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Autore: Paramour_    02/02/2012    4 recensioni
Ispirata dalla leggandaria sfida alla Dalton sulle note di Smooth Criminal. AU in cui Santana è un poliziotto sposata con Brittany e con due figlie - Sugar e Annie - e Sebastian è la sua nemesi.
In quel momento, tuttavia, il desiderio di uccidere Smythe la travolse come una cascata. Prese possesso dei suoi sensi e la spinse a spingere il grilletto. E come sempre quando lo faceva, il tempo sembrò curvarsi intorno alla pallottola, assumendo una consistenza molle e viscida e permettendole di osservare al rallentatore l’impatto che il proiettile ebbe sul corpo di Smythe. L’aveva preso al cuore, il bastardo. Santana provò per un secondo una gioia selvaggia, che scoppiò come una bolla quando vide la figlia per terra inerme.
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Smythe | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Titolo: Annie, are you okay?

Personaggi: Santana Lopez-Pierce, Brittany Lopez-Pierce, Sugar Motta come Sugar Lopez-Pierce e Annie Lopez-Pierce.

Avvertimenti: AU, non per stomaci delicati, One-shot.

Rating: PG13/Arancione

Disclaimer: Glee non è mio, ma se lo fosse Santana e Brittany sarebbero più importanti di Rachel e Finn. Da questi vaneggiamenti non guadagno un centesimo.

NdA: Sì, Sugar Motta è la figlia di Santana e Brittany venuta dal futuro, e nessuno mi convincerà del contrario (e Harmony è la Fababy ò.ò). Naya Rivera uccide in questa canzone e odio il Sebtana :D. Godetevi lo sclero che segue.

 

«Annie, are you ok?»

 

La vita, da poliziotto, era una merda. Orari impossibili, superiori stronzi con cui combattere ogni giorno e noiosissimi verbali da compilare dopo ogni operazione, senza contare il dover rischiare faccia e vita quasi ogni giorno. Aveva collezionato più occhi neri di un pugile professionista e aveva abbastanza cicatrici da far invidia a un domatore di leoni. C’erano momenti, tuttavia, in cui ringraziava chiunque fosse lassù di possedere una pistola e, soprattutto, un fottuto porto d’armi per usarla.

Come quella sera.

La porta era aperta. E non era questo che l’aveva allarmata: se qualcosa poteva essere chiusa, Brittany l’avrebbe lasciata aperta, che si fosse trattato di barattoli o portoni. Era sempre toccato a Santana ovviare alla sua mancanza, ma ormai c’era talmente abituata che non le pesava neanche. Quello che l’allarmò, quella sera, fu l’assenza degli acuti stonati di Sugar. In genere a quell’ora della sera nel suo appartamento c’era un gran casino – casino mai confermato da sua moglie o dalle sue figlie, ma ampiamente lamentato dai vicini – di strumenti e di voci. In genere Annie si metteva al violoncello e improvvisava qualche melodia o ripeteva Bach, Sugar tentava invano di raggiungere il fa alto di Defying Gravity – non avrebbe mai più permesso a Berry di parlare con sua figlia – e Brittany le osservava in silenzio, talvolta facendo commenti incoraggianti oppure sistemando la sua collezione di soprammobili in ceramica a forma di papera. In sostanza occupavano allegramente il tempo aspettando che Santana tornasse dal lavoro.

Niente di questo c’era quella sera. E il rendersene conto le fece mancare un battito.

Tirò fuori la pistola e aprì lentamente la porta, imprecando fra i denti quando questa emise un leggero cigolio. Sperò vivamente che non avesse rivelato la sua presenza.

La cucina era un bordello: le sedie rovesciate, i piatti a terra, rotti. Ma, da quello che poteva vedere attraverso la porta del soggiorno aperta, il resto della casa era ridotta anche peggio. Il violoncello di Annie era a terra, le corde spezzate e la tastiera a pezzi. I soprammobili di Brittany erano sparsi a terra, alcuni mancanti di un’ala, altri decapitati.

Sentì un rumore proveniente dalla camera da letto e, tenendo la pistola ben alta, si accinse ad attraversa il soggiorno. Sentiva il cuore batterle forte in gola e il sangue pulsare alla testa, come un sordo e costante rumore che ovattava tutto intorno. Non era mai stata così nervosa, neanche durante i pattugliamenti al Bronx con Puck e Sam, e per essere calmi con quell’idiota di Puck alla guida era necessaria una grande tempra morale. Prese un profondo respiro per impedire alla sue mani di tremare ed entro nel corridoio buio.

Smythe. Quel fottuto stronzo di Sebastian Smythe era in casa sua. E sua figlia Annie, di appena otto anni, era a terra. Una macchia scura che si allargava sinistra sul tappeto.

Santana aveva ucciso due persone in vita sua. La prima appena due mesi dopo il matrimonio con Brittany: era stata una nelle nottate peggiori della sua vita. Non poteva chiudere gli occhi senza che l’immagine della pallottola che raggiungeva l’uomo e esplodeva quasi in schizzi di sangue le apparisse davanti. Aveva passato la notte abbracciata a Brittany, a occhi sbarrati e fissi sulla parete bianca. Sua moglie non aveva detto niente, e Santana le era stata grata per questo. Quando poi Brittany aveva dovuto lasciarla per andare alla sua scuola di musica, si era raggomitolata in una coperta che aveva ancora il suo profumo e, in stato quasi vegetativo, aveva lasciato che le immagini proiettate dalla televisione le scorressero davanti agli occhi senza prestarvi attenzione.

La seconda era stata una donna. Non aveva inferto lei il colpo mortale, era stato Smythe. Era una settimana che giocava a nascondino con la polizia e, quando finalmente erano riusciti a individuarlo in un fottuto edificio abbandonato da Dio, aveva scoperto che aveva un ostaggio. Non era riuscita a salvarla: Smythe l’aveva accoltellata appena prima di fuggire, con un ghigno strafottente e uno sguardo sprezzante, proprio davanti a lei. Non aveva avuto il coraggio di guardare il padre della donna negli occhi il giorno dopo.

In quel momento, tuttavia, il desiderio di uccidere Smythe la travolse come una cascata. Prese possesso dei suoi sensi e la spinse a spingere il grilletto. E come sempre quando lo faceva, il tempo sembrò curvarsi intorno alla pallottola, assumendo una consistenza molle e viscida e permettendole di osservare al rallentatore l’impatto che il proiettile ebbe sul corpo di Smythe. L’aveva preso al cuore, il bastardo. Santana provò per un secondo una gioia selvaggia, che scoppiò come una bolla quando vide la figlia per terra inerme.

«Annie! Annie, amore, stai bene?» non poté impedirsi di urlare preoccupata, scuotendo lievemente il corpo della bambina. Il suo cuore batteva rapido come quello di un uccellino, ma il respiro era affannoso come mai l’aveva sentito. La prese delicatamente in braccio e, ancora oggi non se ne capacitava, guidò come una pazza fino all’ospedale.

Era ancora scossa quando Sugar e Brittany l’avevano raggiunta nella sala d’aspetto. Erano andata a prendere la pizza e avevano lasciato Annie da sola. Sapeva che avrebbe dovuto essere arrabbiata, ma in quel momento riuscì solo ad abbracciarle più forte che poteva.

«Annie sta bene?» avevano chiesto, entrambe con voce tremante.

«Non lo so.»

   
 
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