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Autore: giulina    02/02/2012    9 recensioni
Una Fiat 126 rossa fiammante viaggia sulle strade assolate della Puglia.
Pietro guida con la sigaretta penzoloni dalle labbra e la camicia bianca a maniche lunghe appiccicata al corpo sudato.
Lui odia essere sudato.
Martina, invece, ascolta un brano dei Placebo mentre si lega i capelli rossi in una treccia, i piedi scalzi appoggiati al cruscotto che sfiorano appena il parabrezza lucido.
La cavigliera che circonda una caviglia sottile, tintinna al ritmo della canzone.
Pietro odia quel rumore.
Nessuno direbbe che sono migliori amici, eppure, lo sono.
In un modo tutto loro, naturalmente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La neve ispira, c'è poco da fare.

E mi ha ispirato anche questo capitolo che spero vi farà ridere come ho riso io scrivendolo.

Ancora tantissime grazie per le letture e le recensioni, sono ancora sopresa per la vostra accoglienza!

Buona lettura,

Giulia.

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Banner realizzato dalla gentilissima Giulia.

Giù, ancora tantissime grazie <3

 

                                     

 

 

 

 

 

 

 

12 luglio 2011.

 

 

 

 A Martina piacevano i Led Zeppelin, a Pietro Francesco De Gregori.

A Martina piaceva tenere il finestrino completamente aperto così che i suoi capelli sciolti si potessero scompigliare liberamente; Pietro li teneva entrambi sigillati per paura, essendo di salute cagionevole, di prendersi il solito noioso raffreddore che durava per settimane.

Piaceva ballare, a Martina, scatenarsi sullo stretto sedile di pelle e battere sul cruscotto i piedi scalzi al ritmo della canzone che risuonava in tutto l'abitacolo.

Pietro odiava quando la ragazza si scatenava in quel modo, nemmeno fosse ad un concerto dei Metallica, ed ogni due per tre le staccava i piedi dal cruscotto e glieli faceva posare di nuovo sul tappetino.

Lei sbuffava, si appoggiava con la testa al finestrino osservando la campagna intorno a loro e appena sentiva le note di una canzone che le piaceva, ricominciava ad agitarsi come in preda ad un attacco epilettico.

Pietro non ce la faceva più.

Il povero Massimo, sdraiato sui sedili posteriori, sembrava più umano di lei. Abbaiava solo di tanto in tanto quando la macchina rallentava in prossimità dei segnalatori della velocità.

Martina aveva spiegato al ragazzo che 'Lui adora la velocità. Diventa violento quando si va piano'.

Quindi se lui non avesse guidato in stile Michael Schumacher, gli avrebbe azzannato un braccio?

I primi trenta minuti di viaggio sulla A14 Bologna-Bari erano andati più o meno così.

Pietro sentiva la camicia bianca appiccicata alla sua pelle sudata ed il volante sotto le sue dita bruciare per il sole che filtrava dentro l'auto come se non ci fosse stato un parabrezza.

La voce stonata di Martina al suo fianco, inoltre, aumentava il mal di testa che, era certo, sarebbe scoppiato da un momento all'altro.

-Quand'è il funerale?-

-Tra due giorni. Scusa, ma non hai detto che quella donna ha chiamato anche te?- Le aveva chiesto, mentre superava un'utilitaria cambiando marcia.

Pietro non era stato il solo a ricevere quella chiamata senza senso in piena notte. Era stata chiamata anche Martina ma lei non ne era rimasta scalfita più di tanto. Si era molto dispiaciuta per Camillo, quello sì.

-Sì, ma in quel momento stavo infornando i miei Cupcakes, quindi ero parecchio distratta. Lo sai che bisogna stare attenti che non si sgonfino-

-E certo. Lei ti parla di un funerale e tu cucini-

-Non stavo cucinando ma infornando, due concetti diversi-

-Sei una persona insensibile-

-Giusto, te scommetto non c'avrai dormito la notte e ti sarai dovuto prendere dodici camomille- Gli aveva risposto seccata, volgendo lo sguardo alla sua destra e incrociando le braccia sotto al seno. Martina era una persona estremamente permalosa. Soprattutto quando a criticarla era proprio Pietro.

-Due camomille, per la precisione, e poi non è colpa mia se sono una persona che si agita facilmente..-

-Tu vai nel panico, è diverso da agitarsi-

-...e scusa se non sono menefreghista come te!-

Martina si era improvvisamente girata verso di lui con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta dallo stupore per la sua affermazione.

-Io menefreghista?!-

-No, parlavo di Massimo-

-Io menefreghista, Pietro?! Tuo cugino Salvatore l'altr'anno si è fracassato il coccige sciando in Trentino e tu l'unica cosa che sei stato in grado di dirgli quando sei andato a trovarlo in ospedale è stato 'Il tuo soprannome del liceo “chiappe d'oro” mi sa che non è più valido, non è vero Sasà?'-

-Lo sai che odio mio cugino-

Le aveva risposto piccato, gettandole un'occhiata di puro astio.

Camillo, oh caro Camillo, spero ci sia spazio nella tua bara perché probabilmente avrai compagnia.

Martina si era ammutolita subito dopo per non voler peggiorare la situazione già precaria tra loro, ma non aveva mancato di fargli la linguaccia, che era stata ricambiata dal ragazzo, e alzare il dito medio nella sua direzione.

Due bambini.

Si era allora sistemata meglio sul sedile, allungando le gambe sul cruscotto ed appoggiandosi al poggiatesta del sedile. Gli occhi socchiusi che studiavano cosa la circondava come se fosse stata sconosciuta a quei luoghi.

La strada asfaltata su cui la mitica Fiat 126 rossa si stava muovendo, era deserta. Solo lei, su quel percorso di cui non si vedeva la fine.

Si trovava al centro di campi di grano sterminati, dove il nulla predominava. Chilometri e chilometri di spighe d'oro che si muovevano seguendo il vento che li sfiorava e si infiltrava fin dentro la terra secca.

Colline verdi come oasi nel deserto ed alberi come sopravvissuti coraggiosi a quel caldo afoso che ti toglieva anche la voglia di pensare coerentemente.

Stradine solitarie, quasi invisibili, tagliavano quei terreni di nessuno, come se fossero state tracciate con riga e squadra. Così precise, senza imperfezioni.

Un campo di girasoli di un giallo così forte che faceva male agli occhi. Erano tutti rivolti verso il sole come se fosse il loro grande amore, mentre pochi erano ancora chiusi in se stessi.

Martina pensò che fossero soltanto timidi.

Un Tir bianco e rosso li superò rompendo per un attimo l'attenta osservazione della ragazza.

All'improvviso, sentì la mano di Pietro sulla sua fronte che le spostava dei ciuffi di capelli rossi che le erano finiti davanti agli occhi.

Le sue mani erano fredde quasi da sembrare irreali. Martina non le aveva mai sentite calde.

Chiuse pigramente gli occhi e si lasciò rinfrescare dal suo tocco gentile.

Quello era il suo modo di chiederle scusa.

Alla radio partì l'ultimo successo di Vasco Rossi. Pietro cambiò stazione e si sintonizzò su una di grandi successi anni '60.

Quel gesto significava che pace era stata fatta.

Lui d'altronde lo sapeva bene, quanto lei odiasse Vasco Rossi.

 

 

 

 

 

 

 

23 marzo 2006.

 

 

Pietro e Martina quell'anno avevano soltanto vent'anni: i soliti problemi con l'università, lavoretti saltuari come baby sitter e un padre petulante a causa della prostata infiammata, per lei; dolce far nulla e problemi con l'università e con il gentil sesso, per lui.

Riuscivano a vedersi soltanto il sabato sera quando loro ed altri amici, conosciuti chissà quando e dove, si riunivano per qualche bevuta al solito pub nel centro.

Anche se non si vedevano spesso, Pietro e Martina erano sempre loro: dei rompicoglioni assurdi quando iniziavano a litigare e incredibilmente melensi quando facevano la pace.

Due migliori amici come loro, nessuno li aveva mai visti.

Quella famosa sera del 23 marzo era il compleanno di Martina e Pietro aveva deciso di farle una sorpresa.

Aveva indossato la camicia azzurra che aveva comprato in saldo qualche giorno prima, rasato la barba, pulito la macchina come se non fosse già stata pulita e alle sette e dodici minuti era sotto casa della ragazza.

Martina abitava da sola in un piccolo bilocale il cui affitto era pagato dal padre che non vedeva da mesi e che probabilmente si era trasferito in qualche paesino sperduto del mondo.

Era terribilmente disordinato come appartamento e Pietro non si trovava affatto a suo agio in tutta quella confusione; lui, un ragazzo così preciso e ordinato.

Le aveva dato il suo regalo di compleanno appena usciti dal portone del palazzo, davanti alla sua macchina. Lei sembrava così emozionata.

Pietro gongolava di già, sapendo la faccia stupita che avrebbe fatto lei.

E infatti la fece una faccia stupita, ma che dico, era esterrefatta!

-SEI UN EMERITO IDIOTA!!- Gli aveva urlato a due centimetri dall'orecchio rischiando di farlo diventare sordo come suo nonno Alfonso.

Lui era rimasto senza parole, completamente sbalordito. Quello era il suo modo di ringraziarlo?

-Ma.. ma, tu ami Rossi!-

-Valentino, imbecille, Valentino ROSSI!-

Gli aveva risposto mentre sbatteva un pugno sul finestrino della mitica, forse un po' meno mitica dopo quel pugno, Fiat rossa 126, inclinando il vetro che dopo pochi giorni si sfece in mille pezzi quando il ragazzo entrò in una buca.

Quella sera, Pietro aveva imparato che era molto pericoloso non ascoltare una donna, ma soprattutto, che Martina odiava Vasco Rossi.

Al concerto ci andarono ugualmente eh! Lui aveva speso ben 129 euro per quei maledetti posti vicino al palco e nessuno l'avrebbe fermato dal cantare a squarciagola 'Vita Spericolata'.

Perché a lui, dopotutto, Vasco Rossi non faceva poi così tanto schifo.

 

 

 

 

 

 

 

12 luglio 2011.

 

 

 

 -Tra quanto dovremmo arrivare?

-Sei, sette ore penso-

-La sai la strada?-

-Certo! Ci dovrebbe essere una mappa stradale proprio nei sedili poster...MASSIMO!-

Il cucciolo di 35 kg, aveva alzato la testa sentendosi chiamare in causa, con il pezzo di carta che rappresentava la regione Lazio ficcato per metà nella sua bocca.

Si poteva intravedere un pezzo delle Marche sotto la sua zampa destra e la Sicilia e Basilicata sul tappetino nero.

La Toscana, molto probabilmente, era già nel suo enorme stomaco.

Bene, erano ufficialmente nella merda.

 

 

 

   
 
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