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Autore: Lauretta Koizumi Reid    07/02/2012    3 recensioni
Dopo la rissa,Taiga è nella neve, perduta. Ryuji, in un turbinio di pensieri confusi, la salva. Ma cosa pensa tutto il tempo? Una breve fanfiction della puntata più drammatica di Toradora vista dagli occhi di Ryuji.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryuji Takasu, Taiga Aisaka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E’ buio come non mai, il freddo mi penetra le ossa, nonostante gli occhialini, il cappello, il mio triplo giubbotto, tutto. Non sono stato mai così spaventato e disperato. Rivedo ancora quella scena terribile sotto gli occhi: una parola vaga, una piccola discussione, e infine ecco Ami e Minori picchiarsi senza pietà, le urla che sovrastavano qualsiasi rumore, benché sapessi che gli schiaffi e i pugni che si stavano dando erano forti come il fragore di un odio ingiustificato.

Poi lei, piccola, indifesa, smarrita, cercava di capire, di fermare le sue amiche. E nel momento in cui io chiedevo aiuto ai miei amici, voltandomi solo per un attimo, lei era sparita. Come la neve di questa montagna quando cade... senza fare rumore. Senza dare una spiegazione, un perché. E di colpo è piombato il silenzio. Persino Minori, che era ancora sorvegliata a vista perché non corresse di nuovo in direzione della sua avversaria di boxe, si era afflosciata quando avevo detto con voce incerta: “Dov’è Taiga?”
Di colpo mi ero reso conto che la montagna era immensa come il mare, che inghiottiva le persone. Il silenzio che ci avvolgeva in quel momento faceva a pugni con la confusione  che mi si stava scatenando dentro.

Non ricordo nemmeno come mi sono ritrovato nella baita. Forse mi ci hanno trascinato. Pensavo solo a lei, ai suoi capelli biondi che da morbidi quali erano, diventavano duri, freddi come il marmo. Mi ricordai infatti di quando una volta avevo dimenticato di tirare fuori dallo stendipanni una maglietta. Nevicava e faceva un freddo micidiale. Nel momento in cui l’avevo infine presa da fuori mi ero stupito: non solo era bagnata e gelida, ma sembrava fatta di cartone e, come tale, mi si spezzò tra le mani. Pensai a Taiga spezzarsi come quella maglietta.
Minori volle andare a cercarla e io la seguii.

Ed eccomi. La vista è tremenda. Minori e Kitamura invocano Taiga a gran voce e io con loro. Ma so che è inutile. Il rumore della tormenta è assordante: o la troviamo, o non abbiamo speranze. Sento un groppo in gola.

Minori mi chiama. Ha capito dove è scomparsa Taiga, e nel momento in cui la raggiungo, l’ho capito anche io. Ma non ci arrivo. Perché proprio lì? Ci sono i limiti di sicurezza! Non si sarebbe mai avventurata senza un motivo. Ma poi, guardando più attentamente vedo qualcos’altro che brilla nella neve, incastrato in un albero. La spilla di Minori. Come diavolo ci è finita lì?
La verità, o forse un pensiero stesso di Taiga, mi raggiunge.

La vedo correre, probabilmente a piedi, o con lo slittino, rompere i limiti di sicurezza - come diavolo li avevano costruiti? - e scivolare lungo questa discesa di neve piena di alberi. Vuole recuperare la spilla, caduta sicuramente durante lo scontro delle ragazze. Vedo la sua paura quando capisce di non riuscire a fermarsi, paura che si moltiplica quando invece vede un albero che sta per fermare la sua corsa con un botto e la neve, terribile madre, circondarla in un abbraccio mortale.

Ma perché? Perché quella spilla maledetta? Da quando esiste, ha portato solo confusione. Minori non centra nulla, lei è bellissima con quella spilla come senza. Un regalo scelto per rallegrarla, per vedere di nuovo quell’energia che avevo visto sfumare  lentamente. Se Taiga ha voluto prenderla in mezzo alla neve, vuol dire che segue ancora quel piano strampalato che ci aveva unito tanto tempo fa. Ma ora non mi importa. Non mi importa di niente. Voglio trovarti, e basta.

Minori  si offre di scendere, ma io, urlando come non mai, la fermo. Senza parole, lei capisce.
E’ mia, penso. E’ mia la colpa, è mia la responsabilità, Taiga è mia.
 Di nuovo, l’ho lasciata di nuovo da sola. Era al mio fianco e non me ne sono reso conto.
Prendo la spilla.
Maledizione, quell’imbranata. La prossima volta che l’avrò vicina, non la lascerò mai più.
 
E poi eccola. Lì, nella neve, piccola e afflosciata come una bambola. Riconosco il suo giubbotto, i suoi capelli. Sembra un pupazzo di neve rotto. Ti prego, dimmi che non è morta. Non so chi sto pregando, chiunque sia spero mi ascolti.
Le scosto la neve dal viso. Mi viene da piangere, terribilmente, ma ce la devo fare. Cerco di svegliarla, e rabbrividisco quando vedo un taglio sulla fronte con del sangue secco sul viso. La chiamo ancora a gran voce.
- Sono caduta  - sussurra piano.
E’ viva! Penso. Stavolta sorrido. E’ viva e consapevole. Sono felice.
Ora la porterò con me, lei si sveglierà, berrà il latte con il miele che le preparerò, e tutto tornerà come prima.
La porto sulla spalle. Com’è leggera.

- Kitamura... avevo pensato che fossi Ryuji. Perchè per venire a salvarmi in situazioni come questa...pensavo per forza dovessi essere Ryuji.
Sobbalzo. Cavolo se sono io. Sono io, scema, non te ne rendi conto? Ma stai sognando, e ti lascerò sognare beatamente di essere soccorsa dal tuo principe azzurro. Mi viene una stretta al cuore, forse la fatica. Mi fermo.

- Scusami, scusami tanto. Kitamura, sai, non sei riuscito ad essere il mio principe azzurro. Infatti non sei riuscito a farmi innamorare veramente di te.
Cosa? Cosa sta dicendo? Sta delirando. E non solo. Piange. Lo sento dalla sua voce. Ma coma mai dice questa parole? E’ vero, mi era sembrata negli ultimi tempi molto più... come dire...rilassata quando era con Kitamura. Che la cotta per lui le sia passata? Forse è così. Un sospiro mi esce senza volerlo. Poverina, ma forse è meglio così. Eppure mi sembrava fossero tanto amici, specie dopo che la presidentessa aveva mollato Kitamura...Quando  Kitamura si era eletto aiutante dei cuori infranti o qualcosa del genere.
- Ma così non  è stato. Perchè qualsiasi cosa tenti, nel mio cuore c’è solo lui.

Eh?

- C’è solo Ryuji.

Inizia a girarmi la testa. Strabuzzo gli occhi. Tu dici qualcosa’altro, qualcosa che per me ora non ha senso. Che vorresti che vada tutto bene tra me e Minori. Che hai sofferto, sofferto da matti.  
Non ce la faccio. Cado.

Cadiamo insieme, rotoliamo giù per la neve.
Poi sento delle voci. Sempre più forti. Si palesano uomini in tenuta di emergenza da neve, completi di barelle, coperte e cani. Ed io, disteso, non riesco a fare altro che urlare “Siamo qui!!! Siamo qui! Aiuto!” con tutto il fiato che ho...che mi rimane.  
Poi vengo trasportato su qualcosa.
Taiga è trasportata vicino a me. Riesco a vedere la sua faccia bagnata e non solo di neve.
- Tutto bene ragazzo? - dice una voce burbera, forte e rassicurante.

Ed io non riesco a fare altro che scoppiare a piangere.

  
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