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Autore: Lady Violet_93    07/02/2012    2 recensioni
Celia ci avrebbe messo del tempo prima di accettare la situazione, prima di accettare lui. Non le aveva ancora detto nulla del circo, del suo lavoro, ma era impaziente di farlo, di condividere con lei quel grande dono che entrambi possedevano: la magia.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’inizio di tutto

 
Quella notte Prospero mandò sua figlia a dormire presto. Avrebbe preferito portarla al circo con sé, ma non era ancora il momento. Celia ci avrebbe messo del tempo prima di accettare la situazione, prima di accettare lui. Non le aveva ancora detto nulla del circo, del suo lavoro, ma era impaziente di farlo, di condividere con lei quel grande dono che entrambi possedevano: la magia.
 Accoccolata tra le coperte, Celia si sentì invadere da un dolce tepore. Le lenzuola emanavano un intenso profumo che ricordava la lavanda; un profumo che le era familiare: lo stesso di sua madre. Per tutta la giornata trascorsa nella sua nuova casa, Celia si era chiesta perché l’avesse abbandonata in quel posto, circondata da sconosciuti. Si era rifiutata di mangiare, di parlare e non aveva fatto altro che fissarsi gli stivali seduta su una sedia. Si sentiva arrabbiata e abbandonata; inoltre la sua timidezza le impediva di aprirsi e di fidarsi subito degli altri. Solo dentro a quel letto si sentì per la prima volta al sicuro.
Ogni volta che chiudeva gli occhi, Celia vedeva il suo volto; il volto di uno sconosciuto, uno sconosciuto che diceva di essere suo padre. La  somiglianza era impressionante, era difficile negarlo; ma lei stentava comunque a credere che quella fosse la verità. Se davvero era suo padre, come mai lo aveva conosciuto solo ora? Ripensò a quello che le aveva detto Prospero: « Avrebbe dovuto chiamarti Miranda». Celia si chiese se quell’uomo le avrebbe mai voluto bene. Se non riusciva ad accettare il suo nome, avrebbe accettato lei? Era già stata abbandonata una volta, sarebbe accaduto di nuovo?
Sentì pian piano una lacrima scenderle lungo il viso; cercò di trattenerla, ma ormai era troppo tardi. La sentì percorrere un piccolo rivolo lungo la guancia fino a infrangersi contro uno dei suoi ricci scuri. Quasi indispettita, si asciugò subito la guancia col palmo della mano: non aveva alcuna intenzione di piangere, voleva essere forte. Ma altre lacrime, desiderose di raggiungere la loro compagna, iniziarono a scendere, ponendo fine al proposito di Celia.
Non riuscendo a prender sonno, Celia si sedette sul letto e si asciugò gli occhi. Poi si spostò di lato i capelli e si tolse la collana che portava al collo. La tenne stretta tra  le mani mentre la fissava con gli occhi ancora lucidi. Era l’unico ricordo che aveva portato da casa. Da quel che riusciva a ricordare, Celia l’aveva sempre avuta. Le piaceva molto, forse perché era diversa, come lei. Il medaglione da cui era composta era ricoperto da ghirigori in rilievo e disegni di piccole stelle; sul retro c’era un’incisione: Cirque des Rêves  . Si era sempre chiesta a cosa si riferissero quelle parole, eppure non aveva mai ricevuto risposta.  
 Aprì il medaglione, dal quale si dipartirono delle piccole sfere di luce colorate, che iniziarono a fluttuare e a muoversi  in tutte le direzioni; una dolce melodia accompagnava la loro danza. Sorrise. Quelle sfere luminose le mettevano sempre una grande allegria. Iniziò a canticchiare quella dolce sinfonia, che ormai conosceva a memoria. Poggiò il medaglione sul letto e cominciò a danzare in mezzo a tutti quei colori, a tutte quelle luci. Fu pervasa da una sensazione di pace, armonia e felicità; solo quando ascoltava quella melodia si sentiva veramente se stessa.
All’improvviso avvertì una sorta di eco, proveniente dall’esterno. Si fermò di colpo: com’era possibile che qualcuno conoscesse quella stessa melodia? Forse finalmente avrebbe ottenuto le risposte che cercava. Chiuse il medaglione, se lo infilò nella tasca del cappotto e, dopo averlo indossato, uscì. Il freddo pungente della notte non la scoraggiò: cominciò a camminare a passo svelto, guidata da quelle dolci note; poi si fermò. Davanti le si stagliavano dei grandi tendoni a strisce bianche e nere. Rimase incantata a guardarli: che posto era mai quello? Non lo aveva notato quando era arrivata quella mattina. Vide una fila di persone che entrava dentro ad uno dei tendoni; anche Celia decise di entrare e si fece largo tra la folla.
Lo spettacolo che le si parò davanti la lasciò senza fiato: le poltrone si disponevano in semicerchio, rivolte verso un grande palco; non c’era un solo posto libero. Il soffitto era altissimo e da terra si estendeva verso l’alto una grande asta collegata ad un filo, che percorreva in orizzontale l’intera sala. Una donna camminava sopra di esso, facendo roteare in aria dei cerchi; sembrava quasi che stesse volando, faceva tutto con estrema naturalezza. Sul palco invece si trovavano delle contorsioniste: le loro mosse erano armoniose, sembravano dare luogo ad una sinfonia meravigliosa. Gli spettatori parevano essere sotto l’effetto di un qualche incantesimo. Erano affascinati, stupiti, non riuscivano a smettere di guardare. Alcuni di loro si trovavano lì per la prima volta; altri tornavano ogni sera. Era difficile non farlo: il circo diffondeva un richiamo irresistibile. Ed anche se i tendoni erano gli stessi notte dopo notte, c’era sempre spazio per tutti, come se fossero magici.
Celia rivolse lo sguardo verso il palco e vide delle luci simili a quelle del suo medaglione che si spargevano ovunque, anche tra il pubblico. Appena le sfere investirono gli spettatori, Celia notò che i loro occhi diventavano luminosi, ma il loro sguardo era perso nel vuoto; avevano un’aria sognante, felice. Forse era per questo che le persone tornavano a vedere lo spettacolo: venivano attirate da quel dolce incantesimo, che riusciva a dar vita ai loro sogni più segreti. Anche gli adulti sembravano tornare bambini e riuscivano a ritrovare la felicità, persa ormai da un po’ per colpa delle difficoltà della vita. Da quel che Celia poteva osservare, lo spettacolo in sé non aveva niente di diverso dagli spettacoli di qualsiasi altro circo; eppure dava vita a qualcosa di surreale, di magico.
Con gli occhi che le brillavano ed un timido sorriso, Celia, conquista da quella magia, iniziò istintivamente ad avvicinarsi al palco. Quando fu abbastanza vicina si fermò; nessuno tra il pubblico sembrava notarla, era come se non esistesse ai loro occhi, come non esisteva più neanche la realtà. Lo spettacolo si fermò e gli artisti lasciarono il posto ad un uomo, un uomo che Celia riconobbe all’istante.
Prospero, rivolse un gran sorriso al pubblico e disse: «Signori e Signore, benvenuti al Cirque des Rêves! Quello che avete visto finora era solo un assaggio, la serata è ancora all’inizio. Vi siamo grati di essere accorsi così numerosi anche questa sera. Vi lascio ora in compagnia dei miei cari colleghi, un bell’applauso ai nostri fantastici domatori e ai nostri equilibristi!». Mentre il pubblico applaudiva (l’unico momento in cui sembrarono aver ristabilito un legame con la realtà), Prospero fece per andarsene, ma poi incrociò quegli occhi, i suoi stessi occhi che lo guardavano. «Celia …» sussurrò. Rimase immobile per un istante e poi si diresse fuori dal palco, in direzione della ragazza. Appena le fu abbastanza vicino le disse: «Celia, cosa ci fai qui? ». Celia era talmente sorpresa che non sapeva come rispondere; si limitò a scrollare il capo e a guardarlo a bocca aperta. Prospero la prese per mano con dolcezza e la portò fuori dal tendone. «Vieni con me, ti porto in un posto speciale».  
Celia lo seguì, un po’ titubante. Aveva paura che si sarebbe arrabbiato per essere sgattaiolata fuori nel cuore della notte. Ma Prospero sembrava tutt’altro che arrabbiato. La condusse in una piccola piazza, proprio al centro del circo, circondata da tutti i tendoni e anche da alcuni alberi; la piazzetta era sovrastata dalla figura imponente di un grande orologio. Volgendo lo sguardo al cielo si poteva notare la miriade di stelle che illuminava quella fredda notte di Febbraio. L’orologio scoccò la mezzanotte. Ogni rintocco era seguito da una vera e propria magia: tutto in quella piazza prese vita, anche le stelle in cielo sembravano muoversi. Il circo si riempì di luci, di colori, di vita.Celia guardò meravigliata quella danza sfrenata di luci che colorava ogni cosa intorno a lei.
«Ti piace?» chiese allegro l’Incantatore. Celia, con la bocca ancora spalancata dallo stupore, si limitò ad annuire, poi chiese: «Com’è possibile tutto questo?». Prospero sorrise: finalmente la sentiva parlare. «Quello che vedi avviene grazie ai miei poteri e a quelli degli altri maghi del circo. Siamo noi a renderlo magico, come anche gli spettacoli e le attrazioni. Abbiamo lanciato un incantesimo all’orologio, che ogni ora diffonde la nostra magia in tutto il circo». Celia, incuriosita, chiese: «Maghi? ». Prospero sorrise di nuovo e disse: «Sì, maghi, proprio come me e te. Io sono l’Incantatore e il mio compito è quello di rendere magico il circo e trasmettere la magia alle persone». Celia lo fissò per un momento, poi rivolse lo sguardo alle stelle e ripensò a quello che aveva visto poco prima nel tendone. «Sembravano tutti così felici» disse. «Lo erano, infatti.» iniziò Prospero «Il nostro dovere è questo, dare vita ai sogni delle persone; è per questo che esiste il Cirque des Rêves». A sentire quel nome Celia s’illuminò all’istante. Frugò nella tasca e ne estrasse la collana; guardò il medaglione e lesse. Era proprio quello, il Cirque des Rêves! «Dove l’hai presa?» chiese Prospero stupito, guardando la collana che sua figlia teneva tra le mani. «Non lo so, l’ho sempre avuto con me» rispose Celia. «Questa collana era mia! La diedi a tua madre quando andai via dalla città … Posso? ». Celia gli porse la collana. Prospero la osservò con nostalgia. Chissà quali ricordi gli riportava alla mente quella collana. Celia lo guardò per un attimo, poi chiese: «Perché andasti via? Perché non sei mai venuto da me?». Prospero le carezzò la testa e disse: «Non sapevo che tua madre fosse incinta, altrimenti ti avrei incontrata prima. Comunque, andai via per seguire il circo. Sai, Celia, il circo non rimane mai troppo a lungo nello stesso posto». Celia rimase per un po’ in silenzio, così come Prospero. Era la prima volta che parlavano seriamente e in quel momento Celia cominciò a considerarlo un po’ meno un estraneo. Sembrava una brava persona, più simile a lei, non solo per l’aspetto, di quanto potesse pensare.  «La mamma non ha mai approvato la mia magia. Ne era spaventata. Credevo che anche tu avresti avuto paura di me. Non sapevo che tu fossi come me». Prospero accennò un sorriso e disse: «Credo che tua madre invece sperasse che tu fossi totalmente diversa da me. Ma sai una cosa? Io ne sono felice. Sei speciale, Celia, te ne accorgerai anche tu. Non so cosa tu abbia dovuto sopportare finora, ma credimi, da oggi le cose cambieranno. Qui la tua magia è del tutto normale, tutti ti accetteranno per quello che sei.» Fece una piccola pausa e poi continuò: «Voglio insegnarti tutto quello che so, voglio che impari a gestire la tua magia, è molto importante che tu lo faccia». «Quello che voglio è rendere felici le persone», disse Celia decisa; «Mi sono sempre sentita diversa, fuori luogo, per via della mia magia. Non voglio che altri provino quello che ho provato io. Voglio aiutarti a far avverare i sogni delle persone, a renderle felici».  Prospero si fece serio per un momento e disse: «Capisco ciò che provi. Ma ricorda, Celia, la magia non è solo questo. Avrai molte responsabilità, incontrerai parecchie difficoltà. La magia è una cosa seria, anche pericolosa a volte. Ma credo che tu abbia la determinazione che ci vuole. Dopotutto, sei mia figlia! ». Le sorrise e poi disse: «Tra due giorni partiremo per Parigi. Durante il viaggio potrai iniziare il tuo addestramento, se vorrai». Celia ricambiò il sorriso e rispose: «Sì, certo, ne sarei felice».  Prospero le tese la mano, dicendo: «Bene, allora è deciso. Che ne dici ora di continuare a vedere lo spettacolo? Tra poco dovrò fare il mio numero e vorrei che tu fossi lì a guardarmi ». «Ok» rispose entusiasta Celia. Prospero la guardò: era così bello vederla finalmente felice. Fino a quella mattina non sapeva neanche dell’esistenza di quella figlia così tanto simile a lui, eppure già sentiva di volerle bene, di essere sempre stato al suo fianco. Ma non era così e Prospero aveva intenzione di rimediare. Si guardò la mano e vide che al suo interno teneva ancora la collana. «Prima di andare, Celia …» cominciò lui. Le si avvicinò e le legò la collana al collo, dicendo: «Puoi continuare ad averla tu». «Grazie …» sussurrò Celia. Poi prese per mano suo padre e, accompagnata dalle luci magiche del circo, si diresse con lui verso il tendone più alto.

 
 
 
  
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