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Autore: Giulls    04/02/2012    5 recensioni
Possono la campagna, una giornata nevosa, un cellulare dimenticato, una passeggiata e un invito a fare a pallate di neve cambiare la vita di una ragazza?
Isabella, ragazza alle soglie dei venti anni e “imprigionata” in campagna per la troppa neve, non l'avrebbe mai pensato, eppure questa è la sua storia.
«Lo senti?» le chiese ad un certo punto.
Lei si fermò e lo guardò senza capire.
«Sento cosa?»
«Il silenzio. Non è bello?»
Isabella avrebbe voluto rispondere di no, che bello era essere lì con lui, avergli tenuto la mano come prima, sentirsi dire che era perfetta.
Come se avesse potuto leggerle nella mente, intrecciò le mani a quelle della ragazza e si guardarono per minuti che sembravano interminabili.
«Io…ehm…cr-credo c-che ci stiano a-aspettando…» balbettò Isabella per il freddo e l'intimità di quel gesto; si sentiva nuda di fronte a quello sguardo e temeva di essere scoperta. Temeva che se Matteo si fosse reso conto dei sentimenti che lei nutriva per lui l'avrebbe rifiutata e abbandonata. Pertanto preferiva fingere piuttosto che stare senza di lui.
«Aspetteranno qualche minuto in più.»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il silenzio della campagna

Isabella, seduta sulla poltroncina rossa con le gambe raccolte e con una tazza fumante  stracolma di cioccolata, stava guardando estasiata lo spettacolo che Madre Natura le stava offrendo al di fuori della finestra della sua camera: le nuvole coprivano il cielo dandogli una parvenza di grigio scuro e grossi fiocchi di neve cadevano impazziti sul terreno, arrivando così a coprire pian piano ogni ciuffo d'erba.
Era dalla sera prima che nevicava e il tempo non accennava a migliorare, ma lei era felice così: l'ultima volta che era c'era stata una nevicata del genere aveva sedici anni; ora stava per compierne venti, mancava poco più di una settimana.
A differenza sua, i suoi genitori non erano per niente entusiasti di quel tempo atmosferico, così come tutti gli altri abitanti delle città e dei dintorni. Ma a lei, ancora diciannovenne, piaceva fissare quei fiocchi cadere indisturbati e sognare. Certo, era impossibilitata a raggiungere la città nonostante distasse solo quindici chilometri e per quello si sentiva intrappolata, ma quel disagio passava in secondo piano quando alzava lo sguardo per assistere a quella meraviglia.
Non appena Isabella finì di bere la sua cioccolata in tazza si alzò dalla poltrona e camminò verso l'armadio in legno di ciliegio, girò la chiave e lo aprì, tirando fuori un paio di calze di lana, un paio di leggins e uno di pantaloni della tuta in ciniglia, li indossò e poi tirò fuori una canottiera, una maglia a manica lunga e la felpa dell'Hard Rock Cafè di Londra. A quegli abiti aggiunse un piumino bianco, un paio di guanti pesanti, una sciarpa, una berretta e prese dalla scarpiera gli stivaletti di sua madre, poi uscì dalla porta della lavanderia e con un fischio chiamò i suoi cani, che la raggiunsero pochi attimi dopo: Setto, diminutivo di Musetto, non appena la vide le saltò addosso scodinzolando, mentre Lilla si limitò a girarle intorno e ad annusarla.
«Setto, stai giù!» esclamò Isabella alzando la voce per farsi rispettare, ma come sempre lui non le diede retta e le saltò un'ennesima volta addosso, lasciandole una zampata sui pantaloni.
Il freddo la fece rabbrividire, ma non se ne curò e corse verso il giardino completamente innevato, mentre Lilla le zampettava al suo fianco e Musetto, essendo il più piccolino, saltava quasi come un capretto per non sprofondare.
Il tempo non accennava a voler migliorare, ma poco le importava. Fece per più e più volte il giro del giardino con i suoi cani al seguito, si buttò stanca sulla neve e tentò di fare un angelo, ma Musetto cominciò a leccarle la faccia e lei fu costretta a tornare in posizione eretta per sfuggire a quel solletico.
Vicino al cancello la neve era stata spalata per far uscire le automobili, così ai lati della stradina ce n'era tantissima. Isabella si portò le mani sui fianchi, espirò con la bocca facendo uscire dalle labbra una nuvoletta di fumo e si mise all'opera: creò come base una palla abbastanza grande e sopra ve ne adagiò una più piccola. I bastoni che generalmente usava coi suoi cani quella volta le sarebbero serviti per le braccia, mentre il bastoncino più piccolino lo avrebbe usato per la linea della bocca e, ingegnandosi, riuscì anche a fargli gli occhi.
Oggettivamente era il pupazzo più brutto che avesse visto sulla faccia della terra, eppure lei era soddisfatta proprio perché era suo.
«Isabella!» esclamò una voce alle sue spalle e lei sentì improvvisamente le guance surriscaldarsi: come era possibile che una semplice parola, un semplice nome, la riducesse così?
La ragazza si voltò di centottanta gradi e dall'altra parte del cancello si trovò lui, Matteo. Il ragazzo per il quale aveva una cotta da diversi mesi, il suo migliore amico.
«Cosa ci fai qui?» domandò lei avvicinandosi al cancello e ben presto si ritrovarono l'uno di fronte all'altra.
Nonostante lui fosse imbacuccato quanto lei, Isabella poteva benissimo vedere i suoi occhi marroni, nei quali amava perdersi. Ignaro del potere che aveva su di lei si abbassò la sciarpa e le sorrise, facendola avvampare sempre di più.
«Ti ho cercata al cellulare, ma non mi hai risposto…» le fece notare con disappunto e Isabella si maledisse per averlo lasciato in casa «quindi sono venuto a cercarti.» continuò sorridendole ancora e a quel sorriso fu automatico per lei rispondere.
«Cosa volevi dirmi?» chiese curiosa.
«Luca e i suoi fratelli sono dai nonni e mi hanno invitato ad andare a fare a palle di neve. Vieni con me?»
«Ma come pensi di arrivare fino a casa loro? È impossibile girare con l'automobile…»
«Passiamo per i campi.» le spiegò indicando il campo del fattore che abitava a mezzo chilometro da dove stava lei «Così faremo prima.»
Isabella era divisa tra due fuochi: aveva voglia di andare, ma allo stesso tempo ne aveva il timore. Come avrebbero fatto a camminare senza congelare? Un conto era muoversi in giardino, dove al minimo freddo poteva tornare a rinchiudersi in casa, un conto era camminare in aperta campagna senza avere la possibilità di cambiarsi.
Stava per rifiutare l'invito quando lo sguardo da cucciolo abbandonato di Matteo la fece desistere dal suo pensiero iniziale.
«Vado a prendere il cellulare, allora» rispose e lui la guardò entusiasta «mi aspetti qui o vieni dentro?»
«Ti aspetto qui» ribatté indicando i piedi «fai presto.»
Con il cuore che le martellava corse in casa, prese il cellulare dalla sua camera, avvisò la madre che sarebbe uscita e si ripresentò davanti all'amico.
«Andiamo?» chiese lei uscendo dal cancello e quando si voltò per richiuderlo vide che Musetto stava facendo pipì ai piedi del suo pupazzo di neve e che Lilla era impegnata a sgranocchiare quello che un tempo era stato il suo braccio «Non era destino che sopravvivesse.» continuò la ragazza sconsolata e ad attenderla ci fu l'abbraccio del suo migliore amico.
«Se vuoi possiamo farne uno insieme.» le propose mentre ancora le sue braccia le circondavano il bacino e lei annuì.
«M-mi piacerebbe.» balbettò mentre portava il volto all'incavo del collo dell'amico e ne ispirò l'odore.
Una scarica le attraversò il corpo e quando lui la allontanò per prenderle la mano si sentì avvampare: era da anni che lo faceva, ma da quando si era invaghita del suo migliore amico quel semplice gesto le ingarbugliava lo stomaco.
Presero a camminare per il sentiero innevato: una volta raggiunto il pino si sarebbero trovati in aperta campagna. Tre chilometri e mezzo e avrebbero raggiunto casa dei loro amici; sarebbe stato tutto fuorché una passeggiata, perché la neve rallentava ogni loro movimento.
«Fai attenzione a dove metti i piedi.» le disse Matteo mentre la sua presa si fece più salda.
«Certo» rispose lei mentre cercava di mantenere il suo passo «non vorrei inciampare in rami o sassi.»
Sul volto di Matteo si dipinse un sorrisetto malizioso e si voltò di lato per lanciare un'occhiata alla sua amica.
«A dire il vero io parlavo dei serpenti.»
Al sentire quella parola i piedi di Isabella divennero piombo.
«S-s-serp-penti?» balbettò con uno sguardo di puro terrore.
«Sì. Non hai sentito di quel fattore che una sera d'inverno mentre spalava la neve è stato morso da una vipera?» le chiese il ragazzo e il viso della sua amica divenne sempre più pallido «Però tranquilla» continuò lui accarezzandole la schiena «sei al sicuro con me.»
Per quanto Isabella amasse quel ragazzo, questa volta non poteva credergli. Aveva letto qualcosa sui serpenti e aveva visto qualche documentario: nessuno poteva scampare alla loro furia. Cominciò a muoversi piano piano e superò il suo amico, mentre si guardava attorno per non incrociare nessun animale strisciante, ma poco dopo sentì qualcosa sfiorarle la gamba.
Cominciò a strillare e cadde sulla neve, mentre Matteo la guardava piegato in due dalle risate. Le ci vollero una manciata di secondi prima di rendersi conto che il suo amico l'aveva presa in giro e che era stato lui a sfiorarla.
Si alzò dalla neve, si pulì e poi camminò a passo spedito verso casa di Luca, mentre Matteo le correva dietro.
«Hey, ma ti sei offesa? Dai, scherzavo!» esclamò cercando di afferrarla per i fianchi e lei si fermò, guardandolo adirata: i serpenti la terrorizzavano e lui si era preso gioco di lei «Certo che sei una credulona…i serpenti vanno in letargo, lo sai?» domandò sbeffeggiandola e lei gli diede uno schiaffo.
«Sei un coglione.» sbottò ansimando per la corsa che aveva fatto.
«Scusa, Bella.» soffiò cingendole i fianchi e lei si lasciò cullare da lui, finché non posò le mani sul suo giubbotto e si aggrappò.
Isabella, dopo aver goduto di quella vicinanza, si allontanò da lui e si lasciò cadere sulla neve. Senza smettere di ridere né di fissare il ragazzo, che a sua volta la guardava imbambolata, agitò le braccia e le mani per fare un angelo di neve, contenta del fatto che né Musetto né Lilla potessero disturbarla.
«Allora?» domandò ad un certo punto mentre tentava di mettersi a sedere «Cosa ne pensi?»
«Perfetta» fu ciò che lui rispose e l'aiutò ad alzarsi.
«Ho fatto un angelo perfetto?» chiese sorridendo entusiasta, ma quando si voltò a guardarlo rimase delusa: non aveva affatto la forma degli angeli che vedeva nei film in televisione.
«No» rispose lui mentre le toglieva della neve dalla berretta «tu sei perfetta.»
«E tu bugiardo.» replicò lei rossa in viso.
Senza dire niente ripresero a camminare. Si stavano avvicinando sempre di più a casa di Luca, ma a dirla tutta nessuno dei due aveva voglia di vedere gli altri; preferivano entrambi godere della reciproca compagnia.
«Lo senti?» le chiese ad un certo punto.
Lei si fermò e lo guardò senza capire.
«Sento cosa?»
«Il silenzio. Non è bello?»
Isabella avrebbe voluto rispondere di no, che bello era essere lì con lui, avergli tenuto la mano come prima, sentirsi dire che era perfetta.
Come se lui avesse potuto leggerle nella mente, intrecciò le mani a quelle della ragazza e si guardarono per minuti che sembravano interminabili.
«Io…ehm…cr-credo c-che ci stiano a-aspettando…» balbettò Isabella per il freddo e l'intimità di quel gesto; si sentiva nuda di fronte a quello sguardo e temeva di essere scoperta. Temeva che se Matteo si fosse reso conto dei sentimenti che lei nutriva per lui l'avrebbe rifiutata e abbandonata. Pertanto preferiva fingere piuttosto che stare senza di lui.
«Aspetteranno qualche minuto in più.» ribatté lui mentre le faceva fare una piccola giravolta, poi le prese una mano tra le sue e se la portò alla spalla, intrecciò l'altra e con la mano libera le afferrò un fianco. Poi iniziarono a muoversi piano.
«Che stai facendo?» domandò Isabella corrucciando la fronte.
«Esaudisco il tuo desiderio: avresti sempre voluto ballare un lento sotto la neve, no? Quale migliore occasione di questa?»
La ragazza lo guardò come se fosse diventato matto.
«Teo…avevo undici anni quando dicevo questo.»
«E in otto anni hai mai realizzato questo tuo sogno?»
«No» replicò scuotendo la testa «te lo chiesi qualche anno fa, ma tu rispondesti che ballare sotto la neve era roba da femminucce.» continuò ed entrambi scoppiarono a ridere al ricordo di quel Matteo scontroso «Cosa è cambiato d'allora?»
«Diciamo che non hai un fidanzato con la febbre a casa.» rispose lui aumentando la presa sul suo fianco e nel giro di qualche secondo le fece fare una seconda giravolta, mentre la sua schiena rimaneva a contatto con la mano del ragazzo «Hai freddo?» domandò quando lei tremò.
«No.» rispose scuotendo la testa e mentendo ad entrambi. Ma poco le importava, perché pur di vivere quel momento sarebbe anche morta assiderata.
Tutta quella scena le sembrava surreale. Matteo era sempre stato carino con lei, ma non riusciva a spiegarsi come mai ora lo fosse così tanto.
«Manca il gran finale.» le fece notare il ragazzo e poco dopo le fece inarcare la schiena per fare un casquet, ma Isabella fu presa alla sprovvista ed finirono sulla neve.
Scoppiarono a ridere e lei gli afferrò la cerniera del piumino. Pian piano le risate scemarono e ci fu spazio solo per i loro sospiri.
«Tutto bene?» domandò Isabella mentre guardava l'amico.
«Posso chiederti una cosa?» rispose facendole un'altra domanda e si mise a sedere sulla neve.
«Certo» asserì imitandolo nel gesto.
«Non c'è nessun Angelo Biondi ammalato che ti aspetta, vero?»
Isabella sorrise e scosse la testa.
«Nessun Angelo Biondi.» rispose alludendo al suo vecchio ragazzo.
Matteo le sorrise e si avvicinò lentamente al suo viso. I loro respiri caldi infrangevano i volti, lui le prese il mento tra le mani coperte dai guanti e posò le sue labbra su quelle della ragazza. Il bacio fu inizialmente un leggero sfioramento di labbra ma ben presto quegli sfioramenti si fecero sempre più intensi, finché le loro labbra non si schiusero e anche le lingue parteciparono a quella danza.
Isabella si strinse al ragazzo e lui spostò le mani dal suo viso alla sua schiena per circondarla in un abbraccio; restarono a baciarsi per diverso tempo mentre attorno a loro regnava il silenzio più assoluto e solo quando si allontanarono per respirare si resero conto che aveva finito di nevicare.
«Andiamo?» domandò Matteo alzandosi in piedi e le porse una mano per aiutarla.
Isabella, sorridendo, si fece aiutare e non appena tornò in posizione eretta le labbra di entrambi si cercarono ancora per qualche minuto.
Dopo quel bacio Matteo circondò le spalle di Isabella e lei a sua volta gli circondò la vita con il suo braccio, incamminandosi verso quella casa che ormai non distava poi così tanto. Si fermavano giusto di tanto in tanto per scambiarsi un bacio casto e ad ogni bacio lei sentiva il cuore galopparle.
Non le importava molto cosa sarebbe successo da lì a qualche minuto, o la sera stessa, o il giorno dopo. Non aveva più paura di quello che sarebbe potuto accadere, né di come si sarebbe comportata. Il suo cervello era stato azzerato da ogni preoccupazione, ogni intimo abbraccio e ogni bacio rubato le facevano pensare che tutto sarebbe andato per il meglio.
E lei aveva deciso di credere in quella fantastica sensazione.



Questa storia è uscita di getto in un momento di disperazione a causa della neve.
È molto semplice, forse anche un po' banale, ma per quanto mi riguarda ci tengo molto.
Spero vi sia piaciuta. :)

Giulls
P.S. La storia dei serpenti è vera. Io ne ho una paura assurda e mia madre, mentre eravamo in giro con i cani per la campagna, mi disse di fare attenzione ai serpenti nascosti sotto la neve.
   
 
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