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Autore: barelybreathing    02/02/2012    0 recensioni
> Casey prese un lungo respiro e cercò di sistemare i pensieri nella sua testa, prima di continuare la frase. Pensieri che le vorticavano senza sosta, senza senso, bruciando anche il suo ultimo pizzico di ragionevolezza e buon senso.
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Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia suonò per diversi minuti, prima che il sonno sparisse e Casey tornasse alla realtà, accorgendosi poi, troppo tardi, che suonava da mezz'ora interrotta e che era in tremendo ritardo.
Si alzò di corsa, facendo quello che faceva di solito in 20 minuti, in 3 minuti scarsi: ovvero vestirsi, lavare i denti, fare colazione, preparare i libri per la scuola e salutare i suoi genitori. Corse giù per le scale, a due a due, facendo il conto di quanto tempo ci avesse messo. In quel momento avrebbe dato l'anima per qualcosa che fermasse il tempo, o almeno lo rallentasse.
Tirò fuori l'iPod ricoperto di strani stickers dalla borsa e si portò le cuffie alle orecchie, perdendosi dentro canzoni melodiche e subito dopo heavy metal.
Era una ragazza piena di contrasti, e niente del suo aspetto lo faceva presupporre: occhi nocciola, capelli castani, fisico nella norma, sorriso solare.
Eppure Casey non si piaceva per nulla, odiava gli occhi per il colore così comune, i capelli perennemente in disordine. Nulla le piaceva di lei.
Da sopra la musica del suo iPod, al di sopra del rumore della città, una voce urlò il suo nome, una voce che sembrava partire dall'interno della sua testa e la fece rabbrividire. Si tolse una cuffia e invece che guardarsi attorno, alzò il viso e vide sopra di sé una figura nera che si allargava, con tutta l'intenzione di precipitarle addosso. Il terrore l'aveva pietrificata e guardava quello che sembrava un pianoforte caderle in testa. Chiuse gli occhi, aspettando il colpo.
Non arrivò mai, perché qualcosa di rovente le afferrò il polso e l'ultima cosa che Casey vide furono due occhi azzurri come il mare.
 

 
 
Azazel era stufa della noia che c'era da quelle parti, ormai anche il male era diventato monotono. La gente là sotto faceva sempre le stesse cose, mai una pestilenza seria, mai una bella catastrofe naturale; solo malattie, incidenti e monotonia.
Si alzò dal suo inutile trono e decise di divertirsi un po'.
Chiuse gli occhi e quando si degnò di riaprirli si ritrovò davanti a quello che sembrava essere un classico appartamento di Brooklyn.
"Bene, bene.." pensò, vedendo una ragazza uscire di corsa. Vittima individuata, forse poteva farci su un bel patto oppure divertirsi con lei fino a renderla pazza.
La seguì facendo svolazzare la gonna scozzese a ogni passo, quando vide un pianoforte a poca distanza dalla ragazza, in equilibrio precario a metri di altezza.
Bastò uno schiocco di dita e la corda che lo teneva vacillò, per poi spezzarsi. Una morte accidentale e, pensò, quella sarebbe stata solo la prima di molte altre. Si pregustò le lacrime dei famigliari e il dolore per la perdita di quella ragazzina scialba, quando... era un angelo quello?!
Una figura dai capelli dorati tirò la ragazzina per il polso e la strinse a sé.
Un boato divampò sulla strada. Non c'era più traccia del pianoforte a coda, solo legno nero dappertutto.
Azazel si avvicinò indispettita calpestano indifferente il disastro sotto i suoi piedi.
Come poteva un qualunque angelo rovinargli la festa e rendere la sua giornata da pessima a orribile?
<< Tu, stupido id... >> ma la frase si bloccò a metà, i suoni si smorzarono in gola, quando riconobbe chi aveva davanti.
Lui lasciò il polso della ragazza, a cui era rimasto il simbolo che contraddistingueva chi era stato toccato da uno come lui. Sorrise alla possibilità di fare quello che da millenni si programmava, anche se non era lui il diretto interessato, la vendetta sarebbe stata comunque gradevole.
<< Sapevo che era colpa di qualcuno della tua razza, ma mai pensavo saresti stata tu. >> disse solamente, per poi lanciargli la ragazzina tra le mani.
Non ebbe nemmeno il tempo di inorridire davanti al fatto compiuto. L'aveva toccata, ed ora era legata a lei, come lo era anche lui.
<< STUPIDO COGLIONE! >> urlò, notando anche l'altro tatuaggio che si formava sulla spalla della sua ex vittima.
Era insostenibile il sorriso demoniaco che aveva stampato sul viso per essere riuscito a scamparla di nuovo.
E chiamavano lei demone! Ci si era infilato da solo in quel pasticcio e ora ci aveva pure messo dentro lei, che non ne aveva colpe.
<< Attenta a quello che dici Azazel, qualcuno potrebbe sentirti e punirti. >> continuava imperterrito con quel sorriso, come a sottolineare il disprezzo verso i suoi confronti, non ricordandosi che un tempo era come lui: pura, leale e dedita ad eseguire gli ordini.
<< Al diavolo! Ah no, non puoi, tu sei un pennuto di quel vecchio rimbambito. >> lo rimbeccò.
<< Dobbiamo portarla in ospedale. >> disse, riprendendola tra le braccia.
<< Dobbiamo?! Non farò proprio niente! >>
<< È legata anche a te, per quanto tu non lo voglia. >>
<< Vai all'inferno Gabriel. >> sbuffò.
<< Tu ci sei già. >> fu la risposta secca di lui.
Era davvero un casino apocalittico.
 

 
Sentiva dei borbottii sommessi, che la riportarono presto alla realtà. Quando aprì gli occhi vide una figura sfocata che parlava. Strizzò più volte le palpebre per mettere a fuoco il ragazzo seduto alla destra del suo letto. Era uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto in vita sua; il più bello al mondo. Aveva una camicia bianca, un cardigan a quadri azzurro che si intonava perfettamente con il colore dei suoi occhi, azzurri anch'essi, dei pantaloni color kaki e un cappotto nero, che copriva perfettamente le sue spalle possenti.
Battibeccava con una ragazza, così decise di ruotare il viso lentamente per vedere chi era e com'era. Era piccolina, con il viso da bambola di porcellana e due grandissimi occhi verdi smeraldo contornati da matita e eyeliner, i capelli lunghi e rossi legati in due treccine sbarazzine e le labbra erano ricoperte di pesante rossetto rosso. Per quanto riguardava l'abbigliamento… sembrava una Groupie incappata in un concerto punk/rock.
<< Cos'è, l'inferno ti stava stretto? >>  disse il biondo dopo qualche minuto di silenzio.
<< Tu invece che ci facevi dalle mie parti? Questo stato non mi sembra proprio di tua competenza, mi sembra che sia di quel deficiente di Uriel. >> sorrise lei, facendo schioccare le labbra rubino.
<< Bada a come parli, caduta. >> il tono glaciale con cui lo disse cancellò il sorriso della ragazza e fece rabbrividire Casey. Chi erano?
Non riuscì a soffocare un lamento quando cercò di muovere il braccio, facendo girare di scatto i visi dei due.
<< Casey.. >> la voce del ragazzo si fece premurosa  << come ti senti, meglio? >> lei annuì e nello stesso momento la rossa sbuffò.
<< Cos'è successo? >> la testa le rimbombava, quasi come se il cervello premesse per uscire dal cranio. Quando cercò di afferrarsi le tempie con le mani,  si accorse, solo allora, di avere un gesso che partiva dal gomito e arrivava a metà dita, più delle grandi fasciature alla spalla.
Il biondo stava per rispondere, ma venne interrotto dalla voce squillante della piccoletta << Stavo per ucciderti, ma questo ficcanaso qua davanti ha voluto fare il miracolo, si è messo nella merda fino al collo e ci ha fatto finire anche me. Avevo anche l'opportunità di farlo fuori tramite te e invece... >>
Non capiva un tubo, doveva resettare, perché ovviamente quella ragazza stava delirando. Ucciderla? No, no, le stava succedendo altro...stava… ecco! Stava per essere schiacciata da un pianoforte in caduta libera.
E allora perché non era morta? Perché si ritrovava in un letto d'ospedale ingessata e fasciata?
Il ragazzo capì la confusione che provava Casey e cercò di rassicurarla cercando di fare uno dei sorrisi migliori che potesse uscirgli in una situazione del genere.
<< È colpa tua, è sempre stata colpa vostra, e hai trovato il modo di fregarmi! Non siete per nulla affidabili come si dice, tradireste pure vostro fratello per i vostri sporchi affari. >> sbraitò, in preda alla collera, la rossa.
<< Non è colpa mia se siete caduti, non è colpa mia se tu sei caduta. Fatti un esame di coscienza. >> la contraddì  con il suo tono pacato.
Casey ci capiva sempre meno, più andava avanti la discussione, più si ritrovava piena di dubbi e di domande. Caduti?
<< Perché sono qui? >> chiese con un filo di voce, incerta quasi a spiccicar parola; se aveva paura che la rossa potesse incenerirla con quegli occhi dalle sopracciglia aggrottate, ancora di più ne aveva di quel ragazzo dallo sguardo penetrante che sembrava scrutare la sua anima quando la fissava nelle iridi.
<< Che domande del cazzo che fai sfigatella. >> un ghigno comparì sul suo viso e la guardò sprezzante.
A Casey iniziò a ribollire il sangue nelle vene, se solo avesse potuto alzarsi da quel letto le avrebbe tolto quel sorrisetto dalla faccia in un lampo...
<< Ah! Odio… >> si avvicinò con uno strano luccichio negli occhi << questo sentimento mi piace, forse potrei ricredermi su di te… >>
Era strana, davvero strana: l'angolo della bocca tirato in un sorriso malato, gli occhi che brillavano di pura follia, i capelli scarlatti per quanto fosse strano, sembravano essere diventati ancora più accesi.
<< Io non so chi voi siate... >> Casey prese un lungo respiro e cercò di sistemare i pensieri nella sua testa, prima di continuare la frase. Pensieri che le vorticavano senza sosta, senza senso, bruciando anche il suo ultimo pizzico di ragionevolezza e buon senso.
<< Ma volete dirmi come e perché sono finita qui? E voi cosa siete? >>
I due si lanciarono uno sguardo indecifrabile ma la loro rassegnazione si palpava.
<< Io sono Azazel, demone dell'inferno e angelo caduto. >> disse, con il tono di un conduttore che presenta la star del momento, pieno d’euforia.
<< Io invece sono Gabriel, terzo Arcangelo, e sono diventato il tuo angelo custode. >> terminò con il tono esalante di chi era costretto, come da un contratto, a dirlo.
<< E io tuo demone tentatore, pronto a portarti sulla via della perdizione. >> l'angolo della sua bocca si storse formando un mezzo sorriso, tirato e obbligato.
Si mise a ridere, perché ovviamente la stavano prendendo in giro. Smise subito però, perché i due avevano la medesima espressione afflitta e nello stesso tempo seria.
<< Non è possibile... >> sussurrò, con un filo di voce.
<< Te lo dimostreremo. >> e prima che potesse obbiettare, i due sparirono nello stesso istante, anticipando di pochi secondi l'infermiera che entrava.
Si stropicciò gli occhi con il dorso della mano sana; sicuramente si era sognato tutto.




  
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