Storie originali
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Autore: laolga    02/02/2012    0 recensioni
c'è la pioggia, c'è una coppia, la loro macchina fiammante, il duomo, la vecchiaccia con i piccioni, Achille e i suoi riccioli neri, suo padre. Poi c'è la storia, una storia VERA...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ACHILLE

La pioggia batteva incessante sulle tapparelle, il vento ululava tra i comignoli dei palazzi e nelle strade di fango le carrozze sguazzavano nelle pozzanghere. Qualcuno gridava parole incomprensibili nel frastuono del traffico cittadino, la gente correva per le vie coprendosi il capo con quel che trovava: giornali, borse, giacche, stracci o semplicemente con le mani, ma niente di ciò sembrava impedire all'acqua gelida di inzuppare ogni cosa incontrasse.

Al terzo piano di un condominio, un uomo sulla trentina fumava un sigaro osservando le gocce ricorrersi impazzite sul vetro della finestra, seduto sul bracciolo di una poltrona in pelle e con un lungo cappotto pesante tra le braccia. Sembrava attendere con ansia qualcosa, e picchiettava nervosamente il tacco di un piede sul parquet producendo un rumore secco e fastidioso.

“Ne hai ancora per molto?”, una voce squillante lo fece trasalire e poco ci mancò che il sigaro, in precario equilibrio sulle sue labbra, non gli scivolasse.

Era comparsa una giovane donna bionda che, attraversata la stanza, si era fermata davanti ad uno specchio ovale all'ingresso e si stava mettendo due perle alle orecchie, lo sguardo concentrato e la fronte corrugata.

“E tu? Sarà un quarto d'ora che son pronto, io!”

I due si scambiarono un'occhiataccia attraverso il riflesso dello specchio e poi tornarono l'una ai suoi orecchini e l'altro al suo picchiettio.

Quando uscirono in strada, camminando stretti nelle loro giacche, raggiunsero un'auto lucida dalla pioggia, invidia di tutto il vicinato, e vi entrarono con fretta stizzosa.

Nel frattempo, qualche isolato più in là, sotto i portici del Duomo, al riparo con una vecchia mendicante e dei piccioni, colto impreparato dal tempaccio nell'andare a trovare il suo babbo, c'era un bambino dai ricci neri. Si chiamava Achille, ed era proprio un bel bimbo: aveva il visetto tondo, le guance arrossate, la boccuccia sempre sorridente e due grandi occhi verdi pieni di spirito.

Stava aggrappato alla veste cenciosa della vecchiaccia, spaventato dalle folate di vento e dai tuoni, e piangeva sommessamente tirando su col naso di tanto in tanto. La mendicante, stanca ed ammalata, gli dava colpetti sulle spalle un po' per rincuorarlo, un po' per cacciarlo via.

Stettero lì fermi ancora qualche momento, poi la nonnetta si decise e con una pedata spinse via Achille, che cominciò a piangere più forte, la bocca spalancata e le braccia aperte in gesto di teatrale disperazione. Sentendosi rivolgere brutti improperi, il bimbo, decidendo che la vecchia fosse anche più spaventosa del temporale, tacque e, lanciatale un'ultima occhiata offesa, corse via attraversando in lacrime e sotto la pioggia la piazza, avvicinandosi sempre più al caffè dove il suo bravo papà si stava intrattenendo per lavoro con un collega.

Ancora pochi passi e l'avrebbe raggiunto, si sarebbe fatto coccolare e asciugare, poi magari gli avrebbero regalato qualche leccornia di consolazione e tutto sarebbe finito per il meglio, se non fosse accaduto che, proprio in quel preciso istante, il giovane uomo con la sua bella compagna dagli orecchini di perla, troppo nervoso e in ritardo per fare attenzione, sfrecciò a tutta velocità davanti al caffè di piazza Duomo, travolgendo Achille e le sue lacrime.

 

Una folla di persone si precipitò fuori dai propri ripari per vedere cosa fosse successo, qualcuno chiamò un'ambulanza, e persino la vecchiaccia accorse zoppicando e si commosse nel vedere la manina del bimbetto spuntare da dietro una ruota dell'auto luccicante. Presto la gente cominciò a gridare una sull'altra, chi sostenendo che si trattava di un incidente voluto da Dio e che, sebbene fosse una terribile disgrazia, non ci si poteva far nulla, chi accusando la guida spericolata della coppia con l'auto; e il babbo di Achille, uscito dal caffè col collega, senza neppure avvicinarsi troppo a guardare l'accaduto, restò da parte scuotendo il capo contrariato: “Ma che guida spericolata e omicidio colposo!” gridava sovrastando gli altri col suo vocione, “Qui si tratta di un pazzo che sbuca dal niente in una strada, per di più correndo e nella pioggia!”, e poi, rincuorando il trentenne col sigaro in bocca: “stia col cuore in pace, non è colpa sua, vedrà che non le diranno niente...”.

Gli dissero solo in un secondo momento che quei calzoncini di velluto verde, quel sangue nero che impregnava la piazza, quella manina livida che pure la nonnetta aveva riconosciuto, erano di Achille, il suo bel bambino con i ricci neri.

   
 
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