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Autore: controcorrente    28/01/2012    0 recensioni
Quinta classificata al [Mini Original 3] Il Medioevo e... l'Albero. Fine della guerra dei Cento Anni. Un cavaliere, figlio bastardo di un nobile torna nella casa che considera il suo nido d'infanzia per adempiere alla sua promessa. Il passato ed il senso del dovere dominano i suoi propositi...ma non è il solo. Storia, nata per questo magnifico contest. Sono contenta del risultato ed auguro a tutti buona lettura!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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ALL’OMBRA DEL FAGGIO NERO

 

 

 

 

 

 

 

I

 

All’ombra del crepuscolo, l’albero di faggio si tingeva di colori scuri, mischiandosi  alle tenebre incombenti, in un abbraccio lugubre e carico di morte.

Agnes osservava muta i neri rami, tenendo stretta a sé il piccolo palmo della bambina. Alcuni capelli biondi scivolavano sulle guance, ormai del tutto prive di quei tratti fanciulleschi, tipici dell’infanzia.

Marc non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.

-Dunque sono entrambi morti?- domandò.

La donna annuì, fissando muta la pianta.

-E’così- fece questa- Marie non è riuscita a reggere la perdita. Nemmeno Anais è riuscita a fermarla. Se ne è andata, per seguire il suo amore.-

Marc depose la spada al suo fianco, un segno del valore dimostrato in guerra, un decoro che non aveva strappato nessuno dalle fauci della morte.

Si tolse l’elmo, lasciando che la chioma marrone scivolasse fino alle spalle. Una cascata autunnale che agli ultimi raggi del sole sembrava assumere bagliori di fiamma.

-Sette anni- mormorò- Sette anni sono passati da quando il mio amico è stato reclutato nelle file del suo signore…non doveva finire in questo modo.-

Agnes strinse lievemente la piccola mano.

-Marie ha passato molto tempo, in sua attesa…Laurent era il suo unico pensiero.- fece, voltandosi verso il nobile ed osando, per la prima volta, dopo tanto tempo, levare gli occhi su di lui.

Marc ebbe un sussulto.

Le iridi della sorella maggiore di Marie non gli erano mai sembrate così grandi e profonde. Per un momento, ebbe la sensazione di essere inghiottito da quel mare invernale, il vetro con cui lei vedeva il mondo. Istintivamente, tornò a fissare i rami del faggio, nel tentativo, forse, di fuggire quelle lastre chiare, ma nemmeno questa mossa gli fu concessa.

-Perché non siete venuto prima?- domandò improvvisamente Agnes –Vi abbiamo aspettato…io vi ho aspettato…-

Il vento fresco della sera era ormai alle porte. La piana che si vedeva dalla collina appariva ai loro occhi brulla e spoglia.Uno specchio del loro animo, uscito a pezzi dalla guerra secolare. Agnes osservava quello spazio immenso, sentendo su di sé la presenza del cavaliere.

La bolla di quiete, nella quale erano caduti, si era formata con estrema naturalezza, tanto che nessuno dei due pensò di rompere quell’improvvisa stasi. Non vi era nulla attorno a loro, tranne quel silenzio, rotto solo dal vento di tramontana che spirava in quel momento.

L’animo del conte, immerso in quella pace mortifera, era avvolto da pensieri di ogni genere. Da un lato, si sentiva immensamente in colpa nei confronti dell’amico, dall’altro però, non riusciva a non provare un sordo risentimento verso Marie e Laurent.

-Non ci riuscivo- fu la sua risposta.

Agnes lo guardò.

Era lì con lei e, malgrado fossero passati alcuni anni, era ancora bello. La fiammella della speranza e la gioia di vederlo vivo, tuttavia, non erano ancora uscite dalla fortezza del suo corpo, sebbene sapesse che il passo era molto breve. Marc però era giunto nella sua umile dimora per sua sorella, non per lei.

-E’tipico di voi- disse allora, tenendo lo sguardo sull’albero nero.

Il conte di Fussac si voltò, perplesso –L’amavate molto…l’ho sempre saputo, come voi eravate a conoscenza del fatto che i vostri sentimenti non avevano mai raggiunto, per intensità, l’animo di Marie.- fece questa, guardandolo da sotto la cuffia.

Marc non seppe cosa dire.

La sorella maggiore della giovane contadina che aveva rubato il cuore al suo amico, e a lui, era una creatura che non era mai riuscito a comprendere fino in fondo. Schiva e riservata, come una creatura notturna. Si era sempre sentito a disagio in sua compagnia, sebbene questa non gli avesse mai chiesto spiegazioni, né biasimato o compatito quel sentimento segreto che lo logorava, tutte le volte che incontrava le iridi cielo della piccola di quella casa.

Con i suoi silenzi, lo costringeva, allora come in quell’istante, a fare i conti con quello che, in tutti i sette anni di scontri, aveva deliberatamente sacrificato sull’altare dell’amicizia.

L’amore per Marie lo aveva spesso portato ad un passo dall’odiare Laurent,

che era riuscito a conquistare quel fiore leggiadro, grazie al suo spirito allegro e brigante.

Perché non lui?

Era saggio.

Era colto.

Aveva ottenuto, malgrado fosse figlio di una delle tante amanti del conte, un titolo nobiliare.

Aveva un aspetto gradevole ed era piuttosto benestante.

Aveva tutto…tranne il cuore di Marie.

Eppure, i suoi passi lo avevano spinto all’albero di faggio, là dove un tempo loro quattro giocavano insieme. Era stato più forte di lui, come se a trascinarlo fin lì vi fosse l’opera di una corda invisibile.

-Credo, signor conte- mormorò Agnes – che sia opportuno andare in casa.-

Marc sobbalzò.

Le parole della donna lo avevano fatto scendere bruscamente con i piedi per terra, un attimo prima che il suo animo, denso di malinconia, precipitasse in un vortice doloroso di nostalgia e rimpianto.

Istintivamente, con un po’di sorpresa, sorrise.

Lei, con il suo silenzio assordante, lo aveva salvato da quell’insidia.

-Perché quell’espressione?- domandò Agnes, inarcando un sopracciglio.

Il nobile non la guardò, concedendosi un ultimo sguardo all’albero.

–Nulla- rispose sbrigativamente.

La beghina osservò l’uomo di fronte a lei poi, tenendo per mano la bambina, iniziò a incamminarsi. –Signor Conte- fece, fissando la strada - non vi sono locande nelle vicinanze. Se lo desiderate, potete riposare nella mia dimora.-

   
 
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