Crossover
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Autore: Claudia Ponto    29/01/2012    4 recensioni
Un lungo viaggio, una fantastica avventura che rispecchia ciò di più bello e personale che si possa avere, la fantasia.
Attraverso mondi inesplorati, grandi città, strani personaggi, Claudia, una ragazzina di 12 anni ritroverà di fronte ad un misterioso segreto e a tante magie che troveranno una risposta solo proseguendo il lungo cammino irto di ostacoli che solo lei, con l’aiuto di una simpatica gang, potrà annientare.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga, Videogiochi
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Chi di voi non ha mai sognato di vivere una grande avventura almeno una volta nella vita?
Di provare ad assomigliare agli eroi spericolati dei film e di compiere grandi imprese che lascino il segno sulla pelle?
Penso che la risposta sia uguale per tutti.
Ma chi di noi può vantare di aver avuto l’occasione di realizzare questo piccolo desiderio?
Bè, non per far la figura della spaccona, ma io ci sono riuscita, e devo ammettere che non ripeterei volentieri l’esperienza vissuta per quanto grandiosa si caratterizzò. Fu strano vivere quel avventura che come una magia trasformò la mia vita senza che quasi me ne rendessi conto, nonostante allora fossi solo una bambina: ha lasciato un segno talmente profondo sul mio corpo e sul mio cuore che si manifesta come un brivido ogni volta che ci penso. Simile ad un sogno, reale sotto molti punti di vista che mi fece divertire, spaventare, piangere e sorprendere con un’emozione dietro l’altra.
 
Di che cosa sto parlando? Se sono riuscita ad incuriosirvi, allora vi consiglio di leggere la mia  storia, perché di racconti come questi c’è ne sono davvero pochi in giro. Prima di tutto, permettetemi di presentarmi: mi chiamo Claudia e all’epoca di questo “evento” ero solo una bambina.
 
22 maggio 2004, la mia storia ( che mi piace considerare più che altro un diario di viaggio ) comincia da questa data.
La giornata era splendidamente soleggiata, fatto del tutto normale in quel periodo che si avvicinava all’estate, ed era anche normale che io ragazzina di 12 anni aspettavo con impazienza la fine della scuola per poter oziare e giocare, stufa degli impegni scolastici che mi stressavano. L’unica cosa che mi sarebbe mancata durante le vacanze sarebbe stata la presenza dei miei compagni. Come ogni sabato io me ne stavo sdraiata sul divano per seguire il mio programma di musica preferito, ascoltando le ultime novità musicali e tentando di memorizzare i titoli che più mi piacevano. L’orologio indicava mezzogiorno, e l’odore del cibo caldo aleggiava nel salone puntualmente, stuzzicando così il mio appetito e brontolare il mio stomaco. Mia madre è sempre stata una cuoca provetta: i suoi manicaretti, dal salato al dolce, facevano “cantare” le mie papille gustative per la bontà dei piatti che con cura e devozione, venivano cucinati. Ancora oggi non riesco a prediligere altri piatti se non sono cucinati da mia madre.
Prima che il pranzo fosse pronto, mi recai in camera mia per giocare un pò alla Playstation 2, ricevuta a natale con mia grande gioia e sorpresa, nonché desiderio di ogni mio coetaneo che aveva desiderato possederla dalla sua uscita sul mercato. Ansiosa di giocare, mi recai in fretta nella mia stanza, ma una volta lì, appena entrata, mi accorsi che la console era accesa: pensai subito che fosse una dimenticanza di mia sorella maggiore, più grande di me di tre anni e mezzo, che utilizzava lo strumento di tanto in tanto per ascoltare i suoi cd preferiti di jazz e blues. Seccata per la dimenticanza, mi apprestai per riavviarla e caricare uno dei miei giochi, ma quando mi avvicinai per spegnerla, notai che la spina della Playstation era staccata. Immaginate il mio stupore vedendo che il macchinario funzionava senza la corrente elettrica che gli trasmetteva energia.
Non sapevo cosa fare; si trattava di un fenomeno così strano che il mio cervello non riusciva ad elaborare nessuna idea per risolvere quel “problema”; se tale si poteva definire; l’unica cosa che mi venne in mente fu di accendere il televisore per vedere che cosa stava trasmettendo l’apparecchio, anche se in realtà, dubitavo che stesse trasmettendo qualcosa.
Quanto mi sbagliavo. Se solo avessi saputo prima cosa mi stava per accadere, di sicuro niente avrebbe avuto inizio.
Sussultai per la paura non appena lo schermo s’illuminò: il televisore iniziò a sibilare ed a vibrare all’impazzata, come se fosse posseduto da uno spirito maligno, emanando scariche elettriche simili a piccoli fulmini che mi fecero rizzare i capelli per lo spavento e farmi venire la pelle d’oca. Io, temendo che l’apparecchio potesse esplodere da un momento all’altro, chiamai subito mio padre con le lacrime agli occhi per mostrargli il pauroso fenomeno che si stava verificando, sperando che potesse fare qualcosa. Ma al mio ritorno, quando ci precipitammo per bloccare ogni cosa, tutto era tornato calmo: la tv era…come dire, “morta”. Non emanava alcun segno di vita; e la Playstation era spenta del tutto, la piccola luce verde che segnalava che la macchina era in funzione, non brillava più.
E’ così, dopo un bel rimprovero da parte di mio padre, per tutto il pranzo pensai a quel bizzarro evento che aveva fatto nascere in me una stana sensazione. Neanche l’odore dei gustosi spaghetti di mia madre riuscì a distogliermi da quel pensiero che si era inchiodato nella mia mente.
Cosa è successo poco fa? Cosa ha provocato quello strano fenomeno? Non pensavo ad altro, era impossibile non chiedersi cosa fosse successo; e ci riflettei così tanto che il pranzo si raffreddò.
 
La mattinata passò, e si fece pomeriggio.
Per tutto il tempo non avevo smesso di pensare al televisore. Avevo pure paura di tornare in camera mia, temevo che potesse ripetersi nuovamente la “pazzia” avvenuto all’ora di pranzo; e ogni qual volta che ci pensavo mi tremavano le gambe come gelatina. Mi chiesi cosa sarebbe successo se fossi rimasta là, a guardare la tv tremare e quelle scariche elettriche ad avvolgerlo: sarebbe esploso tutto? Oppure si trattava solo di qualche problema tecnico? Non potevo saperlo, la risposta sembrava non esserci.
Ormai ossessionata da quell’evento, tornai in camera mia ( lentamente e armata di scopa, però ) a controllare, infondendomi quel poco di coraggio che avevo.
Giunta sull’uscio della stanza, sbirciai da dietro la porta leggermente socchiusa, e vidi che tutto era tranquillo, niente sembrava fuori posto, neanche la console. I miei peluche erano come sempre posti di guardia sopra l’armadio, intenti ad osservare la stanza con i loro occhietti di plastica; i letti erano stati ordinati e rimboccati da poco con delle lenzuola pulite e colorate, le tende tirate per far entrare il sole che illuminava la stanza con i suoi raggi dorati.
Insomma, tutto era a posto.
Delusa per non aver trovato nulla, ma anche contenta per la tranquillità che regnava nella mia camera, mi avviai consolata verso la porta quando, ad un certo punto, udì un sibilo sinistro. Lentamente, ma molto lentamente, mi girai verso la provenienza del suono, in altre parole verso la Playstation: era lei ad emettere quel suono inquietante, simile al verso di un serpente pronto a mordere. Ero terrorizzata, non osavo muovermi di un passo, ma anche se l’avessi voluto non ci sarei riuscita: i miei piedi erano diventati pesanti come il cemento, incollati al pavimento che li traeva come una potente calamita, non riuscendo neanche ad avere la forza di urlare e chiedere aiuto.
Nonostante la paura però, qualcosa dentro mi indusse a ripetere la stessa azione di quella mattina, simile ad una vocina che mi sussurrava in continuazione nelle orecchie come una continua cantilena.
È così, costretta ad assecondare gli ordini di quel misterioso istinto, presi di nuovo il telecomando, chiusi gli occhi per non vedere che disastro avrei combinato, e come prima, accesi il televisore. Neanche il tempo di schiacciare un tasto qualunque che dal televisore uscì una  luce accecante più potente del sole che in quel momento non sembrava più tanto splendente quanto lo era ogni giorno, l’intera stanza fu invasa da questa luce, inglobando ogni cosa che si trovava in quel momento lì dentro, sparendo tra i raggi bianchi che simili a frecce venivano scagliate dallo schermo con una velocità impressionante. Non riuscendo ad orientarmi, camminavo ha tentoni accecata, costretta a rimanere con gli occhi chiusi che mi bruciavano senza pietà mentre tentavo di gridare, ma la mia voce sembrava soffocata da un suono più assordante. All’improvviso, sentì mancarmi la terra sotto i piedi, ed ebbi la sensazione di precipitare nel vuoto.
Poi il buio. In quel momento, credo di aver perso i sensi.
Vi posso solo confermare che da quel giorno, la mia vita non fu più tanto normale, perché ciò che stava per cominciare, e che sto per raccontarvi, fu la più grande e affascinante avventura di tutti i tempi.
 
<< Ehi ragazzina…. Svegliati. >> non ricordo per quanto tempo rimasi svenuta, ma mentre riprendevo i sensi, sentì qualcuno chiamarmi.
<< Ehi, sveglia! >> La voce si fece sempre più insistente, costringendomi così ad aprire gli occhi per vedere chi mi stesse chiamando, e nonostante avessi ripreso conoscenza, non riuscì a vedere bene la persona di fronte a me, oscurata da un alone nero e nebuloso come la pece. A fatica e con gli occhi indolenziti, lentamente la vista finalmente migliorò e… Bè, se devo essere sincera, appena focalizzai quella persona, la mia prima reazione non fu certo un cordiale saluto. Per farvi capire meglio che cosa voglio dire, la prima cosa che “dissi” a colui che mi stava parlando fu un grido acuto e spacca timpani.
<< EHI !! Che ti prende!!>> disse il personaggio, spaventato dalla mia reazione, che aveva anche un buon motivo per essersi scatenata in quella maniera.
<< Stammi lontano! Chi diavolo sei tu!!? >> chiesi terrorizzata mentre mi rimettevo in piedi.
<< Calma, calma. Stavo per chiederti la stessa cosa. >> replicò lui, puntandomi addosso uno strano bastone.
<< Non ti rispondo finché….ehi, un momento, io ti conosco: Tu sei Sly Cooper! >> vi starete domandando, “chi diavolo è Sly Cooper?” ebbene, adesso vi spiego: questo personaggio è il protagonista di un gioco per la Playstation che comprai qualche anno fa mentre ero al centro commerciale con la mia famiglia durante un viaggio, scovato casualmente nel reparto giochi mentre curiosavamo e compravamo qualcosa che potesse piacerci. Questo videogioco mi attirò molto per via della grafica stile cartone animato e per la particolare anteprima con cui si presentava che mi convinse così a comprarlo e a farlo diventare uno dei miei giochi preferiti a cui sono affezionata. Sembrerebbe tutto a posto come spiegazione se non fosse che questo personaggio, non è proprio una persona che si può definire normale, poiché si tratta di un procione.
Avete letto bene, non sono impazzita. Ho detto esattamente questo: il nostro amico è un procione antropomorfizzato.
 
Ora mi spiego meglio: Sly Cooper è un famoso ladro internazionale discendente da una nobile famiglia di ladri. Astuto, veloce e agile, questo personaggio, insieme ai suoi compagni e amici di viaggio, è inseguito costantemente dalla polizia che tenta senza successo di arrestarlo ogni qual volta viene sorpreso a compiere dei furti che riesce a concludere con successo. Mentre gira per il mondo alla ricerca di tesori da rubare e di nuove avventure da poter vivere, Sly si confronta con altri criminali per migliorare le sue abilità di ladro, mettendosi così in continuazione alla prova. Credevo di vivere un sogno, in altre parole, che quello che stavo vedendo era frutto della mia immaginazione provocato dal misterioso fenomeno di luce, e dalle troppe ore passate davanti alla console. Insomma, quel personaggio non poteva veramente trovarsi di fronte a me in carne ed ossa e parlare come una comune persona; era nato dall’idea di un gruppo di lavoratori di una casa di progettazione e sviluppo di video giochi, disegnato e trasformato in pixel per far divertire gli appassionati delle avventure grafiche, non poteva esistere!
<< Ci conosciamo per caso? >> domandò il personaggio, mentre mi scrutava con attenzione, forse a causa del mio aspetto differente dal suo.
<< No. Perchè tu non esisti, cioè…tu sei un videogioco. Non sei, e non puoi essere reale. >>
<< Prego? Puoi ripetere? Io cosa sarei? >>
<< Un….videogioco… >> dissi quasi senza voce.
In quei pochi attimi che erano trascorsi, mi resi conto che tutto quanto era fin troppo reale per essere un sogno: presi allora a guardarmi, colta da un terribile sospetto, scoprendo di essere diventata io stessa un cartone animato, con tutti i tipici caratteri che contraddistinguono un disegno animato. Lo shock fu davvero forte, ma mi sforzai di riprendermi per spiegare a Sly, ancora dubbioso nei miei confronti, cosa mi era successo: gli raccontai dello strano fenomeno della console, della luce che mi aveva accecata e di molte altre cose che a malapena riuscivo a spiegare. Ma alla fine, il personaggio apparve non molto convinto del mio racconto.
<< E tu vuoi farmi credere che provieni da un mondo dove io non sono altro che un gioco per ragazzini? Va bene che sei diversa da me, ma mi credi così stupido da bere una simile sciocchezza? >>
<< Sto bene! Quello che ti ho detto è tutto vero! Vengo veramente da un altro mondo! Un mondo dove tu non esisti! >> dissi insistentemente, cercando di convincere il procione delle mie parole.
<< Perdonami, ma assomiglia alla trama di un racconto fantasy. >>
<< è allora perché sono così diversa da te? L’hai detto tu stesso che lo sono! >>
<< Ehm, questo è vero… Però scusa, non puoi pretendere che io possa prenderti davvero sul serio. È troppo surreale! >>
<< Bè…hai ragione. Comunque adesso non ho voglia di discutere, ho passato uno dei momenti più brutti della mia vita e ora ho bisogno di sdraiarmi a letto. Ho un mal di testa pazzesco che mi sembra mi stia per far esplodere il cervello. >>
<< è dove lo trovi un letto qui nelle montagne del Giappone? >>
<< Guarda che è proprio dietro di me. Come fai a non…. Aspetta, non credo di aver capito, dove mi trovo? >>
<< Te l'ho detto, in Giappone. >>
<< Che cosa!? Giappone!? >>
Solo all’ora, dopo aver udito quel nome tanto familiare, mi accorsi che non mi trovavo più in casa mia, tra le sicure mura domestiche che conoscevo a menadito fin da quando mi ci ero trasferita, bensì in una pianura erbosa senza fine con montagne all’orizzonte illuminate dal caldo sole dorato, dalle cime innevate che parevano punte di diamante.
Ero sconvolta.
Non riuscivo a capire come avessi fatto ad arrivare in Giappone dall’Italia, direttamente dalla mia stanza, credevo di essere diventata completamente pazza, di aver preso una brutta botta in testa e di aver perso qualche rotella. Cominciai a piangere senza sosta non sapevo come affrontare tale situazione, le lacrime mi scendevano copiose sul viso e i singhiozzi di tristezza m’impedivano di parlare. Nella disperazione invocavo l’aiuto dei miei genitori anche se non erano lì, e il personaggio, impietosito dalla mia reazione, cercò di consolarmi.
<< Senti…non so chi tu sia in realtà, però forse posso aiutarti. >>
<< Davvero? >> dissi con gli occhi pieni di lacrime
<< Si. Se vieni con me a Parigi, farò in modo di trovare un sistema per farti tornare a casa, d’accordo? >>
<< D’accordo. >> risposi timidamente.
<< Molto bene. A proposito, come ti chiami? >>
<< Mi chiamo Claudia. >>
<< Bene Claudia, prima che ti porti con me, devi promettermi che mi seguirai senza lamentarti. Dovremmo >> << Lo prometto. >>
<< Ok, allora diamoci una mossa. Comunque ti avverto, non sarà una passeggiata la nostra, dovremmo fare molta strada.  >>
<< Va bene… >>
<< Suvvia, fai un bel sorriso! Non mi dire che sei troppo piccola per certe cose.
<< Ehi! Io non sono piccola! Io sono una persona grande! >>
<< Oh scusami, non volevo mica offenderti. Sei talmente microscopica che ti ho scambiato per una bambina. >> quel tono canzonante non mi piacque molto, soprattutto per il semplice fatto che da ragazzina non mi piaceva essere chiamata “piccola”, causato dalla mia personalità. Devo ammettere però che il procione in questo modo, non chiedetemi come ci riuscì perché non ne ho idea, fu capace di farmi passare la tristezza, forse grazie alla particolare energia positiva che mi trasmetteva.
<< Ah – ah! Prendimi in giro, ma presto vedrai di che cosa sono capace. Ti dimostrerò che non sono una ragazzina qualunque. >> gli dissi altezzosa, spinta dalla voglia di dimostrare la mia “grandezza”.
<< Caspita, hai grinta ragazza mia! Questo vuol dire che sei davvero grande! Questo mi fa molto piacere, quindi ora basta parlare! Mettiamoci in marcia e andiamo verso Parigi! >>
E fu così che la mia storia ebbe inizio.
Vi confesso che lo spaesamento dovuto dall’atmosfera ricca di bizzarria e fantasia di quello strano mondo creduto fino a quel giorno immaginario mi trasmetteva una particolare sensazione di euforia che mi dava una tale ventata di energia che mi faceva venir voglia di scattare avanti e indietro per sfogarla tutta quanta, e solo poco alla volta, e in seguito ad eventi molti particolari, mi ci sarei abituata e avrei ricominciato a comportarmi in maniera normale, in tutti i suoi aspetti negativi che positivi. Mi sentivo come Alice che dopo essere caduta nel Paese delle Meraviglie, viaggiò in quella terra strampalata incontrando buffi personaggi che avrebbero resto la sua “visita” ricca di sorprese, divertimento e fantasia, vivendo tante avventure.
Chissà se come lei anch’io vivrò qualche avventura. Pensavo.
Un’avventura, che era appena cominciata.
 
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Note dell'autrice: salve a tutti e benvenuti! sono lieta di presentarvi la mia prima vera fanfiction basata sui cartoni animati e i videogiochi: Crossover!
Questo, a differenza delle altre mie storie che forse avrete letto, è un vero è proprio romanzo che ho scritto all'età di 12 anni e che spero un giorno di poter pubblicare. Ci tengo molto perchè mi è servito ad avvicinarmi al mondo della letteratura e a tante altre cose legate all'arte, oltre a continuare la passione di fumetti, cartoni e cose simili.
Tra i miei lavori c'è un altro Crossover come avrete visto: la differenza sta solo nel titolo giusto per darvi una delucidazione, oltre al fatto che questo Crossover è narrato in prima persona e tratta le vicende come se fossero realmente accadute.
non posso dirvi altro sulla trama, vi dico solo che questa storia è moooooolto lunga: quindi mettetevi comodi e buona lettura! 
  
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