“Non
posso credere che sto per farlo davvero” bofonchiò Douglas, guardando l’abito
da cerimonia ripiegato sulla sedia con la fronte aggrottata. Mancavano meno di
ventiquattro ore al Ballo del Ceppo, e il ragazzo stava prendendo in seria
considerazione l’idea di darsi malato: se solo pochi mesi prima qualcuno gli
avesse detto che avrebbe partecipato ad un ballo come quello gli avrebbe riso
in faccia.
Oppure lo
avrebbe fatto ricoverare al San Mungo per disturbi mentali, come i genitori di
quell’incapace di Paciok.
-E piantala con
questa lagna!- sibilò Raksha,
comodamente acciambellata sul letto- è la
quinta volta che lo ripeti, e francamente mi hai stufato. E’ solo un ballo,
mica la tua esecuzione!-
“Una
bella esecuzione sarebbe più dignitosa” rispose
seccamente Douglas, passandosi una mano fra i capelli “ma perché non l’ho
mandata al diavolo, quella stupida ragazzina? Anzi, perché non farlo ora?”
-Forse per comportarti il più possibile
da ragazzo ‘normale’…è dall’inizio dell’anno che fai di tutto per conquistare
la piena fiducia di Silente e soci-
ipotizzò il rettile.
Douglas
annuì. “Sì” disse, forse un po’ troppo in fretta “sì, certo,
è per questo. Si capisce.”
Deglutì,
sentendosi la gola secca.
-Tu dici?- fece Raksha, sorniona- io, invece, non credo proprio.-
Douglas
sollevò un sopracciglio, soffocando il sussulto che aveva minacciato di
scuoterlo. “Ah, no?”
Il
suo tono era freddo e distaccato, ma al cobra parve di cogliere una lieve
incrinatura nella sua voce…a quanto pareva, non era poi così sicuro delle sue
parole.
-No. Sei un
ragazzo intelligente, Doug, e sotto sotto lo sai anche te che ti stai ripetendo
un mucchio di fesserie- il cobra
sollevò il busto per guardarlo negli occhi- se
tu avessi davvero voluto rifiutare l’invito di quella ‘stupida ragazzina’ lo
avresti fatto senza problemi, come con quella smorfiosetta dell’altro giorno.
Tu sai benissimo cosa ti sta succedendo. Sai benissimo per quale motivo non hai
rifiutato il suo invito. Lo sai, ma non lo vuoi ammettere con te stesso. Vuoi
fingere che non sia cambiato
nulla.-
Douglas
deglutì di nuovo, senza dire nulla. Gli sembrava di avere la gola rivestita di
carta vetrata.
-Tu ha finto
per tutta la vita, Doug- proseguì il
Raksha- sei abile a mentire, e hai finito
per fare della menzogna un’arte. Ma mentire con te
stesso a questo punto sarebbe deleterio. Ti farebbe soltanto male, e non
risolverebbe la tua situazione. Hai una decisione da compiere, ragazzo mio, e
per poter decidere devi tenere conto di tutte le implicazioni…inclusa questa.-
Douglas
si morse un labbro, voltandosi a guardare il cobra. “Ma
questo è sbagliato, Raksha. Disastrosamente sbagliato. Non posso permettermi di essere debole.”
-Sbagliato o no, devi innanzitutto
prendere atto di come stanno le cose. Ma ricordati che affezionarsi a qualcuno
non è una debolezza, Doug.-
“Nel
mio caso lo è.”
-Non puoi restare da solo per tutta la
vita, ragazzo.-
Lo
sguardo di Douglas si indurì. “Essere
soli significa di non doversi preoccupare per nessuno oltre a sé stessi.
Essere soli significa essere più forti.”
-Ma significa
anche essere infelici.-
“La
felicità” ripetè Douglas, con una smorfia amara sul viso “a cosa serve? E’
ancora più breve ed effimera di una qualunque vita mortale.”
-Una vita effimera, forse, ma degna di
essere vissuta.-
Douglas
si sedette sul letto, passandosi una mano sugli occhi. “Vorrei potermi
strappare via il cuore dal petto con le mie mani” mormorò alla fine “sarebbe
tutto più semplice, e non farebbe così male.”
-Fa male perché non vuoi cedere.-
“Perché non posso cedere!” esclamò Douglas, tornando ad
alzarsi di scatto e cominciando a camminare avanti e indietro per il dormitorio
“la vita delle persone ha una fine, Raksha. Che senso ha affezionarsi a
qualcuno che prima o poi ti sarà tolto?”
-Doug…-
“Quando
avrò la vita eterna” proseguì Douglas, interrompendola “non potrò permettermi
una debolezza del genere…perché mentre gli altri moriranno, io continuerò a vivere. E se dovessi
cedere, se dovessi affezionarmi a chiunque per poi vederlo morire…impazzirei.
Semplicemente impazzirei.”
-Non sta scritto da nessuna parte che tu
debba per forza ottenere l’immortalità, ragazzo.-
“E
invece sì!” quasi urlò Douglas, poi riacquistò il controllo ed abbassò la voce
ad un sussurro “perché io non voglio morire. Non
voglio morire, e non morirò. Mai. Sono stato chiaro?
Mai!”
Un
silenzio pesante scese nel dormitorio deserto.
-E così- sibilò Raksha- siamo
tornati a parlare dell’unica cosa al mondo che possa
renderti uno schiavo…la tua stessa paura.-
Douglas
rimase immobile qualche istante, il respiro affannoso. “Io non sono uno
schiavo” sibilò alla fine, poi si voltò e uscì dal dormitorio.
Rimasta
sola, Raksha scosse il capo squamoso.
-No, ragazzo,
è qui che ti sbagli. Desideri avere la libertà di decidere da solo della tua
vita, ma nel frattempo ti appresti ad impostare il tuo futuro sulla base delle
tue paure…e questo non significa essere liberi.-
Ron
si rigirò davanti allo specchio, evidentemente soddisfatto dal riflesso.
“Decisamente meglio dell’anno scorso” concluse, sistemandosi
la giacca dell’abito “con quell’ affare addosso, sembravo mia nonna.”
Harry
sogghignò al ricordo e lanciò un’occhiata a Douglas, il quale
però sembrava troppo immerso nei propri pensieri per sentire quello che
stavano dicendo. Si era vestito senza dire una parola, e non aveva degnato di
uno sguardo il proprio riflesso. Harry non potè fare a meno
di domandarsi il motivo di tanto malumore.
Preoccupazione?
Mah,
gli sembrava un tantino esagerato: era vero che i balli come quello offrivano occasioni impareggiabili per fare la figura dei
perfetti imbecilli, ma Douglas sembrava immune alle figuracce che affliggono i
comuni mortali. E poi, onestamente, Harry non poteva vedere un motivo per cui qualcuno avrebbe dovuto deriderlo: con quell’abito
da cerimonia ci faceva un figurone.
E, in
ogni caso, gli sarebbe stata sufficiente un’occhiata torva delle sue per far
sparire a chiunque la voglia di fare l’idiota.
“Non
riesco a credere che stavolta sarò con Hermione” stava proseguendo Ron “secondo
te cosa le dico? Cioè, non
vorrei dire nulla di stupido e rovinare tutto…”
Harry
alzò gli occhi al cielo, esasperato: era dal momento stesso in cui aveva
invitato Hermione che Ron continuava a ripetere quella solfa e a mettere
insieme dei tentativi di discorsi.
“Non
succederà nulla, Ron” ripetè per quella che gli pareva essere la seicentesima
volta “tu comportati normalmente e vedrai che andrà tutto bene, ok?”
“Ok”
rispose Ron, ma sembrava ancora dubbioso.
“Benissimo”
si affrettò a dire Harry, prima che Ron avesse il tempo di riaprire bocca “senti, io vado, Hannah mi aspetta all’entrata della Sala
Grande…tengo i posti al tavolo anche per voi, va bene?”
“Benissimo.
Doug?”
“Sì,
sì, va bene” mugugnò Douglas, finendo di allacciarsi la giacca “ti raggiungiamo
fra due minuti, Harry.”
“Sbrigatevi,
Ginny e Hermione vi aspettano in Sala Comune” si raccomandò Harry, poi si diede
un’ultima sistemata alla giacca e uscì dal dormitorio.
Dopo
che lui e Douglas furono rimasti soli, Ron diede un
colpetto di tosse per schiarirsi la gola.
Douglas
si morse un labbro, presagendo un’ennesima scenetta da Fratello Maggiore
Protettivo & Preoccupato. Proprio quello che ci voleva.
Negli
ultimi giorni Ron aveva cominciato a blaterare qualcosa a proposito del fatto
di ‘trattare bene Ginny’…come se lui avesse voluto farle qualcosa di male, poi.
Era stata LEI ad incastrarlo, tanto per cominciare, e non il contrario. Il
ragazzo aveva il fondato sospetto che l’unica cosa che aveva impedito a Ron di
fargli una sceneggiata in piena regola fosse il
pensiero dei compiti di Pozioni ancora da copiare.
“Senti,
Doug” cominciò “a proposito di questo ballo…e riguardo il
fatto che tua abbia scelto Ginny come dama…”
Ed ecco la
prima fesseria, Ron. Io non ho scelto Ginny, è Ginny che ha scelto
me.
“A
proposito di dame” disse in fretta Douglas, mettendo in atto il Trucco
Brevettato Harry Potter di distrarre Ron dall’argomento del suo discorso finchè
non avesse finito con quella benedetta cravatta “come
mai Harry ci va con Hannah Abbott?”
In
realtà conosceva benissimo la storia: il ragazzo di Hannah, un Cacciatore di
Corvonero, era stato invitato al ballo da quella Courtney Io-Sono-La-Migliore
(peraltro reduce da un due di picche da parte dal famoso Ragazzo-Che-E’-Sopravvissuto,
quando si dicono le coincidenze), e ovviamente lui aveva accettato.
Ron
si strinse nella spalle. “Bè, ho sentito dire che
Hannah e il suo ragazzo si sono lasciati pochi giorni
fa. Lei era senza un compagno per il ballo, Harry anche, e così lui ha pensato
di invitarla. Sono abbastanza amici, e così nessuno
dei due va da solo. Dicevo, a proposito di…”
Douglas
finì di annodarsi la cravatta alla velocità della luce.
“Finito!” esclamò, afferrando Ron per un braccio e
trascinando Ron fuori dal dormitorio prima che avesse
il tempo di aprire bocca.
“Eccovi,
finalmente!” esclamò Hermione, non appena entrarono in Sala Comune “siete in
ritardo, lo avevate notato?”
“Colpa
mia, non trovavo la cravatta” si scusò Douglas “giusto, Ro…Ron?
Ron
non diede neppure segno di notare la sua presenza: i suoi
occhi erano fissi su Hermione, che sembrava insieme compiaciuta e imbarazzata
di tanta attenzione.
“Stai…molto
bene” disse alla fine Ron, senza quasi balbettare.
Douglas
doveva ammettere che, per una volta, Ron Weasley aveva detto
una cosa giusta: Hermione era molto carina, ben pettinata e con un elegante
vestito azzurro. Era completamente diversa dalla ragazza col naso sepolto tra i
libri che Douglas conosceva.
“Grazie”
fece lei, con un sorriso un po’ nervoso, poi lo prese sottobraccio “andiamo,
siamo già in ritardo…ah, Doug, Ginny è risalita un momento nel dormitorio,
aveva dimenticato gli orecchini…arriva subito.”
Il
ragazzo annuì, sentendosi un improvviso groppo in gola. “Ah…sì, bene.”
“E
a proposito di Ginny…” tentò di nuovo Ron, ma Hermione
lo afferrò più saldamente e lo condusse quasi a forza verso la porta.
“Non
ora, Ron, siamo già in ritardo” disse in tono che non ammetteva repliche,
spingendolo versò l’uscita. Giunta all’uscio si voltò per un
istante, strizzò l’occhio ad indirizzo di Douglas e richiuse la porta
dietro di sé.
Douglas
si guardò intorno, sentendosi quasi…intrappolato? Sì, aveva la sensazione di
essersi infilato in una trappola senza vie d’uscita. Un pensiero ridicolo,
ovviamente. Lui non era affatto in trappola.
Sai benissimo cosa ti sta succedendo. Lo
sai, ma non lo vuoi ammettere con te stesso.
“Ciao,
Doug” la voce di Ginny, un po’ trafelata, gli giunse da dietro le spalle “scusa
il ritardo, ma non trovavo gli orecchini.”
Douglas
si impose si rimettere sul volto la solita maschera
distaccata e si voltò verso di lei per dirle che non c’era problema, che tanto
Harry gli stava tenendo occupati i po…
Il
ragazzo si bloccò nel vederla, mentre la voce gli spariva dalla gola.
Ginny
indossava un lungo vestito blu notte piuttosto aderente sui fianchi, sul quale
brillavano numerose stelle per effetto della magia: sembrava che la stoffa del
suo vestito fosse stata ritagliata dalla volta celeste.
I
suoi capelli rossi erano raccolti in una mezzacoda, e ai lobi delle orecchie aveva un paio
di orecchini di madreperla. Stava sorridendo, e sembrava più grande dei suoi
quattordici anni.
Douglas
ci mise qualche secondo a realizzare che era rimasto
immobile e con la bocca aperta come un idiota.
La maschera, idiota, cancellati
quell’espressione ebete dalla faccia e rimettiti quella tua dannatissima
maschera SUBITO!
“Doug?”
domandò Ginny, un po’ perplessa “va tutto bene?”
“Io…”
Douglas si schiarì la gola, riprendendo il suo atteggiamento abituale.
E’ solo un altro ruolo da recitare,
Doug. Uno dei tanti. Recitalo bene, e non avrei problemi.
“Sì,
tutto bene, sono solo un po’ sorpreso” disse, con un lieve inchino: la parte
del gentiluomo gli era sempre venuta alla perfezione
“stavo aspettando una ragazzina pel di carota per accompagnarla ad una tortura
travestita da ballo, e mi trovo di fronte uno splendore.”
Ginny
arrossì leggermente, compiaciuta e un po’ imbarazzata. “Ah…bè…grazie.”
Douglas
le si avvicinò e le tese un braccio con l’eleganza dei
‘cavalieri dei tempi andati’, come li chiamava sempre sua madre.
“Posso
chiedere l’onore di scortare la mia dama fino alla Sala Grande?”
Ginny
rise, accettando il suo braccio. “Che ti è successo,
hai battuto la testa o Fred e George sono riusciti a farti il lavaggio del
cervello?”
“Propendo
per la prima” disse Douglas, fingendo di sorridere.
In
realtà, sotto la superficie, il suo cuore e la sua
mente erano in tumulto.
Mi spiace, ma
non ho proprio idea di cosa mi stia succedendo. O, meglio, temo di saperlo, e il solo pensiero mi spaventa. Perché non capisco più nulla, Ginny. Non mi riconosco più: mi
guardo allo specchio e mi sembra che la mia immagine non mi appartenga. Che cosa mi hai fatto, Ginny? Che
cosa mi hai fatto?
Douglas
si era sempre immaginato la propria anima come un solido blocco di ghiaccio.
Talvolta ne aveva quasi sentito la presenza nelle
viscere, come se fosse stato il nucleo stesso del suo essere: un’anima di
ghiaccio che lo proteggeva dalle ansie e dalle sofferenze che attanagliavano
spesso le persone normali. Durante la cena, Douglas potè di nuovo avvertire la
presenza di quel blocco di ghiaccio nelle viscere, ma qualcosa era cambiato:
gli sembrava che sotto la superficie ghiacciata fosse divampato un incendio.
Con l’occhio della mente, Douglas poteva quasi vedere
la superficie ghiacciata della sua anima cominciare a cedere, crepandosi e
sciogliendosi al calore di quel fuoco che sembrava essersi acceso dentro di lui. Quel pensiero lo spaventava: sciolto il ghiaccio,
sarebbe rimasto senza protezioni.
Sarebbe
stato come chiunque altro. Debole. Inerme.
Mortale.
Era
un pensiero ridicolo, ovviamente. Nulla si stava sciogliendo: non c’era nessun
blocco di ghiaccio, non c’era mai stato davvero. Se lo stava
solo immaginando. Ma il fuoco…no, quello c’era
davvero. Lo poteva sentire bruciargli dentro, e scorrergli nelle vene. Gli
sembrava che qualcosa lo stesse bruciando vivo.
La
cena fu piuttosto piacevole, nonostante il suo nervosismo: Fred e George,
avevano invitato rispettivamente Angelina Johnson e Alicia Spinnet,
continuarono a chiacchierare di Quidditch per la maggior parte della cena,
mentre Hermione era riuscita ad arpionare Douglas in un lungo discorso a
proposito dei G.U.F.O.
Douglas
si limitò ad annuire meccanicamente, senza seguire una parola di quello che
diceva. Ron, al contrario, sembrava pendere dalle sue labbra.
Il
ragazzo fece vagare lo sguardo per la sala grande e rivolse un impercettibile
cenno di saluto a Malfoy che, seduto ad un tavolo poco distante col braccio
intorno alla vita di Pansy Parkinson, gli rispose con un sogghigno e un
ammiccamento verso Ginny, che stava chiacchierando con Hannah Abbott.
Un
bigliettino galleggiò discretamente in aria, andando a posarsi sulle ginocchia
di Douglas. Il ragazzo lo lesse tenendolo sulle
ginocchia.
-Bella preda, Sal.-
Davvero divertente, Parrucchino.
Douglas si voltò istintivamente verso Ginny, e nel
momento in cui i loro occhi si incontrarono lui
distolse lo sguardo, turbato. Mai, prima di allora, era stato il primo a
distogliere lo sguardo dagli occhi di un’altra persona. Si guardò le mani sotto
il tavolo: stavano tremando. Il ragazzo scostò il piatto che aveva di fronte
con un gesto rabbioso. Gli era passata la fame.
Quando
tutti gli studenti ebbero finito di mangiare i tavoli
furono messi da parte per creare una pista da ballo. Le Sorelle Stravagarie
attaccarono subito con un lento, e quasi tutti gli
studenti si riversarono sulla pista da ballo. Ron sembrava piuttosto nervoso e
si muoveva in maniera alquanto maldestra, ma ad
Hermione non sembrava importare più di tanto. Nemmeno Harry sembrava
particolarmente a suo agio, ma sembrava se la stesse
cavando abbastanza decorosamente. Fred e George erano ovviamente impegnati a
fare i buffoni al centro della pista, ma le loro accompagnatrici sembravano più
divertite che seccate.
Douglas
prese un profondo respiro e si voltò verso Ginny un lieve inchino, tendendole
la mano.
“Mi
concedi questo ballo?”
Lei
si trattenne dal sorridere ancora una volta, arrossendo di nuovo. Doveva
piantarla di arrossire ogni tre secondi, sembrava un’imbranata.
“Volentieri”
disse in tono il più possibile tranquillo, prendendogli la mano.
Lui
ebbe la netta sensazione che il cuore gli avesse saltato
un battito, ma fece finte di niente mentre raggiungevano le altre coppie sulla
pista da ballo.
Douglas
esitò un momento, poi sembrò riacquistare sicurezza. Non
aveva mai ballato in vita sua, ma poco importava. Gli bastava guardare come
facevano gli altri.
Un ruolo da recitare, Doug. Puoi farlo.
Il
ragazzo mise un braccio intorno alla vita di Ginny e la avvicinò a sé,
tenendole stretta la mano con l’altra.
Ginny
trattenne il respiro, mentre cominciavano a volteggiare lentamente sul posto:
non si erano mai trovati così vicini fino a qual momento.
Ginny
era più bassa di lui, e Douglas si sorprese a provare il desiderio di
nascondere il viso fra i suoi capelli.
Questo è sbagliato. Disastrosamente
sbagliato. Non posso cedere.
Oppure
poteva? In fondo non avrebbe mica firmato un contratto a vita…
Il
ragazzo avvicinò impercettibilmente il viso ai capelli di Ginny e ne aspirò il profumo.
La voglio. E’ soltanto a questo che riesco a pensare adesso, che la voglio. E
lei vuole me, ne sono sicuro. Al diavolo, è dal primo giorno che ci siamo visti
che mi guarda di nascosto. Se adesso cedessi, cosa
importerebbe? Che cosa c’entra lei, adesso, col mio
futuro? Niente, ecco quanto. E allora, qual è il
problema? Se poi un giorno dovesse essere necessario
me ne potrei liberare. Oppure potrei portarla dalla
mia parte. Potrei convincerla a restare dalla mia parte. Sì, sono sicuro che la
potrei convincere.
La
canzone sfumò e finì, ma mentre tutte le altre coppie si separavano per
prepararsi alla canzone successiva Douglas strinse Ginny più forte contro il
petto. Ginny sussultò, avvertendo che la stretta di Douglas aumentava, e
sollevò il viso per guardarlo negli occhi.
Douglas
la stava fissando, e i suoi occhi rossi sembravano due fori sulla parete di una
fornace. Ginny avvertì un lieve tremito nella sua stretta, ma il ragazzo non
disse nulla.
“Doug,
stai tremando” mormorò, sorpresa.
Lui
sembrò esitare un istante, poi sciolse l’abbraccio.
“Scusa,
ero solo…soprappensiero” disse piano, allentandosi la cravatta. Aveva un caldo
terribile, come se l’incendio che aveva dentro lo stesse consumando lentamente
“fa molto caldo, vero?”
“Già”
Ginny si guardò intorno: le coppie si stavano già ricomponendo per ballare un
pezzo decisamente più vivace “senti, ti va di uscire
in giardino a fare quattro passi? Anch’io ho caldo,
qui dentro.”
Douglas annuì. “Va bene” disse, sforzandosi di
sorridere, poi la prese per mano per accompagnarla fuori
dalla Sala Grande.
“Hai
freddo?” domandò Douglas, notando che Ginny tremava ad ogni soffio del gelido
vento dicembrino.
“Un
po’” disse lei, strofinandosi le braccia per scaldarsi “non avevo previsto di
uscire.”
“Se vuoi possiamo rientrare.”
“No,
preferisco restare qui” disse lei. Un altro soffio di vento la fece
rabbrividire.
“Aspetta, tieni questa.”
Douglas
si sfilò la giacca e gliela mise sulle spalle.
“Grazie,
ma…tu non hai freddo?” domandò lei, notando che il ragazzo era rimasto in
maniche di camicia.
E un po’
difficile sentire freddo quando hai l’inferno che ti brucia dentro l’anima,
Ginny.
“No,
sto bene così.”
Ci
fu qualche minuto di silenzio.
“Vuoi
sederti?” domandò Douglas, notando un fazzoletto di prato delimitato da
cespugli di rose, illuminati dalla luce di alcune
fate.
Lei
annuì. “Sì, magari. Queste scarpe hanno deciso di uccidermi.”
“Forse
tua madre le ha trovate a Grimmauld Place…”
“Eh?”
“Ogni
oggetto in quella casa cerca sempre di uccidere la prima persona che gli capita
a tiro. Io sono stato quasi soffocato da un arazzo, e una poltrona ha cercato
di staccarmi…bè, lascia stare.”
Ginny
rise, sedendosi sul prato e guardandosi intorno. “E’ bellissimo, vero?”
“Sì”
disse distrattamente Douglas sedendosi accanto a lei. A dire il vero aveva a
malapena degnato di un’occhiata lo spettacolo offerto dal giardino, in fiore
nonostante fosse pieno inverno.
Ginny
ridacchiò. “Ma se non le hai nemmeno guardato!”
“Guardato
cosa?”
“Le
rose.”
“Quali
rose?”
“Quelle
intorno al prato.”
“Quale
prato?”
Ginny
gli diede un colpetto sul torace con l’indice. “Mi stai prendendo in giro?”
Douglas
sorrise a sua volta.“Non oserei mai.”
“Ah,
no?”
“Bè…forse
un pochino, ma la colpa è anche tua. Sei un bersaglio troppo facile.”
Lei
fece una smorfia. “Ma che bravo, prenditela con le
ragazze indifese…”
“Tanto
indifesa non mi sembri” la stuzzicò Douglas “se non sbaglio, mi hai costretto a fare da Cupido a Ron…”
“Ma sono una ragazza, no? E quindi
non è carino prendermi in giro. ”
“Questo
è da dimostrare…”
“Che non è carino prendermi in giro?”
“No,
che sei una ragazza.”
“Ehi!”
protestò lei ridendo. Finse di volerlo prendere a pugni, e lui le bloccò le
mani.
“Uhuh,
ma quanto siamo maneschi” rise Douglas, tenendola per i polsi “io lo dicevo,
che non eri una ragazza…”
Ginny
tentò di sottrarsi dalla presa del ragazzo.
“Mollami!”
disse, continuando a ridere.
“No.”
“Lasciami
andare!”
“Costringimi!”
“Doug,
guarda che mi mordo!”
“Ooh,
sto tremando....”
“Ok,
ora apri le orecchie: io conto fino a tre, e se al tre non mi hai lasciata andare io…”
“Tu
cosa?” la voce di Douglas era tornata improvvisamente seria. Ginny lo guardò
negli occhi, che luccicavano nella penombra come rubini. L’espressione del
ragazzo sembrava di pietra.
“Doug…”mormorò
in un soffio, mentre un brivido le attraversava la spina dorsale “avanti, Doug,
basta scherzare, ora lasciami…”
“No.”
Ginny
sussultò, mentre la stretta del ragazzo intorno ai suoi polsi aumentava, e
improvvisamente ebbe paura.
“Douglas,
cosa…?”
“Tu
vuoi che io ti lasci andare?” sibilò lui, costringendola ad abbassare le mani e
chinandosi verso i lei “lo vuoi davvero?”
Ginny
si rese conto di non sapere cosa rispondere. “Io…”
“Rispondimi,
Ginny.”
Il
viso di Douglas era vicinissimo a quello di Ginny. Lei smise di dibattersi e lo guardò negli
occhi.
“Non
lo so” mormorò alla fine “tu cosa vuoi?”
“Non
lo so” rispose lui in un soffio.
Si
fissarono a vicenda qualche istante, poi Douglas chinò il capo e poggiò le sue
labbra su quelle di Ginny.
Lei
chiuse gli occhi e ricambiò il bacio, col cuore che accelerava i battiti.
Il
ragazzo le lasciò andare i polsi, senza interrompere il bacio, e la prese fra le braccia, stringendola a sé come se temesse che
potesse essergli strappata via ogni secondo.
Le
loro labbra si separarono dopo quella che ad entrambi
parve un’eternità.
“Doug…”
mormorò lei, senza sapere bene cosa dire.
“Shhh…”
sussurrò Douglas, stringendola di nuovo a sé e poggiando le labbra fra i suoi
capelli.
Ginny
chiuse di nuovo gli occhi e poggiò il capo sul torace di Douglas, ascoltando i
battiti forti e veloci del suo cuore. Il freddo le sembrava ormai un ricordo
lontano. Si sentiva bene. Si sentiva al
sicuro.
E no, non
voleva che la lasciasse andare.
Douglas
le accarezzò i capelli, sentendoli come seta rossa fra le sue dita. I pensieri
non cessavano di rincorrersi nella sua mente.
Potrei portarla dalla mia parte.
Potrei renderla immortale.
Potrebbe essere mia.
Mia per
sempre.
Bè, finalmente un aggiornamento!
Non avete idea di quanto mi ci è voluto per scrivere questo (kilometrico) capitolo!
Purtroppo il romanticismo non è decisamente il mio
forte, quindi mi ci è voluto un bel po’ per riuscire ad ingranare...scusate si
ho abusato così della vostra pazienza!
Bilalla: ed ecco qui il capitolo romantico che ti avevo
promesso! So che al mondo c’è di meglio, ma non avevo mai
scritto nulla del genere in vita mia…spero ti sia piaciuto ugualmente,
fammi sapere!
Master Ellie: sono onorata di sapere che la mia fanfic ti entusiasma
tanto, spero di non deluderti nei prossimi capitoli!
P.S:
anch’io mi rispecchio molto nella ricerca di libertà di scelta del
protagonista, e anch’io non la trovo mai…ma confido nel fatto che arriverà il
momento buono!
Luc_y: i tuoi complimenti mi lusingano! Sono particolarmente
contenta di sapere di essere riuscita a tenere fede
alle caratteristiche di tutti i personaggi, è una cosa a cui tengo
tantissimo…per quanto riguarda gli aggiornamenti cercherò di mantenere un ritmo
umano (tipo un capitolo a settimana), ma se ci saranno ritardi dovrete
perdonarmi: purtroppo quest’anno ho la maturità e mi tocca studiare per forza…
Brioche: e meno male che ti avevo chiesto
di non scrivere niente di imbarazzante…tu sei matta! Comunque
tranquilla, questa storia la finirò, dovessi chiudere mio padre nello
sgabuzzino per usare il pc!
Ah, dimenticavo…A LITTLE BIT
GOOD!