La mia amata Londra.
Con le sue voci, i suoi rumori di zoccoli e di ferraglia sbatacchiante… Con la sua nebbia e la sua umidità.
Mi era mancata.
Quasi quanto mi era mancato Watson.
Respirai a pieni polmoni quell’aria malsana, chiudendo le palpebre per avvertire tutti i suoni della città.
Ero a casa.
Di nuovo.
Ero tornato.
Con le mani in tasca e la sacca in spalle, camminai in Covent Garden.
Era giorno di mercato.
In questa piazzetta, da anni, si svolgeva la classica compravendita di oggetti usati o d’antiquariato.
Due bambini che si rincorrevano rischiarono di finirmi addosso. Nel mentre, un terzo tentò di rubarmi il portamonete. Afferrai la sua manina leggera, prima ancora che si posasse sul mio pastrano.
- E’ un trucco piuttosto prevedibile…- mormorai.
Le tre pesti, mortificate per essere state scoperte, si scusarono, inchinandosi , per poi fuggire, temendo che il sottoscritto potesse chiamare in aiuto i Bobby.
Sorrisi, scuotendo la testa.
“Non è cambiato proprio nulla…”
Mi guardai in giro: vidi una donna tentare di contrattare per l’acquisto di una statuina di porcellana; un uomo, di spalle, che porgeva un disco ad un proprietario di grammofono; un anziano che, infuriato, stava litigando con un ragazzino che, accidentalmente, lo aveva spintonato…
Sospirai.
Sentii il Big Ben battere dieci rintocchi.
“Il postino passerà tra poco più di un’ora. Sarà meglio andarmi a posizionare a Cavendish Place…” pensai.
Avevo in mente una bella sorpresa per Watson…
Mi sfiorai la sacca da viaggio, nella quale era riposto il mio tessuto mimetico, della fattura della poltrona che si trovava nello studio del mio socio.
Mossi un passo verso un vicolo laterale.
In einem Bächlein helle,
Da schoß in froher Eil
La mia mano sinistra scattò ad afferrare la mia spalla destra.
Sudai freddo.
Riconoscevo quell’aria…
Die launische Forelle
Vorüber wie ein Pfeil.
Per mesi.
Ich stand an dem Gestade
Und sah in süßer Ruh
Nella mia mente si formarono le immagini di una stanza scura, con una finestra nel punto più alto… In una fabbrica, in Germania.
Des muntern Fischleins Bade
Im klaren Bächlein zu.
Sentii una voce, in un ricordo remoto…
Il canto del professore, che quasi sovrastava quello del tenore del disco del grammofono…
Il grammofono!
Senza staccare la mano dalla spalla destra, mi feci largo tra la folla, fino a raggiungere il proprietario del giradischi.
- La prego, tolga quel vinile!- lo implorai.
- Non le piace “La trota” di Schubert?- mi chiese.
Tolsi io stesso la puntina del grammofono dal disco.
E il dolore alla spalla si estinse.
- E dire che mi è stata richiesta…- si lamentò il venditore.
- Come?-
- Vede, signore, questo vinile non è nemmeno di mia proprietà… Mi è stato donato da…-
-… un uomo.-
Lo avevo notato. Prima.
- Sì… Quell’uomo.- precisò, indicandomelo.
Lo vidi.
Si toccò il cappello, in gesto di saluto, con un sorrisetto maligno stampato in volto.
- Moran…- mormorai, cupo.
Si voltò e, a passo spedito, svanì nella confusione.
Fu inutile tentare di raggiungerlo.
Un nuovo nemico.
Temibile quanto il precedente.
“La partita è riaperta…” mi dissi, sfiorandomi la spalla destra con le dita.