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Autore: Koori_chan    02/02/2012    2 recensioni
Beatrice Portinari è una fanciulla giovane, testarda e romantica, che passa i suoi giorni a fantasticare sul famoso Dante Alighieri, il ragazzo che da qualche tempo a questa parte le dedica stupende poesie.
Nessuno sembra capire l'importanza che quei versi hanno per lei, tutta Firenze sembra voler ostacolare il sentimento di affetto e amicizia che sogna di veder nascere fra lei e lo stilnovista.
Ma qualcosa è in procinto di cambiare...
//Era di parole e non d’argento il suo tesoro.
Poesie. Poesie solo per lei.
Qualcuno le dedicava poesie...//
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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_Davvero, per Sempre_




La carta scricchiolava il suo dolore fra le fiamme stridenti del caminetto. Lingue di fuoco alte e sottili lambivano la pietra incandescente, i ciocchi di legno schioccavano sbriciolandosi in cenere.
Le parole vergate con precisione e dolcezza si accartocciavano in fuga dal calore, annerendosi lentamente.
La stanza era vuota, adesso.
Il grande tavolo di legno era stato sparecchiato rapidamente e tutto sembrava giacere in una pace divina. Eppure bastava osservare con attenzione per notare una piccola macchia rossastra proprio ai piedi del tavolo e le carte che bruciavano lente nel caminetto, indovinando quindi cosa potesse essere successo.
Era raro che Messer Portinari alzasse a voce di fronte alla sua famiglia e in particolare di fronte a Beatrice, che amava più di qualsiasi altra cosa sulla Terra.
L’uomo era solito rivolgersi a lei con dolcezza e affetto, anche se più volte era stato costretto a mostrare la sua ferrea volontà per sedare il carattere impetuoso della figlia.
Era orgoglioso della sua Beatrice: era la ragazza più bella di tutta Firenze, era gentile, posata e intelligente, ma senza che quella sua qualità potesse risultarle scomoda.
Questa era la fanciulla che si mostrava in pubblico, ma appena varcata la soglia di casa sua Beatrice lasciava cadere la maschera, tornando ad essere la solita ragazzina curiosa, testarda e un pochino arrogante.
Ma Messer Portinari non aveva mai avuto modo di lamentarsi di lei, almeno fino al giorno in cui la giovane aveva scoperto di essere stata promessa in sposa ad un uomo che nemmeno conosceva.
- Simone è un uomo ricco ed influente, assicurerà a te e alla tua famiglia un futuro tranquillo! -  aveva cercato di farla ragionare il padre, senza tuttavia ottenere nulla.
Suo malgrado, però, pian piano la giovane Beatrice aveva dovuto piegarsi al volere della famiglia, rinunciando a quell’amore romantico che sognava fin dalla sua infanzia.
Più volte le amiche l’avevano criticata per il suo pensiero frivolo e insensato: cosa poteva sperare di meglio di un banchiere che l’avrebbe sistemata per tutta la vita?
Ma loro non capivano, non si rendevano conto di cosa significasse per lei rinunciare alla libertà, rinunciare a quell’amore vero, forte e sincero per il quale erano morti Paolo e Francesca.
Sì, avrebbe cento volte preferito la morte al piegarsi di fronte ad un uomo che la riteneva solamente un oggetto.
Chiaramente non poteva sapere se Simon de’ Bardi sarebbe stato un marito affettuoso oppure un manigoldo della peggior specie, violento e sempre in cerca di divertimenti, ma sapeva che non le avrebbe mai regalato dei fiori o dedicato poesie.
Già, le poesie… Erano una cosa che Beatrice aveva sempre amato, fin da bambina. Di tutte le arti  era convinta che la scrittura fosse quella che meglio poteva rappresentare l’animo umano. Le parole erano l’unica cosa in grado di cogliere anche il più intimo desiderio, il più recondito timore, la gioia più grande e l’amore più infiammante.
La poesia era la vera lingua dell’amore, dell’anima, della vita.
Le sue amiche sostenevano che la più grande fortuna della sua vita fosse stata essere stata chiesta in moglie da Simon de’ Bardi, lei era convinta si trattasse di altro.
All’inizio erano state solo supposizioni, ma lentamente la sua piccola speranza era diventata una solida realtà.
Parole, parole gentili, parole appassionate, solo parole…
Era di parole e non d’argento il suo tesoro.
Poesie. Poesie solo per lei.
Qualcuno le dedicava poesie.
Era stato difficile poterle leggere, ma tramite qualche aiuto era riuscita a mettere le mani su qualche copia di quelle opere bellissime che, a detta del misterioso autore, lei stessa aveva ispirato.
Durante Alighieri, questo era il suo nome. Ricordava di averlo già sentito, ma non riusciva a collocarlo in un luogo e in un tempo precisi.
Aveva visioni confuse di un bambino dai capelli scuri, la piccola chiesetta sotto casa, uno sguardo profondo e dolce, ma quei ricordi si mescolavano a loro piacimento, creando verità distorte ed ingannevoli…
- Durante Alighieri?! Ma intendi Dante? Quello della corporazione dei farmacisti? – avevano riso le amiche, incredule e un poco maligne.
- Che c’è? Cos’ha che non va? – aveva replicato Beatrice, rossa d’imbarazzo.
Bianca le aveva appoggiato una mano sulla spalla, con fare comprensivo.
- Povera la nostra Bice, non l’ha mica visto in faccia il suo Dantuccio! – e giù a ridere sguaiata, mentre la ragazza sbuffava tenendo le braccia rigide e i pugni serrati lungo il vaporoso abito bianco bordato d’azzurro.
- Insomma! Nessuno ha detto che me lo devo sposare! – aveva esclamato, sulla difensiva.
- E lo credo bene! Bel cavaliere ti saresti scelta! Poi si lamenta di Messer de’ Bardi, che è vecchio… Almeno non ha un’aquila al posto del naso! – era stato il commento sfottente di Agnese.
- Malignità! Dite così perché siete gelose, perché voi poesie non ne ricevete! –
Ma la temeraria osservazione della giovane aveva suscitato un’altra ondata di risate.
- Certo, certo, Bice, hai ragione… -
- Del resto lo dice quella che tanto gentile e tanto onesta pare… - aveva ridacchiato Bianca, calcando bene l’ultima parola.
- Significa “appare”! Non siate volgari! – aveva spiegato Beatrice, ormai sull’orlo della crisi di nervi.
- Ma certo, “appare”… ovvero “sembra, ma non è”! – e ancora a sganasciarsi.
La ragazza, a quel punto, aveva sbottato un “andate al diavolo” carico d’ira ed era scomparsa tra i vicoli di Firenze.
Bianca e Agnese non capivano niente, vedevano tutto sotto un occhio malizioso, quando la poesia di Dante era quanto di più puro ci fosse sulla Terra.
Non vi era malizia nelle sue parole, ma solo purezza. Leggere i suoi testi rendeva l’animo leggero, il cuore felice.
Quello che aveva detto alle ragazze era vero, non avrebbe mai sposato Durante Alighieri, non lo amava e non l’avrebbe mai amato, ma nutriva per lui un affetto tutto particolare, un’ammirazione profonda, una gratitudine infinita.
Era l’unico in grado di farle credere che anche una ragazza scalmanata, testarda e curiosa come lei nascondesse sul serio, oltre alle apparenze convenzionali, un cuore gentile.
Leggendo le poesie di Dante lei sembrava una Regina, una Dea, un Angelo caduto per errore sulla Terra.
Nessuno, nemmeno suo padre, aveva mai pensato per lei parole così dolci, così profonde e così potenti da farla sentire bella davvero.
Sapeva che Dante esagerava, che in realtà lei non era affatto un angelo e che la sua bellezza era uguale a quella di molte altre e sarebbe sfiorita con l’età, ma le piaceva credergli e pensare che i suoi versi potessero rappresentare una Beatrice che lei stessa non era in grado di vedere…
Aveva attraversato tutto il centro della città, aveva svoltato all’angolo della Selva Oscura, l’osteria che avevano appena aperto sulla riva nord e si era ritrovata nel suo posto segreto.
Si trattava di un muretto costruito proprio accanto alle rive dell’Arno, un paio di alberi di melo stendevano i loro rami fin sopra al fiume in una pace idilliaca. Si recava sempre in quel luogo quando era agitata, lo scorrere lento e costante dell’acqua riusciva a calmarla in maniera sorprendente.
Quel giorno però non era stata l’unica a decidere di andare in quel posto celato ai passanti.
C’era qualcuno seduto sul muretto. Era chinato in avanti, sulle ginocchia aveva una sorta di cassetta di legno assicurata alla schiena con una cinghia, come se fosse stata una borsa. In mano stringeva una piuma soffice e candida e sembrava così concentrato da non rendersi  conto della presenza di Beatrice, che stava trattenendo il fiato dall’emozione.
Sapeva chi era quel giovane, lo sapeva perfettamente.
Improvvisamente gli occhi neri del ragazzo si posarono su di lei. Scattò in piedi, balzando giù dal muretto. Una piccola boccetta d’inchiostro cadde a terra, infrangendosi in mille pezzi. La polvere al suolo si tinse di nero, ma nessuno dei due parve farci caso.
- Chiedo scusa, vi ho spaventato… - sussurrò la giovane, facendo un’impercettibile riverenza.
Il ragazzo arrossì, agitando le mani come a voler scacciare quelle assurde scuse.
- Non preoccupatevi, non è niente, Donna Beatrice… -
- Solo Bice, per favore… - sorrise lei, lo sguardo basso per l’imbarazzo.
Ci fu una breve pausa di silenzio, poi la ragazza si decise a prendere la parola.
- Voi siete Durante Alighieri, vero? –
Il poeta annuì e sorrise, felice di essere stato riconosciuto.
- Io… ho letto le vostre poesie, sono veramente fantastiche! – confessò Beatrice con entusiasmo.
La conversazione nacque spontanea,  le parole si riversarono dalle loro anime come un fiume impetuoso. Era tutto perfetto, tutto meraviglioso. Dante era proprio come Beatrice se l’era immaginato: un po’ impacciato nella sua timidezza, ma dolce e intelligente.
Quando le ombre incominciarono ad allungarsi i due convennero che era giunto il momento di separarsi.
- Beatrice! – la chiamò Dante poco prima che la fanciulla scappasse verso casa.
- Potremo rincontrarci, un giorno? –
Lei sorrise radiosa alla speranza nei suoi occhi.
- Certamente. La settimana prossima, stesso luogo e stessa ora! – e scomparve all’angolo della strada.
Fece la strada di casa canticchiando, emozionata dall’incontro avvenuto quel pomeriggio.
Era stato come se si fossero sempre conosciuti, Dante era stato ad ascoltarla e le aveva parlato con gentilezza. Persino quando aveva insultato apertamente Simon de’ Bardi in un piccolo sfogo il poeta non si era scomposto, ma l’aveva invece ripresa con devozione, suggerendole che “certe espressioni non si addicono ad una fanciulla così aggraziata e gentile”. Persino quel piccolo rimprovero divertito le era sembrato miele.
Entrò nel salone dei banchetti con aria sognante, ancora tutta presa dal ricordo dell’incontro con Dante, ma il silenzio tombale disturbato solamente dal crepitio del fuoco la riportò alla realtà con un violento strattone.
Tutta la famiglia era a tavola. I fratelli e le sorelle mangiavano senza alzare gli occhi dal piatto, il che era piuttosto preoccupante data la confusione che solitamente regnava durante i pasti. Ma la cosa che la mise più in allerta fu il volto di suo padre, scuro e teso in una smorfia di rabbia repressa.
- Sei tornata, Beatrice. –
Silenzio. La giovane Portinari riuscì solamente ad annuire, terrorrizzata dal comportamento del padre.
- Credevo di averti insegnato come si sta al mondo, ma evidentemente mi sbagliavo. Non sei altro che una frivola ragazzina senza rispetto né onore! – quell’insulto gratuito la fece arrossire violentemente.
- Non capisco a cosa vi stiate riferendo, padre… -
Solo allora si accorse della scatoletta di legno che l’uomo teneva davanti al piatto.
La sua scatoletta, dove conservava le poesie di Dante.
- Mettiti in testa che ormai non puoi più giocare alla principessina. Tu sposerai Simon de’ Bardi, che ti piaccia o no, e non ammetterò che altri uomini possano dedicarti simili sconciaggini! –
- Ma padre! Sono solamente poesie! Se le leggeste vi rendereste conto che Dante… – ma si pentì immediatamente della sua imprudenza. Messer Portinari balzò in piedi sotto lo sguardo spaventato dei figli, preoccupati per la sorte della loro sorella, il calice di vino che stava sorseggiando cadde a terra macchiando la fredda pietra di rosso.
- Dante? Dunque è Alighieri l’autore di queste disdicevoli… poesie…. – e la sua frase risultò quasi uno sputo schifato.
Beatrice se ne stette in silenzio e a testa bassa, sperando di riuscire a sopportare la strigliata senza compromettere ulteriormente la situazione.
- Ti proibisco di avere ulteriori contatti con quell’uomo. Non azzardarti a rivolgergli mai la parola. Se mai lo incontrerai per strada bada bene di abbassare lo sguardo! Non voglio che di mia figlia si parli come di una cagna in calore! – e così dicendo aprì la scatoletta e prese in mano le meravigliose poesie a cui Beatrice tanto teneva.
Le accartocciò con disprezzo, per poi gettarle fra le fiamme del caminetto.
- No! Non potete, quelle sono mie! – la ragazza si lanciò in avanti nel tentativo di salvare il suo piccolo tesoro, ma il padre la trattenne per le spalle.
- Ti conviene dimenticarlo, Beatrice! Scegli, o lui o il disonore eterno! –
Ignorò le lacrime che facevano capolino dai suoi occhi e strinse i pugni.
- Non mi importa! Dante è migliore di voi e di tutta la famiglia de’ Bardi messi insieme! – gridò, in preda all’ira più profonda.
Con uno strattone si liberò dalla presa del padre e si allontanò a grandi passi, diretta alla sua stanza.
- Vedrai! Anche lui smetterà di infangare il tuo buon nome con quegli stupidi versi, e allora non sarai più tanto spavalda! – le gridò dietro Messer Portinari senza tuttavia ottenere risposta.
Il pasto terminò nel più religioso silenzio, la tavola venne sparecchiata velocemente e la carta rimase a bruciare nel caminetto, sola in quella stanza grande e vuota.

Nei giorni seguenti vi fu un grande spettegolare a Firenze, sembrava che Dante Alighieri avesse improvvisamente cambiato oggetto delle sue attenzioni. Le sue meravigliose poesie non erano più dedicate alla bellissima Beatrice Portinari, ma ad una donna misteriosa e sconosciuta.
D’altro canto sembrava che l’entusiasmo della stessa Beatrice nei confronti del poeta fosse scomparso in fretta e furia.
Non parlava più di poesie né di amore romantico, ma si limitava a occuparsi dei preparativi per il suo matrimonio con Messer de’ Bardi.
Le amiche sostenevano che avesse finalmente messo la testa a posto, dimenticando quelle frivolezze infantili di cui andava sempre farneticando.
Alla fine suo padre l’aveva avuta vinta, come al solito, e la più bella di Firenze aveva dovuto rinunciare alla sua libertà, diventando improvvisamente fredda e distaccata.
Un impietoso Angelo della Morte, che riservava i suoi caldi sorrisi solo a pochi eletti.
Non rivolse mai più la parola a Durante Alighieri, né mai incrociò il suo sguardo.
Volevano che diventasse una docile fanciulla sottomessa? Ce l’avevano fatta. Ma c’era una cosa che non sapevano e alla quale lei si aggrappava con tutte le sue forze.
La poesia era l’unica cosa in grado di rappresentare appieno l’animo umano, di cogliere la vera essenza di ognuno.
Dante era stato in grado di scorgere una Beatrice che nemmeno lei avrebbe mai pensato di vedere.
Nei suoi versi avrebbe potuto finalmente essere se stessa.
Avrebbe potuto sorridere davvero, per sempre.





 

Note


Rieccomi a scrivere sugli eterni personaggi della Divina Commedia. <3

A essere sincera non ho mai apprezzato particolarmente il personaggio di Beatrice. Mi è sempre sembrata una ragazza vanitosa e presuntuosa, e non saprei nemmeno dire perchè.
Ultimamente ho cercato di "capirla" un po' di più e di immaginare come potesse essere la vita di quella ragazzina forse romantica, forse sognatrice, un'adolescente in tempi in cui il libero arbitrio non era nemmeno concepibile.
Una ragazzina abituata a sentirsi elogiare con la stessa falsità dei modi che le venivano imposti e improvvisamente al centro delle attenzioni di uno dei più grandi poeti che l'Italia possa vantare.
Anche qui taaaante licenze poetiche e valanghe di imprecisioni storiche, perchè purtroppo non sono riuscita a documentarmi meglio sulla Bice.
Spero che con questa shot anche la viziatella donna angelicata possa trovare uno spazietto nel vostro cuore...
Dai, non è antipatica come sembra. Del resto tanto gentile e tanto onesta pare! XD

Kisses,
Koori-chan
  
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