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Autore: ElPsyCongroo    01/02/2012    1 recensioni
Ambientata dopo la fine degli eventi mostrati nell'anime (Roberta's Blood Trail compreso) racconta brevemente la vita di Revy, da quando era all'orfanotrofio fino a dove l'abbiamo vista noi.
Rating arancione per il linguaggio "colorito" e l'argomento trattato (non ho voluto mettere rosso perché non la ritengo così pesante e non volevo limitarne la lettura).
[Tratto dalla storia:
Era abituata alle botte, che sempre arrivavano in quell’orfanotrofio del c***o.
Non era abituata a cedere, perché andava contro il suo orgoglio.
Si abituò al tradimento, di coloro che avevano sempre vissuto con lei, anche se se lo doveva aspettare.
Si abituarono alle sue grida, che pian piano cessarono insieme alle lacrime.
Si abituò all’ovvietà che la sua vita era sua, e di nessun altro.
E allora perché non si abituava a lui, che era molto più semplice di tutto il resto?
Però ad una cosa si era abituata:...]
E per saperlo dovete ovviamente leggere :).
(Lo so, sono s*****a, ma devo pur attirare la vostra attenzione sulla storia no?)
(Lieve accenno finale al paring RevyxRock)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Revy
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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ABITUDINE

Era abituata alle botte, che sempre arrivavano in quell’orfanotrofio del cazzo.

Era abituata alla fame, che pativano tutti perché a nessuno fregava di loro.

Era abituata alla sete, per lo stesso motivo di sopra.

Era abituata alla stanchezza, perché dovevano stare attenti che nessuno li uccidesse per venderne gli organi.

Era abituata al freddo pungente, che uccideva molti di loro.

Era abituata al caldo asfissiante, che uccideva ugualmente molti di loro.

Era abituata alle prediche dei preti, che la beccavano a rubare nelle offerte.

Era abituata a rubare per tenersi in vita, lei ed Eda, l’unica che poteva considerare come compagna.

Era abituata all’odio, suo e degli altri, perché non puoi conoscere altri sentimenti in quell’ambiente.

Era abituata alla solitudine, dovuta dal menefreghismo di coetanei e non.

Era abituata alla vendetta, che sempre la circondava, anche se lei non ci aveva mai pensato.

Era abituata alla morte, dei barboni per strada oltre che degli altri dell’orfanotrofio.

Era abituata a sparare, anche se non aveva mai ucciso nessuno, ma serviva come difesa.

Era abituata a mantenere il suo orgoglio, sempre, in qualunque circostanza.

 

Non era abituata a cedere, perché andava contro il suo orgoglio.

Non era abituata ad uccidere, non ne aveva mai avuto bisogno.

Non era abituata ad avere paura, non poteva permetterselo.

Non era abituata a desiderare la morte di qualcuno, nessuno che le stava talmente tanto sul cazzo.

Non era abituata ad odiare qualcuno, stesse ragioni di sopra.

Non era abituata a piangere, non poteva permetterselo, mai.

Non era abituata a farsi usare come un oggetto , andava contro il suo orgoglio.

Non era abituata a sentirsi chiamare puttana, non si era mai abbassata a tanto.

Non era abituata ad essere violentata.

Non era abituata ad essere violentata.

Non era abituata ad essere violentata.

Non lo era.

Non lo era .

Non lo era .

Nonloeranonloeranonloeranonloeranonloeranonloera!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Si abituò al tradimento, di coloro che avevano sempre vissuto con lei, anche se se lo doveva aspettare.

Si abituò ad essere accusata ingiustamente di colpe mai commesse.

Si abituò a pagare, per qualcosa che non aveva fatto ma che tutti la credevano colpevole.

Si abituò a provare terrore, non paura.

Si abituò a provare odio puro, non semplice rabbia.

Si abituò a desiderare la morte di qualcuno, violenta, dolorosa.

Si abituò ad essere usata come un oggetto, non più come un essere umano.

Si abituò al suono dei loro passi, dei poliziotti che in teoria dovrebbero rispettare la legge.

Si abituò al gelo nelle vene, che arrivava puntualmente con il suono dei loro passi.

Si abituò ad essere picchiata con ferocia inaudita, che in confronto quelle dell’orfanotrofio erano carezze.

Si abituò ad essere drogata, con qualunque droga purché restasse zitta e buona, come una bambola.

Si abituò alle risa di scherno, risa di quegli uomini in divisa, anzi, sacchi di merda in divisa.

Si abituò al loro respiro sul suo corpo, quel fetido respiro che le faceva venire conati di vomito.

Si abituò alle loro mani sul suo corpo, mani vogliose solo di sesso con una ragazzina.

Si abituò al loro corpo su di lei, corpo voglioso di soddisfare il desiderio di quei morti di figa.

Si abituò al loro cazzo dentro di lei, che faceva male, troppo male.

Si abituò all’idea di non poter fare niente, perché nessuno poteva salvarla.

Si abituò all’idea che la sua vita non le apparteneva più, perché ormai era nelle loro mani.

Si abituò a piangere, ogni volta che erano da lei, ogni volta che erano dentro di lei.

Si abituò ad avere incubi, ad urlare al suo risveglio scoprendo che era la realtà.

Si abituò a quella vita di merda, da puttana costretta, in mano a pedofili di merda.

Si abituò… si abituò… si abituò…

 

Si abituarono alle sue grida, che pian piano cessarono insieme alle lacrime.

Si abituarono al suo corpo, che ormai non gli dava più la stessa soddisfazione iniziale.

Si abituarono al suo diventare pian piano come una bambola, sempre più passiva nei loro confronti.

Si abituarono al suo volto inespressivo, come quello di una bambola perfetta e bellissima.

Si abituarono a non farci più tanto caso, ormai era solo un vecchio giocattolo.

Si abituarono a lasciare incustoditi i loro oggetti, come se fossero a casa loro e non nella sua cella.

Si abituarono a lasciare incustodite le loro armi, convinti che lei non avrebbe fatto mai niente.

Si abituarono ad andare da lei ubriachi, perché tanto cosa poteva fare una mocciosa senza palle?

Si abituarono ad ascoltare musica Rock anche nella sua cella, una musica che la marchiò a fuoco.

Si abituarono a non guardarla nemmeno più in volto, tanto le bambole non avevano volto.

Si abituarono talmente tanto da non vedere il piccolo ghigno che sempre più si allargava sul suo volto.

 

Si abituò all’ovvietà che la sua vita era sua, e di nessun altro.

Si abituò all’idea che nessuno l’avrebbe più resa schiava, non l’avrebbe più permesso.

Si abituò a pensare come una fredda assassina, che non ascoltava le suppliche di nessuno.

Si abituò all’idea che sarebbe stata libera, libera di fare la vita che voleva.

Si abituò all’idea di uccidere, e le piaceva, la divertiva.

Si abituò all’idea che sarebbe stata lei a rubare la vita agli altri, anche se non le avevano fatto niente.

Si abituò ad impugnare nuovamente una pistola, questa volta con fermezza, con l’intenzione di uccidere.

Si abituò ai loro occhi terrorizzati, quando si resero conto di essere stati drogati e dell’arma nelle mani di lei.

Si abituò al loro sangue che la macchiavano, che usciva da tutti i buchi in più che si ritrovarono sul corpo.

Si abituò ad uccidere ascoltando Rock, lo stesso che ascoltavano nella sua cella.

Si abituò all’idea che piangere non era permesso, non più.

Si abituò ad essere nuovamente libera, ad essere davvero libera.

Si abituò ad uccidere, ormai era diventato un lavoro.

Si abituò a Roanapur, quella città del cazzo piena di coglioni ma che la faceva sentire bene.

Si abituò ad essere temuta, tutti la conoscevano ed avevano paura di lei.

Si abituò ad essere chiamata Rebecca dai leccaculo, il suo vero nome che solo Eda conosceva.

Si abituò ad essere chiamata Two Hands, nome affibbiatole dato la sua abilità a sparare a due mani.

Si abituò alle sue Cutlass, le sue amata pistole costruite apposta per lei.

Si abituò alla vita nella Lagoon Company, era divertente e per niente noiosa.

Si abituò ad incontrare persone folli, dalle cameriere con l’artiglierie pesante ai gemelli complessati.

Si abituò all’atteggiamento della Sorellona, al suo essere una malata della guerra.

Si abituò al suo abbigliamento, molto ridotto ma che la faceva stare comoda

Si abituò al tatuaggio sul suo braccio, che si era fatta non ricorda quando non ricorda perché.

Si abituò agli incarichi che gli venivano affidati, uno più suicida dell’altro.

Si abituò alla Chiesa della Violenza, dove aveva ritrovato Eda.

Si abituò alle bevute con Eda, che puntualmente veniva cazziata dalla Madre.

Si abituò alle sparatorie nello Yellow Flag, che spesso avvenivano a causa sua o in generale della Lagoon.

Si abituò a non pensare più a quel periodo, periodo di merda, ricordi del cazzo.

 

E allora perché non si abituava a lui, che era molto più semplice di tutto il resto?

 

Non si abituava alla sua assenza.

Non si abituava all’idea che fosse in pericolo, anche se era ovvio nella Lagoon.

Non si abituava al fatto che si rilassava solo con lui.

Non si abituava al desiderio di avvicinarsi sempre più a lui.

Non si abituava al suo sguardo.

                             al suo sorriso.

                             al suo carattere…

Non si abituava a lui.

 

Non si abituava all’idea che finalmente qualcuno le volesse bene.

Non si abituava che “Rock” era una persona e non un semplice genere musicale.

Non si abituava all’idea che finalmente provasse amore e non odio o rabbia o indifferenza per qualcuno.

Non si abituava a provare un sentimento così femminile.

 

Però ad una cosa si era abituata:

a sorridere ogni volta che Rock la guardava chiamandola semplicemente Revy.

 

___________

Nota d'Autrice: boh, è l'unica cosa che riesco a dire. non dirò mai che non mi piace una storia che pubblico, perché altrimenti non l'avrei pubblicata. Semplicemente la trovo strana pure io che l'ho scritta. Credo sia nata per colpa di un periodo depressivo che sto vivendo, perciò di certo non potevano nascere storie dai toni leggeri in sto periodo. Comunque, depressione mia a parte, la storia è ambientata ovviamente alla fine della serie animata, che però non so a che punto del manga sia, è ho voluto scrivere proprio di quell'episodio in cui Revy è stata violentata da ragazzina perché è ciò che più mi è rimasto impresso. Questo credo sia accaduto principalmente perché ho visto un barlume di fragilità in lei, e pur essendo ovvio perchè tutti gli essere umani sono fragili è difficile trovare quest'aspetto in lei. In questo modo è stato dimostrato come anche Revy era "una ragazzina innocente" che è stata cambiata dalla crudeltà del mondo, da qualcosa che non poteva fermare. Bon, basta, mi sono dilungata troppo, ovviamente spero in almeno una recensione per sapere un parere negativo o positivo che sia, mi basta anche un bella o brutta, alla prossima ElPsyCongroo    

  
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