Avresti dovuto chiamarla Miranda
Corri,
la paura incombe su di te.
Hai
deciso di attraversare quella cancellata in ferro perché la
curiosità ti stava divorando e ora ne stai pagando le
conseguenze. Avresti
dovuto capire che un circo che apre le sue danze solamente quando tutto
è
illuminato dalla fioca luce di una pallida luna ha un che di sinistro.
Continui
a correre, torturata, maledicendoti per non essere stata
a casa quella sera. Apparentemente stai scappando dal nulla.
E
allora perché mentre il mondo va avanti tu sei inquieta?
Scuoti
la testa, scacciando quell’ immagine dalla testa: non era
forse quell’uomo che sorridente ti ha fatto un cenno di
saluto la causa del tuo
terrore?
Ti
accasci contro un gelido palo al cui vertice vi sta un
orologio, normale all’apparenza. Sono passati svariati minuti
da quando sei
scappata da quella figura e di quest’ultima non vi
è alcuna ombra. Un piccolo
sorriso ti increspa le labbra rosse: sei salva.
Ti
guardi attorno e il primo pensiero che ti attraversa la mente
è
che sei sola: circondata da migliaia di persone intente a mangiare,
chiacchierare
e divertirsi ma completamente ignare e noncuranti del tuo dolore. Vivi in un mondo cieco.
Sei
talmente affranta da non esserti accorta che quell’uomo pian
piano si è avvicinato; non hai avuto il tempo di scansarti
dalla sua presa e
ora il suo torace è premuto prepotentemente contro il tuo.
Ti
sforzi di voltarti senza mostrare terrore, fingendo che la
paura non sia davvero così forte da penetrarti nelle viscere.
Ci
vuole poco per notare che i capelli scuri, ricci e gli occhi
stretti sono quelli della bambina che hai lasciato a casa nel suo
lettino,
ignara di ciò che sta accadendo in quel circo
magico… come lei.
Con
uno sguardo di pietà preghi affinché lui ti lasci
andare,
dopotutto non hai intenzione di opporti al suo volere.
Otterrà quello che vuole
senza bisogno che ti torga un capello.
Quanto
tempo è trascorso da quando hai iniziato a scappare da
quell’uomo?
Da quando la tua piccola Celia stava crescendo dentro di te, seppur
contro il
tuo volere.
L’hai
cresciuta senza l’uomo a cui somiglia. Eppure, seppur con
timore, sapevi da quando hai visto comparire l’inaspettato Cirque Des Rêves quella
mattina che lui sarebbe tornato.
Non
nutrivi forse la speranza ti incontrare nuovamente quel
Prospero Incantatore? Non era forse
stato capace di incantare i tuoi sentimenti con la stessa
facilità con cui
faceva trucchetti magici, un tempo?
Sei
stata accontentata, ma sai di essere alla fine.
Ripensi
nuovamente a tua figlia e sai che è giunta l’ora
che
incontri suo padre. Lo farà senza di te e probabilmente
quell’uomo, che non
tende a lasciare la sua stretta attorno
al tuo collo, cercherà di cambiarle nome.
L’hai
chiamata Celia per dispetto, lui lo odiava.
E
tirando un ultimo respiro, speri almeno che la lettera che sta
attaccata al cappotto della tua bimba un giorno venga letta; il tuo
ultimo
desiderio è stato espresso. L’orologio smette ti
ticchettare.
«Avresti
dovuto chiamarla Miranda».