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Autore: SummerEnd    08/02/2012    1 recensioni
Celia ha a che fare con suo padre, l'Incantatore Prospero. Non è una convivenza facile, devono imparare a conoscersi, Celia deve capire cosa vuol dire avere un padre e Prospero cosa vuol dire avere una figlia. Non sempre ce la faranno. Alle volte si scontreranno, altre volte ci saranno delle trague. ognuno è immerso nel suo mondo, ma che succede se questi due mondi si confrontano?
Genere: Commedia, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La bambina guardava l’adulto che ancora non aveva chiamato “papà” o “padre” con un misto di preoccupazione e curiosità. Durante tutta la settimana, fin da quando la madre l’aveva mandata da lui, aveva capito di avere a che fare la persona più strana che avesse mai conosciuto. Aveva provato a cambiare nome alla bambina per decine di volte, ma lei continuava a ripetere che il suo nome era Celia.
Quella mattina Prospero l’avrebbe stupita più del solito, deciso a farla giocare a scacchi.
-Cosa è?- aveva chiesto Celia.
-Il modo migliore per diventare intelligenti- aveva borbottato lui.
-Io sono già intelligente- fece notare la bambina. Il padre non l’ascoltò.
Le spiegò brevemente le regole del gioco: le pedine, o pedoni, si muovevano di un passo alla volta. I cavalli muovendo una specie di “L”, la torre andava avanti o si spostava di lato, gli alfieri in diagonale, i pezzi più importanti di tutta la scacchiera, il re e la regina, sembravano la lama conosciuta per pugnalare al minimo segnale di pericolo e l’altra quella che si muove quando rischia di perdere tutto. Ma Celia non capiva dove i ragionamenti del padre volevano portarla. Per lei la regina era soltanto una figurina che faceva paura a tutte le altre, il re, il pauroso che si nasconde dietro di lei. Padre e figlia finalmente videro prendere vita la scacchiera, anche se in maniera diversa.
Celia aveva i Bianchi, quindi poté fare la prima mossa. Il primo pedone fece la prima mossa, guardando a destra e a sinistra quella che era ancora terra di nessuno. Era il turno di Prospero, lui giocava con i Neri. Un pedone nero avanzò dalla schiera opposta, guardando maligno il pedone bianco, il quale non mancava di guardarlo ridendo.
Celia mosse il cavallo che con un agile salto si piazzò affianco al pedone, pronto a proteggerlo, anche se il suo primo pensiero era quello di uscire e andare via a giocare. Dai Neri uscì l’alfiere destro, pronto a dare una lezione ai Bianchi, ad aiutare i suoi compagni a fargli capire come dovevano comportarsi. La regina nera aspettava di giocare, il re era ancora tranquillo. Un altro pedone bianco si mosse, di due passi.  Era l’ultimo della fila.  Il cavallo e l’altro pedone erano molto lontani ma si sporsero a salutarlo allegramente.
 
Prospero non vedeva il prato che copriva la scacchiera, non sentiva i cavalli nitrire cercando di brucare, né gli alfieri cercare di corrergli dietro, non riusciva a vedere il sole che accarezzava il prato. Vedeva bianco e nero, sabbia e i tendoni, invisibili ai suoi occhi per il buio, erano ancora lì. Di fronte non aveva Celia, aveva il suo apprendista, quando tra una pausa e l’altra si mettevano a giocare. Quando lavorava al  Cirque des Rêves. I cavalli avevano delle bardature argentate e seguivano uno schema preciso, tre passi avanti, uno a sinistra, i fantini andavano avanti, impacciati nei loro costumi scuri e loro li seguivano con la loro coreografia, tre passi a destra, uno dietro, le  ballerine li seguivano ai lati, anche loro in costumi chiari, alle volte mischiandosi a loro. Alle volte qualcuno sbagliava qualcosa nella coreografia e veniva mandato ai lati, per lasciare spazio agli altri. Erano solo i più bravi a rimanere per la coreografia finale.
 
L’alfiere Nero superstite mangiò un pedone, quello con un piccolo grido fu trasportato al lato, assieme agli altri pezzi bianchi che erano stati mangiati. I cavalli Bianchi, tutti e due vivi, si lanciarono un’occhiata triste e complice, poi uno dei due atterrò sull’alfiere, vendicando il pedone.
 
Celia nota a malapena la concentrazione di suo padre, non le bada molto e lei non bada a lui, per diverse ragioni. Deve guardare i cavalli, loro hanno paura dei Neri, nitriscono infastiditi dalla loro presenza, vorrebbero correre via, fuori dalla scacchiera, lei però li mantiene all’ordine, ogni volta che uno di loro si avvicina troppo ai bordi li fa indietreggiare; ci sono i pedoni, che zoppicano, si stancano a camminare, allora lei li convince che alla fine mangeranno tutti un bel gelato; ci sono i fantini che sono invidiosi dei pedoni che hanno fatto amicizia con i cavalli e potrebbero scatenare una rissa, loro sì che hanno bisogno di una camomilla!!  I re che piangono sempre perché le regine li rimproverano, dicendo che devono pensare sempre loro a tutto.
 
-Scacco matto- disse Celia un po’ triste. Peccato, cominciava a prenderci gusto.
-Cos… si… si, Cornelia, hai vinto.- disse l’Incantatore guardando il re Nero e la regina Bianca che gli dava lo scacco matto.
-Mi chiamo Celia.- ripeté paziente la bambina per la milionesima volta.
-Sei sicura? Cornelia è molto più bello.- disse Prospero riordinando i pezzi. –Vuoi giocare ancora?- chiese punto nell’amor proprio.
-No, adesso devo prendere un gelato- disse la bambina alzandosi e allontanandosi mentre il padre la guardava perplesso. Non capiva che il gelato era per gli alfieri.
-La fortuna del principiante- borbottò tra se Prospero.
  
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