Disclaimers: Tutti i
personaggi (ad eccezione della famiglia Hotanashi) sono di proprietà di
Takehiko Inoue.
Tra le "..." ci sono le frasi scritte sulla lettera.
Buona lettura.
Oggi è un anno esatto che sono tornato in squadra. È solo un anno che ho cambiato
vita. È solo un anno che non sono più un teppista.
In squadra tutti
hanno ormai accettato il mio ritorno e il mio cambiamento.
L’unico a non avermi
ancora perdonato per il male che ho commesso sono proprio io. E probabilmente
non lo farò mai. O forse non voglio farlo. Perché quando succederà, quando
riuscirò a perdonarmi, vorrà dire che avrò dimenticato tutto. Avrò dimenticato
i miei errori e potrei commetterli ancora.
È una cosa che mi dà
il terrore.
Anche adesso, anche
ora che sono in mezzo ai miei amici.
Tutti ridono e
scherzano felici. Come potrebbe essere altrimenti? Abbiamo appena vinto una
partita amichevole contro il Kainan.
Vorrei poter essere
in grado di ridere senza preoccuparmi di altro anch’io. Ma non posso. Non
adesso. Non dopo quello che ho visto.
I miei occhi si sono
posati su di lei un secondo prima che venisse inghiottita dal mare di persone
in uscita dalla palestra. Ma ti assomigliava troppo perché non fossi tu.
Da quell’attimo il
mio cuore ha smesso di battere per riprendere a più veloce. Posso sentirlo
stringere in una morsa. E piango queste amare lacrime che sgorgano dai miei
occhi.
Per fortuna nessuno
sembra averle notate. Mi defilo dagli altri e senza che nessuno se ne accorge
esco dalla palestra, dalla scuola, dalla città. E mi ritrovo qui, su questa
collina dove tutto è cominciato.
Mi avvicino ad una
quercia secolare. È così grande. E non posso fare nulla per frenare i ricordi.
Ricordi di quando
eravamo piccoli. Ricordi di quando ancora eravamo innocenti. Due bambini che
sorridendo con la bocca e con gli occhi giocavano a rincorrersi, giocavano con
l’altalena che qualcuno aveva attaccato ad uno degli alberi, giocavamo ad
arrampicarsi.
Eri una bambina, ma
avevi l’energia di un maschio. Tu non lo sai ma alcuni dei nostri amici avevano
un certo timore di te.
Poi siamo cresciuti.
E questo albero è rimasto comunque il nostro punto di ritrovo.
Ricordo quando ci
trovavamo qui al pomeriggio, dopo la scuola. La scusa era di voler fare i
compiti all’aperto o che la pace che si respirava qui era un ottimo aiuto per
concentrarsi. Ma la verità era che volevamo soltanto una scusa per poterci
vedere il più possibile. Frequentavamo due scuole diverse e i nostri genitori
erano convinti che stando troppo insieme avremmo lasciato da parte lo studio. Siamo
riusciti a dimostrare loro che si sbagliavano.
Tra tutti i ricordi
ecco che riaffiora il più bello. Frequentavamo la prima media. Eravamo sempre
sotto questa quercia. Ci stavamo riparando da un improvviso acquazzone. Tu eri
bellissima. Con i tuoi lunghi capelli neri bagnati che ti incorniciavano il
viso. Ti stavi lamentando. Dicevi che con tutta l’acqua che avevi preso
sicuramente assomigliavi ad un pulcino, che avevi un aspetto disastroso.
Io ti sorpresi
dicendo che avevi ragione. Mi guardasti. Qualcosa nella mia voce ti era
sembrata diversa. Io mi avvicinai di più a te e finendo la frase ti dissi che
era disastroso per il mio autocontrollo.
E, infatti, non
riuscii a resistere oltre. Ti baciai. Un bacio a fiordilabbra. Che aveva la
stessa consistenza di un petalo di fiore, di ali di farfalla. Ma che risvegliò
in noi il sentimento che per tutti quegli anni avevamo cercato di tenere
nascosto.
Già, perché tu mi
rivelasti di essere innamorata di me da anni. E anche io lo ero di te da molto.
Quanto tempo abbiamo
sprecato, vero? Ma in fondo non lo rimpiango. Perché è stato anche grazie a
quel tempo se i nostri sentimenti si sono rafforzati così tanto.
Non posso fare a
meno di sorridere ripensando a tutti i momenti felici che abbiamo vissuto sotto
questa quercia.
Ma inesorabile mi
appare alla mente anche il ricordo più brutto della mia vita.
Io ero nello stesso
punto dove sono ora. Tu eri seduta sull’altalena.
Era tutto il giorno
che eri strana. Eppure avresti dovuto essere contenta. Era il nostro primo
anniversario. Lo stesso giorno di oggi.
Ti avevo preso un
regalo. Era una catenina con un ciondolo a forma di cuore che avevi visto e che
ti era piaciuto. Lo avevo nella mia tasca. Stavo per dartelo quando tu hai
detto che dovevi parlarmi.
In quel momento ebbi
la netta sensazione che qualcosa stava cambiando. E non in meglio.
Ti ascoltai. Ogni
tua parola mi sembrava una pugnalata in pieno cuore. Forse anche peggio. Se tu
mi avessi ucciso per davvero forse avrei sofferto di meno. Ma le tue erano solo
parole. Non potevano uccidere. Almeno non fisicamente.
Le tue parole me le
ricordo chiaramente: “Mi dispiace Hisashi. Io devo andarmene. Mi trasferisco.
Vado in Italia. Non ci vedremo più.” E sei corsa via.
Non mi hai dato il
tempo di dire niente. Di chiederti la ragione di quel trasferimento. Di
chiederti perché la rendessi una cosa definitiva. Eravamo solo all’inizio della
nostra vita. Come potevi essere sicura che non ci saremmo più visti.
Quella sera stessa
sono venuto a casa tua. Ma tu non c’eri già più. Avevi già preso l’aereo che ti
avrebbe condotto lontano da me.
Chiesi spiegazioni
ai tuoi genitori. Ma loro mi dissero soltanto che era meglio per me se ti
avessi dimenticata.
Ma come potevo. Tu
hai fatto parte della mia vita per così tanti anni. Non avrei mai potuto dimenticarti,
e non potrò farlo mai.
Tutti credono che il
motivo che mi ha portato a diventare un teppista fosse l’impossibilità di
giocare a basket dopo l’incidente. Ma non era così, non totalmente. Era perché,
caso ha voluto, che tutto accadesse nello stesso periodo.
Ci ho messo degli
anni per venirne fuori. Per capire che prendermela con il mondo intero non ti
avrebbe riportata da me. Che il processo di autodistruzione che stavo compiendo
su me stesso avrebbe solo contribuito a farmi odiare da te.
Ho chiesto quindi
scusa a coloro con cui me l’ero presa. Loro mi hanno perdonato. Non so perché,
non so cosa io abbia fatto di buono nella mia vita per meritarmelo. Anche
perché ripensando al passato ricordo soltanto le cose cattive.
Sono cambiato. In
fondo tutti cambiamo. Chi in meglio chi in peggio. Io credo un po’ in tutti e
due i modi.
Eppure dopo tutti i
cambiamenti, dopo tutti questi anni, eccomi di nuovo qui. Sotto i rami di
questa grande quercia. Una quercia che è rimasta nel mio cuore insieme a te.
Sebbene non ci sia più tornato da quel giorno in cui mi lasciasti.
Ma oggi non potevo
fare altrimenti. Quella ragazza così identica a te da farmi battere il cuore
non eri tu. Era tua sorella. È venuta a portarmi una lettera. Una tua lettera.
Mi ha detto che era da qualche giorno che l’aveva trovata e non sapeva se
darmela o no, ma che ha creduto fosse giusto darmela.
Che strano vero? Tra
tutti i giorni proprio oggi. Sembra proprio che io sia destinato a vivere i
momenti più importanti della mia vita in questo giorno.
Per leggere la tua
lettera questo mi sembrava il posto più adatto.
Tornarci ha
risvegliato molti ricordi, ma mi rendo conto che sono io che sto cercando di
ritardare il più possibile il momento in cui leggerò questa lettera. Lo so è
assurdo. Ho aspettato per tutti questi anni che tu ti facessi viva e proprio
adesso non ho il coraggio di leggere le tue parole. O forse è questa
bruttissima sensazione che è tornata ad assalirmi che mi preoccupa.
Osservo la busta c’è
solo una scritta sul retro. “Per Hisashi.”
È la tua
calligrafia. La riconoscerei tra mille. Prendo un respiro, apro la busta e
inizio a leggere.
“Mio dolcissimo Hisashi. Se
stai leggendo questa lettera vorrà dire che io non ci sarò più.”
Ma che significa?
“Mi dispiace darti questo
dolore, ma voglio che tu sappia cosa è successo.
Quel giorno quando ti ho lasciato sotto la nostra quercia l’ ho fatto per il
tuo bene.
Avevo
appena scoperto di essere malata. Una malattia inguaribile. Che mi avrebbe
lasciato poco da vivere. Non avevo alcuna speranza per il futuro.
Non ti ho detto nulla, perché non volevo che tu soffrissi.
Ho
pensato che sarebbe stato meglio per te se ti avessi lasciato.
In
questo modo mi avresti odiata e ti sarebbe stato più facile dimenticarmi.
Sono
partita per l’Italia subito dopo averti parlato.
Sono
scappata.
I
miei genitori mi hanno detto che sei andato a cercarmi a casa e che hanno
mantenuto la promessa che mi avevano fatto. Quella di non dirti nulla.
La
mia malattia non si poteva curare qui in Giappone, ma in Italia si stavano facendo
passi in avanti. C’erano più possibilità. I medici mi hanno convinta ad
andarci.
I
miei mi hanno seguita pochi giorni dopo la mia partenza.
È
un anno che sono in Italia. E anche se nessuno vuole dirmelo, ho capito che sto
morendo. Non sono riusciti a compiere il miracolo.
Ma
in fondo lo sapevo già. Mi ero già rassegnata a morire, a lasciare questa
terra.
L’unica
cosa che rimpiango sei tu. Averti mentito, averti lasciato solo. Spero che tu
ti sia rifatto una vita…
No.
È una bugia. Il mio, lo so, è egoismo bello e buono, ma spero che tu mi stia
ancora pensando.
Sono
un’ipocrita. Ti ho lasciato senza una spiegazione e ora vorrei che tu fossi qui
con me.
Vorrei
rivederti almeno una volta. Ma so che non accadrà.
È
per questo che ti scrivo questa lettera che non ti spedirò mai.
È
solo uno sfogo. Su questo foglio posso esprimere tutto ciò che provo e che non
dirò mai.
Io
ti amo Hisashi. Ti ho sempre amato. E ovunque andrò, qualunque cosa diverrò, io
sarò sempre con te.
Ti
chiedo solo una cosa: vivi. Vivi anche per me.
Con
tutto il mio amore.
Kasumi
Hotanashi.
Addio.”
È questa la verità
dunque.
Te ne sei andata per
sempre.
Mi hai tolto anche
la speranza di rivederti prima o poi.
Riapro gli occhi. È
notte fonda. Quanto è tempo è passato? Ricordo di aver pianto tutte le mie
lacrime, forse mi sono addormentato.
Mi alzo mi dirigo
verso casa tua.
Prendo un foglio
dallo zaino e ci scrivo solo “Grazie. Hisashi.” La infilo nella casella della posta e mi
avvio verso casa.
E va bene Kasumi.
Vivrò. E vivrò anche per te.
Forse è vero che mi
sei vicina. Anzi ne sono sicuro.
Come sono sicuro che
sei stata tu a darmi il coraggio di chiedere perdono a tutti e di chiedere
all’allenatore di riammettermi in squadra.
Lo sento nel posto
in cui tu vivrai ora e per sempre: nel mio cuore.
E chissà un giorno
forse ti rincontrerò davvero. Ovunque andrò, qualunque cosa diverrò.
Fine.
Questa ff la dedico
alla mia amica Sley che credo che vorrà uccidermi per aver creato un'altra ff
triste con protagonista Mitsui. Chiedo venia. Non ci posso fare niente. Stavo
ascoltando un cd di Ludovico Einaudi e mi sono venute in mente soltanto cose
non molto allegre. Giuro. La prossima volta ne faccio una a lieto fine.
Per commenti,
critiche e se volete anche complimenti, mandate messaggi al mio indirizzo
e-mail kaeru@tele2.it .
Konnichi-wa!