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Autore: live in love    26/01/2012    13 recensioni
Tratto dal Prologo:
[- Portane uno anche a lei, va - la indicò con un gesto del capo ridacchiando, indignandola lievemente per quel suo modo sbruffone.
Il barista le posò davanti in meno di un secondo un bicchiere dello stesso liquore, felice che avesse ordinato qualcosa di più forte della sua coca-cola.
............
- E sentiamo, Mr- sono-bravo-a-leggere-le-persone, cosa te lo fa capire?- chiese pungente e sarcastica, guardandolo con un sopracciglio inarcato. Di solito non rispondeva così, se non quando una persona la provocava particolarmente.
Lui, tuttavia, sembrò divertito dalla sua risposta.]
Salve, questa è la nuova versione della storia che avevo già pubblicato.
....
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I WILL ALWAYS CHOOSE YOU



6


DOUBTS.



Damon, lambito a metà torace dall'acqua placida del lago, le lanciò uno sguardo malizioso, che vibrò sulla sua pelle in un brivido insopibile.

Che non voleva essere sopito, forse.

Il suo sguardo cadde involontariamente - o volontariamente ? - sul suo petto, percorrendo i pettorali e le linee definite e seguendone il percorso.

Un imponente ondata di caldo la pervase da capo a piedi, facendole quasi credere di essere immersa in acqua bollente e non in un fresco lago di montagna.

Solo dopo un attimo realizzò, però, che quel calore proveniva da dentro di lei, focalizzato soprattutto languidamente nel basso ventre in una morsa desiderosa e sciolta.

Erano stati i suoi occhi a scaldarla, arrossì.

Elena si ritrovò ad annaspare in cerca di ossigeno l'attimo dopo, il respiro bloccato violentemente in gola da quello sguardo bruciante che la stava facendo fremere e da quella constatazione.

Lo vide, poi, avvicinarsi inesorabilmente sempre di più a lei, bracciata dopo bracciata con un sorriso quasi predatorio sulle labbra che la fece sentire in trappola.

Anzi, praticamente lo era visto le rocce nude e scoscese che le premevano contro le spalle.

Voleva andarsene, ma non ci riusciva.

Una forza nuova, sconosciuta, la teneva ancorata nel punto in cui era.

Perché il suo corpo non rispondeva a quello che gli stava ordinando? Si chiese allarmata e confusa, non capendone affatto il motivo.

Sembrava divisa a metà: corpo e mente agivano diversamente. Una diceva una cosa e l'altra faceva l'opposto.

Volevano soddisfare bisogni diversi che non potevano essere conciliati, però.

E quella strana, fremente sensazione non ne voleva sapere di smettere di pulsare in lei.

Ansimò sempre più agitata e incerta, mentre quel caldo continuava ad aumentare man in mano che la distanza fra di loro diminuiva.

Doveva andare via di lì subito, si impose. Ma, ancora una volta, il suo corpo non rispose, facendo di testa sua.

Lui diede un'altra poderosa bracciata, mettendo in mostra i muscoli tonici delle spalle e il suo basso ventre si contrasse di nuovo, facendole desiderare di poterli toccare.

Quel desiderio si fece sempre più pressante, vorticoso, offuscandole quasi la vista, ma al col tempo la sua mente le diceva che non era giusto.

Le forme intorno a lei si fecero all'improvviso sfocate, sciogliendosi in disegni astratti e colori informi fino a scomparire del tutto. Il suo sguardo si sciolse nell'azzurro dell'acqua, confondendosi con esso fino a diventare una fitta nebbia.

Come risucchiata da un vortice abbandonò quel luogo, assorbita dal buio e da null'altro.

Aprì di scatto gli occhi, ritrovandosi spaesata a fissare con il respiro un po' irregolare e ansante il soffitto in travi di legno e non il lago in cui era fino a un secondo prima.

Le emozioni provate fino ad allora scemarono lentamente, scivolando via nella confusione del dormiveglia.

Li richiuse un attimo dopo con un sospiro fra il sollevato e frustrato, realizzando finalmente che era stato un sogno. Un semplice sogno.

O meglio un incubo visto il soggetto .

Ancora frastornata dal brusco risveglio affondò il volto nel cuscino emettendo un respiro profondo nel tentativo di regolarizzare il battito disorientato del suo cuore.

L'attimo dopo soffocò uno sbadiglio ma, purtroppo, non i pensieri, che le affollavano la mente.

Come se già non bastasse il fatto che le riflessioni - i dubbi - la tormentavano quando era cosciente ora lo facevano anche nell'incoscienza del sonno, riproponendole a ripetizione ciò che era accaduto il giorno prima in quel maledetto lago.

Erano una persecuzione, sbuffò.

Se fino al giorno precedente era stato uno dei suoi posti preferiti , decisamente ora non lo era più.

Non dopo quello che era successo, che le era sembrato di percepire.

Sospirò pesantemente, percependo quelle riflessioni, instabili e fuori luogo, tornare ad affliggerla con la loro fastidiosamente irritante presenza.

Proprio come lui, ringhiò un epiteto poco fine e gentile contro il cuscino.

Strinse poi le labbra in una smorfia infastidita al ricordo dell’espressione soddisfatta e il ghigno compiaciuto che si era stampato in faccia quando l'aveva vista uscire dall'acqua, le guance rosse e l'imbarazzo chiaramente leggibile nello sguardo.

Si rigirò irrequieta nel letto, sbuffando nuovamente e cercando una posizione più comoda che non trovò.

Si sentiva irrequieta.

Perennemente irrigidita da un pensiero che non ci sarebbe dovuto essere e che la portava sempre a essere in allerta in sua presenza.

Quel groviglio di sensazioni al basso ventre, languide e indecifrabili, non si erano fortunatamente più presentate, ma lei aveva sempre i nervi tesi per paura che riaccadesse.

E la riempiva anche di domande, che avrebbe voluto non avere ma che non poteva fare a meno di porsi e che, come se non bastasse, non potevano neanche essere esternate.

Il fatto che poi avesse dormito poco e male quella notte non l’aiutava a essere molto lucida, a darsi una spiegazione logica, e la sua mente continuava a riportarla al giorno precedente, come a sottolineare infelicemente quella situazione.

Cosa alquanto irritante e che andava a sommarsi al comportamento contraddittorio che il suo corpo sembrava non smettere di avere.

Era una cosa strana. Si sentiva strana.

Fattore che peggiorava drasticamente in quelle poche occasioni in cui si era ritrovata nella stessa stanza con Damon.

La sera precedente, a cena, aveva mangiato poco e niente ed era stata così in tensione da sobbalzare quasi ogni volta che per sbaglio i loro occhi si incontrava.

Si sentiva bloccata dalla sua presenza, imbarazzata. Al col tempo, però, bastava un no nulla a farla scattare, facendole dimenticare l'imbarazzo e scatenando in lei reazioni ed emozioni tumultuose, implacabili.

Era come una molla che scattava.

Si spostò con un sonoro sbuffo un'arruffata ciocca di capelli, che non ne voleva sapere di restare dietro l'orecchio continuando a solleticarle la guancia.

Ma non era quello il reale problema. Oh si, perchè si trattava di problemi e il più grande di tutti era una parola che iniziava con la “a”.

Era quella parola sinuosa, un po' voluttuosa, che continuava a sconvolgerla e a renderla irrequieta dal momento esatto in cui era uscita dall'acqua di quel maledetto lago : attratta.

Era stata questa la spiegazione naturale, che irrazionalmente si era data fin da subito.

Solo dopo, riflettendoci razionalmente a mente più o meno fredda, aveva compreso davvero la portata di quello che aveva pensato.

In quella frazione millesimale di secondo le era sembrato di sentirsene attratta ma era una cosa decisamente irreale e improbabile.

Era sicura di non esserlo.

Ne era certa. Era come un dato evidente, innegabile: lei non era attratta da Damon Salvatore.

E poi come si poteva esserlo di una persona infantile, arrogante e una sequela lunghissima di altre cose, ma che, soprattutto, non sopportava? Era una cosa impossibile ed era sicura che se avesse smesso di pensarci avrebbe perso di importanza ciò che era accaduto.

Ecco, un altro problema, forse il più grosso, era proprio questo: non riusciva a smettere di pensare a quel momento.

Era più forte di lei, la sua mente la riportava sempre lì.

A quel lago...a quello sguardo...quelle parole...quelle sensazioni...

Sbuffò, iniziando a ripetersi mentalmente e con sicurezza che non era nulla di importante, in una cantilena consumata ormai.

Nulla a cui dare importanza, chiuse gli occhi lasciandosi andare ad un sospiro profondo che sperava scacciasse quelle riflessioni.

Per qualche secondo funzionò e le sue meningi, spremute dal troppo pensare, si quietarono per un breve attimo.

Quello dopo, però, i pensieri ripresero a perseguitarla quasi ossessivamente.

- Dannazione- soffiò l'aria dalle labbra in un sibilo stizzito, scalciando via innervosita le lenzuola leggere e inveendo contro i suoi stessi pensieri, contro di lui e contro quel lago maledetto.

Si portò le mani alle tempie, massaggiandole circolarmente con le dita e concentrandosi.

Non era nulla di importante, si ripeté per la milionesima volta. Probabilmente allo sguardo di un estraneo doveva sembrare pazza. O forse lo era già.

Eppure quel microscopico, impalpabile dubbio continuava a perforarla, lavorando subdolamente come un tarlo nella sua mente e sibilando quella parola, soluzione di tutto.

Non era nulla, continuava a ripetersi in una cantilena di auto-convincimento ma...

Deglutì, riaprendo di scatto gli occhi e rendendosi conto di non sapere assolutamente come continuare la frase.

Ma… cosa? Si chiese e aveva quasi paura di quale poteva essere una risposta plausibile.

Aveva il terribile sentore che sarebbe stata quella dannata parolina che iniziava con la “a” e che continuava a vorticarle in testa.

Solo... avrebbe voluto qualcuno con cui parlare - sfogarsi -, ecco.

Annuì sicura di quella riflessione, sentendosi impercettibilmente alleggerita da quella convinzione che si era imposta.

Si, era così.

Era semplicemente quella la causa di tutti i suoi pensieri: il fatto di non poterne parlare.

Si sa, quando i dubbi vengono esternati ad alta voce perdono di significato rivelandosi banali suggestioni.

Solo che non le andava di affliggere Caroline con i suoi non-problemi da “il mio corpo non risponde a quello che gli dico e sembro impazzita” proprio ora.

Le sue considerazioni senza senso sarebbero state ancora lì, purtroppo, al loro ritorno a Mystic Falls, anche se lei sperava vivamente che scomparissero magicamente da un momento all'altro.

Era dannatamente vero però, aveva un bisogno assoluto di parlare.

Nonostante si fosse data una spiegazione, infatti, necessitava di rassicurazioni sul fatto che fosse proprio così.

Doveva esserlo e doveva sentirselo dire.

L'unica persona disponibile in casa era Stefan, ma decisamente non era quella adatta con cui parlarne.

Non osava neanche immaginare come avrebbe reagito se fosse venuto a conoscenza di cosa era accaduto fra lei e suo fratello e decisamente non era intenzionata a scoprirlo.

E poi le mancava terribilmente anche Bonnie, i suoi consigli sempre azzeccati e aveva davvero una marea di cose da raccontarle, sospirò. Per fortuna sarebbe arrivata quello stesso pomeriggio.

Fin ad allora non ci avrebbe più pensato, si impose perentoriamente fissando il soffitto della piccola camera.

Basta pensieri su cose inesistenti.

Si tirò a sedere di scatto, scendendo poi con un balzo dal letto decisa a fare colazione e sopire così il brontolio del suo stomaco e i pensieri.

Si diresse fuori dalla sua camera, percorrendo silenziosamente il corridoio e dirigendosi poi giù per le scale a chiocciola diretta verso la cucina.

Un vociare ilare misto a risate complici le giunse alle orecchie, facendosi più nitido non appena scese l'ultimo scalino.

Tyler e Caroline, sorrise roteando gli occhi al cielo e riconoscendo le loro voci.

Se quei due erano insopportabili quando litigavano, lo erano ancora di più dopo che avevano fatto pace. Decisamente.

Erano sempre appiccicati, come se vi fosse una sorta di colla invisibile ad unirli, a baciarsi, ridacchiare in simbiosi e scambiarsi sguardi melensi ogni tre per due.

Sono semplicemente innamorati, le ricordò la sua mente con una punta di fastidiosa invidia, dando una spiegazione più che logica ai loro comportamenti.

Non sapeva se fosse realmente così o no, ma di certo non conoscevano mezze misure: o si amavano alla follia o litigavano furiosamente.

Beh, senza dubbio non avevano un rapporto noioso.

Tuttavia, nonostante fossero insopportabilmente sdolcinati e lei si sentisse sempre più il terzo incomodo, era felice per loro.

Si meritavano un po' di sana serenità visto la storia tumultuosa che stavano cercando di portare avanti.

La stessa identica tranquillità che, invece, sembrava mancare a lei in quei giorni.

Una smorfia infastidita le inclinò le labbra a quel pensiero fastidioso e quantomai veritiero.

Per un breve attimo fu sul punto di entrare in salotto e sfogarsi con Caroline ma, dopo alcuni tentennamenti, poi desistette, tornando sui suoi passi.

Chissà che faccia avrebbe fatto a sapere tutto ciò che era accaduto in quei pochi giorni, sorrise un po' più svagata immaginandosi le sue buffe smorfie sorprese e i suoi commenti senza peli sulla lingua.

Con passo deciso proseguì oltre, entrando finalmente in cucina.

Si diresse verso la macchinetta del caffè, accendendola e prendendo poi un pacco di biscotti dal ripiano.

Se ne mise uno in bocca, iniziando a mangiarlo e versandosi, poi, il caffè fumante in una tazza.

Il suo sguardo cadde casualmente sul tavolo in legno chiaro, dove le ciotole con i popcorn rimanenti e la custodia del dvd dell'ultimo The Saw erano abbandonati.

La sera prima, infatti, avevano deciso di vedere un film horror, proprio come facevano ai tempi del liceo.

Fortunatamente Damon aveva surclassato il loro invito e lei non avrebbe potuto esserne più contenta visto l'imbarazzo acuto che le contraeva i nervi in quei pochi momenti in cui erano stati nella stessa stanza.

Lei aveva cercato e fatto in modo che accadesse il meno possibile, ma, purtroppo, non aveva potuto cenare in camera ed evitarlo così del tutto.

Elena aveva poi sospirato sollevata quando lo aveva visto uscire dalla porta di ingresso, ma, ancora, non sapeva che l'avrebbe comunque tormentata, seppur indirettamente.

Si erano sistemati sul divano e il film era iniziato tranquillamente, ma era riuscita a seguire seriamente solo i primi minuti e le prime battute.

Infatti, già dopo pochi secondi, solo i suoi occhi avevano seguito davvero la trama dell'ultimo The Saw, noleggiato al piccolo negozio del paese.

La sua mente aveva vagato lontano dalle prove svolte per la sopravvivenza di una delle varie vittime torturate, viaggiando verso altre torture seppur mentali.

Inizialmente, aveva tentato di riconcentrarsi sul film e scacciare quelle leziose riflessioni, moleste proprio come colui che gliele aveva provocate.

Tuttavia erano stati tentativi a vuoto, vani, e dopo poco aveva lasciato che i suoi pensieri vagassero senza freni. Tanto lo avrebbero fatto comunque e impedirlo era un inutile sforzo .

Era paradossale, poi, di come le sue riflessioni, non propriamente gradevoli e gentili, avessero fluttuato placidi verso una persona a cui della famiglia importava ben poco, proprio come uno dei protagonisti del film.

Cosa che, per di più, l'aveva portata a chiedersi cosa fosse venuto a fare in montagna con loro.

Ok, voleva rendere la vita di Stefan un inferno, per un qualcosa che lei non aveva assolutamente capito ma che era intenzionata a scoprire. Infondo, la curiosità è donna.

Però addirittura prendersi la briga di fare una marea di chilometri e passare il week-end in un paesino di montagna sperduto nella natura, le sembrava troppo perfino per lui.

Non aveva molto senso come comportamento ma forse proprio per questo era tipico suo, aveva notato rendendosi conto di analizzare i suoi atteggiamenti più accuratamente di quanto pensasse.

Non che le dispiacesse, sia chiaro, il fatto che si vedesse poco o niente in giro, ma di certo la portava a porsi delle domande. Anche queste senza risposta.

Era così la sua mente, un insieme ingarbugliato di riflessioni e domande le une accavallate sulle altre.

I suoi pensieri erano poi confluiti, con un'inversione secca di marcia, nel ricordo bruciante di cosa era accaduto quello stesso pomeriggio, a quella strana e inspiegabile frazione di secondo in cui era come se non fosse stata lei. Ancora.

Aveva provato a cercare una spiegazione, il primo tentativo di una lunga serie, ma quel formicolio al basso ventre e il rossore anomalo sulle sue guance non erano spiegabili coerentemente e andavano contro tutto quello che pensava di lui. Contro quello che era. Più ci rifletteva e più non comprendeva cosa le fosse accaduto.

E quella parolina era tornata a vorticarle in testa insensatamente.

Una parte remota della sua mente aveva dato infatti un nome, una classificazione, a tutto ciò: attrazione.

Quasi si era messa a ridere a quella riflessione ridicola, provocandosi uno sguardo confuso da parte di Caroline nella penombra azzurrina della televisione.

Era un qualcosa privo di ogni qualsivoglia logica, razionalità, e, ancora una volta, aveva rimpianto di non potersi sfogare con nessuno.

Doveva buttare fuori quella marea di pensieri il prima possibile e probabilmente solo così avrebbero smesso di tormentarla.

Anche se forse, ripensandoci bene, non ne avrebbe parlato comunque né a Bonnie né a Caroline.

Perché parlare di un qualcosa che non sarebbe di certo ricapitato e che era sicura fosse dettato da un momento di pura pazzia? Perché lei era certa che era così.

Doveva esserlo, dannazione.

Il suo flusso di pensieri, imprecazioni, fu interrotto però un attimo dopo proprio da colui che glieli aveva causati, portandola irrazionalmente ad irrigidirsi in modo impercettibile.

Una figura slanciata e tonica, rigorosamente fasciata da abiti scuri costosamente fatti su misura e rispondente al nome diabolico di Damon Salvatore, entrò all'improvviso in cucina.

Istintivamente irrigidì la postura e le sue labbra si tesero inesorabilmente, trasformandosi in una smorfia tra l'infastidito e il corrucciato.

Quel senso di imbarazzo tornò a pervaderla, proprio come il giorno precedente.

Non sapeva neanche lei come spiegarlo. Si sentiva … imbarazzata, ecco.

E non era solo perché si era ritrovata davanti a lui – totalmente nudo, per di più!- con la sola biancheria intima addosso, ma per quella frazione millesimale in cui se ne era sentita... attratta.

Ed eccola lì ancora quella parolina.

Tutto tornava sempre a quel dannato fatto durato neanche un secondo, ma che stava diventando sempre più importante.

Si stava contraddicendo da sola, se ne rendeva benissimo conto, ma in quel momento di pura pazzia era stato così.

Lui le lanciò semplicemente un'occhiata indifferente, quasi altezzosa, fermandosi per una frazione di secondo sulla porta per poi dirigersi verso la cucina.

Il tutto senza dire neanche una sillaba come saluto.

Buongiorno anche a te mister arroganza, disse mentalmente al suo indirizzo con tono acido e indisponente.

Non si prendeva neanche la briga di salutarla, ma chi si credeva di essere quel pallone gonfiato? Inveì silenziosamente contro il moro, scoprendosi più infastidita di quanto sarebbe dovuta essere da quel comportamento presuntuoso.

Con un po' di inspiegabile stizza, affondò il volto nella tazza decidendo di ignorarlo.

Come al solito le provocava emozioni irruenti ed era un'altra cosa inspiegabile e senza senso a cui non riusciva a dare una logica.

Per quale diavolo di ragione accadeva tutto ciò? Se lo domandava anche lei.

Meglio però che non le avesse rivolto la parola, si disse con una scrollata di capo, almeno si era evitata battutine allusive contornate da quel suo seccante sorriso malizioso da “cadi ai miei piedi”.

Damon prese una tazza dal mobile alla sua destra, il tutto nel più denso silenzio come se lei neanche fosse in quella stanza.

Cosa che fece crescere ancora di più il suo nervosismo, nonostante si ripetesse che non le importava nulla.

Continuava a ripeterselo ma non sembrava funzionare poi molto.

Lo fulminò con gli occhi, lanciandogli un’occhiataccia folgorante che smorzò parte del suo nervosismo.

Il perché poi la infastidisse così tanto quel mancato saluto era un altro dei misteri irrisolti che abitavano la sua mente.

Damon si diresse poi verso di lei, avvicinandosi e facendole istintivamente contrarre i muscoli.

Allarmata da quella vicinanza si irrigidì, sentendo il cuore iniziare a battere in modo anomalo.

I loro corpi quasi si sfiorarono a causa del poco spazio che intercorreva fra il tavolo e il bancone della cucina e lei trattenne istintivamente il fiato.

Lui allungò un braccio alla sua sinistra, prendendo la caraffa del caffè e versandosene un po' nella tazza, il tutto senza allontanarsi da lei.

Trattenne il respiro, schiacciandosi istintivamente contro la cucina affinché i loro petti non si sfiorassero.

La tensione elettrica si propagò nell'aria, vibrando e facendola fremere.

Quel calore incomprensibile si focalizzò nuovamente al suo basso ventre, ricordandole pericolosamente il sogno. Il giorno prima al lago.

Lui si allontanò un attimo dopo, un impercettibile sorriso di sfida e divertimento ad aleggiargli maliziosamente sulle labbra.

Sbarrò gli occhi, sentendo l’irritazione intensificarsi alla bocca dello stomaco e tenderle ulteriormente i nervi, quasi dolorosamente.

Lo faceva apposta lo stronzo ad irritarla e provocarla con quel comportamento, allora!

Assottigliò lo sguardo poi, duplicemente esasperata dal suo atteggiamento indirettamente istigatore e dai pensieri che la portavano a chiedersi come diavolo avesse fatto a provare quel che aveva provato, che stridevano decisamente con le emozioni che la pervadevano invece in quel momento.

Si voltò dall'altro lato ignorandolo bellamente, imponendosi di non dare corda né a lui né ai suoi pensieri.

Cosa che le infuse un piccolo senso di sadica soddisfazione.

Percepì i suoi occhi posarsi su di lei un attimo dopo, studiando i suoi movimenti, apparentemente pensieroso e disattento.

Nonostante questo, lei si sentì comunque pervasa da un fremente disagio, come se fosse uno sguardo lussurioso.

I suoi muscoli si irrigidirono istintivamente mentre il ricordo di quegli stessi occhi roventi, che la percorrevano in occhiate non propriamente caste, si proiettava nella sua mente in modo fin troppo realistico. Di nuovo.

Un piccolo brivido la pervase, percorrendo la sua schiena e provocandole nuovamente quel senso di vuoto al basso ventre, come di risucchio.

Sempre più innervosita dal suo corpo, si mordicchiò le labbra cercando di sopire quel formicolio di cui non comprendeva l’origine.

Non doveva pensarci, si disse. Si stava fissando su un fatto inesistente, frutto solo di suggestioni e nervosismo.

Continuò a sorseggiare la sua colazione, ignorandolo e lui per fortuna si allontanò andandosi a sedere al tavolo.

Era lo stesso atteggiamento che aveva mantenuto per tutto il giorno precedente, evitandolo e rifuggendo ogni possibile cosa che l'avrebbe portata a imbattersi in lui.

Se ne era infatti tenuta il più lontano possibile dal momento in cui era rincasata, bagnata e un po' sconvolta suscitando le occhiate stranite di Stefan.

Lei non ci aveva badato più di tanto, troppo presa a pensare ad altro, anche se in realtà i pensieri si erano fatti più stressanti solo in seguito.

Era stato un momento, semplicemente quello, in cui il suo corpo era impazzito. Tutto qui.

Non poteva trattarsi che di quello.

Lanciò un’occhiata fugace e sospettosa a Damon, come se il suo corpo potesse avere di nuovo una reazione come quella, tornando al presente e convincendosi ancora di più delle spiegazioni che si era data.

Era altamente impossibile al novantanove virgola nove per cento che lei ne fosse attratta.

Cioè, era come dire che il cielo era verde!

Era come se in quel momento non fosse stata lei.

Proprio come la sera in cui si erano conosciuti al Grill, anche se forse in quella occasione era stato in qualche modo differente.

Ok, ci era finita a letto prima ancora di sapere chi fosse ma quello era facilmente spiegabile.

Era mezza ubriaca, decisa a non pensare al passato e a divertirsi, e aveva subito un po' il fascino di quello sconosciuto, che sembrava averla inquadrata alla prima occhiata.

Interesse che era stato amplificato dall'alcool sicuramente.

Certo, avesse saputo cosa avrebbe comportato quel divertirsi se ne sarebbe decisamente rimasta a casa, pensò con una smorfia ad inclinarle le labbra.

Ma su quello c'era in qualche modo passata sopra, liquidando il fatto con questa semplice spiegazione, nonostante continuasse a dolerle un po' l'orgoglio.

Il fatto che però avesse provato quella stessa sensazione in un momento in cui era fin troppo sobria e lucida non aveva alcuna coerenza con la spiegazione che si era data. Per niente. E la irritava terribilmente.

Era totalmente irrealizzabile che quello zero virgola uno per cento si stesse avverando.

Era pura utopia, totalmente impossibile che provasse dell'attrazione nei suoi confronti.

Non sarebbe accaduto mai, si era detta sicura prima di cadere in un sonno profondo rincuorata da quella convinzione.

Un acuto di risate, seguito dallo schioccare di un bacio si propagò nell'aria, raggiungendoli e richiamandola alla realtà.

Damon assottigliò gli occhi infastidito, come se fosse afflitto dal mal di testa o da qualcosa di molto fastidioso, riducendoli quasi a due fessure azzurre.

Sbuffò poi un commento innervosito fra le labbra.

- Barbie e Ken si stanno praticamente accoppiando sul divano- ruppe il silenzio con voce piatta e un'evidente smorfia disgustata sul volto, portandola a voltarsi nella sua direzione.

Aggrottò le sopracciglia confusa e solo dopo un attimo capì a cosa, o meglio a chi, si stava riferendo.

- So che per te è difficile da capire, ma sono innamorati- gli rispose con un tono comprensivo un po' pungente, come se stesse parlando di una cosa a lui incomprensibile e sconosciuta.

- Così offendi il mio povero cuore- si portò teatralmente una mano al petto, fingendosi offeso e ferito.

Elena roteò gli occhi al cielo, trattenendo a stento uno sbuffo e una risposta acida.

- Comunque, se continuano a tubare così, tra poco sforneranno una piccola Shelley - continuò pungente e un po' irritato con un cenno del capo a indicare l'altra stanza, tornando poi a sorseggiare il suo caffè.

Come era consuetudine ormai quando si trattava di lui, qualcosa scattò dentro di lei ed Elena si ritrovò a rispondergli prima ancora di rendersene conto.

- Shelley non è la figlia di Ken e Barbie. È la sorellina – puntualizzò, non riuscendo a trattenersi abbastanza dal non replicare.

Però doveva ammettere, seppur con molta fatica che, per una volta, aveva ragione: quei due erano sempre appiccicati.

Lui aggrottò le sopracciglia scure, non aspettandosi forse quella risposta.

- Touche – inclinò il volto, dandogliene atto.

E questa volta fu lei a essere sorpresa. Si aspettava la solita, interminabile sfilza di repliche e battutine e non di certo un'ammissione di colpa.

Strano che non avesse fatto nessun riferimento malizioso, si rammentò pensierosa.

- Giocavi con le bambole da piccola, quindi?- riprese a parlare lui, improvvisamente interessato rompendo il velato silenzio appena creatosi.

Anche se ad essere sinceri sembrava più una constatazione che una domanda.

Alzò gli occhi su di lui, fissandolo da sopra la tazza.

- Si - mormorò in risposta, in un sussurro vago e scocciato che voleva chiaramente far cadere il discorso nel vuoto.

Decisamente parlare della sua infanzia con lui era l'ultima cosa che voleva fare in quel momento.

Non che volesse fare qualcosa, si ritrovò ad arrossire per quel doppio senso involontario che la sua mente le aveva presentato.

Fece scontrare involontariamente i loro occhi solo per una breve frazione di secondo spostandoli un attimo dopo, provando ancora quel tipo di imbarazzo che non sembrava volerla abbandonare.

- Interessante...-

Il suo sguardo diventò meno freddo, scaldandosi e luccicando di una giocosa allusività che lo illuminò e la fece sentire ancora più a disagio.

Perché diavolo accadesse continuava a non comprenderlo, però.

Schiuse le labbra, tra lo sgomento e il sorpreso fissandolo senza parole.

Era allucinante. Quell'essere proveniente direttamente dall'inferno, chiamato Damon Salvatore, riusciva a trovare malizia anche in un gioco per bambini!

E poi era irritante di come avesse sempre da ridire su tutto, lo fulminò con gli occhi.

- Ma a quanto vedo lo facevi anche tu - frecciò ironica, inarcando pericolosamente un sopracciglio e guardandolo in cagnesco per qualche breve secondo prima di allontanare nuovamente lo sguardo dal suo.

Lui rimase in silenzio per qualche attimo, un breve lampo di un emozione sconosciuta e che lei non comprese a scurirgli l'iride prima che tornasse nuovamente imperscrutabile.

Ingenuamente, credette di averlo finalmente messo a tacere, ma un secondo dopo si aprì in un ghigno ammaliante .

L'ennesimo.

- Non con le bambole che intendi tu però - soffiò sfacciatamente malizioso, protendendosi lievemente sul tavolo verso di lei e lanciandole un'occhiata di evidente significato ambiguo – E lo faccio ancora ora, se per questo – alluse placidamente, arrossandole le guance per il tono voluttuoso con cui parlò.

Quasi languido.

Ignorò il senso di imbarazzo che la colpì, ancora, alla bocca dello stomaco, aggrovigliandoglielo.

Scrollò il capo, facendo ondeggiare i capelli sulle spalle.

- Interessante...- lo citò intenzionalmente, volendo avere ostinatamente l'ultima parola e non riuscendo a fare a meno di ribattere.

E poi il desiderio di togliergli quel mezzo sorriso altezzoso e irrisorio dalla faccia era una tentazione troppo forte per non cedervi.

- Quindi...- mormorò sciogliendo il tono di voce in una apparente inclinazione suadente, che catturò subito la sua attenzione.

Sorrise, mossa ancora da quell'impulso insopibile che la portava a reagire ogni volta.

Gesto che non sfuggì ai suoi occhi, che la seguirono in ogni più piccolo suo movimento.

Inclinò il volto poi, guardandolo in un modo più spigliato di quanto si sentisse in realtà sotto il suo sguardo ghiacciato.

- … ammetti di giocare con le bambole gonfiabili?- terminò pungente lei, aggrottando le sopracciglia fintamente confusa e sorpresa, come ingenuamente shoccata da quella scoperta.

Come era accaduto in tutti i loro precedenti incontri, le provocazioni uscivano automaticamente dalla sua bocca senza che lei riuscisse a frenarle.

Lui strinse le labbra in una linea netta, indurendo la mandibola, probabilmente stizzito dalla sua frase che aveva messo in dubbio la sua virilità.

Le lanciò uno sguardo stralunato, facendola quasi scoppiare a ridere soddisfatta e divertita dalla sua smorfia piccata.

Decisamente la ripagava di tutto il nervosismo – e pensieri- che le provocava inesorabilmente.

Lui si alzò, facendo stridere la sedia contro il pavimento, e avvicinandosi alla cucina e, quindi, anche a lei.

- Non ho bisogno di queste cose - le disse piccato, piegando la testa verso destra e assottigliando gli occhi al suo indirizzo fino a ridurle a due fessure . - Ti assicuro che ho fin troppi svaghi e tutti sotto i trenta anni - continuò, abbandonando la tazza nel lavabo.

Elena inarcò provocatoriamente un sopracciglio, incrociando le braccia al petto e guardandolo scetticamente.

Damon si appoggiò poi con il fianco al mobile, quasi in una posizione speculare in quella in cui era lei.

Quella vicinanza la portò a irrigidirsi nuovamente, i nervi quasi in allerta per la distanza di sicurezza superata fra di loro.

- Sono molto attivo sotto quel punto di vista - si vantò con tono vanesio, un sorriso sicuro e vanitoso a incurvargli le labbra - Dovresti ricordartelo – soffiò allusivo, facendola arrossire violentemente.

Un formicolio lieve la colpì al basso ventre a quel ricordo sfocato e vago, ma che le sembrò vivido come non mai in quel sussurro un po' roco.

Deglutì, mentre quella risposta impossibile a tutto ciò le si riproponeva nella mente.

- Cos'è, hai già una crisi di mezza età? - frecciò cambiando astutamente discorso, riferendosi malignamente alla sua propensione di uscire con donne più giovani di lui cercando di non far caso all'imbarazzo che le imporporava le guance.

Riversò parte del nervosismo in quella frase, sperando che funzionasse un po' da valvola di sfogo.

- Mi piace la carne fresca - ribatté lui, con una smorfia sorniona e alzando le spalle.

Il fatto che poi trattasse le donne puramente come oggetti e le cambiasse come i calzini era un altro motivo che non glielo faceva andare a genio. Per nulla.

Questa volta non gli rispose, limitandosi solo ad una smorfia dubbiosa ed a inarcare scetticamente un sopracciglio.

Riprese a sorseggiare il suo caffè, ormai freddo.

Percepì però il sguardo non abbandonarla, percorrendole ancora la curva del corpo e diventando bollente. Cosa che le provocò un insolito formicolio sulla pelle.

Come brividi di caldo.

Forse la calura la stava davvero facendo impazzire, considerò confusa dalle sensazioni che l'affliggevano.

Passava dal sentirsi terribilmente in imbarazzo in sua presenza a essere seducentemente provocatoria, rispondendo spigliata alle sue battutine, e infine così innervosita dalle sue occhiate da volergli tirare un piatto dietro.

Non aveva senso tutto questo ed era sempre colpa di quel qualcosa che scattava dentro di lei.

Sembrava riuscire a tirare fuori le parti più differenti, opposte,del suo carattere notò confusa e sorpresa al col tempo.

- Credo che uscirò ora. - affermò improvvisamente, avviandosi poi alla porta scorrevole semichiusa e lei si chiese per quale ragione glielo stesse dicendo.

Non gliene fregava assolutamente nulla. A Elena bastava che stesse il più lontano possibile da lei e tutto era perfetto.

- In paese si possono fare incontri piacevoli- le disse con un brillio malizioso e lei dovette mordersi la lingua per non ribattere.

Damon si bloccò però a metà strada, volandosi verso di lei con lo sguardo improvvisamente illuminato da una luce divertita.

Era come se gli fosse venuto in mente qualcosa di divertente, ilare.

- Magari potrei andare a fare un bagno nel lago- soffiò sfacciatamente con malizia riferendosi schiettamente al giorno precedente e rievocando in lei il ricordo di quello che era accaduto. Ancora.

Arrossì violentemente, allargando gli occhi scuri.

Damon gongolò apertamente del suo imbarazzo, ghignando soddisfatto ed euforico quasi.

- Vuoi venire con me?- le chiese suadente, intenzionalmente provocatorio, socchiudendo allusivamente gli occhi e facendo aumentare in modo direttamente proporzionale in lei indignazione e disagio.

- Affogati- gli ringhiò contro facendolo ridacchiare divertito e provocandogli un acceso di risate .

Era un suono allegro, seppur un po' roco e lei si ritrovò inaspettatamente a notare di come avesse un non so che di musicale.

- Sarà per la prossima volta allora – le disse allargando gli occhi azzurri.

Scomparì oltre la porta in un soffio, quasi il tempo di un respiro, proprio come quando era arrivato.

Sospirò lievemente sollevata appoggiandosi con i fianchi alla cucina, il cuore che batteva però in modo anomalo nel petto e il nervosismo a scorrerle ancora nelle vene.

Era irritante quell'essere diabolico rispondente al nome di Damon Salvatore. Tremendamente.

La sua risata però continuò a ronzarle fastidiosamente nelle orecchie, in un eco che non sembrava voler scemare via.

Scrollò il capo, abbandonando la tazza ormai vuota nel lavello e apprestandosi a salire in camera.

Le ci voleva una doccia rinfrescante per scacciare i pensieri molesti e sciogliere i nervi tesi dal irritazione e dall'imbarazzo.

Tuttavia, non sapeva ancora che quel suono frastagliato e un po' gutturale, un misto tra malizia e divertimento,avrebbe sovrastato anche il rumore della doccia continuando a risuonarle in testa




************************



- Un the freddo - ordinò con un sorriso leggero e svagato, le guance un po' arrossate dal caldo e gli occhi luminosi di allegria.

Prese poi posto su uno degli sgabelli alti liberi vicino al bancone, in attesa della sua bevanda.

Il barista annuì, posandole davanti il bicchiere pieno e ghiacciato in meno di un secondo.

Lo ringraziò con un altro sorriso e poi lo afferrò, prendendone voracemente un sorso rinfrescante.

Accavallò le gambe, canticchiando a mezza voce la canzone che passava il dj.

Era contenta quella sera. Dannatamente.

Cosa l'aveva resa così di buon umore dopo un avvio non proprio dei migliori? Beh, diciamo che Bonnie aveva portato con se un ospite quel pomeriggio: Jeremy.

Sarebbe dovuto tornare a casa la settimana successiva ma le lezioni al college erano terminate prima e così le aveva fatto una piacevolissima sorpresa, presentandosi alla casa sul lago.

Quando aveva aperto la porta, ritrovandoselo davanti, aveva esitato qualche attimo, sbarrandogli gli occhi, prima di buttargli le braccia al collo in una abbraccio soffocante che l’aveva convinta che non era un’allucinazione.

Rivederlo dopo tutti quei mesi di lontananza, fatta solo di chiamate e messaggi, l'aveva messa tremendamente di buon umore, spostando in secondo piano persino i suoi pensieri e la stressante convivenza forzata con Damon.

Le era mancato davvero tanto, più di quanto si fosse resa conto e solo ora lo capiva appieno.

Ma non era esclusivamente questo ad aver alzato il suo umore di una ottava.

Oh no, aveva infatti contribuito enormemente l'assenza di pensieri.

Non sapeva come o perchè, ma quei piccoli, subdoli dubbi, che si insinuavano nelle sue riflessioni proponendole soluzioni senza senso e che non potevano decisamente essere reali, erano miracolosamente scomparsi. Puff, annullati.

Come dissolti nel nulla, non si erano più presentanti a tormentarla lasciandola finalmente in pace.

Neanche nelle sue più rosee speranze aveva sperato in una risoluzione così veloce e indolore.

Erano semplicemente scomparsi, come una bolla di sapone scoppiata, e lei non poteva esserne più felice.

Si sentiva enormemente sollevata, come se un grosso macigno non le pesasse più addosso.

Motivo che l'aveva spinta a non dire nulla a Bonnie quando le aveva chiesto se andava tutto bene.

Non aveva più senso parlare di un qualcosa che non c'era più e lei era sempre più convinta che quello che aveva pensato – provato- era stato dettato da un momento di pazzia dettato dal caldo.

E il fatto che fossero scomparsi all'improvviso così come erano arrivati ne era la prova lampante.

Si, era dannatamente felice.

Si guardò allegramente poi intorno, continuando a sorseggiare la sua bevanda.

Era un bel locale, con le caratteristiche tipiche del luogo e sviluppato su due piani differenti: la parte al chiuso e con il bar al piano terra e la terrazza, con vista sulla valle, al piano superiore.

Loro avevano preso un tavolo nella parte più riservata e bella, ma Elena, stufa di ballare e di stare in mezzo alle coppiette, aveva deciso di andarsi a prendere qualcosa da bere di fresco al bar.

Una figura maschile a lei nota, avvolta nella solita camicia nera, l'affiancò all'improvviso.

Il suo profumo forte, mentato e pungente le solleticò le narici facendole riconoscere il proprietario prima ancora che parlasse, facendo la sua ordinazione.

Stranamente la solita sensazione di fastidio non la pervase, chiudendole lo stomaco nella consueta morsa innervosita, seppur non l'avesse neppure salutata come suo solito.

Forse qualsiasi nervosismo o irritazione era stata surclassata dal buon umore che sembrava non abbandonarla.

Meglio così, si disse decidendo di non lasciarsi rovinare la serata dai pensieri o da lui.

Lo fissò di sottecchi mentre ordinava con voce lenta e strascicata una bevanda decisamente più alcolica della sua, in una situazione esattamente speculare a quella che aveva vissuto quando si erano incontrati la prima volta.

Si ritrovò a sorridere istintivamente, senza quasi rendersene conto, provando una sensazione di languido deja-vù alla bocca dello stomaco a quel pensiero che la disarmò.

Era sconcertante di come il destino fosse beffardo, a volte.

Sembrava la stessa identica situazione della sera in cui si erano incontrati, notò aggrottando leggermente le sopracciglia in un'espressione vagamente corrucciata mentre quella sensazione insolita e ambigua si intensificava.

- E’ la seconda volta in due giorni che sorridi in mia presenza- affermò all'improvviso Damon con un tono tra il canzonatorio e quasi sovrappensiero, continuando però a non guardarla e a mantenere lo sguardo puntato davanti a se.

Elena quasi sobbalzò, colta alla sprovvista da quell'interruzione inaspettata del flusso sconnesso dei suoi pensieri.

Solo allora, Damon, si voltò verso di lei, senza però avvicinarsi, appoggiando il fianco contro il bancone e lanciandole uno sguardo frizzante e ilare che forse non gli aveva mai visto.

Era uno sguardo limpido, non adombrato dalla solita imperscrutabilità o dalla malizia cosa che la sorprese non poco.

Anche lui sembrava sereno e svagato quella sera, notò attenta.

Inaspettatamente e senza un'apparente ragione le sue guance si velarono di un leggero rossore e il senso di imbarazzo tornò a pervaderla.

Tuttavia lei lo ignorò, non dandogli peso.

Era solo perchè l'aveva colta di sorpresa, si disse .

- Dovrei ritenermi lusingato?- ammiccò con solito sorriso sbieco ad incurvargli le labbra.

Non sapeva bene il perché o come mai stesse accadendo, ma di nuovo, stranamente, nessuna reazione tumultuosa di violento nervosismo la colse alle sue parole sarcastiche.

Forse era causa del suo tono non troppo serio, quasi divertito.

O forse semplicemente per una volta non aveva voglia di ribattere seccata e pungente.

Non se lo chiese più di tanto, decidendo di non darci assolutamente alcun peso.

- Si, in effetti dovresti - ammise leggera con un'alzata di spalle, sorprendendolo per la mancanza della solita punta di acidità nella voce.

Percepì distintamente il suo sguardo sulla sua pelle cambiare mentre la lambiva in una occhiata indagatrice, passando velocemente da confuso a sorpreso e infine intrigato.

- Posso sapere il motivo di questa...- fece un gesto vago con la mano, non continuando la frase e aspettando che fosse lei a farlo.

Insolitamente, non sembrava avere altri intenti o battutine ambigue da lanciarle.

Sembrava solo...cordiale, se ne stupì.

Già, per quanto fosse una cosa inconcepibile e che pensava non sarebbe mai accaduta, quella era una normale conversazione.

- Non posso essere semplicemente contenta?- gli disse in risposta, ricevendo un'altra occhiata scettica e dubbiosa.

Era così impossibile ai suoi occhi che lei fosse allegra? Si chiese sorpresa da quella constatazione.

- Sono di buon umore stasera - puntualizzò con una scrollata di capo lanciandogli una occhiataccia per tutta quella dubbiosità, di quelle tipiche che caratterizzavano i loro incontri.

Lui non disse nulla, prendendo un'altro sorso della sua bevanda e le similitudini con quella sera le si fecero ancora più palesi.

Sembrava quasi la stessa situazione, a dire il vero.

- Stavo … notando come questa situazione sia una sorta di deja-vù - gli disse senza un reale motivo dopo un attimo di esitazione.

Non ci fu bisogno di specificare altro perché lui capì subito.

Damon si aprì,infatti,in un mezzo sorriso malizioso, socchiudendo gli occhi in quel modo tipico che lo caratterizzava e che stranamente le provocò ancora quella insolita sensazione alla bocca dello stomaco.

Non era una morsa dolorosa e neanche fastidiosa, piuttosto assomigliava ad un lieve groviglio.

Cosa significava?

Magari nel the avevano messo qualcosa che le stava provocando il mal di stomaco.

- Mmh – mormorò in un soffio gutturale che la fece irrigidire istintivamente - E' un modo implicito per farmi capire che vorresti finisse nello stesso modo?- ammiccò al suo indirizzo, un scintillio malizioso negli occhi chiari.

Mosse un passo in avanti avvicinandosi, sovrastandola con la sua altezza e facendo sfiorare i loro corpi in un tocco appena percepibile, annullando la distanza che vi era fra di loro fino ad un secondo prima.

Quell’elettricità,che aveva provato già il giorno prima, torno a vibrare prepotente nell’aria, diradandosi a spirali dal punto esatto in cui si erano toccati fino al suo basso ventre.

Trattenne di riflesso il respiro, non poco sconcertata.

- Perché se così fosse, non dovresti neanche chiedere - le sussurrò suadente inclinando il volto verso destra, verso di lei, fino a sfiorare quasi col naso i suoi capelli.

Allarmata da quella vicinanza e, soprattutto, da cosa le stava provocando internamente si tirò leggermente indietro con il busto, frapponendo centimetri, preziosi per la sua sanità mentale, fra di loro.

- Neanche nei tuoi sogni migliori- gli disse sprezzante e decisa, facendolo ridacchiare in risposta.

Una punta di acuta irritazione la pervase a quella reazione, andando ad accavallarsi al lieve formicolio al basso ventre in un miscuglio di sensazioni improbabile.

E nuovamente ebbe la dimostrazione di come riuscisse a farla passare rapidamente da stati d'animo opposti.

- O forse nei tuoi, Gilbert ?- sussurrò suadente e tentatore, lanciandole un'occhiata inequivocabile che la portò ad arrossire ancora.

- Non sono sogni quelli in cui ci sei tu, ma incubi- frecciò tagliente, non potendo però al suo basso ventre di contrarsi piacevolmente per quel tono e per il ricordo di quello che aveva sognato quella mattina.

Dannazione, imprecò mentalmente, il suo corpo stava ricominciando ad avere comportamenti strani.

- Quindi ammetti di sognarmi- ghignò compiaciuto rigirandosi a suo piacimento ciò che aveva appena detto, un brillio di divertita vittoria negli occhi.

Cosa che la innervosiva parecchio, per inciso.

Sbuffò sentendo ora distintamente il nervoso montare dentro di lei, avvolgendola e portandola a domandarsi cosa diavolo le fosse passato prima per la testa da poter considerare il loro dialogo pacifico e cordiale.

- Credo che tornerò dagli altri- affermò decisa, scendendo dallo sgabello,ma dal lato opposto di quello in cui si trovava lui per evitare qualsiasi contatto fortuito.

Il suo corpo sembrava essere impazzito già così, non c'era bisogno di provocarsi reazioni ulteriori

che non voleva.

Lui annuì silenziosamente, dando quasi l'impressione di non averla neanche sentita e finendo tutto in un sorso il contenuto ambrato del suo bicchiere.

Fece per pagare ma prima ancora che avesse tirato fuori il portafoglio dalla borsa Damon aveva già allungato una banconota da venti dollari sul bancone.

- Cosa stai facendo?- gli chiese sconcertata dal suo gesto, un'espressione tra l'allarmato e il sorpreso stampata in faccia.

Stava per caso facendo un gesto galante nei suoi confronti ? Si chiese alternando lo sguardo alternativamente dalla banconota a lui.

No, doveva essere un'allucinazione sicuramente.

- Sto pagando - le disse tranquillo, il tono di voce quasi indifferente e scocciato.

Ecco, assottigliò lievemente gli occhi, se lei passava da un'emozione all'altra lui era davvero lunatico e scostante.

- Non ce ne è bisogno - gli disse sicura e un po' irritata dal suo tono, cercando di allungare la mano per bloccarlo.

- Non puoi semplicemente accettare e dire grazie?- sbuffò annoiato, quasi brusco, spostandole il braccio e beccandosi subito una sua occhiataccia.

Lo fulminò con gli occhi, percependo il nervoso vibrare in lei.

- Non ti ho chiesto io di offrimi da bere quin..- affermò brusca, riservando un po' di quel nervosismo che era tornata a pervaderla su di lui, ma non riuscì a terminare la frase che fu interrotta da una terza voce.

- Se vuoi ti offro io da bere, bellezza – li interruppe una voce spavalda, un po' burbera.

Si voltò di scatto per vedere chi fosse, ritrovandosi davanti un uomo dalla corporatura robusta e dai capelli biondi tagliati a spazzola qualche posto più in là del suo.

- No, grazie - rispose decisa, cercando di essere comunque educata.

- E non solo quello - rise gutturalmente, scaturendo le risate dei due amici che lo circondavano quasi a formare un capannello e che solo in quel momento notò.

Non gli rispose, lasciando cadere nel vuoto la provocazione.

L'ultima cosa che voleva era scatenare mettersi a litigare o peggio scatenare una rissa.

Gli diede nuovamente le spalle, facendo per allontanarsi ma parlò di nuovo quell'uomo.

- Oh andiamo non fare la restia e andiamo a fare un giro- affermò afferrandola per un braccio affinché si girasse verso di lui. - Lo sappiamo tutti che voi della città amate divertirvi-

Le stava dando della poco di buono?

Irritata e innervosita dalla piega che stava prendendo quella situazione cercò di andarsene.

Con un gesto secco del polso tento di liberarsi ma non ci riuscì visto che la presa era più salda di quello che sembrava.

- Lasciami andare – gli intimò cercando di essere il più sicura possibile ma la sua voce tremolò impercettibilmente.

Era inutile negarlo, quella situazione stava prendendo un brutto risvolto.

Percepì la presenza di Damon farsi più pressante alle sue spalle, rincuorandola minimamente.

- Hai sentito cosa ha detto? Lasciala andare immediatamente – si intromise lui con tono duro e freddo, affiancandola e frapponendosi quasi fra lei e quell'energumeno di montagna.

Gli lanciò un occhiata allarmata, più per la circostanza che si stava venendo a creare che per il fatto che la stesse ancora trattenendo per un braccio.

- Fatti i fatti tuoi bamboccio – gli disse a muso duro, lasciandola però andare finalmente.

Lasciò andare un respiro profondo, rendendosi conto solo allora di averlo trattenuto.

Si massaggiò il polso un po' dolorante, non distogliendo però gli occhi da Damon che sembrava pericolosamente alterato.

Sembrava trattenersi a stento, la linea della mandibola stretta in un'espressione dura.

- Damon...- lo chiamò preoccupata, cercando di evitare a priori qualsiasi sua reazione avventata.

Lui non la calcolò minimamente, come se non l'avesse neanche sentita.

- Guarda te sto idiota- disse l'altro ragazzo ai suoi amici .

Accadde tutto velocemente in seguito, un susseguirsi di azioni imprevedibili che non riuscì ad evitare.

E poi fu la fine.









Salve! Come state? Spero bene e che il capitolo vi sia piaciuto! E ora passiamo alla solita spiegazione per punti:

1- Innanzitutto mi voglio scusare per l'enorme ritardo con cui ho aggiornato questa storia. Per vari motivi ho dato precedenza alle altre due storie e vari impegni ( studio ed esami dell'università) e problemi vari mi hanno impedito di aggiornare prima. Quindi scusatemi per avervi fatto aspettare così tanto e Grazie di cuore a chi mi ha aspettato!

2- Passiamo al capitolo ora, visto che c'è abbastanza da dire. È un capitolo importante, non ancora di svolta ma comunque rilevante per la storia anche se so che ad un primo sguardo potrebbe apparire abbastanza noioso e transitorio. Ma se leggete tra le righe e i loro comportamenti capirete che qualcosa inizia a cambiare.

Le acque iniziano a muoversi in questo chappy e in parte è a causa di quello che è accaduto nello scorso capitolo. I dubbi iniziano a insinuarsi in Elena, è il suo stesso corpo in qualche modo a provocarglieli come si è visto anche se non è ancora cosciente.

Altra cosa. A volte, nel corso del capitolo, può sembrare che abbia comportamenti contraddittori e opposti ma è una cosa voluta. Un momento è irritata dai comportamenti di Damon quello dopo se ne scopre interessata e anche il fatto che si faccia tutte quelle domande vuol dire qualcosa. Inizia a voler dire qualcosa. Quindi è una cosa voluta in un certo senso. Ovviamente spero però che il capitolo abbia un senso, così come i comportamenti di Elena, e il tutto sia risultato chiaro e coerente.

Elena non è ancora consapevole di esserne attratta, si è solo insinuato il dubbio che l'accompagnerà anche nel prossimo capitolo. Non ne ha ancora preso coscienza.

3- Vorrei sottolineare una cosa: noi vediamo tutto dalla prospettiva di Elena, attraverso i suoi occhi. Quindi sappiamo cosa pensa lei e come agisce e tutte le azioni degli altri personaggi sono filtrate attraverso i suoi occhi. Questo discorso lo faccio perché è importante quando si tratta di Damon. Quindi quando Damon parla viene interpretato da Elena, ma non è detto che quello che Damon vuole dire\fare sia quello. È un fatto importante per la storia perché di fatto le vere intenzioni di Damon o cosa pensa non si sa, se non per quello scorcio del capitolo 4 che era dal suo punto di vista. Non so se mi sto spiegando bene, ma tenete presente questa cosa anche per i capitoli futuri.

4- Il titolo del capitolo è “Doubts” che tradotto vuol dire appunto Dubbi. Che lo voglia o meno ormai si sono insinuati in lei e nel prossimo capitolo dovrà farci decisamente i conti.

5- Personalmente non mi convince molto come capitolo, ma spero che vi sia piaciuto e sta a voi il giudizio finale. In realtà, inizialmente, prevedeva anche una terza parte ma ho deciso all'ultimo momento di toglierla per un motivo preciso. Il prossimo capitolo inizierà quindi dove è finito questo, facendoci cosa è accaduto.

6- Un GRAZIE è doveroso per tutti quelli che hanno aspettato questo capitolo, nonostante il mio imperdonabile ritardo. GRAZIE alle splendide 10 persone che hanno recensito lo scorso capitolo e a cui risponderò tra pochissimo. E, infine, GRAZIE a tutte le persone che mi hanno sostenuto durante la stesura del capitolo, non vi nomino una ad una perchè sono sicura che se no dimenticherei qualcuno.

Vorrei anche ringraziare in particolar modo anche chi mi ha sostenuto e sopportato nel periodo pre-esame e Cla e Ali che hanno cercato di aiutarmi quando non trovavo una frase adatta ( visto che vi ho citato cmq anche se non avete trovato la frase?!).

Grazie ad Ali ( Missdelena97) che ha cambiato la grafica alla fanfiction e ha fatto i video trailer che vi invito a vedere. La nuova immagine come potete vedere presenta delle frasi, alcune sono spoiler e le troverete nei capitoli a venire.

7- Uh ultima cosa: nell'ultima parte del capitolo, in particolar modo quando si presenta quel ragazzo di montagna, non so se la reazione di Damon sia coerente con il suo personaggio e con la sua caratterizzazione. Inoltre sono anche dubbiosa sulle frasi e “insulti” che gli dice ma non ho trovato nulla di meglio, quindi scusatemi se non è un gran che quella parte. Spero di rifarmi con i prossimi capitoli.

Ah, altra cosa che è uno spoiler, ma visto che avete aspettato ve lo meritate: All'inizio del capitolo Elena fa un sogno. Bene vi annuncio che i sogni torneranno presto a farle visita...ma non vi dico di che tipo saranno!

Direi che non c'è altro da dire se non che spero vi sia piaciuto il capitolo.

Non l'ho riletto perchè sono di fretta ma spero che vi sia piaciuto e che non ci siano errori.

Se volete farmi contenta lasciatemi una recensione!

PS: la prossima storia che aggiornerò non so ancora con precisione quale sarà, ma sicuramente sarà o... DESTINED FOR ETERNITY oppure I WILL ALWAYS CHOOSE YOU.

Baci Live in Love.


   
 
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