rose si limitava a guardarla male, pensando però che il cappello avrebbe fatto meglio a smistarla tra i Corvonero, come la cugina. Certo, era leale; certo era orgogliosa; certo, era pronta a battersi per le ingiustizie, ma il coraggio... quello non pensava di averne abbastanza.
Mentre viaggiava velocemente fra i camini, Rose si ricordò di aver confidato quel timore a suo padre qualche anno fa: ricordò anche che lui aveva sorriso e l'aveva fatta sedere sulle sue ginocchia.
"Papà, ho dodici anni. Che non ti scappi detto che mi lascio trattare come una bambinetta!" aveva mormorato Rose nell'incavo del suo collo.
"Sarà un segreto tra me e te, ok?". Gli occhi di Ron ridevano.
Poi, guardandola negli occhi, le aveva detto una cosa che non aveva più scordato.
"Sai Rosie, anche io pensavo di non essere abbastanza coraggioso per i Grifondoro. Pensavo di non essere un sacco di cose, in realtà. Sai, avevo tutti quei fratelli, zio Harry era già così famoso e tua madre era la più intelligente del nostro corso... Solo, che proprio il primo anno, successe una cosa che mi fece cambiare idea" Ron si era interrotto, spostando leggermente in peso di sua figlia da una gamba all'altra "Feci la partita di scacchi migliore che Hogwarts ebbe mai visto... o almeno Silente disse quello. Fui coraggioso in una situazione molto difficile, Rosie. E sono sicurissimo che anche tu, in una situazione difficile, saresti molto coraggiosa".
Rose aveva sorriso, rincuorata.
"Che diamine, sei una Weasley!" aveva esclamato poi, facendola ridere.
Ed adesso, lui era li. Quell'uomo coraggioso che l'aveva quasi convinta a credere nel proprio, di coraggio, era disteso in un letto, privo di conoscenza. Senza un sorriso a increspargli le labbra, ne una luce maliziosa negli occhi.
Così, quando Hugo l'aiutò a uscire dal camino e sentì quell'odore familiare e odiato, ne restò quasi nauseata.
"Tutto bene?" chiese Hugo, guardandola in faccia.
"Si, tranquillo" rispose lei, prendendo un enorme respiro.
Uscirono dalla saletta adebita agli arrivi tramite i camini e si incamminarono, mano nella mano, verso la camera di Ron. I due giovani grifondoro attiravano l'attenzione, con quelle divise nere che contrastavano con il bianco asettico dell'ospedale.
Rose mandava mentalmente al diavolo tutte le occhiate di pietà che sentiva arrivare come una stilettata al cuore: sapeva che essere figli di Ron Weasley e Hermione Granger era un fatto che nuoceva all'anonimato e in quel momento odiò quella situazione con tutta se stessa.
Strinse la mano a Hugo e lo guardò, benedicendo il fatto che a quindici anni non si vergognasse a girare mano nella mano con lei, almeno non in quella situazione. In quel momento aveva bisogno della stretta, della familiarità di Hugo come dell'aria, e probabilmente anche lui aveva bisogno delle solite cose, perchè ricambiò lo sguardo e la stretta di Rose.
"Ha solo quindici anni" pensò disperata "Solo quindici. Come farà a crescere senza un padre?".
Cercò di calmarsi, ma sentiva che il panico e la disperazione la stavano avvolgendo, come se avesse un branco di Dissennatori alla calcagna.
Proprio in quel momento, però, vide una chioma rossa che la fece sospirare di solievo.
"Zia Ginny!" esclamò, lasciando la mano di Hugo.
La donna, con i lunghi capelli rossi, era appoggiata al muro e la guardava sorridendo.
"Ciao tesoro" disse abbracciandola.
Rose inspirò forte l'odore della zia e si staccò dolcemente. Si girò e lo sguardo le andò a finire su un'altra figura, una figura che apparteneva a una delle persone a cui Rose voleva più bene al mondo.
Piano piano si chinò sulle ginocchia, all'altezza della persona che in quel momento era a sedere su un orribile sedia di plastica verde.
"Zio Harry..." mormorò Rose.
Harry aveva il viso nascosto dalle mani e quando sentì la voce della nipote, lo alzò lentamente.
"Rosie..." disse, carezzandole una guancia.
Rose rimase turbata dall'aspetto di suo zio, che era sempre stato un uomo curato. Aveva i capelli scompigliati, gli occhi verdi erano cerchiati e la barba da fare.
Sapeva anche però, che zio Harry e suo padre erano amici da una vita e dopo il primo incontro, non si erano mai lasciati. Quindi, perdere Ron, per lui, sarebbe stato qualcosa di devastante.
"Come mai siete qui?" chiese un pò sorpreso.
"Mamma ci ha mandato un gufo" rispose Hugo, ancora tra le braccia della zia.
"Oh" mormorò lui.
"Voi sapete qualcosa?" chiese Rose, alzandosi in piedi.
Vide gli zii scambiarsi un'cchiata.
"Allora?" chiese Rose impaziente.
"Entrate" disse Ginny sospirando "Vostra madre vi spiegherà tutto".
Rose lanciò uno sguardo a Hugo, il quale bussò piano alla porta e poi, senza aspettare nessuna voce di assenso, aprì.
Hermione Granger era seduta sulla sedia accanto al letto del marito: da un mese a quella parte non si era mossa di li, se non per cambiarsi o mangiare qualcosa.
A Rose faceva sempre impressione quella vista: sua madre era sempre stata una donna attiva, perspicace, intelligente, dinamica. Non l'aveva mai vista oziare ne restare ferma a lungo. Soprattutto il suo viso trasmetteva sempre forza ed energia.
Ma in quel momento, Hermione sembrava solo una donna sconfitta e debole, una donna travolta da una tempesta che non sapeva affrontare.
La vista di sua madre in quello stato le fece sentire una stretta al cuore, tanto che spostò lo sguardo.
Grosso errore.
Gli occhi le andarono a finire automaticamente su Ron Weasley.
Ron era sempre stato una colonna portante per Rose. Non che sua madre non lo fosse, ma il rapporto che aveva con sua padre era speciale.
Da quando poteva ricordare, c'era sempre stato lui ogni volta che aveva avuto bisogno di giocare, parlare, piangere. Era capace di sollevarle il morale con una battuta, di capire il suo stato d'animo con un'occhiata.
Si impose di levare lo sguardo da quella figura e si avvicinò la madre.
"Mamma..." mormorò.
Hermione li guardò con uno sguardo che sembrava arrivare da un posto molto lontano. Poi sorrise e baciò lei e Hugo.
Rose lanciò un'altra volta un'occhiata fugace al padre. Ron Weasley era steso su quel letto in uno stato comatoso da un mese, e tutto per una cosa successa venticinque anni prima.
Il fatto strano, tragicamente buffo, è che non era li per una vecchia ferita da guerra, no.
Dopo essere uscito illeso dalla guerra contro Voldemort, Ron era tornato a Hogwarts, era rientrato nella squadra di Quiddicht nel ruolo di portiere e aveva giocato nella finale Grifondoro- Serpeverde.
A metà partita, aveva fatto una parata spettacolare ( "La parata che ha salvato la partita, Rosie" amava raccontare suo padre mentre zia Ginny alzava gli occhi al cielo ) che tuttavia lo aveva fatto scivolare dalla scopa, facendogli fare un volo di tre metri.
Sfortunatamente, nessuno aveva avuto la prontezza di arrestare la caduta, così Ron era stato immediatamente trasportato in Infermieria e poi al San Mungo.
Incredibilmente, non sembrava aver riportato nessun danno permanente (anche se George aveva detto che la differenza non si sarebbe notata) e così, fino a quarantatre anni, l'ultimo maschio dei Weasley aveva goduto di ottima salute.
"E' successo qualcosa ultimamente?" aveva chiesto il Medimago a Hermione e Rose la sera in cui Ron era caduto come una pera cotta sul tappeto del soggiorno davanti agli occhi di Hugo "Qualche incidente? Ha sbattuto la testa?".
A quelle parole, Rose si sentì stringere violentemente le viscere dello stomaco: a inizio estate, lei e Ron avevano giocato a Quiddicht nel loro giardino e lui era caduto, picchiando effettivamente una bella botta alla testa.
Da li, rammentò Rose, sgomenta, erano iniziati i mal di testa del padre e le sue dormite sempre più lunghe, fino a quella giornata decisiva.
Raccontò a voce bassa e colpevole l'episodio al Medimago, che sorrise comprensivo. Disse che non era stata colpa di quella botta; disse che probabilmente aveva solo accellerato un processo già in atto; disse che probabilmente aveva avuto un trauma mai stato curato in modo efficace; disse un sacco di cose che Rose non ascoltò, troppo impegnata a guardare gli occhi sgranati di sua madre.
"Ma... ma non si può far niente?" la voce di Hermione era diventata acuta, come sempre, quando era nervosa o agitata "Un'operzione che può guarirlo?".
Il Medimago aveva detto che si, potevano fare un'operazione ma che no, non erano sicuri che con questa potevano riuscire a guarirlo. Era un'operazione ad alto rischio, l'ultima spiaggia da provare.
Così, quel settembre, nonostante le proteste, Hermione aveva spedito Rose e Hugo a Hogwarts, promettendo che li avrebbe avvisati immediatamente nel caso ci fossero stati dei cambiamenti.
Evidentemente, c'erano stati.
"Mamma, cos'è successo?" chiese Rose, cercando di stare calma.
Hermione emise un breve sospiro.
"I Medimaghi mi hanno consigliato di procedere con l'operazione. Ormai sono due mesi che è in queste condizioni e... e sembra la migliore ipotesi".
Rose chiuse gli occhi.
Sua madre non li aveva chiamati per annunciargli dei cambiamenti. Li aveva chiamati per fargli dire addio a Ron.
Rose la guardò spaventata, evitando di incrociare gli occhi di Hugo. Sapeva che sarebbe scoppiata a piangere.
Guardò nuovamente suo padre, immobile e pallido.
La gola le si stava chiudendo, la testa le girava.
Doveva uscire di li immediatamente.
"Io.. devo prendere..." balbettò, cercando a tentoni la maniglia della porta.
"Rose..." Hermione si era alzata dalla sedia.
Lei la ignorò, aprì la porta di scatto e davanti, si trovò l'unica persona che avrebbe potuta farla sentire meglio in quel momento.
"Al...".

 

 

Note:
Mi rendo conto di essere una pazza psicopatica che vuole arrivare al collasso e vi spiego perchè: dal 30 in poi sarò PIENA di esami, ma giustamente ho pensato di postare questa nuova storia.
Così, tra studio e scrittura, arriverò al sopracitato collasso. ;
L'unica cosa che chiedo alle meravigliose persone che leggeranno questa storiella, è di pazientare, perchè gli aggiornamenti non saranno rapidi.
Ci saranno, ma non saranno veloci come sempre.
Chiedo già venia. (Ricordatevi del mio collasso).
Spero comunque, che questo primo capitolo sia di vostro gradimento.
Un grosso bacio a tutte!

  
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