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Autore: Settelune    13/09/2006    13 recensioni
Gli occhi del bambino si aprirono, e guardarono Silente con curiosità infantile. Non c'era traccia di paura in quegli occhi castani, con appena qualche bagliore rossastro. Il mago rimase a fissarlo per un istante, poi lo sollevò con tutte le coperte. Il bimbo emise un verso di sorpresa, poi sollevò le manine bianche verso il viso di Silente, evidentemente affascinato dai suoi occhiali a mezzaluna. Moody ridacchiò. "Un marmocchio intraprendente, eh?" Un lieve sorriso apparve sulle labbra di Silente. "Sì, decisamente non è un timido. Come si chiama?" "Lui...lo ha chiamato Salazar." Silente sollevò un sopracciglio. "Salazar Riddle, eh? Avrei dovuto immaginarlo... guarda qui, Alastor." L' Auror si avvicinò per guardare. "Il Marchio Nero..."
Genere: Avventura, Dark, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Arthur Weasley, Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Lucius Malfoy, Molly Weasley, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Peter Minus, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black, Tom Riddle/Voldermort
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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“Non posso credere che sto per farlo davvero” bofonchiò Douglas, guardando l’abito da cerimonia ripiegato sulla sedia con la f

“Non posso credere che sto per farlo davvero” bofonchiò Douglas, guardando l’abito da cerimonia ripiegato sulla sedia con la fronte aggrottata. Mancavano meno di ventiquattro ore al Ballo del Ceppo, e il ragazzo stava prendendo in seria considerazione l’idea di darsi malato: se solo pochi mesi prima qualcuno gli avesse detto che avrebbe partecipato ad un ballo come quello gli avrebbe riso in faccia.

Oppure lo avrebbe fatto ricoverare al San Mungo per disturbi mentali, come i genitori di quell’incapace di Paciok.

 

-E piantala con questa lagna!- sibilò Raksha, comodamente acciambellata sul letto- è la quinta volta che lo ripeti, e francamente mi hai stufato. E’ solo un ballo, mica la tua esecuzione!-

“Una bella esecuzione sarebbe più dignitosa” rispose seccamente Douglas, passandosi una mano fra i capelli “ma perché non l’ho mandata al diavolo, quella stupida ragazzina? Anzi, perché non farlo ora?”

-Forse per comportarti il più possibile da ragazzo ‘normale’…è dall’inizio dell’anno che fai di tutto per conquistare la piena fiducia di Silente e soci- ipotizzò il rettile.

 

Douglas annuì. “Sì” disse, forse un po’ troppo in fretta “sì, certo, è per questo. Si capisce.”

Deglutì, sentendosi la gola secca.

-Tu dici?- fece Raksha, sorniona- io, invece, non credo proprio.-

Douglas sollevò un sopracciglio, soffocando il sussulto che aveva minacciato di scuoterlo. “Ah, no?”

Il suo tono era freddo e distaccato, ma al cobra parve di cogliere una lieve incrinatura nella sua voce…a quanto pareva, non era poi così sicuro delle sue parole.

 

-No. Sei un ragazzo intelligente, Doug, e sotto sotto lo sai anche te che ti stai ripetendo un mucchio di fesserie- il cobra sollevò il busto per guardarlo negli occhi- se tu avessi davvero voluto rifiutare l’invito di quella ‘stupida ragazzina’ lo avresti fatto senza problemi, come con quella smorfiosetta dell’altro giorno. Tu sai benissimo cosa ti sta succedendo. Sai benissimo per quale motivo non hai rifiutato il suo invito. Lo sai, ma non lo vuoi ammettere con te stesso. Vuoi fingere che non sia cambiato  nulla.-

 

Douglas deglutì di nuovo, senza dire nulla. Gli sembrava di avere la gola rivestita di carta vetrata.

-Tu ha finto per tutta la vita, Doug- proseguì il Raksha- sei abile a mentire, e hai finito per fare della menzogna un’arte. Ma mentire con te stesso a questo punto sarebbe deleterio. Ti farebbe soltanto male, e non risolverebbe la tua situazione. Hai una decisione da compiere, ragazzo mio, e per poter decidere devi tenere conto di tutte le implicazioni…inclusa questa.-

 

Douglas si morse un labbro, voltandosi a guardare il cobra. “Ma questo è sbagliato, Raksha. Disastrosamente sbagliato. Non posso permettermi di essere debole.”

-Sbagliato o no, devi innanzitutto prendere atto di come stanno le cose. Ma ricordati che affezionarsi a qualcuno non è una debolezza, Doug.-

“Nel mio caso lo è.”

 

-Non puoi restare da solo per tutta la vita, ragazzo.-

Lo sguardo di Douglas si indurì. “Essere soli significa di non doversi preoccupare per nessuno oltre a sé stessi. Essere soli significa essere più forti.”

-Ma significa anche essere infelici.-

“La felicità” ripetè Douglas, con una smorfia amara sul viso “a cosa serve? E’ ancora più breve ed effimera di una qualunque vita mortale.

-Una vita effimera, forse, ma degna di essere vissuta.-

 

Douglas si sedette sul letto, passandosi una mano sugli occhi. “Vorrei potermi strappare via il cuore dal petto con le mie mani” mormorò alla fine “sarebbe tutto più semplice, e non farebbe così male.

-Fa male perché non vuoi cedere.-

Perché non posso cedere!” esclamò Douglas, tornando ad alzarsi di scatto e cominciando a camminare avanti e indietro per il dormitorio “la vita delle persone ha una fine, Raksha. Che senso ha affezionarsi a qualcuno che prima o poi ti sarà tolto?”

-Doug…-

 

“Quando avrò la vita eterna” proseguì Douglas, interrompendola “non potrò permettermi una debolezza del genere…perché mentre gli altri moriranno, io continuerò a vivere. E se dovessi cedere, se dovessi affezionarmi a chiunque per poi vederlo morire…impazzirei. Semplicemente impazzirei.”

-Non sta scritto da nessuna parte che tu debba per forza ottenere l’immortalità, ragazzo.-

“E invece sì!” quasi urlò Douglas, poi riacquistò il controllo ed abbassò la voce ad un sussurro “perché io non voglio morire. Non voglio morire, e non morirò. Mai. Sono stato chiaro? Mai!”

 

Un silenzio pesante scese nel dormitorio deserto.

-E così- sibilò Raksha- siamo tornati a parlare dell’unica cosa al mondo che possa renderti uno schiavo…la tua stessa paura.-

Douglas rimase immobile qualche istante, il respiro affannoso. “Io non sono uno schiavo” sibilò alla fine, poi si voltò e uscì dal dormitorio.

Rimasta sola, Raksha scosse il capo squamoso.

 

-No, ragazzo, è qui che ti sbagli. Desideri avere la libertà di decidere da solo della tua vita, ma nel frattempo ti appresti ad impostare il tuo futuro sulla base delle tue paure…e questo non significa essere liberi.-

 

 

Ron si rigirò davanti allo specchio, evidentemente soddisfatto dal riflesso.

Decisamente meglio dell’anno scorso” concluse, sistemandosi la giacca dell’abito “con quell’ affare addosso, sembravo mia nonna.”

Harry sogghignò al ricordo e lanciò un’occhiata a Douglas, il quale però sembrava troppo immerso nei propri pensieri per sentire quello che stavano dicendo. Si era vestito senza dire una parola, e non aveva degnato di uno sguardo il proprio riflesso. Harry non potè fare a meno di domandarsi il motivo di tanto malumore.

 

Preoccupazione?

Mah, gli sembrava un tantino esagerato: era vero che i balli come quello offrivano occasioni impareggiabili per fare la figura dei perfetti imbecilli, ma Douglas sembrava immune alle figuracce che affliggono i comuni mortali. E poi, onestamente, Harry non poteva vedere un motivo per cui qualcuno avrebbe dovuto deriderlo: con quell’abito da cerimonia ci faceva un figurone.

E, in ogni caso, gli sarebbe stata sufficiente un’occhiata torva delle sue per far sparire a chiunque la voglia di fare l’idiota.

 

“Non riesco a credere che stavolta sarò con Hermione” stava proseguendo Ron “secondo te cosa le dico? Cioè, non vorrei dire nulla di stupido e rovinare tutto…”

Harry alzò gli occhi al cielo, esasperato: era dal momento stesso in cui aveva invitato Hermione che Ron continuava a ripetere quella solfa e a mettere insieme dei tentativi di discorsi.

“Non succederà nulla, Ron” ripetè per quella che gli pareva essere la seicentesima volta “tu comportati normalmente e vedrai che andrà tutto bene, ok?”

 

“Ok” rispose Ron, ma sembrava ancora dubbioso.

“Benissimo” si affrettò a dire Harry, prima che Ron avesse il tempo di riaprire bocca “senti, io vado, Hannah mi aspetta all’entrata della Sala Grande…tengo i posti al tavolo anche per voi, va bene?”

“Benissimo. Doug?”

“Sì, sì, va bene” mugugnò Douglas, finendo di allacciarsi la giacca “ti raggiungiamo fra due minuti, Harry.

“Sbrigatevi, Ginny e Hermione vi aspettano in Sala Comune” si raccomandò Harry, poi si diede un’ultima sistemata alla giacca e uscì dal dormitorio.

 

Dopo che lui e Douglas furono rimasti soli, Ron diede un colpetto di tosse per schiarirsi la gola.

Douglas si morse un labbro, presagendo un’ennesima scenetta da Fratello Maggiore Protettivo & Preoccupato. Proprio quello che ci voleva.

Negli ultimi giorni Ron aveva cominciato a blaterare qualcosa a proposito del fatto di ‘trattare bene Ginny’…come se lui avesse voluto farle qualcosa di male, poi. Era stata LEI ad incastrarlo, tanto per cominciare, e non il contrario. Il ragazzo aveva il fondato sospetto che l’unica cosa che aveva impedito a Ron di fargli una sceneggiata in piena regola fosse il pensiero dei compiti di Pozioni ancora da copiare.

 

“Senti, Doug” cominciò “a proposito di questo ballo…e riguardo il fatto che tua abbia scelto Ginny come dama…”

Ed ecco la prima fesseria, Ron. Io non ho scelto Ginny, è Ginny che ha scelto me.

“A proposito di dame” disse in fretta Douglas, mettendo in atto il Trucco Brevettato Harry Potter di distrarre Ron dall’argomento del suo discorso finchè non avesse finito con quella benedetta cravatta “come mai Harry ci va con Hannah Abbott?”

In realtà conosceva benissimo la storia: il ragazzo di Hannah, un Cacciatore di Corvonero, era stato invitato al ballo da quella Courtney Io-Sono-La-Migliore (peraltro reduce da un due di picche da parte dal famoso Ragazzo-Che-E’-Sopravvissuto, quando si dicono le coincidenze), e ovviamente lui aveva accettato.

 

Ron si strinse nella spalle. “Bè, ho sentito dire che Hannah e il suo ragazzo si sono lasciati pochi giorni fa. Lei era senza un compagno per il ballo, Harry anche, e così lui ha pensato di invitarla. Sono abbastanza amici, e così nessuno dei due va da solo. Dicevo, a proposito di…”

Douglas finì di annodarsi la cravatta alla velocità della luce.

“Finito!” esclamò, afferrando Ron per un braccio e trascinando Ron fuori dal dormitorio prima che avesse il tempo di aprire bocca.

 

 

“Eccovi, finalmente!” esclamò Hermione, non appena entrarono in Sala Comune “siete in ritardo, lo avevate notato?”

“Colpa mia, non trovavo la cravatta” si scusò Douglas “giusto, Ro…Ron?

Ron non diede neppure segno di notare la sua presenza: i suoi occhi erano fissi su Hermione, che sembrava insieme compiaciuta e imbarazzata di tanta attenzione.

“Stai…molto bene” disse alla fine Ron, senza quasi balbettare.

 

Douglas doveva ammettere che, per una volta, Ron Weasley aveva detto una cosa giusta: Hermione era molto carina, ben pettinata e con un elegante vestito azzurro. Era completamente diversa dalla ragazza col naso sepolto tra i libri che Douglas conosceva.

“Grazie” fece lei, con un sorriso un po’ nervoso, poi lo prese sottobraccio “andiamo, siamo già in ritardo…ah, Doug, Ginny è risalita un momento nel dormitorio, aveva dimenticato gli orecchini…arriva subito.

 

Il ragazzo annuì, sentendosi un improvviso groppo in gola. “Ah…sì, bene.”

“E a proposito di Ginny…” tentò di nuovo Ron, ma Hermione lo afferrò più saldamente e lo condusse quasi a forza verso la porta.

“Non ora, Ron, siamo già in ritardo” disse in tono che non ammetteva repliche, spingendolo versò l’uscita. Giunta all’uscio si voltò per un istante, strizzò l’occhio ad indirizzo di Douglas e richiuse la porta dietro di sé.

Douglas si guardò intorno, sentendosi quasi…intrappolato? Sì, aveva la sensazione di essersi infilato in una trappola senza vie d’uscita. Un pensiero ridicolo, ovviamente. Lui non era affatto in trappola.

 

Sai benissimo cosa ti sta succedendo. Lo sai, ma non lo vuoi ammettere con te stesso.

 

“Ciao, Doug” la voce di Ginny, un po’ trafelata, gli giunse da dietro le spalle “scusa il ritardo, ma non trovavo gli orecchini.

Douglas si impose si rimettere sul volto la solita maschera distaccata e si voltò verso di lei per dirle che non c’era problema, che tanto Harry gli stava tenendo occupati i po…

Il ragazzo si bloccò nel vederla, mentre la voce gli spariva dalla gola.

 

Ginny indossava un lungo vestito blu notte piuttosto aderente sui fianchi, sul quale brillavano numerose stelle per effetto della magia: sembrava che la stoffa del suo vestito fosse stata ritagliata dalla volta celeste.

I suoi capelli rossi erano raccolti in una mezzacoda,  e ai lobi delle orecchie aveva un paio di orecchini di madreperla. Stava sorridendo, e sembrava più grande dei suoi quattordici anni.

Douglas ci mise qualche secondo a realizzare che era rimasto immobile e con la bocca aperta come un idiota.

 

La maschera, idiota, cancellati quell’espressione ebete dalla faccia e rimettiti quella tua dannatissima maschera SUBITO!

 

“Doug?” domandò Ginny, un po’ perplessa “va tutto bene?”

“Io…” Douglas si schiarì la gola, riprendendo il suo atteggiamento abituale.

E’ solo un altro ruolo da recitare, Doug. Uno dei tanti. Recitalo bene, e non avrei problemi.

“Sì, tutto bene, sono solo un po’ sorpreso” disse, con un lieve inchino: la parte del gentiluomo gli era sempre venuta alla perfezione “stavo aspettando una ragazzina pel di carota per accompagnarla ad una tortura travestita da ballo, e mi trovo di fronte uno splendore.”

 

Ginny arrossì leggermente, compiaciuta e un po’ imbarazzata. “Ah…bè…grazie.”

Douglas le si avvicinò e le tese un braccio con l’eleganza dei ‘cavalieri dei tempi andati’, come li chiamava sempre sua madre.

“Posso chiedere l’onore di scortare la mia dama fino alla Sala Grande?”

Ginny rise, accettando il suo braccio. “Che ti è successo, hai battuto la testa o Fred e George sono riusciti a farti il lavaggio del cervello?”

“Propendo per la prima” disse Douglas, fingendo di sorridere.

In realtà, sotto la superficie, il suo cuore e la sua mente erano in tumulto.

 

Mi spiace, ma non ho proprio idea di cosa mi stia succedendo. O, meglio, temo di saperlo, e il solo pensiero mi spaventa. Perché non capisco più nulla, Ginny. Non mi riconosco più: mi guardo allo specchio e mi sembra che la mia immagine non mi appartenga. Che cosa mi hai fatto, Ginny? Che cosa mi hai fatto?

 

Douglas si era sempre immaginato la propria anima come un solido blocco di ghiaccio. Talvolta ne aveva quasi sentito la presenza nelle viscere, come se fosse stato il nucleo stesso del suo essere: un’anima di ghiaccio che lo proteggeva dalle ansie e dalle sofferenze che attanagliavano spesso le persone normali. Durante la cena, Douglas potè di nuovo avvertire la presenza di quel blocco di ghiaccio nelle viscere, ma qualcosa era cambiato: gli sembrava che sotto la superficie ghiacciata fosse divampato un incendio.

 

Con l’occhio della mente, Douglas poteva quasi vedere la superficie ghiacciata della sua anima cominciare a cedere, crepandosi e sciogliendosi al calore di quel fuoco che sembrava essersi acceso dentro di lui. Quel pensiero lo spaventava: sciolto il ghiaccio, sarebbe rimasto senza protezioni.

Sarebbe stato come chiunque altro. Debole. Inerme.

Mortale.

 

Era un pensiero ridicolo, ovviamente. Nulla si stava sciogliendo: non c’era nessun blocco di ghiaccio, non c’era mai stato davvero. Se lo stava solo immaginando. Ma il fuoco…no, quello c’era davvero. Lo poteva sentire bruciargli dentro, e scorrergli nelle vene. Gli sembrava che qualcosa lo stesse bruciando vivo.

 

La cena fu piuttosto piacevole, nonostante il suo nervosismo: Fred e George, avevano invitato rispettivamente Angelina Johnson e Alicia Spinnet, continuarono a chiacchierare di Quidditch per la maggior parte della cena, mentre Hermione era riuscita ad arpionare Douglas in un lungo discorso a proposito dei G.U.F.O.

Douglas si limitò ad annuire meccanicamente, senza seguire una parola di quello che diceva. Ron, al contrario, sembrava pendere dalle sue labbra.

 

Il ragazzo fece vagare lo sguardo per la sala grande e rivolse un impercettibile cenno di saluto a Malfoy che, seduto ad un tavolo poco distante col braccio intorno alla vita di Pansy Parkinson, gli rispose con un sogghigno e un ammiccamento verso Ginny, che stava chiacchierando con Hannah Abbott.

Un bigliettino galleggiò discretamente in aria, andando a posarsi sulle ginocchia di Douglas. Il ragazzo lo lesse tenendolo sulle ginocchia.

 

-Bella preda, Sal.-

 

Davvero divertente, Parrucchino.

Douglas si voltò istintivamente verso Ginny, e nel momento in cui i loro occhi si incontrarono lui distolse lo sguardo, turbato. Mai, prima di allora, era stato il primo a distogliere lo sguardo dagli occhi di un’altra persona. Si guardò le mani sotto il tavolo: stavano tremando. Il ragazzo scostò il piatto che aveva di fronte con un gesto rabbioso. Gli era passata la fame.

 

 

Quando tutti gli studenti ebbero finito di mangiare i tavoli furono messi da parte per creare una pista da ballo. Le Sorelle Stravagarie attaccarono subito con un lento, e quasi tutti gli studenti si riversarono sulla pista da ballo. Ron sembrava piuttosto nervoso e si muoveva in maniera alquanto maldestra, ma ad Hermione non sembrava importare più di tanto. Nemmeno Harry sembrava particolarmente a suo agio, ma sembrava se la stesse cavando abbastanza decorosamente. Fred e George erano ovviamente impegnati a fare i buffoni al centro della pista, ma le loro accompagnatrici sembravano più divertite che seccate.

 

Douglas prese un profondo respiro e si voltò verso Ginny un lieve inchino, tendendole la mano.

“Mi concedi questo ballo?”

Lei si trattenne dal sorridere ancora una volta, arrossendo di nuovo. Doveva piantarla di arrossire ogni tre secondi, sembrava un’imbranata.

“Volentieri” disse in tono il più possibile tranquillo, prendendogli la mano.

Lui ebbe la netta sensazione che il cuore gli avesse saltato un battito, ma fece finte di niente mentre raggiungevano le altre coppie sulla pista da ballo.

 

Douglas esitò un momento, poi sembrò riacquistare sicurezza. Non aveva mai ballato in vita sua, ma poco importava. Gli bastava guardare come facevano gli altri.

Un ruolo da recitare, Doug. Puoi farlo.

Il ragazzo mise un braccio intorno alla vita di Ginny e la avvicinò a sé, tenendole stretta la mano con l’altra.

Ginny trattenne il respiro, mentre cominciavano a volteggiare lentamente sul posto: non si erano mai trovati così vicini fino a qual momento.

 

Ginny era più bassa di lui, e Douglas si sorprese a provare il desiderio di nascondere il viso fra i suoi capelli.

Questo è sbagliato. Disastrosamente sbagliato. Non posso cedere.

Oppure poteva? In fondo non avrebbe mica firmato un contratto a vita…

Il ragazzo avvicinò impercettibilmente il viso ai capelli di Ginny e ne aspirò il profumo.

La voglio. E’ soltanto a questo che riesco a pensare adesso, che la voglio. E lei vuole me, ne sono sicuro. Al diavolo, è dal primo giorno che ci siamo visti che mi guarda di nascosto. Se adesso cedessi, cosa importerebbe? Che cosa c’entra lei, adesso, col mio futuro? Niente, ecco quanto. E allora, qual è il problema? Se poi un giorno dovesse essere necessario me ne potrei liberare. Oppure potrei portarla dalla mia parte. Potrei convincerla a restare dalla mia parte. Sì, sono sicuro che la potrei convincere.

 

La canzone sfumò e finì, ma mentre tutte le altre coppie si separavano per prepararsi alla canzone successiva Douglas strinse Ginny più forte contro il petto. Ginny sussultò, avvertendo che la stretta di Douglas aumentava, e sollevò il viso per guardarlo negli occhi.

Douglas la stava fissando, e i suoi occhi rossi sembravano due fori sulla parete di una fornace. Ginny avvertì un lieve tremito nella sua stretta, ma il ragazzo non disse nulla.

“Doug, stai tremando” mormorò, sorpresa.

 

Lui sembrò esitare un istante, poi sciolse l’abbraccio.

“Scusa, ero solo…soprappensiero” disse piano, allentandosi la cravatta. Aveva un caldo terribile, come se l’incendio che aveva dentro lo stesse consumando lentamente “fa molto caldo, vero?”

“Già” Ginny si guardò intorno: le coppie si stavano già ricomponendo per ballare un pezzo decisamente più vivace “senti, ti va di uscire in giardino a fare quattro passi? Anch’io ho caldo, qui dentro.”

Douglas annuì. “Va bene” disse, sforzandosi di sorridere, poi la prese per mano per accompagnarla fuori dalla Sala Grande.

 

 

“Hai freddo?” domandò Douglas, notando che Ginny tremava ad ogni soffio del gelido vento dicembrino.

“Un po’” disse lei, strofinandosi le braccia per scaldarsi “non avevo previsto di uscire.

Se vuoi possiamo rientrare.”

“No, preferisco restare qui” disse lei. Un altro soffio di vento la fece rabbrividire.

Aspetta, tieni questa.”

Douglas si sfilò la giacca e gliela mise sulle spalle.

 

“Grazie, ma…tu non hai freddo?” domandò lei, notando che il ragazzo era rimasto in maniche di camicia.

E un po’ difficile sentire freddo quando hai l’inferno che ti brucia dentro l’anima, Ginny.

“No, sto bene così.”

Ci fu qualche minuto di silenzio.

“Vuoi sederti?” domandò Douglas, notando un fazzoletto di prato delimitato da cespugli di rose, illuminati dalla luce di alcune fate.

Lei annuì. “Sì, magari. Queste scarpe hanno deciso di uccidermi.”

 

“Forse tua madre le ha trovate a Grimmauld Place…”

“Eh?”

“Ogni oggetto in quella casa cerca sempre di uccidere la prima persona che gli capita a tiro. Io sono stato quasi soffocato da un arazzo, e una poltrona ha cercato di staccarmi…bè, lascia stare.

Ginny rise, sedendosi sul prato e guardandosi intorno. “E’ bellissimo, vero?”

“Sì” disse distrattamente Douglas sedendosi accanto a lei. A dire il vero aveva a malapena degnato di un’occhiata lo spettacolo offerto dal giardino, in fiore nonostante fosse pieno inverno.

Ginny ridacchiò. “Ma se non le hai nemmeno guardato!”

 

“Guardato cosa?”

“Le rose.”

“Quali rose?”

“Quelle intorno al prato.”

“Quale prato?”

 

Ginny gli diede un colpetto sul torace con l’indice. “Mi stai prendendo in giro?”

Douglas sorrise a sua volta.“Non oserei mai.”

“Ah, no?”

“Bè…forse un pochino, ma la colpa è anche tua. Sei un bersaglio troppo facile.”

Lei fece una smorfia. “Ma che bravo, prenditela con le ragazze indifese…”

“Tanto indifesa non mi sembri” la stuzzicò Douglas “se non sbaglio,  mi hai costretto a fare da Cupido a Ron…”

 

Ma sono una ragazza, no? E quindi non è carino prendermi in giro. ”

“Questo è da dimostrare…”

Che non è carino prendermi in giro?”

“No, che sei una ragazza.”

“Ehi!” protestò lei ridendo. Finse di volerlo prendere a pugni, e lui le bloccò le mani.

“Uhuh, ma quanto siamo maneschi” rise Douglas, tenendola per i polsi “io lo dicevo, che non eri una ragazza…”

 

Ginny tentò di sottrarsi dalla presa del ragazzo.

“Mollami!” disse, continuando a ridere.

“No.”

“Lasciami andare!”

“Costringimi!”

“Doug, guarda che mi mordo!”

“Ooh, sto tremando....

 

“Ok, ora apri le orecchie: io conto fino a tre, e se al tre non mi hai lasciata andare io…”

“Tu cosa?” la voce di Douglas era tornata improvvisamente seria. Ginny lo guardò negli occhi, che luccicavano nella penombra come rubini. L’espressione del ragazzo sembrava di pietra.

“Doug…”mormorò in un soffio, mentre un brivido le attraversava la spina dorsale “avanti, Doug, basta scherzare, ora lasciami…”

No.”

Ginny sussultò, mentre la stretta del ragazzo intorno ai suoi polsi aumentava, e improvvisamente ebbe paura.

 

“Douglas, cosa…?”

“Tu vuoi che io ti lasci andare?” sibilò lui, costringendola ad abbassare le mani e chinandosi verso i lei “lo vuoi davvero?”

Ginny si rese conto di non sapere cosa rispondere. “Io…”

“Rispondimi, Ginny.”

Il viso di Douglas era vicinissimo a quello di Ginny. Lei  smise di dibattersi e lo guardò negli occhi.

“Non lo so” mormorò alla fine “tu cosa vuoi?”

“Non lo so” rispose lui in un soffio.

 

Si fissarono a vicenda qualche istante, poi Douglas chinò il capo e poggiò le sue labbra su quelle di Ginny.

Lei chiuse gli occhi e ricambiò il bacio, col cuore che accelerava i battiti.

Il ragazzo le lasciò andare i polsi, senza interrompere il bacio, e la prese fra le braccia, stringendola a sé come se temesse che potesse essergli strappata via ogni secondo.

Le loro labbra si separarono dopo quella che ad entrambi parve un’eternità.

“Doug…” mormorò lei, senza sapere bene cosa dire.

“Shhh…” sussurrò Douglas, stringendola di nuovo a sé e poggiando le labbra fra i suoi capelli.

 

Ginny chiuse di nuovo gli occhi e poggiò il capo sul torace di Douglas, ascoltando i battiti forti e veloci del suo cuore. Il freddo le sembrava ormai un ricordo lontano. Si sentiva bene. Si sentiva al sicuro.

E no, non voleva che la lasciasse andare.

 

Douglas le accarezzò i capelli, sentendoli come seta rossa fra le sue dita. I pensieri non cessavano di rincorrersi nella sua mente.

 

Potrei portarla dalla mia parte.

Potrei renderla immortale.

Potrebbe essere mia.

Mia per sempre.

 

 

Bè, finalmente un aggiornamento!

Non avete idea di quanto mi ci è voluto per scrivere questo (kilometrico) capitolo! Purtroppo il romanticismo non è decisamente il mio forte, quindi mi ci è voluto un bel po’ per riuscire ad ingranare...scusate si ho abusato così della vostra pazienza!

 

Bilalla: ed ecco qui il capitolo romantico che ti avevo promesso! So che al mondo c’è di meglio, ma non avevo mai scritto nulla del genere in vita mia…spero ti sia piaciuto ugualmente, fammi sapere!

 

Master Ellie: sono onorata di sapere che la mia fanfic ti entusiasma tanto, spero di non deluderti nei prossimi capitoli!

P.S: anch’io mi rispecchio molto nella ricerca di libertà di scelta del protagonista, e anch’io non la trovo mai…ma confido nel fatto che arriverà il momento buono!

 

Luc_y: i tuoi complimenti mi lusingano! Sono particolarmente contenta di sapere di essere riuscita a tenere fede alle caratteristiche di tutti i personaggi, è una cosa a cui tengo tantissimo…per quanto riguarda gli aggiornamenti cercherò di mantenere un ritmo umano (tipo un capitolo a settimana), ma se ci saranno ritardi dovrete perdonarmi: purtroppo quest’anno ho la maturità e mi tocca studiare per forza…

 

Brioche: e meno male che ti avevo chiesto di non scrivere niente di imbarazzante…tu sei matta! Comunque tranquilla, questa storia la finirò, dovessi chiudere mio padre nello sgabuzzino per usare il pc!

Ah, dimenticavo…A LITTLE BIT GOOD!

  
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