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Autore: Il_Bardo    01/02/2012    0 recensioni
Il ragazzo fuggiva dal suo passato, nero come il corpo di quello spettro che lo seguiva...
Scappava dal suo passato per paura di affrontarlo, o cercava altrove il modo per sopraffarlo?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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« Frillish, concludiamo... ho di meglio da fare che starmene qui con questo 'allenatore' da quattro soldi ed inesperto »
Il frillish bluastro recepì l'ordine ed istantaneamente si sospirò a mezz'aria, pronto a lanciare l'ultima mossa. L'aria si faceva viola, coprendo di un velo di malinconia e tristezza l'ambiente primaverile e felice che li circondava.
Le spire di quel vento, che come un manto avanzavano verso lo scoiattolo dagli occhi rossi, si intrecciarono come la trama di una stoffa pregiata, formando una folata nerastra che, per l'impatto, respinse all'indietro il Patrat.
Si rialzò con un piccolo balzo, per poi zampettare rapidamente e fiondarsi sul frillish intento a prendere il respiro.
Gli incisivi producevano uno strano scintillio, simile alle scintille della forgia di un fabbro.
Scintille continue e repentine che si generavano e si spegnevano istantaneamente, sparse verso ogni dove.
A piedi pari fece un ultimo e lungo balzo per arrivare al Frillish, che scansandosi a sinistra, ne approfittò per colpirlo con un tentacolo, estrandone al contempo l'energia per recuperare.
Chinandosi in avanti volteggiò nell'aria fino ad arrivare rapidamente alle spalle del Patrat che inerme stava per subire l'ultimo attacco.
Il Frillish volteggiò un'ultima volta in verticale fino a riprendere la posizione eretta e generare continuamente bolle, bolle azurrine che riflettevano il cielo e si agglomeravano un una bolla più grande e un verso lamentoso e debole segnò la fine di quella lotta.
Il Frillish, vincitore venne richiamato nella sua sfera prontamente sparata dal poképulsar nelle sue vicinanze, evitando di ferirlo, ma semplicemente per 'riassorbirlo' all'interno.
Si coprì con il cappuccio nero e proseguì sdegnando l'allenatore di un saluto.
Le secche foglie marroni dell'autunno precedente rimpinguavano le chiome folte di nuove tenere foglie, che risplendevano al sole primaverile con tonalità di verdi  chiari.
I Petali dei fiori al suolo venivano sospinti dal vento, creando una vera e propria 'nevicata' primaverile.
Non era raro vedere qualche whimsicott volteggiare leggiadro, approfittando della brezza marina e non più gelida come lo era in inverno, proveniente dal mare vicino a Soffiolieve.
Mentre alle spalle di Brandon i più alti edifici di Quattroventi sparivano tra la boscaglia rinata, proseguiva verso Levantopoli.
Nemmeno lo sbocciare della primavera lo rendeva felice e non era altro che un punto nero navigare in quel verde mare di foglie e petali dei colori più disparati che ispiravano allegria, ma non per lui.
"come si chiamava.. ah sì N... quel tizio con quegli strani capelli verdi.. non è certo qualcuno che si vede tutti i giorni, ma non sembra nemmeno essere di queste parti. proverò a saperne di più di lui."
I primi tetti di Levantopoli si intrevedevano oltre il limite delle chiome delle conifere nei dintorni e riusciva ad individuare anche l'uscita da quel piccolo boschetto che a lui niente ispirava.
Gioia di rinascita, la natura risvegliarsi da un sonno gelido, argomenti a lui sempre interessati, ultimamente non gli facevano nè caldo nè freddo.
Passo dopo passo, il rumore delle sue scarpe che passavano sul terriccio morbido si mescolarono ad una dolce e calda melodia, proveniente dalla cittàdella in cui si stava recando.
I Suoni dei sassolini di ghiaia dello sterrato parevano i tamburi di quella musica che a poco a poco era sempre più udibile. Quando le fronde lasciarono spazio ai palazzi più o meno alti che svettavano a Levantopoli, si accorse che proveniva da un musicista, un uomo dai capelli lunghi e poco curati, con un paio di occhiali neri inforcati sul viso rinsecchito.
Le lenti nere rendevano difficile a Brandon capire dove posasse lo sguardo quel musicista che però era sicuro si fosse accorto del suo arrivo dal percorso 2°. Si trovava ai lati delle colonne all'entrata del  centro pokèmon di Levantopoli, proprio dove si doveva recare e per la timidezza deglutì a fatica, essendo costretto a passare proprio nelle sue vicinanze, e non aveva uno sguardo allegro nei suoi confronti...
Entrò nell'edificio mentre fortunatamente il cappuccio bloccava la visuale.
Quando entrò rilassò ogni singolo muscolo irrigidito per la tensione, intanto che attendeva la cura per il suo frillish fece un sospiro di sollievo piuttosto forzato.
Riprese in mano la pokéball e tornò sui suoi passi, ma non ebbe modo di alzare lo sguardo una volta uscito, che un tizio ingiacchettato di nero gli passò davanti, correndo verso una strada che portava alla periferia.
Diede qualche occhiata nelle circostanze e notò un cartello indicare il luogo in cui quell'uomo era corso. Doveva essere il cantiere dei sogni, un vecchio cantiere in costruzione per un laboratorio, ma i lavori non furono mai portati a termine.
Ripensò se quel tizio fosse collegato al malvivente di Quattroventi, ed in effetti la situazione era molto simile, quasi la stessa.
Vedendo la porta della palestra della città chiusa per ferie, non poteva fare altro che concludere la giornata catturando un'altro poco di buono, magari utilizzando i soldi della ricompensa per pagarsi un tetto sotto il quale dormire per le notti successive.
Camminò a passo accellerato verso quel luogo, inghiottito dalla boscaglia presente anche nei dintorni di quel quartiere.
Si districò tra i rami di qualche fitto cespuglio, notando una scena acquanto inconsueta :
Due membri del Team Plasma, la famosa banda di esaltati che si divertiva a portare scompigliò nei vicoli delle più grandi città di Unima, a terra, sanguinanti.
Il cappuccio azzurro che portavano era lacerato, e ferite da taglio dalle quali scorrevano piccole goccie di sangue ancora fresco, ricoprivano i loro bracci e torace.
A terra inermi, con davanti un Patrat, anch'esso ferito, aveva sicuramente subito la stessa sorte dei suoi 'compagni'.
Il tizio davanti a loro, che aveva causato quella carneficina era inusuale, mai visto:
Portava una giacca lunga e grigia, perfettamente abbottonata, abbinata ad un cappello color indaco che ne copriva in gran parte il volto, anche la lontananza giocò a sfavore di quello sconosciuto, rendendo a Brandon difficile la memorizzazione.
Il tizio che aveva inseguito, sempre vestito nella stessa identica maniera, aveva con sé, tenuto con entrambe le mani, un apparecchio che aveva una forma simile ad un radar, ma con comandi sicuramente differenti.
Sicuramente quell'apparecchio non apparteneva a lui.
Spostandosi non visto tra i cespugli, una delle colonne del cantiere mostrò ai suoi occhi il vero autore della carneficina : un Palpitoad, un rospo blu ricoperto da pustole azzurrine, più o meno imponente, si ergeva sopra le figure provate delle reclute a terra sanguinanti e del loro Patrat privo di sensi.
Brandon strinse la mano, mentre il  tessuto produceva uno strano rumore.
Un ghigno intravisto nell'ombra facciale di quell'uomo fu la goccia che fece traboccare il vaso della sua pazienza.
Uscì allo scoperto avventatamente, puntando il braccio meccanico verso quegli estranei.
La rabbia aveva preso controllo del suo corpo, mentre si preparava a sparare il colpo caricato, il suo Frillish.
I due uomini sussultarono alla vista di quel macchinario, cosa che lasciò perplesso anche lui.. "sanno qualcosa del Pulsar?!..." la voce scomparì poco dopo nella mente vuota libera e pronta a fare spazio alla rabbia che imperversava come un fiume in piena.
Indicarono lui come bersaglio al loro Palpitoad, che girandosi ebbe tempo di generare un cerchio d'acqua a metà del corpo che si espandeva come un vero e proprio vortice, fino a ricoprirlo d'acqua in ogni lato.
« Lancia quell'acqua, poi impastala alla fanghiglia! sbrigati bestiaccia!! »
Eseguì senza fiatare nemmeno un verso, lanciò l'acqua che dal nulla ingrandiva man mano il suo volume, fino ad originare un'inondazione vera e propria di un fiume durante una tempesta.
La radura del cantiere lì intorno era zeppa d'acqua, che il Palpitoad caricò completamente verso il ragazzo e il Frillish che uscì dopo il rimbombo dello sparo misto a rumori di piccole scintille elettriche.
Continuava a generare acqua, che sgorgava dal cerchio a mezz'aria intorno ai fianchi, con il passare dei secondi, l'acqua si trasformava in fango, addensandosi e mescolandosi fino ad una poltiglia che aveva ricoperto quasi tutte le fondamenta del cantiere, e inzuppato i paraggi.
Mentre quella marea di fango misto ad acqua si dirigeva verso dei due compagni, Brandon impartì fulmineo l'ordine a frillish, utilizzare un bollaraggio per diluire il fango e aprirsi un varco nella fanghiglia.
Eseguì sicuro di se, mentre il ragazzo riattaccò a correre verso i due del team plasma per soccorrerli.
Certo, un uomo di una quarantina d'anni, un malvivente, non aveva paura di picchiare un sedicenne che si immischiava nei suoi affari, tentò quindi di bloccarlo con qualche pugno, che Brandon prontamente schivò lateralmente.
« Frillish, atterralo con un funestovento, all'istante! »
Il pokèmon smise di produrre bolle e prima di essere sommerso dall'acqua densa e melmosa, lanciò una folata viola che velocemente arrivò verso l'uomo e lo sobbalzò, lasciandolo cadere a terra, insieme al suo assistente.
si avvicinò al due tizi del Team Plasma e tese loro la mano per aiutarli a rialzarsi, prima che l'altro uomo avesse avuto il tempo di anticiparli e stenderli tutti e tre.
Prese il patrat ancora svenuto fra le braccia e li aiutò a fuggire, recandosi dietro al frillish, che sembrava non trovarsi in grande difficoltà.
Il tizio riuscì ad alzarsi, ma subito un altro funestovento di frillish, impartitogli dall'allenatore lo atterrò di nuovo.
« Frillish, utilizza assorbimento e colpiscilo ripetutamente. voglio che tu gli assorba fino all'ultima goccia delle forze nel suo corpo! » Così fece, fluttuando veloce vicino a lui e tentando di colpirlo ripetutamente con i tentacoli, agitandoli ripetutamente.
Le macchie verdi stavano a significare che la mossa aveva avuto effetto e non sempre apparivano.
A destra e a manca, colpo dopo colpo riusciva a centrarlo, anche se non sempre e atterrarlo definitivamente, facendolo sobbalzare per qualche metro in dietro utilizzando Ombra Nottura, generando un ologramma due volte più grande del suo corpo, interamente d'ombra.
Palpitoad rialzandosi sbuffava per l'ira, agitandosi per generare tanta altra acqua e fango,  era spietato come chi lo comandava, che dietro di lui gli impartiva ordini.
Ne aveva generata molta in breve tempo, un'onda alta una buona quantità di metri si era eretta poco sopra le fronde più alte degli alberi nei dintorni.
Si stava ereggendo come fosse stata presa da una mano gigantesca ed invisibile, tirata verso il cielo. Non era altro che Palpitoad che aspettava il momento per rilasciarla e seppellirli sotto il fango.
Spietato, fino alla fine. Non fece attendere nemmeno una decina di secondi e l'onda riabbassandosi e chinandosi verso di loro, presagiva una fine tragica e sicura, per loro.
L'onda fangosa sommerse tutte le vicinanze, sembrando un mare in una foresta, fanghiglia alta pochi metri stava sommergendo ovunque fosse passata l'onda precedentemente, mentre quest'ultima si occupava di sommergere ciò che rimaneva.
Fuggirono, correndo in preda al panico, mentre l'adrenalina pulsava nelle loro vene, altro non potevano fare!
In quelle situazioni, tre feriti, un Frillish non ancora resistente ed esperto, un allenatore agli inizi ma sicuro di sè, cosa avrebbero potuto fare?!
Era quello che si chiedeva nella sua mente, urlando per la rabbia, ma la risposta arrivò leggera come sospinta dal vento.
Dietro le fronde, lì intorno, la stessa nera figura, apparve, mentre il nero del suo piccolo corpo si sovrapponeva alla corteccia di un'albero.
Ridacchiò con un ghigno che non prometteva certo nulla di buono, poi tese la mano verso Brandon, il ragazzo che sembrava intendesse proteggere per qualche motivo arcano.
Appena tese la minuscola mano, l'onda si immobilizzò.
Brandon alzò gli occhi notando quadrati trasparenti volteggiare sia a nord, che a sud, che ad est ed ovest.
Era proprio una distortozona, provocata da qualche pokémon per rallentare l'ondata.
Brandon sentì le sue gambe nettamente più leggere e ne approfittò per fuggire rapidamente il più distante possibile.
Il Banette, quella figura nera fra i cespugli, volteggiò fino a poter tenere d'occhio bene quello che accadeva dentro ed intorno alla distortozona che aveva evocato. Alzando la mano destra il fango che era nettamente più lento, ma si muoveva, si fermò del tutto.
Iniziò a riunirsi tutta la fanghiglia completamente, in un globulo rotondeggiante che dopo aver levitato per pochi secondi nell'aria, cadde a terra, spappolando la poltiglia rinchiusa.
"uno psichico..." pensò Brandon e i due del team plasma, ma non riuscivano a capire chi lo aveva utilizzato, non vedevano pokémon nelle vicinanze, ma solo i due loschi personaggi defilarsi tra i cespugli dopo aver ritirato il palpitoad misteriosamente a terra esausto.
Nell'osservarli, vide l'apparecchio che teneva il tizio nella sua tasca, alzarsi e fuoriuscirne, controllato da qualcosa, senza che l'uomo se ne accorse.
L'apparecchio volteggiò fino ad arrivare proprio davanti a Brandon che lo prese e lo assicurò nello zaino.
I Membri del team plasma, osservavano esterrefatti l'accaduto, commentando solo « Una lotta pokèmon, ma a me è sembrata un qualcosa simile ad una tempesta..."
Infondo non erano poi tanto esaltati questa banda di persone, pensò Brandon.
Indicarono il patrat che aveva già ricevuto le cure mediche, senza che nessuno dei tre, né Brandon ne quei due glele avessero sistemate, poi continuarono a parlare  « Abbiamo capito di aver sbagliato. Ma non possiamo, tenercelo, facci il favore di prendertene tu cura. ».
Senza avere il tempo di scegliere si o no, gli gettarono la pokéball del Patrat oramai guarito ma addormentato, e fuggirono, amareggiati.
Essia... pensò.
Raccolse la sfera e il patrat esausto e tornò indietro, ma nel mirare i dintorni lo vide.
Quel piccolo pokémon spettro che da tanti giorni prima lo seguiva e lo aiutava, come un custode, ma che sicuramente lo proteggeva da molto più tempo, per la prima volta si accorse di lui, e nel vederlo, gli riaffiorò un ricordo che non seppe spiegare.
Il Banette nel vedere che era stato visto, smise di ghignare, abbassò le mani e si dileguò nell'ombra delle fitte chiome.
  
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