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Autore: Melchan    16/09/2006    20 recensioni
E’ inutile. non ci posso fare niente.
O la amo o l’ammazzo, uno di questi giorni.
Ma va bene così.
[POV Akito]
Genere: Romantico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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kk

Ti amo o ti ammazzo


Ho urlato così tanto che mi scoppia la testa,
e quindi te ne sei andata subito,
mi esce un po’ di sangue dalla mano destra,
c'è un segno lì sul muro, pensa a quel che stupido,


Ma quanto sarò coglione?

Dopo tanto tempo, ancora la ascolto, quella cretina, quando mi dice: “dobbiamo parlare” ?! Manco fosse una novità… son sempre le due solite stupide parole in croce, inevitabilmente seguite dal solito banale e inutile: -“Questa storia è andata avanti per troppo tempo… non possiamo continuare così. Non è giusto per me, per te e tanto meno per lui. -

Che darei per sapere come la pensa davvero nei profondi di quella sua testa bacata… ma è una femmina, e quindi ha la sua bella fissa per la “sensibilità”, con tutte le sue regole idiote, e pure una sua personale visione rosa della vita, dove non si deve far del male agli altri per rispetto e bla bla bla… che stronzate.

Ma perché non è più normale?

Perché non lascia perdere, non lo lascia?

E se glielo chiedo, e questo è il massimo, si incazza anche! Roba da matti!

- Non urlare! - mi ha urlato.

- Io non urlo, e poi sei tu che ti comporti da paranoica fuori di testa! -

- Non è così, sei tu che non capisci nulla! -

- Senti chi parla! Quella che c’ha messo un mese per finirla con le seghe mentali e decidersi a prendere la mia cazzo di chiave di casa… -

- Scusa tanto se ero indecisa se cominciare a incornare periodicamente il mio ragazzo o no! -

- Certo, lo stesso ragazzo che non molli perché ti fa pena! Oppure, se ti piace davvero, lasciamo perdere questa stronzata, sposatici e facci prole! Tanto lui non vede l’ora, no? -

- Lo farò, se non la pianti di urlare così! E poi non mi fa pena, ma è il mio migliore amico e lo sai… oltretutto è un tipo davvero sensibile e non voglio ferirlo, non se lo merita… -

- E da quando in qua si scopa con gli amichetti del cuore sensibili?! Di solito a quello stadio non ci si arriva, ti pare?! -

- Io e lui non scopiamo veramente da secoli,Akito! E se anche succede è sempre per dargli una valvola di sfogo dal lavoro, è talmente sotto pressione in questo periodo… -

- Sotto pressione un cazzo! -

- Non urlare! -

- Io non sto urlando! -

E via dicendo finché non gli ho gridato le famose paroline, quelle che la fanno sclerale del tutto e nel modo peggiore, che mi fa più andare in confusione e sentire una merda fatta e finita.

E appena è uscita col suo carico di insulti taciuti ma tanto rumorosi da farmi scoppiare la testa, ho dato un pugno alla porta per l’incazzatura, e ora c’ho la mano sfatta e tutta sporca di sangue, tantopiù che poi c’è l’allenamento e il sensei mi romperà l’anima per questo… ecco, adesso la porta l’ho sfondata del tutto con ‘sto calcio, ‘cidenti a me.

il tuo ragazzo è pazzo,
o parliamo o ci pestiamo scegli uno,
o ti amo o ti ammazzo,
ti amo ti ammazzo,
comunque qua in mezzo non capisco più,
un calcio al muro sbatti la porta via dai miei pensieri,

Ma è possibile che ci si debba sempre scannare, la mattina dopo?

Per non parlare di quando mi tira il ceffone, quelle cinque dita che mi restano lì per tutto il giorno… accidenti a lei, almeno lo tirasse più piano, lo schiaffo giornaliero… non tanto per il dolore, anche se è peggio di quando perdo un incontro importante, ma perché così quel dannato di Tsuyoshi non scuoterebbe la testa appena mi vede e le sue prime parole non sarebbero sempre: “ Scommetto che te lo sei meritato anche questa volta, povera Sana. “ invece che un semplice –ciao- da comuni mortali!

Merda.

Forse sarebbe davvero meglio se si sposasse con quel Kamura, perlomeno lui riesce a non farsi pestare tutti i santi giorni… probabilmente è un santo, oppure è completamente pazzo.

Quasi quanto lei, ma di certo meno di me che nonostante tutto questo casino lascio libere le sere quando i suoi “ore 20.00 da te” illuminano il display del mio cerca persone.


non sei la stessa tipa con cui ho dormito ieri,
cos'hai sei annoiata,
hai la luna tirata,
io a inizio giornata,
non voglio nessuna menata,
femmina fino in fondo il tuo problema,
io sono lo stronzo,
ti dico che non ti ho dentro, mento e penso



E dopo una nottata da favola, con tante parole che non si direbbero mai alla luce del sole e altrettanti fatti che neanche Brad Pitt con tutte le sue sveltine con le groopy gode così, dopo ora col buio fuori passate a cazzeggiare e far l’amore, quella si veglia la mattina, se ne sta tranquilla per un po’ e poi… poi le squilla quel dannato cellulare, col nome “Nao” lampeggiante sul display, lei risponde anche se la guardo tanto male che una qualunque altra ragazza si metterebbe a piangere dalla strizza (peccato che lei non lo sia mai stata, una qualunque altra ragazza), e appena pone fine al buongiorno del suo “Nao” con il solito flebile: “Ciao, Nao. Ho dormito bene, grazie… ora però devo andare, scusa, gli impegni, sai… Si, anch’io te ne voglio…si, ciao. ” ecco che il buonumore le è passato, è diventata nervosa, le girano palesemente a tremila e guarda le lenzuola sfatte che sanno ancora di noi, il suo cellulare e me che fumo una sigaretta nervoso aspettando l’inevitabile litigio post-nottata da favola, come se fossero il cadavere di Kamura.

E dopo sai chi la regge più… a questo punto è ovvio che scoppia il Gran casino, prima o dopo nella giornata succede!

E perciò vai con gli urli, le accuse, i pianti trattenuti a stento suoi e le botte alla mobilia mie, finché io non le grido che in fondo di lei non mi imposta nulla, che il grado di menefreghismo che provo per lei è uguale al grande “affetto”, come lo chiama, che prova per Kamura; così le vengono gli occhi stretti a fessura, accompagnati da uno “stronzo” sibilato, tutti quei segnali che preannunciano il suo repentino uscire di scena senza dire nulla, con gli occhi già umidi che non vuole farmi vedere… e che poi, a quanto mi è stato detto, va a casa ad asciugarsi a casa da sola, finché non arrivano Fuka e Aya a vedere perché non risponde al cellulare e allora davvero che prende a tirarmi tutti gli insulti del mondo… se è vero quel che dice Tsuyoshi.



O ti amo o ti ammazzo,
pioggia che annega ma rinfresca,
sei una chicca che mi fotte la testa,
o ti amo o ti ammazzo,



Davvero, a guardare i fatti pratici non ci sarebbero proprio motivi per cui dovremmo continuare questi incontri da fuggiaschi… e dire che siamo stati insieme fino ai diciotto anni, quando poi si è detto: “siamo cresciuti, basta con le cotte e i tira e molla che ci tiriamo dietro da quando avevamo undici anni, è ora di un rapporto serio”, e allora lei ha ceduto a Kamura, che le andava ufficialmente dietro da quando sono nati, e io, vedendola per mano con quel mezzo frocio che stava cominciando quasi a starmi, non dico simpatico, ma comunque non sulle scatole come prima, sono bello e che sclerato e ho preso a farmi tutte quelle che avevo a portata di mano (e vi assicuro che erano numerose).

Qualche mese di notti con donne sempre diverse, fino a che Fuka mi ha buttato un secchio d’acqua in faccia quando mi ha trovato a casa a farmi di canne pesanti delirando di attrici bastarde e frocetti da castrare… quella volta non ero esattamente in me, ricordo che le chiesi se era venuta a rompermi le scatole e basta o da me voleva qualcos’altro.

Per dirla molto, molto educatamente.

Lei mi tirò un sorprendente ciaffone, forte come cinque di Sana (dovuto forse al suo nuovo corso di boxe femminile), e mi disse che se dovevo finire ridotto così allora ero stato un completo coglione a dare spago a quelle boiate sulle storie serie sparate da Sana tempo prima, che lei aveva detto così solo per capire se davvero l’amavo ancora o non la mollavo solo perché ci ero affezionato (io non mollare una per “affetto”? IO? Ma quando mai? E poi ‘sta storia dell’affetto sta cominciando davvero a darmi sui nervi… in queste cose o ci si odia o ci si ama, e fine!).

Comunque a Fuka dissi di farsi gli affari suoi, poi presi il giaccone e me ne andai da casa, dicendole che se si provava a seguirmi… ma tanto non mi sentiva più.

Così presi a camminare sotto una pioggia che le previsioni l’avevano pure prevista, ma in quel momento volevo solo andarmene da quello schifo di casa dove vivevo, piena di un’amica che diceva cose troppo vere per essere gradite e… bè, e un sacco di pensieri da femminuccia che non ho intenzione di stare ad elencare ora.

D’altronde che credevate? Mica sono Kamura, io! Le serenate le lascio a lui, grazie tante.

Ma la cosa importante è un’altra: sotto quella nuova versione del diluvio universale mi accorsi che la pioggia che infradicia vestiti e capelli non era poi così tremenda... mi inzuppava, ma mescolata ai tuoni e al vento mi riempiva d’adrenalina… un’ adrenalina che non provavo più dai sei mesi.


Ma tu la mia preferita per sempre resterai,
però mia amica non lo saresti mai,
noi non vogliamo saluti o buri o un altro numero in rubrica,
noi vogliamo la carne le labbra

O ti amo o ti ammazzo

Avevo bisogno di quell’adrenalina, per stare bene.

Era un dato di fatto.

Mi era mancata quando ero bambino e i miei mi accusavano di aver ammazzato mia madre, e quella volta mi aveva salvato dall’apatia e da una tale vita di merda l’amicizia di una ragazzina con la faccia a scema e dei codini ridicoli, una tipa che tutti conoscevano perché faceva un programma per bambini seguito da tutti i mocciosi giapponesi.

Adesso invece avevo bisogno dell’anima di una ragazza che aveva fatto da poco diciannove anni, con i capelli lunghi e un sorriso fottutamente naturale e bello che faceva mostra di sé in tutte le pubblicità, e chissà se faceva girare la testa a tutti i telespettatori almeno la metà di come lo faceva girare a me.

Avevo bisogno di quella pazza di Sana, quella tipa che non l’ammazzavo solo perché ne ero pazzamente e irrimediabilmente innamorato da quando avevo undici anni, maledetto me.

Così avevo preso a correre, e senza sapere come mi ero trovato sotto il suo nuovo appartamento, fradicio da far paura, alle otto di sera, quando magari era con Kamura, e avevo suonato: all’improvviso me l’ero trovata davanti, con una tazza di cioccolata calda in mano, la vestaglia rossa che le avevo regalato tre anni prima per il compleanno e pantofole di pelo in tinta.

- Akito?! Ma cosa…? -

Me l’ero tirata addosso con un braccio, facendole cadere la tazza di cioccolata (perlomeno era di plastica) e l’avevo baciata come non la baciavo da sei schifosi mesi.

Cinque secondi scarsi di indecisione delle sue labbra, e la sua bocca era stata mia.

Assurdo, avrebbero potuto vederci tutti, lì sul portico, eppure nulla, ce n’eravamo restati fermi là sotto, stretti come non mai, le bocche separate solo per respirare e per farle mormorare:

“Sei un idiota” ogni tanto.

Sì, sono un idiota, mea culpa, perché anche ora, mentre me sto ancora qui seduto sul pavimento a guardare la mia mano graffiata anche se il pandemonio è successo ieri mattina, muoio dalla voglia di andare da lei, darle un bacio e dirle un sacco di scemenze, tipo quelle che dico quando sono dentro di lei, e sento le sue mani tra i capelli e il mio nome mormorato come solo lei lo sa mormorare, perché lei è lei e…

-Tlack-

Cosa?

Possibile… ?

- Sono Tsuyoshi… -

Mi pareva strano.

Entra, si dondola sull’esterno delle scarpe da ginnastica, fermo e zitto sul tappetino.

Poi mi guarda negli occhi e dice:

- Scommetto che te lo sei meritato anche questa volta, eh Akito? -

- Potrebbe essere. -

Biascico tastandomi la guancia.

Resta un po’ qui, Tsuyoshi.

Parliamo di tutto tranne che di donne, fingendo che lui non sappia già tutto.

Finisce che resta pure a pranzo, poi andiamo a mangiare un gelato alla gelateria di fronte, dopodichè ce ne torniamo a casa e si guarda il karate.

Verso le sei dice: - Aya mi aspetta… - e si vede da un miglio che vorrebbe aggiungere altro ma non sa se è il caso.

Cazzo, non può farla finita e mollare la sua perla di saggezza? Tanto lo so che mi tocca.

Mi sto innervosendo, tiro fuori una cicca e me l’accendo.

- Akito, hai detto che avresti smesso! Anche se sono solo un paio al giorno, fa male lo stesso! -

– Bè, se anche crepassi con qualche anno di anticipo non cambierebbe granché per nessuno, ti pare? -

Questo cavolo di migliore amico mi guarda in quella maniera da “sei proprio penoso in questo momento, lo sai vero?” che mi fa uscire di testa, poi:

- Quando non sei in pace con Sana stai sempre così… penso che ti faresti un piacere e invitarla a casa, farci l’amore e dirle le parole magiche.

Magari non mentre lo fate. –

Lo fosso in una maniera tale che si sbriga a chiarire:

- Aya dice che per le ragazze sentirsi dire “Ti amo” solo a letto non vale, perché c’è il piacere di mezzo… -

- Aya farebbe bene a… -

- Non metterla di mezzo. Non c’entra niente con tutta questa storia, lei. –

Lo dice con tono piatto, freddo. Gli occhi improvvisamente raggelanti, quasi quanto i miei quando mi ci metto.

Ok, non tocchiamo la donna.

- Senti un po’, e se mi andasse di essere solo amici con la Kurata? –

Che cazzata… lo so da me che lo è, ma qualcosa dovevo pur dirlo; d’altronde che ci posso fare se abbiamo smesso di poter essere semplici “amici” da quando ci siamo conosciuti?

Una volta finiva che tanto poi la baciavo, ora che finiremmo a far l’amore, o almeno del sano sesso.

Insieme in una stanza da soli, con lei che sorride parlando del più e del meno, o magari –mio dio- del suo rapporto con Kamura… non mi do più di un quarto d’ora, prima di attaccarle la labbra alla bocca e dare il via al resto in due minuti.

poi sento le chiavi nella serratura,
e mi rassegno al fatto che io in questa vita:
O ti amo o ti ammazzo,
Ti amo ti ammazzo,
ti amo ti ammazzo,
comunque qua in mezzo non capisco più,
perché non è finita ancora,
non è finita



Comunque alla fine Tsuyoshi se ne va, ha capito che non è più aria, e io resto da solo con la mia sigaretta quasi finita e il suo: - Stasera è voluta rimanere sola, anche se Kamura se n’è andato a Hollywood per una settimana. – al posto del vecchio: - Ci vediamo domani. -

Bè, sai che me ne frega se è da sola.

In fondo, se ci è tanto affezionata, a mister Straniero dagli occhioni blu, può anche restare a casa a rammendargli i calzini mentre lui se la spassa a Hollywood.

Se gliene frega qualcosa a qualcuno, di lei a casa sua sola come un cane che pensa al fidanzato che non sa se mollare e forse al tipo con cui lo incorna anche se la fa tanto dannare con le sue scenate di gelosia da bimbetto scemo, quel qualcuno non sono certo io.

-Click-

Sento le chiavi forzare la vecchia serratura dell’appartamento (capirai, è di mia zia che l’ha comprato probabilmente ante-guerra), e sbuffo.

Ma quello scemo di Tsuyoshi non può evitare di scordarsi la roba in casa mia proprio nelle serate sbagliate?

E poi gli ho dato una chiave per le emergenze, ma potrebbe anche scomodarsi a dire che è lui, visto che è tardi.

Vabbè, in fondo chissenefrega.

Il galateo non è mai stato la mia priorità principale, né da parte mia che d’altri, tanto meno se sono gente come Tsuyoshi… a undici anni si è preso la libertà di tirarmi giù i pantaloni e farmi fare una foto in mutande, adesso può anche entrare in casa mia con la sua chiave senza bussare.

Resta il fatto che ho ancora voglia di pestare qualcuno, da quanto mi girano per quel cavolo di litigio in grande stile di ieri mattina, e Tsuyoshi in versione sclerato-per-insulto-alla-fidanzata- sarebbe un buon candidato.

Le botte sono un buon mezzo di sfogo… ma lo è anche vedermi apparire davanti Sana, imbronciata e con la mano tesa a palmo aperto.

Tiro fuori da un cassetto accanto alla porta il portafogli che ho dimenticato di dare per lei a Tsuyoshi, e glielo metto in mano.

- Sei troppo prevedibile, Kurata. -

Dico alla Rana(*) con lo sguardo orgogliosamente puntato nei miei occhi.

- Scusa, non volevo disturbarti durante una seduta di fumo per suicidi, ma ieri ho dimenticato qui il portafogli coi pezzi piccoli e sono venuto a riprenderlo.

Non ho alcuna voglia di pagare la pizza express che prenderò stasera con i soldi di mammina(**) o l’assegno dell’ultimo lavoro. –

Butto la cicca per terra, le vado a un palmo dal viso.

- Bene, grazie. Ora posso andare. –

- Bene. –

- Bene. –

Ce ne restiamo qui sulla soglia qualche secondo, proprio come farebbero i perfetti cretini che siamo, poi lei sbuffa e incrocia le braccia sul petto.

- Lo sai che sei un idiota, vero?-

- Se lo sono, è nella stessa misura in cui tu sei paranoica. –

- Vai al diavolo. –

La bacio, tre secondi e siamo in casa mia, sento le sue mani stringermi forte, e forse qualcosa di un po’ umido e suo bagnarmi l’occhio.

Una lacrima, ma come sempre la ignoriamo.

Dieci minuti dopo siamo nel mio letto.

Un’ora dopo sto ringraziando Dio, Buddha o chiunque abbia creato il mondo di aver inventato l’amore, il sesso e quel che è.

Due ore dopo idem.

Tre ore dopo mi assopisco con il leggero peso della testa di Sana sulla mia spalla.

Alle nove del mattino apro gli occhi e lei è lì che mi fissa.

Io allora fisso lei, che all’improvviso, sorridendo serena e –possibile?- felice, piena di vita com’è solo lei, dice parole che mi arrivano alle orecchie ovattate dal mio sonno appena interrotto:

- Non è ancora finita, vero Akito? –

No Sana, non è finita. Anche se tra qualche minuto ti squillerà quel maledettissimo cellulare con tutto il seguito e forse dopo ce ne tireremo addosso delle peggiori, non è finita.

Ma non lo dico, non a voce alta almeno. Certe cose ed io proprio non andiamo a braccetto.

- No, non è finita. –

E basta, non le concedo altro, anche se lei sembra contenta lo stesso, mi mette il viso nell’incavo della spalla ridendo cristallina, posandomi un piccolo bacio sulla pelle.

Quasi quasi sto per dire quelle due paroline magiche di cui parlava Tsu, forse me lo posso permettere di dire “Ti amo” anche se ho già e solo 19 anni, troppi per un amore da mocciosi e troppo pochi per quello di un uomo vissuto.

Le sto per dire… ma squilla il suo cellulare.

Solite parole.

Lui a quanto pare sta bene, lei idem, e intanto già si sta innervosendo.

Mi accendo la sigaretta.

La guardo scuotere la testa, fare una smorfia seccata al suo ennesimo “mi manchi” o sdolcinatezza che sia e pensare chissà che, forse che non ne può più di lui e vuole mollarlo davvero, forse che poveretto però è tanto sensibile.

E’ inutile. Non ci posso fare niente.

O l’amo o l’ammazzo, uno di questi giorni.

Ma va bene così.

Stacca la conversazione con un: - A presto. –

- Akito, poi dobbiamo parlare come si deve. –

Etc. etc.

Ma non è finita ancora, non è finita.

Un urlo sulla nostra stronzaggine, unico e suo, poi sparisce.

Ma tanto lo so che non è l’ultima volta,

e a quanto pare lo sa pure lei, a giudicare dal portafogli con le banconote pesanti lasciato mio comò che chissà quando l’ha tirato fuori ieri (forse quando alle sei si è alzata per andare in bagno? bo, in fondo che importa?) .

Importa solo che anche per lei,

non è finita.

E va bene così, rassegnato all' amletico dubbio: la amo o l’ammazzo, questa pazzoide?

Fine

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Legenda:

(*) Rana è il soprannome che Akito dà a Sana per via di un gioco di parole giapponese con i kanji del nome di lei.

(**) ”Mammina” è la traduzione italiana del modo in cui Sana chiama la sua mamma ^^, non volevo darle un tono da scema o ironico con questa parola.



Nota di Mel-chan:

My God XD .

Ma che cosa mi è venuto fuori? So solo che ho sentito questa canzone, scartata a priori la prima volta che mi è giunta all’orecchio, dal parrucchiere, poi ho sentito il testo e non solo il ritornello tramite radio… a casa in pochi minuti me la sono procurata, e a metà del terzo ascolto ho deciso che delle coppie mangose a cui volevo dedicarla i suoi destinati erano i personaggi di Kodocha, il mio manga preferito (forse perché è stato il primo, forse perché non riuscirò mai a vederlo come una cosa diversa da una realtà alternativa tutta sua perché i suoi personaggi sono stati i miei migliori amici nel periodo più brutto della ma vita, chi lo sa) .

Naturalmente so perfettamente di non aver veramente preso l’”anima” che la Mitica Sensei Obana (Inchino a 90 gradi) ha dato ai suoi bimbi mangosi -forse è seriamente impossibile per chiunque, vista l’entità dell’opera cartacea-, ma questo è più che altro un tributo alla “what if?” per questa opera d’arte di manga, unito a una canzone, “O ti amo o ti ammazzo” di J.Ax

Che dire, spero che abbiate gradito perlomeno un pochino, e che comunque mi lasciate un commento, sia buono che cattivo ^.^

Thanks

Mel

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