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Autore: Rebl_fleur    03/02/2012    9 recensioni
Matt Jeevas era un giovane fotografo 26enne. Grazie al suo talento era riuscito a entrare in fretta nel complicato settore della moda e realizzava servizi fotografici per stilisti, pubblicità e riviste. Era alto, con un bel fisico; capelli ramati che la gente usava definire 'rossi' e grandi occhi verdi e luminosi: spesso e volentieri passava anche lui per un modello. Attualmente lavorava per Elle in California; viveva in un comodo appartamento in una zona centrale di Los Angeles e frequentava la famosa attrice e modella Misa Amane. Tutto nella sua vita sembrava perfetto..
Matt notò con sua grande sorpresa che il ragazzo alto con il caschetto biondo e gli occhi glacialmente azzurri che corrispondeva al nome di Mihael Keehl non aveva aperto bocca per tutto il tempo. Lo osservò, curioso: ora che non aveva più la camicia semiaperta da boscaiolo e i jeans larghi, indossava un completo di pelle nera attillata e se ne stava sulle sue a braccia conserte. [..] Decisamente, il lavoro di modello gli calzava perfettamente.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Matt, Mello, Un po' tutti | Coppie: Matt/Mello, Matt/Misa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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you didn't know



Alla decima telefonata del mattino, Matt alzò gli occhi al cielo, seccato. In un solo fluido movimento raccattò il cellulare dal pavimento, che era caduto a causa della forte vibrazione, e premette deciso il tasto di accensione, fissando lo schermo torvo fin quando non divenne completamente bianco e poi si spense. Sbuffò, lasciandolo cadere sul lenzuolo morbido.
Ignorò il senso di colpa e riprese a infilare i vestiti che aveva disposto sul letto nella valigia. 
Il problema-Misa stava diventando sempre più pressante, il che gli ricordava anche l'altro problema, quello che non si faceva vivo da una settimana. 
Aveva smesso di preoccuparsi di Mihael, resosi conto che gli faceva solo male, ma non poteva tralasciare anche Misa. Con lei ancora non aveva parlato, e presto era certo che si sarebbe stufata di telefonargli invano e si sarebbe direttamente presentata a casa sua alla ricerca di spiegazioni. 
Era così ovvio che un brivido gli percorse la spina dorsale. 
Per fortuna, la sua imminente partenza lo avrebbe salvato. Momentaneamente
A questo si sentì leggermente rincuorato, e sorrise ringraziando -ancora- il cielo per avergli mandato Emily: grazie a lei e al nuovo incarico che gli aveva affidato, l'indomani sarebbe partito alla volta della Florida e avrebbe potuto lasciare -momentaneamente, accidenti!- tutti i suoi drammi esistenziali in California. E durante la sua settimana di soggiorno era certo avrebbe avuto tutto il tempo di pensare a come chiarire le cose. 
L'ideale per affrontare un problema - si disse - era prendere le distanze da esso per poterlo analizzare in modo più oggettivo e trovare così la soluzione più idonea. Quindi, trovandosi dall'altra parte del Paese -era quasi certo fosse una distanza discretamente sufficiente-, sarebbe stato più facile decidere cosa fare: se mettere totalmente da parte Mihael e dimenticarlo (e sembrava così facile a parole e con una settimana in cui non aveva avuto sue notizie!) o arrendersi e andare a parlargli, anche se sarebbe significato fare il suo gioco, e questo proprio non andava bene al suo -seppur scarso- orgoglio. 
Inoltre, come se Mihael non fosse un problema sufficientemente complesso da affrontare, doveva anche riflettere su cosa avrebbe fatto con Misa: era chiaro che non sarebbe rimasto con lei, non tanto perchè aveva scoperto di provare attrazione per un ragazzo, ma piuttosto perchè l'aveva già tradita una volta, e - almeno di questo era sicuro - non provava più alcun interesse nei suoi confronti. 
Il fatto che per la prima volta in un'intera settimana sapesse cosa fare era decisamente positivo, ma ciò non rendeva in alcun modo la situazione più semplice, dato che doveva trovare il modo migliore per dirglielo, soprattutto omettendo la sua sveltina con il biondo. E ancora una volta ringraziò per avere la possibilità di posticipare.
"Fatto", pensò, chiudendo con uno scatto la valigia. Drizzò la schiena e sospirò soddisfatto. 

 
Mihael non sapeva da quanto tempo fosse nella medesima posizione, con gli occhi fissi nello stesso punto. Era sempre stato estremamente iperattivo, restare immobile lo rendeva tremendamente nervoso, come se dal suo camminare avanti e dietro e sbuffare di continuo tanto per fare qualcosa dipendessero le sorti di tutto il mondo. 
Anzi, dell'intero universo
Tra l'altro continuava a scorrere le righe e voltare le pagine, senza capire una parola di quello che stava leggendo. La sua mente gravitava altrove, tanto che, ridestandosi, si accorse che era già la terza volta che rileggeva la stessa frase, e ancora non aveva capito chi avesse detto cosa.
Chiuse il libro e lo lasciò cadere con un tonfo sordo sul divano, alzandosi. Meccanicamente, si avviò spedito in cucina, alla ricerca di un po' di cioccolato.
Aprì distrattamente l'anta, e ciò che vide rasentava lo shock: non c'era assolutamente niente. Il suo cassetto preferito, quello che emetteva sempre un meraviglioso profumo dolce, era desolatamente vuoto. A occhi sgranati, infilò una mano sulla mensola, tastando ogni angolo, scoprendolo completamente vacante.
Non aveva comprato il cioccolato? Era possibile che se ne fosse dimenticato? Lui, Mihael Keehl, che in più di dieci anni non si era mai ritrovato in una situazione del genere, nemmeno durante il periodo di ferragosto, quando la sua scorta si spostava dal cassetto al frigorifero? Stava accadendo davvero?
Ancora scosso, scavò nervosamente nella tasca, estraendo il cellulare. Per fortuna non era ancora orario di chiusura, e anche se proprio non ne aveva voglia, doveva obbligatoriamente uscire, e in fretta.
Non si curò neanche di prendere la giacca, infilò la porta e scese.
Ultimamente era troppo distratto, la situazione peggiorava. Se era davvero arrivato a dimenticarsi di comprare il cioccolato, doveva essere grave.
Cercò di non pensarci mentre, sotto gli occhi sgranati di cassiera e clienti vari, metteva in fila venti tavolette, tutte extrafondenti. Pagò senza incrociare lo sguardo di nessuno, e uscì velocemente, scartando subito la prima tavoletta. Bastò un morso a rilassarlo.
Ormai era una settimana che non vedeva nè sentiva Matt, e visto che la finta indifferenza aveva pietosamente fallito, stava seriamente pensando di passare alla mossa successiva, ovvero fingere di non aver volutamente ignorato il ragazzo per tutto quel tempo e richiamarlo come se nulla fosse accaduto. In genere non era entusiasta di quella mossa, e le poche volte che gli era capitato di doverci arrivare aveva sempre lasciato perdere prima. 
Ma con Matt era diverso. Inconsciamente, lui aveva bisogno di richiamarlo. E al 50%, anche il suo io conscio ne era consapevole, e preoccupato
Putroppo però, era fin troppo bravo a persuadere la propria coscienza, autoconvincendosi che voleva solo confonderlo un altro po', prima di scaricarlo. 
Ciò che accadde al terzo squillo lo paralizzò dalla sorpresa: il cellulare di Matt era spento.
Ancora una volta dovette operare di persuasione per non farsi prendere dall'agitazione. Poteva benissimo essere scarico, oppure Matt stava ignorando le telefonate di qualcun altro. Non era detto che volesse evitare proprio lui
Voltò l'angolo e aprì il portoncino con un gesto carico di stizza, mentre saliva i gradini a falcate, quasi travolgendo una signora che stava scendendo. 
Nei venticinque minuti che passarono dalla prima telefonata, aveva chiamato ben altre tre volte. E il risultato era sempre lo stesso.
Decise di non pensarci più, che stava sprecando fin troppo tempo prezioso appresso a quello scialbo fotografo dai capelli rossi.
Tanto per rilassarsi, decise di farsi un bel bagno caldo e poi di uscire nella caoticità di Los Angeles di sera, anche solo per guardarsi intorno e mangiare un boccone, sebbene non avesse assolutamente fame, con tutto il cioccolato che aveva già ingurgitato.
Appena quaranta minuti dopo era in strada, a bordo della sua motocicletta, che sfrecciava tra le auto e bruciava i semafori gialli. 
Si fermò poco dopo a un bar, ma solo perchè si era stufato di brancolare in giro senza meta. Gli sembrava una cosa stupida.
Il destino era dalla sua parte, quella sera, perchè proprio mentre stava uscendo, dopo aver preso solo un caffè, il suo cellulare squillò.
Si appoggiò alla moto, prima di rispondere.
«Pronto?», disse con noncuranza, cercando di non badare alla reazione del suo stomaco che si era contratto violentamente alla vista del nome lampeggiante sul display.
«Mi cercavi?», chiese la voce di Matt, alterata dal telefono. 
Aveva un tono tranquillo, ma chissà se lo era. Trovare quelle telefonate perse lo aveva confuso non poco, appena dieci minuti prima.
«Uhm, si, mi pare di averti chiamato»
«Strano. Quando ti ho chiamato io qualche giorno fa non hai risposto». 
Matt non aveva intenzione di lasciar correre, soprattutto perchè si era davvero dannato in quei giorni.
«Oh, mi sa che è vero. Mi dispiace», ghignò Mihael, in tono per niente dispiaciuto.
Matt contrasse le labbra, ma non riuscì ad impedirsi di sorridere alla cornetta, nonostante tutto.
«Forse potremmo vederci..», continuò il biondo nello stesso tono di poco prima.
Matt aveva sperato in quella frase. Cercò di tratterene un ghigno vittorioso, mentre con tono incolore mormorò «Io domani parto».
Dall'altra parte, il gelo. Mihael sgranò gli occhi, incredulo.
Lui doveva partire? Per dove? Perchè? Per quanto tempo? Perchè nessuno gli aveva detto niente?
Nascose immediatamente lo sgomento, consapevole che non c'era motivo per la sua reazione, che giudicò immediatamente fin troppo esagerata. Dopotutto, per lui Matt era solo uno spasso, no? Lo aveva sedotto solo per divertimento, e allora perchè era così agitato? Perchè si sentiva così.. strano?
Non poteva farsi sentire così, da lui. Sarebbe stato come concedergli una vittoria gratis, buttando al vento la sua elaborata indifferenza.
«Non lo sapevo».
Si congratulò con sè stesso, per essere riuscito a tenere un tono rilassato, malgrado l'agitazione.
«No, infatti, perchè non mi hai mai risposto, nè telefonato»
Matt sembrava deciso a rinfacciargli tutto, senza timore. Era uno dei tanti sassolini che voleva ardentemente togliersi dalle scarpe, per mettere le cose in chiaro.  
«Già», concesse Mihael, ghignando mentre qualcosa gli si stringeva nel petto. 
Aveva recepito il messaggio, e nonostante avrebbe dovuto sentirsi irato, in realtà era tremendamente affascinato da quel ragazzo, che sembrava non volersi far mettere i piedi in testa per nessun motivo. 
«Allora ciao», cocluse il rosso, riattaccando. 



ndRebl_fleur: Continuo a procedere a rilento, lo so, ma spero che davvero non stia iniziando ad annoiarvi. Soprattutto, la cosa che mi preoccupa di più, è che potreste trovare il finale scialbo, dopo avervi condannate alla lettura di tutti questi capitoli. Chiedo umilmente perdono, mi giustifico dicendo che è comunque la prima long che ho provato a scrivere, e mi sono resa conto che forse non è esattamente il mio forte. Non siamo comunque ancora alla fine, magari accadrà ancora qualcosa, magari riuscirò a sorprendervi, o forse no. Ma adesso non importa. Siete voi giudici, fatemi sapere cosa ne pensate, che mi fa sempre piacere. Probabilmente il capitolo è breve, ma forse è meglio così, preferisco annoiarvi a un po' per volta u__u
Adieu!
xoxo
  
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