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Autore: serenity 92    02/02/2012    1 recensioni
Questa Fan Fiction racchiude all'interno vari episodi di Lara Croft, l'eroina di Tomb Raider.
Cosa abbia spinto Lara ad intraprendere le più svariate avventure, sprazzi della sua vita da bambina, adolescente e adulta; alcuni particolari episodi della saga che mi sono rimasti nel cuore.
Il suo lungo percorso raccontato tramite lei stessa.
"Non serve a niente essere armati fino al midollo osseo se poi il nostro quoziente intellettivo è pari a quello di un topo di fogna; c'è chi nasce per destreggiarsi in certe situazioni e chi purtroppo ci perde la vita a causa della propria assurda convinzione."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 The kingdom of Xibalba.

Io e mio padre raggiungemmo il villaggio più vicino, distava cinque km a piedi, l’ennesima sfaticata. Quando giungemmo nel centro abitato lui si allontanò per fare alcune telefonate per lavoro e io osservai accuratamente il circondario: le case erano tutte abbastanza piccole, in legno così diverse da quelle che ero abituata ad osservare nella mia città.
Restavo sempre più affascinata da questo mondo semplice senza che l’intrusione umana destabilizzasse l’ordine naturale.
Alcuni bambini giocavano nella piazza del paese con quel poco che avevano, le madri nel frattempo compravano i viveri al mercato del paese; seduta su uno scalino di pietra mi persi nei ricordi.
 
Dimora Croft 1990.
<< Mamma ma perché devo andare all’asilo? Io sto bene a casa, posso correre libera, saltare, giocare … all’asilo non ce lo fanno fare >> dissi capricciosa,
<< Lara devi imparare che ci sono delle regole, dei momenti per giocare e altri no, dovrai crescere prima o poi figlia mia >> disse Amelia dolcemente,
Sbuffai aggiustandomi quella stupida divisa che ero costretta a portare, mi sentivo a disagio con quegli abiti addosso, preferivo nettamente la mia comoda tuta.
All’asilo.
<< Eccoti Lara, siediti con i tuoi compagni, oggi disegneremo >> disse la maestra venendoci incontro,
<< Va bene >> dissi sbuffando, mi sedetti al fianco di una bambina bionda, che mi stava pure antipatica,
<< Lara ti vengo a prendere per ora di pranzo >> disse mia madre,
<< Ok >> risposi semplicemente.
Nelle ore seguenti disegnammo, quasi tutte le bambine avevano disegnato un personaggio dei cartoni animati, a me sconosciuto, Sailor moon; io invece avevo disegnato le piramidi, la sera precedente con papà avevamo tirato fuori i vecchi album delle sue spedizioni, ero rimasta affascinata da quelle costruzioni, avevano più di 3000 anni ed erano ancora intatte, il frutto di tanto lavoro degli schiavi e dell’architettura antica.
Le compagne mi derisero, definendomi un maschiaccio, provai per la prima volta un moto di imbarazzo, io ero la diversa.


Present Day.

<< Lara in fondo alla strada c’è un’osteria, dopo pranzo riprenderemo il cammino >> disse mio padre facendomi una carezza sul volto.
L’accolsi volentieri, lui era sempre così premuroso con me, il padre che tutti avrebbero voluto.
Ci dirigemmo all’osteria, seduti al tavolo ordinammo varie pietanze, tipiche del posto: vatapà *, Churrasco *; amavo viaggiare anche per avere l’opportunità di conoscere e assaggiare le più svariate cucine.

Tutto era immerso nella più totale tranquillità, nelle vie del villaggio non vi era più un’anima viva, ciò mi preoccupò profondamente, stava forse per sopraggiungere la tempesta?
Non ebbi il tempo di formalizzare l’intero pensiero che Brandon Smith, insieme ad un gruppo di mercenari, fece il suo ingresso nel locale. Cercava noi, dopo uno sguardo complice tra me e mio padre attendemmo una sua mossa.
<< Buongiorno Croft, qual buon vento >> disse con evidente tono derisorio,
<< Non è tanto un buon giorno con lei nei paraggi Smith >> rispose mio padre a tono mentre io mi attrezzavo per un eventuale scontro: sottrassi dal fodero di Richard una delle pistole e l’appoggiai sulle mie ginocchia, in attesa di utilizzarla.
<< Dammi la chiave Richard, non ho tempo da perdere >> disse lui spazientito,
<< Quale chiave? Io non dispongo di nessuna chiave >> rispose lui,
<< Forse tu no, ma nello zainetto della tua splendida figliola c’è qualcosa che mi interessa >> disse mentre i mercenari si avvicinavano a me,
<< Lasciala fuori da questa storia >> disse mio padre acido,
<< Non costringermi a usare le brutte maniere, dammi la chiave >> disse il mercenario rivolto, questa volta, a me;
<< Non credo proprio >> dissi puntandogli la pistola carica contro,
<< Ehi ragazzina, quello non è un giocattolo >> disse mentre i mercenari estraevano le loro armi.
In quel momento si scatenò il putiferio, mio padre sparò a quello più vicino a me, io iniziai a correre per evitare i proiettili vaganti; atterrai con qualche mossa di judo due mercenari, un altro fui costretta a pugnalarlo, dato che mi aveva agguantata, infine insieme a mio padre, che fino ad allora aveva combattuto contro Smith, uccidemmo grazie alle armi da fuoco il restante dei nemici.
Brandon, impaurito, si mise in fuga a bordo del suo fuoristrada; entrambi sapevamo che non era ancora finita: quella sottospecie di uomo ci avrebbe teso un altro agguato, prima o poi.
Uscimmo dal locale, semidistrutto, e decidemmo di utilizzare la jeep di uno dei mercenari deceduti; ripresi fiato all’aria aperta, quella era la prima volta che uccidevo qualcuno ed ero sicura che, ci avrei messo del tempo per prenderci l’abitudine.
La mia prima vittima, non mi consolava molto l’idea che era stato inevitabile, che lui mi avrebbe uccisa se non lo avessi anticipato, era pur sempre un uomo morto a causa mia.
Ero un’assassina, giustificata dai buoni propositi, ma pur sempre un’assassina.

<< Lara stai bene? >> mi chiese mio padre, lui mi conosceva meglio di chiunque altro,
<< Non proprio >> risposi io,
<< Lara non potevi agire diversamente, so che ora la tua coscienza ti sta logorando ma, credimi, se ti dico che era inevitabile >>,
Il suo sguardo comprensivo diede ossigeno alle mie sinapsi celebrali, quella era la vita che avevo scelto, che avevo sempre sognato: l’avventuriera, perciò non potevo farmi intimorire dai miei sensi di colpa, quel che avevo fatto era giusto; dovevo preservare quella sfera ed evitare che finisse in mani sbagliate, quello era il mio compito e non esistevano mezze misure, chiunque si fosse messo di mezzo sarebbe finito all’altro mondo, questa era la realtà.
<< Papà mi chiedevo se ci hai ripensato alla regola niente pistole >> dissi io animata da una forza nuova, dallo spirito d’avventuriera nascosto,
<< Credo che sia meglio rivedere la regola >> rispose lui sorridendo e tutto tornò alla normalità, almeno per il momento dato che la nostra meta era: Verapaz in Guatemala, l’ingresso dello Xibalba.
Giungemmo presso gli altopiani di Verapaz, decidemmo di chiedere informazioni ai residenti ma, non appena nominavamo la grotta di Cobàn, si dileguavano senza darci una risposta.
<< Credo che dovremo arrangiarci, da queste parti sembrano ancora molto superstiziosi >> esclamai,
<< E’ comprensibile figliola, qui il culto religioso è la base per un corretto svolgimento dell’esistenza, la realtà viene da sempre equiparata alla superstizione, alla credenza religiosa >> disse mio padre,
<< Abbiamo l’attrezzatura per free clambing? >> chiesi io, adoravo l’arrampicata a mani nude,
<< Certo tesoro, non potevo negarti anche questa esperienza >> disse porgendomi ganci e corde, fissai i ganci ai guanti e legai le corde allo zainetto così da non perderle.
Iniziammo la nostra ascesa verso il centro dell’altopiano, nonostante l’età Richard se la cavava ancora più che bene, riusciva a stare al passo senza problemi.
Giunti ad una sporgenza, quasi sulla cima, dovevamo saltare per raggiungere la seguente, era un gran bel salto nel vuoto;
<< Lara non starai pensando … >> disse senza neanche terminare la frase,
Mi ero già lanciata per afferrare l’appiglio successivo, sentire l’aria sul volto, l’adrenalina percorrere tutto il mio corpo, questi erano attimi di vita.
Mi aggrappai alla roccia ed espirai, voltandomi vidi lo sguardo impaurito di mio padre, spaventato dal mio indomito coraggio e la mia  indomabile testardaggine.
<< Tu sei completamente impazzita Lara >> mi disse lui adirato,
<< Oh papà, era solo un saltino, per movimentare un po’ la nostra giornata >> risposi io sorridendo,
<< Spiritosa … >> disse proseguendo per un’altra strada.

Ci ricongiungemmo sulla cima, ormai eravamo vicini all’ingresso, non c’erano dubbi;
proseguimmo a passo sostenuto verso l’interno e finalmente notammo, nascosto da una frana, l’ingresso della grotta.
Spostammo velocemente i grossi macigni per liberare l’entrata, all’interno la grotta era semibuia, fummo quindi costretti ad accendere una serie di bengala;
la grotta ad un primo sguardo non sembrava nascondere chissà quali segreti, era spoglia e non vi erano segni evidenti di culto, ma ero certa che fosse quella giusta; l’entrata all’oltretomba era nascosta, forse vi era un enigma da risolvere così da evitare l’intrusione dei viaggiatori inesperti.
Per un archeologo del calibro di mio padre  quella rappresentava la più emozionante tra le sfide, cominciò a lavorare le sue ipotesi mentre io riflettevo silenziosa.
Il tempo lentamente logorava quei luoghi sacri, i graffiti sulle pareti erano solo parzialmente conservati; mi avvicinai alla parete Nord e la ispezionai senza alcun risultato.
Poi finalmente compresi:
“O viaggiatore, se quel che cerchi è la notte, la fine del regno del sole attendere dovrai”
<< Papà controlla se nella parete ad Est c’è un incavo in cui può essere collocata la sfera, le iscrizioni nel tempio di culto dicevano di attendere la fine del regno del sole, perciò se il sole sorge ad Ovest, la fine del regno solare si trova per forza ad Est >> spiegai,
<< Brava Lara, ottima osservazione >> mi elogiò lui,
Ci avvicinammo alla parete e con stupore notammo una cavità nella parete, presi la sfera dallo zaino e la disposi al suo posto originario.
Una serie di ingranaggi presero vita, ruotavano su se stessi stridendo l’un con l’altro; il processo durò qualche minuto mentre al centro esatto della grotta si apriva un varco, o per meglio dire, una specie di baratro tra le rocce.



Sotto il nostro sguardo stupefatto, la grotta aveva cambiato il suo aspetto, una serie di stalattiti piovevano dal soffitto, perdendosi in quel pozzo così profondo. Avevamo trovato l’entrata dello Xibalba.
<< Credo che dovremmo calarci con delle corde resistenti >> disse mio padre estraendole dal suo zaino da avventuriero,
<< Suppongo che tu abbia ragione ma non sappiamo quanto sia profondo il baratro >>,
<< Vorrà dire che salteremo nel vuoto in caso non fossero abbastanza lunghe le corde >>, disse lui,
<< Legheremo le corde insieme e scenderemo uno alla volta >> risposi io, era la soluzione più ovvia, << Vado prima io >> dissi infine preparandomi a scendere letteralmente negli inferi.
 
*
Ormai avevo quasi raggiunto la fine del enorme baratro, non sentivo più neanche la voce di mio padre; sotto di me c’era un lago, avrei dovuto tuffar mici.
Mi stavo preparando al salto quando percepii dei sonori strappi, la corda stava cedendo, dannazione!
Un secondo dopo stavo scivolando nell’acqua senza nessun appiglio, le corde non avevano sorretto il peso, ciò significava che ero sola.
 
PLUFF…
 
Fortunatamente era profondo il laghetto perché l’impatto fu violento, ero caduta da almeno 15 metri.
Riemersi subito, l’acqua era ghiacciata, i brividi invadevano il mio corpo, nuotai veloce verso riva e mi issai sulla superficie asciutta il prima possibile.
Quando sollevai lo sguardo davanti a me notai uno spettacolo mozzafiato: lunghi corridoi con i soffitti di ghiaccio alti almeno 6 metri, una fitta vegetazione sui lati dei corridoi e un intensa luce bluastra illuminava le varie stanze.
“Per essere un luogo infernale non è male” pensai divertita strizzandomi i capelli fradici.
Percorsi il lungo corridoio, estraendo le pistole che papà mi aveva finalmente concesso, la prudenza non era mai troppa.
Il grande portone di legno avvertiva i viaggiatori, l’incisione sul legno dichiarava:
“ La notte eterna cuori indomiti non teme, qui dove le leggi universali soccombono, o anima dannata troverai la giusta punizione, o viaggiatore mortale perderai la via del ritorno”.

Lessi attentamente l’iscrizione, certo che i Maya non erano per niente rassicuranti.
Sfiorai la superficie legnosa, al mio leggero tocco si aprì l’entrata al regno dei morti.
Percorsi un lungo corridoio scuro, accendendo un bengala per poter evitare probabili trappole; giunsi sotto un arco e notai che un fiume dalle acque verdognole separava le due rive.
Mi avvicinai all’acqua ma non vi entrai, chissà quali segreti nascondeva,il mio cuore procedeva con un ritmo irregolare a causa dell’ansia e del timore, per la prima volta dovevo cavarmela da sola.

Il libro sullo Xibalba parlava della presenza di tre fiumi mortali, il primo era quello contenente gli scorpioni, dovevo trovare un modo indolore per oltrepassarlo.
Attraversarlo a nuoto era escluso perciò dovevo inventarmi un modo per evitare di entrare in acqua.
Notai una serie di grosse pietre sull’angolo destro della riva, se le avessi poste nell’acqua avrei potuto raggiungere l’altra sponda senza entrare nel fiume; cominciai quindi a trascinare i grossi macigni, un’operazione che durò molto tempo e che mi sfinì; ma non potevo mollare proprio adesso.
Raggiunta finalmente l’altra riva mi riposai qualche minuto, avevo spronato fin troppo i miei muscoli, ero pur sempre una ragazzina e quei macigni erano davvero un ottimo allenamento.
Mi rialzai e prosegui per un altro corridoio, questa volta fui attaccata da uno stormo di pipistrelli che prontamente uccisi con l’aiuto delle mie due pistole, riportai solo qualche breve graffio, la pelle bruciava ma non era nulla di grave.

Dopo l’attacco dei pipistrelli mi ritrovai d’innanzi ad un lungo ponte pericolante, una passerella di legno sopra un fiume che, diversamente da quello precedente, trasportava un liquido dal colore rosso acceso: sangue.
Il sangue dei morti, delle anime che vagavano qui, nel nulla eterno; deglutii e sedai i conati di vomito, accorgendomi che su quel fiume stavano immobili e in assoluto silenzio anime sperdute, corpi dal grigiore pallido, corpi senza vita e con gli occhi vitrei.
<< I dormienti >> esclamai tra me e me …
Iniziai a percorrere con cautela la passerella sperando con tutta me stessa che non cedesse, le ultime parole famose?
Mi ritrovai nelle acque rosse non appena finii di formulare quel pensiero, le anime avevano cominciato a muoversi, avvicinandosi pericolosamente a me, mentre mi aggrappavo con tutte le mie forze ad un arbusto. Quando si dice che le disgrazie non vengono mai da sole.
Il bacio di una di quelle creature non morte sarebbe stato per me fatale, l’unica soluzione era immergersi e farsi trascinare dalla corrente per qualche metro e poi risalire, la dove loro non potevano raggiungermi.
Presi un bel respiro e mi immersi in profondità, il turbinio della corrente mi trascinò, non vidi più nulla poiché le acque torbide mi impedivano la visuale, riemersi quando ormai il fiato mi stava abbandonando e con un balzo atterrai sulla riva opposta, non persi tempo e risalii grazie alle sporgenze sul muro al piano superiore, dove ero finalmente salva, almeno per il momento.

Le anime sottostanti si agitavano convulse, il mio passaggio doveva aver risvegliato i più antichi segreti di questo posto, non ero sufficientemente esperta, forse anche gli archeologi più famosi avrebbero avuto delle grosse difficoltà, figuriamoci una ragazzina di sedici anni alle prime armi.
Proseguii verso la piattaforma mobile quando giunsi alla porta di fronte a me, compresi che era chiusa e che avrei dovuto risolvere un enigma per aprirla; le antiche incisioni collocate sulla nuda pietra recitavano:

“ Il canto della fenice risorge dalle proprie ceneri, la città perduta aspetta il canto fatale, 13 melodie disegneranno il nefasto destino di coloro che hanno osato sfidare il potere superiore”.

“Il canto della fenice” pensai, doveva per forza essere la chiave per aprire l’accesso al secondo anello infernale.
Alzando la testa notai che pendevano dal muro 13 campane, su di esse erano incisi quelli che sembravano teschi; ma quali campane avrebbero aperto l’accesso?
Mi issai su una sporgenza a lato della piattaforma, strisciai per qualche metro e con un balzo raggiunsi la sede delle corde delle campane, dal soffitto penzolavano 13 corde perciò riflettei su quali potessero essere quelle esatte, di certo se avessi suonato quella sbagliata si sarebbero attivate delle trappole mortali, quel luogo non ammetteva errori.
Riflettendo, mi resi conto che avevo fatto bene a seguire le lezioni di Esoterismo del Prof. Wagner, ricordavo abbastanza chiaramente le sue lezioni sulla numerologia:
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  •    Il numero uno è il principio divino. Ogni cosa nasce dall'uno. L'uno è il tutto, l'Eterno Infinito Essere, che non ha forma e possiede tutte le forme, che non ha nome e possiede tutti i nomi. Essendo indivisibile, indica principalmente l’unità, la sua forza sta nel suo valore qualitativo di unire e di origine, per questo motivo è un numero sacro venerato dall’antichità. Tutte le tradizioni parlano di un origine in cui regnava l’unità, il non-manifesto senza divisione, l’unificazione delle energie e la totalità. Da questa origine sono nate tutte le cose e la manifestazione. Simbolo dell’uno è il cerchio essendo senza inizio e senza fine. L’uno, in quanto simbolo unificante, ha un grande capacità evocatrice, permette di creare legami riunendo gli elementi separati, come la terra e il cielo, il macrocosmo e il microcosmo.

  •          Il tre è il simbolo del ternario, la combinazione di tre elementi. Il ternario è uno dei simboli maggiori dell’esoterismo. Primo numero dispari, poiché l’uno non è considerato un numero, il tre è profondamente attivo e possiede una grande forza energetica. È il simbolo della conciliazione per il suo valore unificante. Infatti tanto il due separa quanto il tre riunisce. La sua espressione geometrica è il triangolo, simbolo esemplare del ritorno del multiplo all’unità: due punti separati nello spazio, si assemblano e si riuniscono in un terzo punto situato più in alto. Inoltre il rapporto della triade con l’unità può essere espresso da un triangolo equilatero, ovvero dall’identità del tre, dove in ognuno dei tre angoli diversamente indicati è data ogni volta la triade intera. È il primo numero di armonia, di soluzione del conflitto dualistico, ed è per questo considerato un numero perfetto. 
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  • Il quattro è il più perfetto tra i numeri, essendo la radice degli altri numeri e di tutte le cose. Esso rappresenta la prima potenza matematica, e la virtù generatrice da cui derivano tutte le combinazioni. È l’emblema del moto e dell’infinito, rappresentando sia il corporeo, il sensibile, sia l’incorporeo. Il quattro è scomponibile in 1 + 3, la monade (l’uno) ed il triangolo, e simboleggia l’Eterno, e l’uomo che porta in sé il principio divino. Il quaternario era il simbolo usato da Pitagora per comunicare ai discepoli l’ineffabile nome di dio, che per esso significava l’origine di tutto ciò che esiste. È considerato dalla simbologia il numero della realtà e della concretezza, dei solidi così come delle leggi fisiche, della logica e della ragione. Il quattro come manifestazione di ciò che è concreto immutabile e permanente. E’ il numero della materia: i 4 elementi della terra: fuoco–acqua–terra–aria, della concretezza, dell’ordine, dell’orientamento: la croce cosmica riunisce i punti solari dell’orizzonte (nord-sud, est-ovest).
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  • Il sei è un numero mistico e ambivalente nel suo significato, in quanto è il numero dell’equilibrio e dell’ordine perfetto, può ben predisporre all’unione con il divino, ma allo stesso tempo può generare confusione, turbamento e illusione. La sua ambivalenza è rappresentata graficamente dalla stella a sei punte (Sigillo di Salomone) che permette di comprendere la contraddizione insita nel numero sei. La stella a sei punte è formata dall’unione di due triangoli: quello con la punta verso il basso, indica la materialità; quello con la punto verso l’alto, invece la spiritualità. L’interazione dei due triangoli è l’incarnazione dell’unione tra cielo e terra, tra la polarità maschile e la polarità femminile, generando l’armonia degli opposti; ma allo stesso tempo indica l’oggetto e il suo riflesso, l’immagine speculare deformante.
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  •    Il numero sette esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico. Considerato fin dall’antichità un simbolo magico e religioso della perfezione, perché era legato al compiersi del ciclo lunare. Gli antichi riconobbero nel sette il valore identico della monade in quanto increato, poiché non prodotto di alcun numero contenuto tra 1 e 10. Presso i babilonesi erano ritenuti festivi, e consacrati al culto, i giorni di ogni mese multipli di sette. Tale numero fu considerato simbolo di santità dai Pitagorici. I Greci lo chiamarono venerabile, Platone anima mundi. Presso gli Egizi simboleggiava la vita. Il numero sette rappresenta il perfezionamento della natura umana allorché essa congiunge in sé il ternario divino con il quaternario terrestre. Essendo formato dall’unione della triade con la tetrade, esso indica la pienezza di quanto è perfetto, partecipando alla duplice natura fisica e spirituale, umana e divina. É il centro invisibile, spirito ed anima di ogni cosa.
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  •     Il numero otto è’ il simbolo dell’infinito, il riflesso dello spirito nel mondo creato, dell’incommensurabile e dell’indefinibile. Indica l’incognito che segue alla perfezione simboleggiata dal numero sette. Incita alla ricerca e alla scoperta della trascendenza. Essendo un numero pari è formato dall’energia femminile e passiva. È il numero che simboleggia la morte, in termini di transizione, di passaggio. Come il numero sei, l’otto è un numero ambivalente. l’otto orizzontale è la rappresentazione algebrica dell’infinito e si lega a valori sia positivi che negativi. L’infinito è di natura positiva quando si collega all’illimitato, nel senso di apertura alla trascendenza. Ma è di natura negativa quando l’infinito cade in un circolo vizioso di ciò che non ha fine.
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  •     Il numero 9 è simbolo della generazione e della reincarnazione. Numero dispari è dinamico e attivo nella sua natura e nei suoi effetti. Indica il periodo della gestazione, nove mesi per la nascita di una nuova vita. Il nove seguendo all’otto, che indica uno stato limite, è il superamento nella creazione. Il nove ha come proprietà la permanenza. Infatti il numero nove torna sempre al suo stato antecedente e non si trasforma mai veramente, conservando uno stato fisso e immutabile. Questa caratteristica lo accomuna al numero uno, diventando una sua manifestazione, nella sua funzione di unicità. Il simbolo grafico del nove è il cerchio, come per il numero 1. 
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  • Il dieci è il numero simboleggiante la perfezione, come anche l’annullamento di tutte le cose. 10 = 1+0 = 1 illustra l’eterno ricominciare. Il dieci è il totale dei primi quattro numeri e perciò contiene la globalità dei principi universali. Esso è divino poiché perfetto, in quanto riunisce in una nuova unità tutti i principi espressi nei numeri dall’uno al nove. Per questo motivo il numero dieci è anche denominato Cielo, ad indicare sia la perfezione che il dissolvimento di tutte le cose, per il fatto che contiene tutte le possibili relazioni numeriche. 
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  •   Il numero dodici viene considerato il più sacro tra i numeri, insieme al tre e al sette. Il dodici è in stretta relazione con il tre, poiché la sua riduzione equivale a questo numero (12 = 1 + 2 = 3) e poiché è dato dalla moltiplicazione di 3 per 4. Il dodici indica la ricomposizione della totalità originaria, la discesa in terra di un modello cosmico di pienezza e di armonia. Infatti indica la conclusione di un ciclo compiuto. Il dodici è il simbolo della prova iniziatica fondamentale, che permette di passare da un piano ordinario ad un piano superiore, sacro. Il dodici possiede un significato esoterico molto marcato in quanto è associato alle prove fisiche e mistiche che deve compire l’iniziato. Superate le prove induce ad una trasformazione, in quanto il passaggio si compie su prove difficili, le uniche che portano ad una vera crescita. In molte culture i riti iniziatici si compiono all’età di dodici anni, dopo di che si entra in un’età adulta.
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  •      Il numero tredici indica la rottura dell’armonia, incarnando il disordine. Infatti, è il numero che con l’aggiunta di una unita al dodici, interrompe la ciclicità, obbligando ad una trasformazione radicale. Il significato del tredici è negativo, infatti è detto aritmico, rompendo la legge dell’equilibrio e della continuità. L’unità, aggiunta al dodici, costituisce causa di destabilizzazione all’armonia ottenuta. Dalla riduzione del tredici (13 = 1 + 3 = 4) si ottiene il quattro, che indica stabilità, solidità e certezza, mentre il tredici al contrario indica l’instabilità e l’incertezza.
 
Questi erano i numeri che ricordavo, naturalmente dovevo effettuare un’ ulteriore scelta, quasi sicuramente avrei dovuto suonare solo 3 campane, proprio perché il tre simboleggia la riunione tra spiritualità e concretezza,  una diade contrastante: cielo e terra riunite attraverso l’intervento umano.

Suonai le funi della campana numero quattro, sette e tredici.

Poiché il quattro è motore dell’infinito, il sette è simbolo magico della perfezione e dell’universalità e, infine, il tredici poiché indica la rottura dell’armonia cosmica, numero che simboleggiava la mia azione poiché, proseguendo il mio cammino avrei minato l’equilibrio di quel posto in cui gli esseri mortali non sono i benvenuti.

Un suono sordo e inquietante si liberò dopo che terminai il processo, fortunatamente però, avevo scelto la combinazione esatta poiché la porta si stava aprendo lentamente.
Scesi e iniziai a proseguire il nuovo corridoio, che era più luminoso del precedente; sui lati della strada ciottolata si erigevano giardini e case che sembravano disabitate, fortunatamente non vi trovai quelle anime inquietanti che avevo appena lasciato allo step precedente.

Il luogo appariva come una grande città assopita in un sonno eterno, a prima vista non sembrava neanche un luogo infernale ma, mio padre mi diceva sempre:
<< Cara Lara, ciò che più dovresti temere è ciò che non sembra pericoloso, ciò che non mostra ai nostri occhi la sua grande potenza >>.
Attraversai quelle vie, seguendo la strada principale nel più totale silenzio, cercando di percepire ogni rumore, anche quello più flebile, la prudenza non è mai troppa.
Cominciavo ad essere stanca e affamata, il che non era confortante perciò estrassi dal mio zaino due barrette di cioccolato, mi serviva una pausa rigeneratrice.

Non sapevo se sarei riuscita ad uscire da quel luogo maledetto, perciò non valeva neanche la pena di affliggersi, l’unica cosa da fare era proseguire, poiché nessuno sarebbe venuto a salvarmi e dovevo cavarmela da sola, perciò era inutile disperarsi o avere crisi isteriche.
Certo è che a sedici anni vorresti essere in centro città a prendere un gelato con le amiche, magari fermarsi in un bar e farti quattro risate ma, se ti chiami Lara Henshingly Croft, questo non fa parte della tua esistenza.
Non ho mai avuto amiche su cui potevo contare, erano tutte molto più interessate ai soldi di famiglia che a me, in quanto persona.
L’unica persona su cui potevo contare è mio padre, il quale in quel momento probabilmente stava dando di matto a cercare un modo per raggiungermi, pregando tutti i Santi in paradiso affinché io sopravviva.
Non posso permettermi di morire, non posso abbandonarlo, non ora, non come mia madre. Il solo pensiero mi stava annientando, le lacrime colavano sul mio volto, ancora oggi mi sentivo responsabile della sua morte.

Decisi di proseguire, fermarsi non era stata una buona idea; inoltre avevo anche perso la cognizione del tempo, quante ore erano passate da quando ero precipitata?
Saltai un precipizio, aggrappandomi ad una parete di roccia grezza, e ripresi a correre sul viottolo.

Giunsi in prossimità di un terzo fiume, osservai inorridita il nauseante spettacolo: le acque color ocra emanavano un odore nauseante, quale sostanza vi scorreva? Pus …
Una barca guidava anime grigie da una sponda all’altra, al timone una figura incappucciata che metteva i brividi.
Quando si accorse della mia presenza, dopo aver traghettato alcune anime alla sponda opposta si avvicinò al mio isolotto;
<< Non è permesso ai mortali vagare in questo posto, hai infranto le leggi infernali umana >>,
<< Puoi traghettarmi sull’altra riva? >> dissi io fredda e coincisa,
<< Certo che posso, ma segnerai la tua fine se proseguirai >>,
<< Questo è ancora da vedere anima >>,
<< Se sei proprio decisa, sali a bordo stolta umana e goditi gli ultimi momenti della tua esistenza; chi oltrepassa la linea del confine è destinato a vagare in eterno nel mondo sprofondato >>.
Non me lo feci ripetere due volte, mi sedetti su un’asse di legno e sotto lo sguardo di quelle anime grigie, che mi rivolgevano sguardi di compassione, approdai all’altro rivo.
Lo sguardo mellifluo del traghettatore non lasciava dubbi, era certo che non avrei più fatto ritorno;
<< Sarei lieta di ritrovarti qui al mio ritorno, avrò bisogno di un passaggio per tornare tra i mortali >> dissi più per auto convincermi che altro.

Le torce che emanavano una luce sinistra mi indicavano il cammino, non esitai ad intraprenderlo ma dovetti presto fermarmi nuovamente, un altro enigma mi si parò davanti.
Mi ritrovai presso un crocevia, la strada si divideva in quattro vie secondarie, all’inizio di ognuna di esse si trovava una delle anime condannate, le quali mi richiamavano, indicandomi la via sulla quale erano poste come quella corretta.

Mi avvicinai alla prima anima sulla destra:
<< Questa è la via dell’eretico, ora che sei giunta al giardino delle quattro torri, devi proseguire per la mia via, ricca di ostacoli ma che ti porterà alla meta, non perdere tempo, solo io posso esserti d’aiuto mortale >>.

Ascoltai anche la seconda anima:
<< L’anima nobile che alberga in te saprà riconoscere i truffatori, perciò ti invito a scegliere la via dell’impavido, un cuore indomito come il tuo saprà che è la scelta esatta, non ascoltare chi vuole trascinarti verso morte certa >>.

Mi accostai quindi alla terza anima:
<< Non c’è ragione perché io ti menta, l’unica cosa che mi preme è evitare che anche tu marcisca in questo luogo desolato; la via del saggio nasconde l’unica certezza che ti è rimasta, la via d’uscita è da questa parte, non dar adito alle parole di quelle anime, hanno perso la retta via dopo essere state trasportate su questo rivo del fiume >>.

Infine raggiunsi l’ultima anima sull’estrema sinistra:
<< Non dare ascolto a quei tre mentitori, ben fatto ragazza hai raggiunto il crocevia, scegliendo la via del virtuoso raggiungerai il luogo del fato, non posso assicurarti che troverai la salvezza ma per lo meno, raggiungerai l’unico luogo di speranza in questo mondo ultraterreno >>.

Riflettei a lungo prima di fare la mia scelta:
La via dell’eretico, dell’impavido, del saggio e del virtuoso …

<< Quest’oggi mi sento di trasgredire un po’ >> dissi prima di avvicinarmi alla strada che ritenevo fosse quella giusta.
L’anima si spostò lasciandomi libero il passaggio, era così buia che dovetti accendere un bengala, fortunatamente durante il percorso non incontrai trappole, sarebbe stato pressoché impossibile superarle con l’ unica luce del piccolo strumento.

Svoltai l’ultima curva quando rimasi abbagliata da un fascio di luce potentissima, mi riparai gli occhi con le braccia, solo quando mi abituai al nuovo ambiente, li scoprii.
Mi ritrovai sull’ingresso di un’enorme stanza, illuminata da grossi lucernari e da un fuoco che scoppiettava al centro esatto di quella che, presumibilmente, era la sala del concilio dei Signori di Xibalba.

Varcata la soglia, la porta si chiuse alle mie spalle, impossibilitandomi la fuga.
Dando una rapida occhiata in giro fui assalita dal panico più totale, non avevo la minima idea su cosa fare per superare l’ennesimo ostacolo, questa volta la prova faceva paura, per la prima volta temetti seriamente di rimanere bloccata negli inferi in eterno. Presi però coraggio e mi avvicinai al fuoco che scoppiettava al centro del salone.

...TO BE CONTINUED...

Serenity 92



SALVEEEEEEEEEEEEEEE: ho aggiornato, ebbene si ce l'ho fatta.
Premetto che, anche se è un capitolo lungo, non mi piace più di tanto...
Ci ho messo una vita a scriverlo anche per questa ragione, lo trovo molto meno scorrevole degli altri eppure rileggendolo, non sono riuscita a migliorarlo più di tanto.
Vabbeh dai una volta può capitare ... (auto convinciamoci) 
Comuque vi lascio un piccolo quiz:
Quale strada avrà scelto Lara? nel testo non l'ho specificata apposta, fatemi sapere quale secondo voi è la via giusta e per quale ragione, darò la soluzione nel prossimo capitolo.
Vi ricordo che dovete scegliere tra queste 4 vie:
- eretico,
-impavido,
-saggio.
virtuoso.
Una sola via è quella corretta... vi lancio il mio guanto di sfida!
UN BACIONE!

  
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