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Autore: neme_    27/01/2012    7 recensioni
« Lei è il quattordicesimo avvocato che viene qui da me. »
« Lo so. »
« Ma è il primo a dirmi che tornerà. »

Tyki è un giovane avvocato di ventisei anni.
Lavi è il nuovo cliente che ha scelto, colpito dalla sua vicenda che sembra come le altre. Ma già al primo incontro, Tyki capisce che la situazione di Lavi è ben più complicata.
Un incontro, il loro, che spinge Tyki in un viaggio mai intrapreso, allo scopo di capire meglio quel "caso perso".
Perdonate l'aggiornamento che manca da molto. Concluderò la storia non appena avrò trovato un finale adeguato e il modo giusto per trascriverlo.
[Angst][AU][Tyki+Lavi][LaviLina][AlRoad][Suspence][Drammatico][Death][Mistero][Tematiche delicate]
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rabi/Lavi, Tyki Mikk
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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Author's note; immensamente spiacente per il ritardo. Connessione andata a farsi fottere per tre giorni, dojinshi da portare avanti, disegni da fare, scuola, oltretutto in casa siamo in tre con un pc e di tempo per stare a scrivere non ne ho tantissimo, è difficilissimo portare avanti una storia del genere, ma... ECCOMI QUI! *-*
Spero che vi piaccia. Non ho molto da dire a riguardo, è diciamo un “riscaldamento” del processo. Nel prossimo ci saranno più svolte, promesso!
E finalmente sono riuscita a dare una palla da basket a Lavi! Aveva proprio bisogno di svagarsi, quel povero figliolo. E, per quanto riguarda la parte iniziale, ci tenevo molto a scriverla, spero che vi piaccia.
Un grazie infinite a
Aryadaughter, preffy e schwarzlight per aver inserito la storia tra le seguite! E naturalmente grazie a tutti coloro che leggono e mi lasciano un proprio parere!
P.s.: amo la canzone di De André che ho scelto per questo capitolo!





Ottavo incontro
Seconda udienza, ore 09:45
Botta e risposta





E se furon due guardie a fermarmi la vita,
è proprio qui sulla terra la mela proibita,
e non Dio, ma qualcuno che per noi l'ha inventato,
ci costringe a sognare in un giardino incantato.
[ Un blasfemo (dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato) – Fabrizio De André ]





« Lo sappiamo che quei tipi sono forti.
Ma noi non siamo venuti fin qua per perdere. »
[ Lavi – D.Gray-man ]





Trovarsi di fronte tutta quella gente che lo osservava lo aveva un po' scosso, nel profondo. Si sentiva un bambino appena nato, Lavi. Lui da solo, disorientato, senza capire bene cosa ci fosse intorno a lui, mentre tutti lo guardavano aspettandosi un cenno. Lavi non sapeva dire se quella situazione irreale, assurda per un normale diciottenne, lo divertisse o lo spaventasse. Forse quell'ammasso di sconosciuti -eccezion fatta per Allen, Kanda, Tyki, Anita, Mahoja e Lvellie- si aspettavano un qualche gesto violento, un urlo, una risata degna dei film horror. Ma il guercio, in tutta onestà, non aveva voglia di dire alcunché. A lui piaceva tanto starsene da una parte e osservare, come faceva suo nonno. Guardando e basta si potevano vedere un'infinità di sfumature del mondo. Godersi il lento scorrere del tempo guardando come le cose cambiavano, estraniarsi da quelle medesime cose e, perché no, beffarsi dei cambiamenti che subivano. Perché qualunque cambiamento avesse visto, Lavi lo aveva trovato risibile.

Tutti nella vita pensano di essere protagonisti, di essere soggetti a una cosa astratta chiamata “destino” che scrive la storia per loro, tutti che pensano di dover seguire una propria strada. Ma che scemenza. Come se una cosa grande come il destino potesse occuparsi di miliardi di persone, di un'infinità di animali e via discorrendo. Si nasce, si cresce e alla fine si muore, punto. Lavi aveva cominciato a pensarla così, e non c'era mai stato nulla che gli avesse potuto far cambiare opinione. L'idea di essere immutabile, mentre il resto del mondo cambiava, lo affascinava.

Ma in fondo cambiare è umano, e lui lo era. Dopo aver incontrato Linalee, qualcosa in lui aveva cominciato a muoversi. Non si vergognava ad ammettere che ne fosse innamorato, avrebbe voluto gridarlo a tutti, ma aveva una specie di paura. Paura di vedere quanto quel sentimento lo avrebbe cambiato. Se fosse cambiato, Linalee avrebbe smesso di amarlo? Oppure avrebbe smesso lui?

« Linalee, mi ameresti ancora? Se tu fossi qui, staresti ancora al mio fianco? Anche dopo tre anni, mi avresti detto “ti amo” con quel rossore sul viso? »

Erano pensieri frequenti, in carcere. Immaginare una Linalee diversa per lui era doloroso ma inevitabile. Perché anche lei era umana, e sarebbe cambiata, a lungo andare. Come sarebbe diventata Linalee dopo quel ventun dicembre? Magari si sarebbe abituata a quelle carezze audaci che gli faceva e non sarebbe più arrossita, forse sarebbe riuscita a dire a tutti che lui era il suo ragazzo e di nessun'altra. E lui sarebbe riuscito a convivere con un cambiamento del genere?

« Linalee, mi ameresti ancora? Ora come ora, mi diresti “ti amo”, come facesti quel giorno? Anche se io cambiassi, rimarresti con me? »

Non era il caso di piangere, non in tribunale, non per cose del genere. Tanto Linalee non avrebbe potuto rispondere, scemo lui che faceva ancora questi pensieri. Idiota lui, che si era innamorato di lei e a distanza di tre anni non era riuscito a scrollarsi di dosso il suo ricordo.

Tornò a guardare le facce sconosciute che, di tanto in tanto, ricambiavano il suo sguardo, quasi con paura. Howard Link, al contrario, era sempre impassibile. Anche lui era una di quelle persone immutabili. Lavi ne fu felice.

Anche Yu non era cambiato. Teneva testa a tutti, chiunque fosse stato, a costo di ritrovarsi contro dieci persone grosse il doppio di lui che lo picchiavano a sangue. O forse un po' era cambiato e lui non se n'era accorto. Era difficile osservare senza lasciarsi trasportare dai sentimenti, arrivati a questo punto. Ma aveva sempre un che di divertente vedere Yu Kanda, l'essere umano più introverso, scorbutico, asociale che avesse mai incontrato, fronteggiare uno sconosciuto che difendeva un uomo che lo aveva disgustato quanto lui, al liceo.

« Kanda, perché non sei andato alla polizia quella notte del ventun dicembre? »

« È sordo per caso? Ho già detto che Lavi mi aveva detto di scappare, temendo fossi in pericolo. »

« Ma non avevi niente da temere, tu non avevi fatto nulla, giusto? E nemmeno il tuo “amico” aveva fatto qualcosa di male, stando a quanto dici. Allora perché non chiamare la polizia? »

« Lei chiamerebbe la polizia quando la sua donna sta morendo e il suo migliore amico è in pericolo? »

« Certo. »

« Stronzate. »

« È pregato di usare un linguaggio adeguato, signor Kanda. »

Il ragazzo sbuffò di fronte al rimprovero del giudice. « Sì, mi scusi. Comunque in quei momenti nessuno ci pensa. » tuttavia Anita non poté fare a meno di ridacchiare. Era sempre il solito, Yu Kanda.

« Allora fammi capire, Kanda. Un professore metterebbe in gioco la propria professione per uccidere due ragazzi problematici? »

« Lvellie non è il tipo da sporcarsi le mani direttamente. »

« Allora lui non era presente, quella notte? »

« Aveva mandato qualcuno. »

« E come fai a dire con assoluta certezza che è stato lui a mandarlo e non un altro? Te l'ha assicurato il tuo “amico”? Non sarà che il tuo “amico” odiava così tanto il professore da volerlo mettere nei guai fino a questo punto? »

Lavi si vide davanti agli occhi una scena che aveva visto solo nei film, fino a quel momento. E ancora una volta avrebbe voluto applaudire, dannate manette. Tyki si era alzato con sicurezza, senza mostrarsi arrabbiato più di tanto, anzi. « Obiezione. Queste sono insinuazioni prive di fondamento. »

« Accolta. »

« Non importa, tanto non ho altre domande. Vorrei chiamare a testimoniare Lavi Bookman Junior. »

E nuovamente tutti guardarono lui. E lui che guardava Tyki, e nessuno che sapeva dargli una risposta. Era del tutto diverso rispetto al parlare con una sola persona, stavolta si trattava di confessare tutto davanti a un sacco di gente che non conosceva, con Lvellie che guardava, sentiva, e magari se la rideva sotto i baffi alla faccia sua.

Tuttavia Tyki gli intimò con lo sguardo di farsi avanti. E nel momento in cui Link tolse le manette, Lavi capì di non poter tornare indietro. Lui era bravo a parlare, aveva fatto scappare tredici avvocati, al confronto quello non era niente. Gli conveniva pensarla così. Continuò a pensarlo durante quei pochi passi dalla sua postazione a quella che Yu aveva appena lasciato, mentre le sue scarpe gli rimbombavano nella testa, mentre tutti continuavano a guardarlo, neanche fossero stati allo zoo. Come poter spiegare a parole il magone che sentiva? Come poter fingere tranquillità mentre si sedeva?

Si guardarono velocemente, per un secondo soltanto, Lavi e quell'uomo. E fu Lavi, quasi inconsciamente, a parlare, a giocare. « Io mi ricordo di lei. »

« Come? » ci fu una risatina di circostanza.

« Lei è stato il primo avvocato a venire da me. Accidenti, se avessi saputo che avrebbe finito per difendere quell'uomo, l'avrei tenuto. » mentiva, e si vedeva. Si beffava di lui, e si vedeva. Aveva un che di gustoso il viso impacciato dell'altro, il quale tentò poi di cambiare argomentazione all'istante.

« Lavi, ci risulta che tu abbia avuto rapporti sessuali con Linalee Lee. »

Cominciamo bene, si era detto. « Sì. »

« E perché nessuno ne era al corrente? »

« Perché dovrei rendere noto a tutti che faccio sesso con qualcuna? »

« Dunque il fatto che il fratello della suddetta fosse morbosamente geloso non rientrava nelle motivazioni? »

« Parla come se non avesse mai avuto sedici anni. » rispose il ragazzo, inarcando un sopracciglio. Tyki sorrise. Se la stava cavando bene.

« Ma di solito le sedicenni frequentano liberamente chi vogliono, no? »

« Lei non ha figli, eh? »

« D'accordo. Allora spiegamelo tu il mondo degli adolescenti. Eri geloso di Linalee Lee? »

« Non particolarmente. Voglio dire, era una bella ragazza ma non era il tipo da provocare. »

« E Linalee di te? »

« Non le ho mai dato motivo di essere gelosa. »

« Ma le hai dato motivo di chiedersi chi fosse la persona con cui andava a letto, non è così? »

« Prego? »

Il modo con cui l'avvocato sconosciuto gli passava davanti, con quei passi frettolosi e snervanti, gli stava facendo girare la testa. Tutto in quella stanza lo stava irritando, i rumori, i toni di voce, gli sguardi, quegli sguardi beffardi che pensavano di conoscerlo a fondo. « Dove sono i tuoi genitori? »

« Sono morti. In un incidente stradale. »

« E chi si è preso cura di te? »

« Scusi, questo cosa c'entra? »

« Non aver paura, sono semplici domande. »

Lavi fu un po' titubante, questa volta, non capendo dove il discorso volesse parare. O meglio, lo stava immaginando, ma con Linalee non aveva comunque nulla a che fare.

« Sono cresciuto con mio nonno fino al mio ingresso alle superiori. »

« E perché non è qui a difendere suo nipote? »

« Potrebbe essere morto anche lui. Voglio dire, era molto vecchio. »

Tyki era già abbastanza irritato di suo, ma quando vide quell'uomo -scoprire che era stato il primo della lunga serie di avvocati creava una situazione paradossale- voltarsi verso tutti i curiosi giunti a vedere ridacchiando, gli venne voglia di prenderlo a calci.

« Non ha un che di assurdo che un nipote non sappia che fine ha fatto il nonno? »

« Obiezione. » calmati, Tyki, questo si diceva. Anche se era dannatamente difficile resistere dalla voglia di picchiarlo a sangue.

Qualcuno che rise con lui c'era stato, primo fra tutti Lvellie. E fu quella faccia a fargli venire voglia di rispondere. D'accordo, era sotto processo, ma coglione no. Mai.

« Sì, è assurdo. Assurdo quanto un uomo come Lvellie che fa il professore. »

Si creò il silenzio, per qualche minuto. Tra gli sguardi dei presenti Lavi aveva notato una piccola nota di paura nei suoi confronti. Non doveva aver fatto una bella faccia.

E Tyki poteva confermare. Lavi non era un assassino, ma sapeva assumere dei piccoli atteggiamenti che inquietavano le persone normali. Gli era stato detto che Lavi non era umano, ora finalmente sembrava capire il perché. In lui sembravano esserci una moltitudine di persone diverse, pronte a parlare nei momenti più disparati. Tyki non seppe dire quale Lavi stesse parlando.

Era davvero strano. Lui, il suo avvocato, che non conosceva a fondo il suo cliente, ed era rimasto addirittura affascinato da quella dualità che Lavi sapeva esporre. Un po' come la sua. Vedere l'io nero di qualcuno esibirsi a quel modo lo lasciava quasi senza parole.

« Potresti spiegarti meglio, Lavi Bookman Junior? »

« Lvellie non ha alcun bisogno di fare il professore, e lei lo sa benissimo. Quanto l'ha pagata per difenderlo? Ah, però immagino che le abbia dato un anticipo, perché quell'anello non ce l'aveva quando l'ho incontrata, e costa decisamente troppo per un normale avvocato. Bè, la carriera è sua, non ci metto becco. »

Ci fu ancora qualche secondo di silenzio, interrotto solo da una risatina sarcastica del guercio. « Ha temprato il carattere, complimenti. Al nostro incontro lei scappò via dopo dodici minuti, in seguito a una conversazione simile. Però all'epoca lei non mi chiese del mio vecchio. »

« Perché allora non era importante saperlo. » aveva la fronte lievemente imperlata di sudore. Era proprio bravo a parlare, Lavi Bookman Jr.

« Tu e tuo nonno vi siete trasferiti svariate volte... »

« Nove traslochi. » lo interruppe il ragazzo.

« Sì, nove. Per via del suo lavoro, dico bene? Ma nessuno sapeva che lavoro facesse, tranne te. »

« Le sue insinuazioni mi fanno ridere. A mio parere nessun lavoro è disonorevole, tranne quello di Lvellie. E non mi riferisco al “professore”. »

Tyki avrebbe voluto riempirlo di baci sulla fronte, fargli una statua e decantarne le lodi ininterrottamente, per il lavoro che stava facendo. Pensava sarebbe stata disastrosa come seduta, e invece si stava ritrovando la controparte in mezzo ai casini, le persone dietro di lui che parlottavano su quanto Lavi stava dicendo, la credibilità di Lvellie che si andava sgretolando. Lavi forse, come avvocato, gli sarebbe stato addirittura superiore.

Tuttavia quell'altro, che Tyki aveva definito simpaticamente “Uno”, giacché era stato il primo a tentare di difendere Lavi, lo ignorò, cercò di ignorarlo.

« Non siamo qui per discutere della vita privata del signor Lvellie, ma della tua. Una vita che non esiste. Non hai genitori, dici che sono morti in un incidente ma chi può confermarlo? Forse tu eri troppo piccolo per ricordare le circostanze della morte. »

« Lei non può ingannare la mia memoria. » gli disse con fare quasi intimidatorio.

« Sta di fatto che ti trasferisci qua e là, tu e tuo nonno siete sfuggenti, sembrate fantasmi, nessuno vi conosce a fondo. All'improvviso arrivi alla scuola di Linalee, te la porti a letto e poi la ragazza muore. Incredibile che il signor Komui non abbia mai dubitato di te. O forse l'ha fatto, per questo l'hai ucciso. Nessuno si fida di una persona dal passato inesistente come il tuo. »

Tyki si alzò nuovamente dalla sua postazione. « Obiezione. »

« Respinta. »

« State martellando un ragazzo a cui sono stati portati via i genitori senza concludere niente. Siamo qui per parlare della morte di Linalee, il passato del mio assistito non ha nulla a che vedere con questo. »

« … d'accordo. »

Road, la sorellina di Tyki, seduta dietro di lui, strinse convulsamente il braccio di Allen, accennando un sorriso. Non le capitava spesso di assistere ai processi di suo fratello, ma ogni volta che lo vedeva così agguerrito si divertiva un mondo. Allen, al contrario, si sentiva un po' a disagio, essendo per lui la prima udienza a cui assisteva in vita sua. Ma non poté che ammirare il fratello della ragazza.

« Forte mio fratello, vero? » gli bisbigliò Road, sorridente.

« Sì... ora capisco perché siete fratelli. »

« Uh? »

« Bè, tu sei anche più agguerrita di lui. » accennò una risatina, cercando di non farsi sentire.

« Trovi? »

« È uno dei tuoi lati buoni. » le disse, sinceramente, con quel sorriso gentile che Road aveva imparato ad amare. Lei sorrise, felicissima. Lo avrebbe abbracciato, magari anche baciato -nonostante fosse quasi sicura che Allen l'avrebbe cortesemente respinta, anzi, non sapeva dire nemmeno questo- ma decise di tornare a dedicarsi al fratello.

« Lavi, quando parli della professione del signor Lvellie non ti riferisci al professore. Allora di cosa parli? »

Il ragazzo guardò per un attimo l'uomo al centro della conversazione, prima di rispondere. La tentazione di umiliarlo e dire finalmente la verità era troppo forte, per cui non riuscì a resistere.

« Lvellie faceva dei “favori” a gente poco raccomandabile. Era il quattro novembre, Lvellie era arrivato da poco. Io vivevo nel collegio della scuola e di solito prendevo una scorciatoia per tornare prima, passando per il giardino. Lui era lì, appartato con qualcuno, un uomo che non ho visto in faccia, ma sono riuscito a sentire. Si scambiavano soldi, parlavano di conti cifrati, di “operazioni risolte”, di “concorrenza eliminata”. »

E per la prima volta gli sguardi furono riservati solo per Malcolm C. Lvellie. Tutti, nessuno escluso, avevano stupore, anche orrore negli occhi. Lui sudava freddo, che uomo patetico, pensò Lavi. Viscido come era sempre stato, e lui che godeva nel vederlo in quelle condizioni.

« E tu riesci a ricordare un episodio così vecchio? »

« Dovrebbe essere al corrente della mia memoria. »

« … non ho altre domande. »

Quando Tyki si avvicinò al proprio cliente si sentì eccitato, frenetico. Lui e Lavi si erano rivelati inaspettatamente una bella squadra, quasi sincronizzati. E il guercio era stato eccezionale, aveva reagito come gli era stato detto, non si era lasciato intimorire né prendere dalla rabbia. Solitamente le prime udienze erano disastrose, ma forse con Lavi si stava verificando una piacevole eccezione.

Fatto stava che, purtroppo, una nota dolente c'era. Tyki non si era riuscito a scrollare di dosso il sospetto che Linalee e la sua famiglia fossero addirittura alleate di Lvellie, all'epoca. Non era ancora riuscito a scoprire quale fosse il tassello mancante della orte di Miranda Lotto. Ma soprattutto, Lavi era completamente all'oscuro dei sospetti di Tyki, e renderglieli noti un po' lo intimoriva. Ricordandosi della sua reazione a quel meschino giochetto di Lvellie e Linalee in una pseudo relazione, venire a sapere cose simili a cosa l'avrebbero portato?

Bè, ormai era lì. Era solo la prima udienza. In qualche modo, magari con delle prove, sarebbe riuscito a risolvere quel “ragionevole” dubbio.

« Lavi, è vero che tu eri il presidente del consiglio studentesco, all'epoca? »

« No, ero tra i candidati. »

« Ti piaceva stare nel comitato? »

« Non mi dispiaceva, però... non era quella la mia ambizione. Volevo entrare nel club di basket, ma mi hanno respinto tre volte. »

« Ti piace il basket? »

« Ci gioco praticamente da quando so tenere una palla in mano. È bellissimo. »

« E come mai sei stato respinto? »

« Ritenevano che un guercio come me non fosse adatto alle competizioni sportive. Dicevano che se mi avessero colpito in faccia sarebbero state grane, e la scuola non poteva permetterselo. Sinceramente non penso che una benda possa essere così rilevante, gli incidenti capitano sempre, no? Faccio una vita regolare anche se porto una benda. Ma, per citare le parole di Lvellie, mi dissero che “un disabile non può giocare. Questo è quanto”. »

« Disabile? » Tyki ridacchiò.

« Strabico, orbo, videoleso... anche handicappato, inabile... scelga quella che preferisce, me le hanno dette praticamente tutte. »

« Lvellie dunque ti definiva un handicappato? »

Lavi non disse nulla, limitandosi a lanciare un'occhiata alquanto eloquente. Tuttavia non gli diede modo di intendere che quelle parole lo avessero ferito. Anzi, volle aggiungere un ulteriore schiaffo morale. « Ha anche detto che è normale che uno nella mia situazione sia... “meno dotato” rispetto agli altri. »

« In che senso? »

« La mia memoria, sa... »

« La memoria eidetica? Eppure tutti vorrebbero ricordare tutto con una tale precisione. »

« La memoria eidetica è frequente nei bambini, oppure nelle persone affette da ritardo mentale. »

« Allora fammi capire. Lvellie ha detto che è normale per te ricordare così bene tutto perché sei un ritardato? »

« Esatto. »

« Però svolgevi i tuoi compiti nel comitato con zelo, non ha considerato il tuo operato? »

« Pare di no. »

« E lo stesso valse per Linalee? »

« Linalee aveva dei buoni voti, ogni tanto le davo una mano, ma anche da sola se la sarebbe cavata benissimo. Tuttavia, Lvellie la terrorizzava. La sgridava, la costringeva a fare ripetizioni a scuola. »

« Ripetizioni dopo scuola? Dove nessuno poteva assistere, nemmeno tu? »

« Non era assolutamente permesso. »

« Quindi è possibile che Lvellie, lontano dagli occhi di tutti, abbia fatto qualche pressione su Linalee? Perché magari sapeva della tua scoperta casuale? »

« Non ho mai rivelato a nessuno di quanto avevo scoperto su di lui, non volevo impicciarmi. Se Linalee l'ha scoperto da sola, non posso saperlo. »

« Obiezione, stiamo dando per scontato che il mio assistito sia un criminale senza alcuna prova. »

Lavi avrebbe voluto rispondere che lui era la prova, la sua memoria era una prova, la morte di Linalee era una prova. Ma in fondo i suoi occhi e le sue orecchie valevano ben poco. In fondo lui aveva inizialmente confessato di averla uccisa. Non gli erano sfuggiti gli sguardi dubbiosi della gente. Come si poteva sperare di essere creduto all'improvviso?

A detta del rosso, non stava andando così bene, ma d'altra parte Allen lo aveva avvertito. Tuttavia gli venne da chiedersi se avesse fatto davvero bene a testimoniare così apertamente.

Tyki, al contrario, era di un opinione diametralmente opposta. Lui era convinto al cento per cento della sua innocenza e l'avrebbe dimostrato. Gli serviva solo un po' di tempo.

« Vostro onore, se mi date una settimana vi dimostrerò coi fatti della vera attività di Malcolm C. Lvellie. »

« Una settimana? »

« È il tempo minimo che posso concedere. »

« Allora dispongo che la prossima udienza si tenga il ventiquattro giugno alle ore dieci. La seduta è tolta. »

Sia Lavi, che Tyki, persino Kanda, tirarono un sospiro di sollievo, non tanto per l'esito della prima udienza, che aveva segnato l'esordio di Lavi come semplice sospettato e non più come un brutale assassino, quanto per scaricarsi lo stress di dosso. Lavi fu subito raggiunto da Link, il quale però non gli mise subito le manette. Lo accompagnò fuori dal tribunale, facendosi raggiungere, nel giro di pochi minuti, da Tyki e tutti gli altri. C'erano anche Anita e Mahoja.

« Una settimana? » gli chiese prontamente il ragazzo, quasi spaventato.

L'altro sospirò di rimando. « In una settimana si possono scoprire tante cose. »

« Yu, sei stato grande, sai? Proprio un vero uomo! »

« Pensa per te. »

« Vi ringrazio per essere venuti, davvero. Mi chiedo se qualcuno mi abbia creduto, là dentro. Mi guardavano come se fossi un mostro. »

« Di certo hai lasciato il segno. E accidenti, non sapevo mica che quello fosse stato il primo avvocato. »

« È un mondo piccolo, che vuole che le dica. » fece spallucce, Lavi. « Comunque sa, Tyki, io non ero l'unico a essere trattato come un ritardato. Anche Linalee. »

« Cioè? »

« Lvellie aveva cominciato ad assegnarle dei test “speciali”, diversi da quelli degli studenti, domande diverse, ecco. Più facili per lei, a detta sua. »

Tyki cercò con tutte le sue forze di non ridere. Non pensò al fatto che un dettaglio così importante -importante solo per lui- saltasse fuori in quel momento, era felice e basta. Si sarebbe dannato come un povero idiota, da quel momento in avanti, per tutta la settimana, ma chi se ne fregava. Se c'era una sola possibilità, doveva coglierla al volo, come aveva sempre fatto.

« Bè, ne parliamo con più calma più avanti. Ora andiamo. »

Link precedette Lavi nel passo, con l'aria seria e composta come sempre, senza ammanettarlo. Allen e Road ridacchiavano, anticipando tutti verso l'uscita, mentre Anita e Mahoja avevano deciso di tornare a casa. Kanda era rimasto con la comitiva, non prima di aver garantito alla madre adottiva di tornare a un orario decente per pranzare. Lavi non capiva un fico secco di quanto stava succedendo. Si vide quasi trascinato fuori di tutti quanti, verso un ampio spazio verde, poco distante dal tribunale. Non ricordava che ci fosse un parco, doveva essere recente.

« Scusate, cosa... »

Link rispose prontamente come uno studente modello durante un'interrogazione. « Hai un'ora. »

Guardò Tyki, perché non aveva mica capito. L'avvocato gli sorrise, lasciando che Allen frugasse nel proprio zaino e ne tirasse fuori un pallone. Tyki lo lanciò a Lavi di rimando e, notando che l'aveva preso al volo, fischiettò.

« Allora non ti sei arrugginito. »

« Mi spiegate che succede? »

« Io e te facciamo squadra, il piccolo farà squadra con Kanda. »

« Io voglio fare squadra con Allen! » urlò Road, abbracciando Allen da dietro.

« Una bella partita a basket. »

Lavi guardò Tyki per una quantità indefinita di secondi, senza riuscire a dire alcunché. Non riusciva a capire come potesse essere possibile che lui, un carcerato, potesse uscire all'aria aperta per giocare.

« Bè, ora non sei più un assassino, ma un semplice sospettato. E finché c'è Link non dovrebbero esserci problemi. Hanno concesso solo un'ora, ma tanto vale approfittarne, no? Così ti abitui all'aria aperta. »

Il ragazzo si rigirò il pallone più volte. E sentiva le mani formicolare. Quanto tempo era che non si dedicava allo sport che più amava al mondo? Poter toccare un pallone, gli sembrò un privilegio. E il canestro era a pochi passi da lui, e i piedi fremevano. Si sentiva un idiota. Ma non smise mai di essere riconoscente nei confronti di Tyki.

« Guardi che sono forte, eh. »

« Ottimo, io non so proprio giocare. »

« Ah ah ah! Peggio per lei, perché a basket non si può imbrogliare come a carte. Dai, cominciamo. Provi a rubarmi la palla. »

Pur non sapendo le regole -Lavi le aveva spiegate allo sfinimento ma era già tanto per Tyki aver capito che non si può tenere la palla per più di tre secondi, né palleggiare con due mani, né tenerla con due mani, né aspettare più di cinque secondi prima di fare canestro, c'era anche qualcosa a che fare con gli otto secondi ma non si ricordava granché- avevano giocato. Lui, Lavi, Allen e persino Kanda, mentre Road guardava, seduta per terra, tutta presa a fare il tifo per il suo albino. E Lavi era bravo. Oh, se lo era. Era davvero un peccato non permettergli di giocare perché, accidenti, uno che ti fa canestro otto volte su dieci doveva giocare. Ma soprattutto, Lavi era felice. Rideva di gusto come non aveva mai fatto. Correva, saltava, giocava, si rotolava a terra neanche fosse un bambino, senza smettere di ridere neanche un secondo. Fu l'ora più bella che avesse mai passato, nel corso di quei tre anni.

E poi Lavi si lasciò andare all'immaginazione, anzi, a essere onesti, ai ricordi. Per un momento vide Linalee, accanto a Road, sorridente, che lo guardava fare canestro da solo, in una delle tante giornate che passavano insieme. Lo guardava ammirata, “sei bravissimo”, gli diceva sempre. E lui se ne stava là a gongolare per i complimenti ricevuti e a guardarla, Dio, era bellissima.

Sarebbe stato davvero perfetto, se ci fosse stata anche lei. Ma forse, chissà, lo stava davvero guardando, da qualche parte. Non faceva male a nessuno, pensandolo.

Farsi rimettere le manette non gli costò poi molto, vista la giornata andata oltre le sue aspettative. Lavi ringraziò nuovamente tutti, facendosi promettere di giocare ancora una volta, il più presto possibile. Sembrava davvero un bambino, in quel frangente.

Tyki si sentì un po' stanco. Si stiracchiò, con un sorriso, rivolgendosi poi a Kanda.

« Devo chiederti di accompagnarmi alla tua vecchia scuola. »

« Perché? »

« C'è un posto dove tengono i vecchi test? »

Allen si mise in mezzo, quasi felice di essere utile. « Sì, li tengono in aula professori, li controllano per vedere quali argomenti sono stati fatti e poter fare così i nuovi test. »

« Tengono anche quelli di tre anni fa? »

« Non si buttano mai i test, però quelli sono davvero vecchi, non so se li tengano lì... »

« Che intenzioni ha, Tyki? »

« Voglio dare un'occhiata ai test speciali di Linalee. Potrebbero essere la risposta alla morte di Miranda. »

Né, Allen, né Kanda avevano compreso. Road nemmeno poteva immaginare tutto quello che passava per la testa particolare del fratello, ma tutti e tre avevano fiducia in lui. Se quei fogli ormai vecchi e consumati potevano servire per aiutare Lavi, allora lo avrebbero appoggiato.

Anche loro volevano tornare a giocare con lui il prima possibile. Persino Kanda.





Mai più mi chinai e nemmeno su un fiore,
più non arrossii nel rubare l'amore,
dal momento che inverno mi convinse che Dio
non sarebbe arrossito rubandomi il mio.
[
Un blasfemo (dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato) – Fabrizio De André ]

   
 
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